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Rincari in bolletta, Italia ancora a rischio stagflazione e non c’entrano i dazi

Nel 2025 ci saranno grossi aumenti in bolletta per le aziende, che porterebbe ad una stagflazione che sarebbe critica per il nostro Paese

Foto di Giorgio Pirani
Giorgio Pirani
Giornalista economico-culturale


Pubblicato: 25 Gennaio 2025 10:59

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Rincari in bolletta, Italia ancora a rischio stagflazione e non c’entrano i dazi

Fonte: ANSABollette del gas, le imprese italiane rischiano una stangata
C’è preoccupazione tra gli imprenditori italiani, che con l’arrivo di Trump vedrebbero le loro aziende colpite pesantemente dai dazi. Fino a che non saranno introdotti, è impossibile stimare con precisione l’impatto sulle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti.

Vale la pena ricordare che il mercato americano rappresenta il secondo sbocco per il nostro export, con un valore annuale vicino ai 70 miliardi di euro, pari al 10,7% del totale nazionale. Tra i settori più esportati figurano macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici e farmaceutici, alimentari e bevande, tessile, abbigliamento e calzature, che insieme coprono circa due terzi delle vendite italiane nel mercato statunitense.

Indice

Effetto minimo dei dazi Usa sull’Italia

Il numero di operatori commerciali italiani attivi negli Usa è relativamente ridotto, poco meno di 44mila, a cui si aggiungono le imprese dell’indotto non incluse nelle statistiche ufficiali. Sebbene l’introduzione dei dazi comporterebbe una contrazione delle nostre esportazioni, le conseguenze economiche derivanti dall’aumento delle bollette saranno “più gravose rispetto a quelle generate dai dazi stessi, considerando che il costo del gas e dell’energia elettrica sono previste in aumento”, spiega il report.

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Con il previsto rialzo dei prezzi di gas ed energia elettrica, l’intreccio tra queste due problematiche rischia di innescare una nuova crisi economica, uno scenario che tutti auspicano di evitare.

Secondo le stime dell’Ufficio studi della Cgia, se il prezzo medio del gas nel corso dell’anno si attestasse a 50 euro al MWh, ciò comporterebbe un aumento dei costi di 14 miliardi di euro rispetto all’anno precedente.

Siamo a rischio stagflazione come dopo il Covid

L’aumento delle bollette energetiche potrebbe pesare significativamente sui bilanci delle imprese e delle famiglie. Tuttavia, esiste un ulteriore rischio: come nei primi anni post-Covid, potremmo assistere a un’impennata dei prezzi del gas e dell’energia, con il rischio di scatenare pericolose spirali inflazionistiche. Questo scenario potrebbe ridurre drasticamente i consumi interni, che rappresentano il pilastro fondamentale della nostra economia.

È importante ricordare che nel biennio 2022-2023 la crisi energetica ha fatto lievitare il costo della vita, erodendo il potere d’acquisto di lavoratori e pensionati, senza contare l’aumento dei tassi d’interesse, che ha ostacolato gli investimenti e la crescita del Pil. L’effetto combinato della possibile recrudescenza della crisi economica in Europa, dell’introduzione dei dazi e di una nuova ondata inflazionistica causata dal caro energia potrebbe spingere il Paese verso una fase di stagflazione, con una crescita del Pil vicino allo zero e inflazione elevata.

Cap price europeo al prezzo del gas tra le soluzioni

Per evitare una situazione così complessa, è fondamentale adottare alcune misure strategiche. La Cgia consiglia, per evitare il crollo dei consumi interni, la proroga del tetto europeo al prezzo del gas, il price cap, in modo da limitare le spinte speculative che potrebbero aggravare ulteriormente la situazione.

“In secondo luogo è necessario spendere bene ed entro la scadenza (31 agosto 2026) le risorse del Pnrr ancora a nostra disposizione”, avverte la Cgia, “praticamente 130 miliardi di euro. Secondo la Bce, l’utilizzo di tutti i prestiti e le sovvenzioni che ci sono stati erogati da Bruxelles farà aumentare in via permanente il nostro Pil nello scenario migliore dell’1,9 per cento fino al 2026 e dell’1,5 per cento fino al 2031 rispetto a un Pil senza questi speciali sostegni post-pandemici”.

Tag: Bolletta luce e gas
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ma.....

Chi fornisce gas all'Italia oggi?


I principali Paesi da cui importiamo il GNL sono il Qatar, gli Stati Uniti e l'Algeria (Tav. 4). Tenendo conto del GNL, l'Algeria ora rappresenta di gran lunga il maggior fornitore di gas naturale per l'Italia: la sua quota (41 per cento dei consumi nel 2023) è simile a quella che aveva la Russia prima del 2022.7 mar 2024.



Quanto gas arriva dagli Stati Uniti?



Le importazioni dagli Stati Uniti sono passate da 18,9 miliardi di m³ nel 2021 a 56,2 miliardi di m³ nel 2023.


dove arrivano loro distruggono tutto e tutti.

Come arriva il gas naturale in Italia?


Il gas arriva in Italia in due modi: con le navi e via gasdotti. Nel primo caso, viene trasportato sotto forma di Gas Naturale Liquefatto (GNL), che una volta approdato nel nostro Paese viene rigassificato negli impianti di Panigaglia (La Spezia), Livorno e Rovigo.
M
a non ti dice da dove arriva.......da oltre oceano non dalla RUSSIA


Visto che l’Europa non riesce a trovare un accordo sul tetto al prezzo del gas, diversi governi stanno indirizzando le proprie lamentele verso gli Stati Uniti. Colpevoli, a loro dire, di venderci moltissimo gas – quello liquefatto trasportato via nave –
ma a prezzi astronomici. Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire negli ultimi giorni ha detto che “non possiamo accettare che il nostro partner americano ci venda il suo Gnl (gas naturale liquefatto, ndr) a un prezzo quattro volte superiore a quello che vende agli industriali americani”. Parole che avevano seguito i mugugni tedeschi, provenienti da Robert Habeck, vicecancelliere e ministro dell’Economia: “Alcuni paesi, tra cui anche alleati, stanno ottenendo cifre astronomiche per il gas. Questo pone dei problemi che vanno affrontati”. Il gas americano è stato oggetto di numerose polemiche, e ha portato alcuni commentatori a dire perfino che Biden starebbe alimentando il conflitto finanziando l’Ucraina per guadagnarci sull’export energetico verso l’Europa. Suggerirei a costoro di dare uno sguardo ai prezzi della benzina ai distributori americani e agli indici di gradimento di Biden.


Ma quanto ci sta costando? La differenza di prezzo della stessa molecola di gas negli Stati Uniti e in Europa è enorme: negli Usa in questi giorni costa circa 20 euro a megawattora, mentre in Ue verrebbe pagata fino a 140 euro. Il motivo è che negli Usa il gas lo estraggono in casa e ce n’è in abbondanza, mentre nel Vecchio Continente la carenza è nota a tutti. E’ come se un barista potesse comprare dal fornaio i cornetti a 15 centesimi l’uno, e rivenderli ai propri clienti a 1 euro: un business assicurato. Ma il punto è chi si mette in portafoglio questa enorme differenza di prezzo, che permette un arbitraggio colossale. Non il produttore americano di gas, che lo estrae dal sottosuolo e lo scambia nel mercato Usa. Chi si prende la fetta più grande è invece l’operatore che compra il gas dall’America e lo rivende in Europa. Molto spesso non si tratta di aziende americane, anzi secondo l’ultimo bollettino dell’Agenzia delle Dogane ad aver importato in Italia la gran parte del gas liquefatto sono state società europee (tra agosto e luglio circa il 75 per cento). Società che secondo l’Agenzia sono riconducibili a “grandi realtà francesi e olandesi”, un identikit che per fonti di mercato fa pensare alle big oil Total e Shell, tra i più importanti operatori globali del Gnl. Sono queste le aziende che si mettono in tasca l’enorme differenza di prezzo. A cui vanno tolti i costi di liquefazione sulla costa Usa (circa 12 euro/MWh), quelli di trasporto (altri 8 euro/MWh al massimo) e poi il prezzo richiesto dai rigassificatori per ritrasformare il metano allo stato gassoso (circa 20 €/MWh). Tutto il resto può andare in tasca all’importatore, che come abbiamo visto è molto spesso europeo e per di più francese, come Le Maire dovrebbe sapere. Se effettivamente questo accade dipende dai contratti firmati, e quale prezzo di vendita e di acquisto prevedono.


Va pur detto però che il gas liquefatto americano in effetti costa più del metano che importiamo dalla Russia, dall’Azerbaijan e dall’Algeria. E più anche del gas in forma liquida in arrivo dal Qatar. Le differenze di prezzo le mostra ancora una volta l’Agenzia delle Dogane: dagli Usa ad agosto abbiamo comprato il Gnl in media a più di 150 euro a megawattora, mentre lo stesso prodotto in arrivo dal Qatar è costato meno di 100 euro. Per non parlare del gas via tubo, arrivato per poco più di 50 euro (Algeria) e 100 euro (Russia, Norvegia e Azerbaijan) per megawattora.

SE aumenta il gas,diesel ecc aumento di riflesso tutto, generi alimentare pane , frutta ecc. un gioco al massacro


W LA PATRIOTA...........
 
A TUTTA MONNEZZA.........

Tari 2025, cos’è la tariffa puntuale e quanto si paga quest’anno

Nel 2025 diversi comuni punteranno alla Tari su tariffa puntuale, per incrementare la raccolta differenziata

Foto di Matteo Runchi
Matteo Runchi
Editor esperto di economia e attualità



Pubblicato: 26 Gennaio 2025 12:49

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Tari 2025, cos’è la tariffa puntuale e quanto si paga quest’anno

Fonte: ANSATari, arriva la tariffa percentuale
Entro aprile 2025 tutti i comuni dovranno comunicare ufficialmente quale sarà il metodo di calcolo della Tari, la tassa sui rifiuti che tutte le famiglie residenti o domiciliate devono pagare. La legge lascia infatti libertà ai singoli municipi di stabilire quale sia il modo più adeguato per riscuotere questa imposta e sempre più sindaci stanno puntando sulla tariffa puntuale.

Si tratta di un sistema, diffuso soprattutto in Emilia-Romagna, che prevede che il pagamento della Tari sia in parte legato alla produzione di rifiuti indifferenziati di ogni famiglia. Un sistema pensato per ridurre i costi di smaltimento e aumentare la puntuale di raccolta differenziata, ma che comporta alcune difficoltà logistiche.


La Tari 2025 e la tariffa puntuale

Entro la fine dell’anno tutte le famiglie, fatta eccezione per quelle esentate, dovranno pagare la Tari. Una legge del 2021 però permette ai singoli comuni di stabilire in che modo questa tassa, che serve per finanziare lo smaltimento dei rifiuti, viene calcolata. Per la maggior parte delle amministrazioni la scelta è tra due metodi: la metratura delle singole case o il numero di componenti del nucleo familiare.


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Spesso questi due parametri vengono combinati in modo da non penalizzare le famiglie in difficoltà, che comunque possono richiedere un’esenzione. Chi ha un Isee sotto i 6.500 euro annui infatti non paga la Tari. Lo stesso vale per gli immobili disabitati, inagibili, senza utenze o arredi per le aree comuni condominiali non detenute o occupate in via esclusiva.

Per tutti gli altri però la tassa è assicurata e diversi comuni stanno cercando di legarne l’importo a parametri che non riguardano la raccolta differenziata, come quelli già elencati, ma proprio con la produzione di rifiuti indifferenziati di ogni famiglia. Si tratta però di una sfida dal punto di vista logistico, che prevede investimenti per introdurre metodi di calcolo dei rifiuti prodotti.


Come funziona e dove è attiva la tariffa puntuale in Italia

I metodi più diffusi per il calcolo della produzione di rifiuti indifferenziati si basano su una stima del volume degli stessi, effettuata nel momento in cui vengono immessi nel sistema di smaltimento. In sostanza, questo avviene o quando gli utenti buttano i propri rifiuti all’interno dei cassonetti, o quando gli operatori ecologici li raccolgono porta a porta.

Nel caso dei cassonetti, vengono impiegate delle tessere, simili a carte ricaricabili, che attivano il cassonetto stesso e che riportano il volume di rifiuti prodotti. Quando invece il comune ha disposto la raccolta porta a porta, sono gli operatori a essere in possesso dei sistemi per calcolare i volumi.

Il modo in cui la tariffa puntuale sul volume dei rifiuti prodotti influisce sul costo della Tari non è diretto. Il Comune, solitamente, stabilisce un limite entro il quale ogni famiglia paga soltanto una tariffa legata all’estensione della propria unità abitativa o al numero di componenti del nucleo. S
uperato il limite, viene aggiunta una maggiorazione in puntuale alla quantità di rifiuti prodotti.

Al momento la Regione che ha implementato una legge per l’introduzione delle tariffe percentuali sulla Tari è l’Emilia-Romagna. Nel 2025 questo metodo di calcolo si diffonderà nei comuni di Ravenna e Cervia.

Tag: Enti locali TARI Tasse e Contributi
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