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[h=1]Ristrutturazioni e acquisto mobili, ok al bonus anche senza invio all’Enea[/h] di Alessandra Marra[h=2]L’Agenzia delle Entrate pubblica le guide aggiornate e ribadisce che la mancata trasmissione dei dati all’Enea non comporta la perdita del beneficio[/h] 20/05/2019Vedi Aggiornamento del 27/05/2019
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Foto: Zakhar Marunov ©123RF.com
20/05/2019 – L’Agenzia delle Entrate pubblica le guide aggiornate relative al Bonus Mobili e al Bonus ristrutturazione ribadendo che la mancata o tardiva trasmissione della comunicazione all’Enea dei dati degli interventi agevolati che permettono anche risparmio energetico non implica la perdita del diritto alle detrazioni.

La ‘novità’ inserita nelle nuove guide conferma quanto già spiegato dall’Agenzia nella Risoluzione 46/E del 18 aprile 2019.
[h=2]Bonus mobili e ristrutturazioni: l’invio dati all’Enea[/h] La ‘questione’ dell’invio dei dati all’Enea nasce con la Legge di Bilancio 2018 che ha introdotto l’obbligo di inviare all’Enea, a partire dal 1° gennaio 2018, una comunicazione legata alla detrazione del 50% sugli interventi di ristrutturazione edilizia che consentono anche di conseguire un risparmio energetico e all’acquisto di elettrodomestici, con l’obiettivo di monitorare il risparmio energetico che può derivare da un intervento di ristrutturazione.

L’Agenzia, nelle nuove guide, ricorda che l’invio va effettuato entro 90 giorni dalla data di ultimazione dei lavori o del collaudo, attraverso il sito web dedicato. Tuttavia, specifica che l’invio all’Enea, anche se obbligatorio per il contribuente, non determina, se non effettuato, la perdita del diritto alla detrazione. Manca, infatti, una specifica previsione normativa che preveda la sanzione nel caso non vi si provveda.
[h=2]Bonus ristrutturazioni: la guida aggiornata[/h] La guida ricorda che è possibile usufruire della detrazione Irpef 50% e del limite massimo di spesa di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare per le spese di recupero del patrimonio edilizio fino al 31 dicembre 2019. Salvo che non intervenga una nuova proroga, dal 1° gennaio 2020 la detrazione tornerà alla misura ordinaria del 36% e con il limite di 48.000 euro.

L’Agenzia ricorda gli altri benefici fiscali per i lavori sul patrimonio immobiliare introdotti negli anni: la possibilità di pagare l’Iva in misura ridotta e quella di portare in detrazione gli interessi passivi pagati sui mutui stipulati per ristrutturare l’abitazione principale.

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[h=2]Bonus mobili: la nuova guida dell’Agenzia[/h] La guida ricorda che si può usufruire della detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A per i forni), destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione che si effettuano nel 2019.

La detrazione può essere richiesta solo da chi realizza un intervento di ristrutturazione edilizia iniziato non prima del 1° gennaio 2018. Per gli acquisti effettuati nel 2018, invece, è possibile fruire della detrazione solo se l’intervento di ristrutturazione è iniziato in data non anteriore al 1° gennaio 2017.

La data di avvio dei lavori può essere dimostrata, per esempio, da eventuali abilitazioni amministrative o dalla comunicazione preventiva all’Asl, se è obbligatoria. Per gli interventi che non necessitano di comunicazioni o titoli abilitativi, è sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
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[h=1]Abusi edilizi: anche se realizzati da altri, il proprietario del terreno è responsabile[/h] di Paola Mammarella[h=2]Cassazione: il proprietario deve dimostrare che la costruzione è avvenuta a sua insaputa e senza la sua volontà[/h] 22/05/2019Vedi Aggiornamento del 28/05/2019
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Foto: kuningaskotka©123RF.com
22/05/2019 – Il proprietario di un terreno su cui sono presenti opere edilizie abusive è responsabile anche se i manufatti sono stati realizzati da altri. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza 19225/2019.
[h=2]Abusi edilizi, risponde il proprietario del terreno[/h] La Cassazione ha spiegato che la responsabilità dell’abuso edilizio da parte del proprietario del terreno può essere desunta da elementi oggettivi, come la piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo, la sua presenza sul luogo, lo svolgimento di attività di vigilanza sul bene, l’interesse a edificare una nuova costruzione e il legame di parentela con il committente dei lavori.

Si tratta di elementi che normalmente si presumono. È infatti difficile che il proprietario di un terreno, presente sul posto, non sia a conoscenza delle attività che vi si svolgono.

Per questi motivi, hanno illustrato i giudici, grava sull’interessato l'onere di dimostrare la sua estraneità, cioè che si tratti di opere realizzate a sua insaputa e senza la sua volontà.
[h=2]Abusi edilizi, il caso[/h] Il caso analizzato dai giudici riguarda due coniugi, che la Corte d’Appello aveva ritenuto responsabili della realizzazione di un immobile abusivo di 80 metri quadri.

Solo uno dei due coniugi era proprietario del terreno e sosteneva di non essere a conoscenza dell’abuso, perché commissionato dall’altro coniuge.

La Cassazione ha però respinto il ricorso, confermando la responsabilità del proprietario che, dato il rapporto di parentela e la sua presenza nel territorio, non avrebbe potuto essere all’oscuro di quanto stava per essere realizzato.
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[h=1]Abusi edilizi, quando la multa sostituisce la demolizione?[/h] di Paola Mammarella[h=2]Il Consiglio di Stato spiega: l’ordine di demolizione va sempre emesso e successivamente si valuta caso per caso[/h] 11/09/2018Vedi Aggiornamento del 22/05/2019
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Foto: Jozef Polc © 123rf
11/09/2018 – La possibilità di sostituire la demolizione di un edificio abusivo col pagamento di una multa deve essere valutata nella fase esecutiva del procedimento. Questo significa che prima l’Amministrazione deve emettere l’ordine di demolizione e poi valutare se, nel caso concreto, è più opportuna una sanzione pecuniaria.

Il meccanismo è stato spiegato dal Consiglio di Stato con la sentenza 5128/2018.
[h=2]Demolizione o multa, quando si può scegliere[/h] I giudici hanno spiegato che “la repressione di abusi edilizi costituisce un atto vincolato, la cui motivazione soddisfa i requisiti di legge anche quando si riduce all’affermazione dell’accertata irregolarità dell’intervento, risultando superflua ogni specifica comparazione tra l’interesse pubblico e gli interessi privati coinvolti o sacrificati”. In altre parole, gli abusi edilizi devono sempre essere puniti ed eliminati, senza badare a eventuali danni che i provati, responsabili degli interventi, potrebbero subire.

Il Comune deve quindi emettere sempre l’ordine di demolizione in caso di accertamento di un abuso edilizio.

“La possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria – si legge nella sentenza - deve essere valutata dall'Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione: il dato testuale della legge è univoco ed insuperabile, in coerenza col principio per il quale, accertato l'abuso, l'ordine di demolizione va senz'altro emesso”.

Il Comune nella scelta tra l’esecuzione della demolizione o una multa alternativa deve considerare se la demolizione possa avvenire “senza pregiudizio della parte eseguita in conformità.

In presenza di rischi alle parti di edificio in regola, “il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione”. Si tratta, ha concluso il CdS, di casi che si verificano prevalentemente quando alcuni interventi vengono eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo rilasciato. Casi in cui non rientra l’ampliamento senza permessi di un edificio preesistente.
[h=2]Demolizione o multa, il caso[/h] Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, il Comune aveva respinto una richiesta di condono, presentata dopo l’ampliamento di un immobile e ordinato il ripristino dello stato dei luoghi. I responsabili avevano affermato che, invece dell’ordine di demolizione, il Comune avrebbe dovuto irrogare una sanzione pecuniaria.

I giudici hanno spiegato innanzitutto che, in base alla Legge 326/2003, non possono essere sanati gli abusi realizzati nelle zone vincolate o in violazione degli strumenti urbanistici. Dato che tutto il territorio del comune era stato precedentemente dichiarato “di notevole interesse pubblico”, l’Amministrazione aveva dichiarato l’ampliamento volumetrico non condonabile.

Il CdS ha inoltre ricordato che gli interventi edilizi effettuati su immobili situati in territori sottoposti a vincoli di notevole interesse pubblico e paesaggistico possono essere condonati solo se siano consistiti in interventi minori quali opere di restauro, di risanamento conservativo e di manutenzione straordinaria.

Non trattandosi di un intervento di manutenzione, i giudici hanno escluso la sanatoria. Dal momento che il ripristino dello stato dei luoghi poteva avvenire senza danneggiare la costruzione realizzata legittimamente, il CdS ha confermato l’ordine di demolizione.
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