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Apologia del Lotto

Zagor

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Apologia del Lotto


Don Luca, uom rotto
ma onesto piovano,
ha un odio col lotto
non troppo cristiano;
e roba da cani
dicendo a chi gioca,
trastulla coll’oca
i suoi popolani.
Don Luca davvero
è un gran galantuomo,
migliore del clero
che bazzica in dòmo
ma è troppo esaltato,
e crede che tocchi
ai preti aprir gli occhi
al mondo gabbato.
In oggi educare,
o almeno far vista,
è moda; il collare
doventa utopista:
e ognuno si scapa
a far de’ lunari,
guastando gli affari
del trono e del Papa.
Il giuoco in complesso
è un vizio bestiale,
ma il lotto in se stesso
ha un che di morale;
ci avvezza indovini,
pietosi di cuore;
doventi un signore
con pochi quattrini.
Moltiplica i lumi,
divaga la fame,
pulisce i costumi
del basso bestiame.
Di fatto lo Stato,
non punto corrivo,
se fosse nocivo
l’avrebbe vietato.
Lasciate, balordi,
che il lotto si spanda,
che Roma gli accordi
la sua propaganda;
si gridi per via:
«Cristiani, un bel terno!»;
s’aiuti il governo
nell’opera pia.
Di Grecia, di Roma
i regi sapienti
piantavan la soma
secondo le genti;
e a norma del vizio
il morso e lo sprone;
che brave persone!
che re di giudizio!
Con aspri precetti
Licurgo severo
corrèsse i difetti
del Greco leggiero;
e Numa con arte
di santa impostura
la buccia un po’ dura
del popol di Marte.
O tisici servi
dal cor di coniglio,
un savio consiglio
vi fodera i nervi;
un tempo corrotto,
perduta ogni fede,
è gala se crede
nel giuoco del lotto.
Lasciate giuocare
messer Galileo;
al verbo pensare
non v’è giubileo.
Studiar l’infinito!
che gusto imbecille!
Se fo le sibille
non sono inquisito.
Un giuoco sì bello
bilancia il Vangelo,
e mette a duello
l’inferno col cielo;
se il diavolo è astratto,
un’anima pia
implora l’estratto
coll’Ave Maria.
Per dote sperata
da pigra quintina
la serva piccata
fa vento in cucina.
La pappa condita
cogli ambi sognati
sostenta la vita
di mille affamati.
Se passa la bara,
del morto, ogni cosa
domandano a gara:
o gente pietosa!
Eh! un popol di scettici
non piange disgrazie,
ma giuoca le grazie
su i colpi apoplettici.
Se suonano a gogna
ci vedi la piena;
ma in quella vergogna
si specchia e si frena?
Nel braccio ti dà
la donna vicina,
e dice: — Berlina,
che numero fa? —
Ah! viva la legge
che il lotto mantiene:
il capo del gregge
ci vuole un gran bene;
i mali, i bisogni
degli asini vede,
e al fieno provvede
col libro dei sogni.
Chi trovasi al verde
l’ascriva a suo danno;
lo Stato ci perde,
e tutti lo sanno.
Lo stesso piovano
in fondo è convinto
che a volte ci ha vinto
perfino il Sovrano.
Contento del mio,
né punto né poco,
per grazia di Dio,
m’importa del giuoco.
Ma certo, se un giorno
mi cresce la spesa,
galoppo all’impresa
e strappo uno storno.


Giuseppe Giusti


Un saluto e buona giornata/serata/notte.

Mauro

I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di conoscenza che li ha creati. (Albert Einstein)
 

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