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Massacro a Charlie Hebdo, killer asserragliati con ostaggi
Alla fine gli 88mila agenti sguinzagliati dall'Eliseo sono riusciti a braccare i macellai della strage alla redazione di Charlie Hebdo. In corso il blitz nel villaggio a nord-est di Parigi. Violenta sparatoria con la gendarmerie: ci sono feriti

Andrea Indini - Ven, 09/01/2015 - 10:44
Alla fine gli 88mila agenti sguinzagliati dall'Eliseo sono riusciti a braccare i macellai della strage alla redazione di Charlie Hebdo.

I fratelli Cherif e Said Kouachi hanno catturato un ostaggio e si sono asserragliati in un'azienda a Dammartin-en-Goele.

Ed è in questa cittadina della regione di Seine et Marne, a pochi chilometri dall'aeroporto Charles de Gaulle che le teste di cuoio, dopo aver avvistato i due jihadisti nei boschi, hanno fatto scattare l'assalto finale. In quelle immagini, che evocano più una zona di guerra che la verdeggiante campagna francese, l'Europa guarda attonita e impotente la furia del fondamentalismo islamico che per quarantott'ore ha tenuto sotto scacco un'intera nazione.

Da mercoledì mattina, quando alle 11:30 il commando jihadista ha fatto fuori coi kalashnikov dodici innocenti per imbavagliare la libertà di espressione, è partita la più imponente caccia all'uomo della storia.

Decine di migliaia di agenti a zonzo per il Nord della Francia a cercare i due macellai. È il fallimento dell'intelligence francese che in questi anni ha agito come se i fratelli Kouachi non fossero da anni sulla black list degli Stati Uniti perché sospettati di terrorismo, come se i loro nomi non comparissero nella no-fly list delle autorità aeroportuali americane che vieta di prendere voli da e per gli Stati Uniti, come se non sapessero che il più giovane (Said) fosse stato addestrato in Yemen da al Qaeda. Li hanno lasciati liberi di attaccare. E di ammazzare. Prima di asserragliarsi nell'azienda a Dammartin-en-Goele, i terroristi hanno ingaggiato una sparatoria con la gendarmerie ammazzando e ferendo una ventina di persone.
 
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E adesso Marine Le Pen all'Eliseo?

La prima conseguenza dell’attacco a Charlie Hebdo, è che da oggi noi occidentali siamo tutti un po’ meno liberi. Quale giornale oserà pubblicare satira sui fondamentalisti islamici? L’autocensura era già dilagante (Charlie Hebdo fu un’eccezione) adesso diventa quasi un obbligo di sicurezza agli occhi di molti. Saremo tutti meno liberi anche perché la strage di Parigi verrà seguita da ulteriori misure di sicurezza. Così come dopo l’11 settembre la libertà di viaggiare è stata gravata da miriadi di controlli, l’escalation nella militarizzazione delle nostre società è destinata a proseguire. Un prezzo forse inevitabile (anche economico: la sicurezza costa), ma sempre un prezzo.
Sul piano politico, la carneficina operata da un commando che grida “Allah è grande” rafforza i partiti xenofobi in tutta l’Europa. Una vittoria di Marine Le Pen (Fronte Nazionale) nella corsa all’Eliseo, è più probabile. La Lega Nord italiana, il nuovo partito anti-immigrati sorto in Germania, le formazioni analoghe in ascesa dall’Inghilterra ai paesi scandinavi, raccoglieranno più consensi. Crescerà il numero di europei che considerano l’immigrazione dai paesi islamici come il terreno di coltura di questa violenza. La questione musulmana sarà uno dei temi su cui si giocano le elezioni nazionali, e anche il futuro dell’Unione europea. Questo allargherà anche il divario fra Europa e Stati Uniti: in America l’immigrazione continua ad essere un fattore di crescita economica, ma si tratta prevalentemente di immigrazione da aree del mondo non islamiche.
E’ più difficile valutare l’impatto sulle operazioni militari contro lo Stato islamico, le forze jihadiste in Siria e Iraq, fautrici di un Grande Califfato che allunga la sua minaccia sull’Europa. Di fronte all’attacco di Parigi, gli europei come sempre si divideranno: alcuni concluderanno che bisogna essere più impegnati a fianco degli Stati Uniti nelle operazioni militari; altri al contrario diranno che conviene starsene a casa e non provocare un avversario così temibile.
 
Charlie Hebdo, Marine Le Pen invoca la pena di morte

Dopo la strage nella sede del Charlie Hebdo, Marine Le Pen propone la pena di morte. Sul suo account Twitter la leader del Front National ha annunciato che chiederà ai francesi proprio questo: "Voglio offrire ai francesi un referendum sulla pena di morte. A titolo personale, credo che questa possibilità debba esistere", ha scritto spiegando: "Sono gli islamici che hanno dichiarato guerra alla Francia". La leader di FN ricorda che "Charlie Hebdo ha molto combattuto il Fronte Nazionale. Ma la democrazia è questo". Al contrario "il terrorismo che si è espresso ieri vuole impedire la parola e il dibattito: al contrario bisogna parlare senza timore". Per Le Pen è importante valutare la portata di questa minaccia "non bisogna minimizzarla", bisogna uscire "dalla negazione e dall’ipocrisia". Dire le cose come stanno "significa dire che si tratta di un attentato commesso dai fondamentalisti islamici".
 
Charlie Hebdo, l'imam rivendica la strage: "Siamo stati noi"

A 48 ore dalla strage nella redazione di Charlie Hebdo arriva la rivendicazione. Sono stati i terroristi dello Stato Islamico. Un religioso vicino all'Is ha annunciato durante un sermone a Mosul, in Iraq, che l’organizzazione guidata da Abu Bakr al-Baghdad è la responsabile dell’attacco a Parigi. "Abbiamo iniziato con l’operazione in Francia, per la quale ci assumiamo la responsabilità. Domani saranno la Gran Bretagna, l’America e altri», ha affermato l’imam Abu Saad al-Ansari - citato dall’agenzia Dpa - nella città da mesi sotto il controllo dei jihadisti. "Questo è un messaggio a tutti i paesi che partecipano alla coalizione (internazionale guidata dagli Usa, ndr) che ha ucciso militanti dello Stato islamico", ha sottolineato. Intanto, i terroristi sono ancora asserragliati a Dammartin en Goele in una piccola azienda che stampa volantini pubblicitari.

Jihadisti assediati, hanno 5 ostaggi
"Ora vogliono morire come martiri"
 
AUX ARMES, CITOYENS! Il multiculturalismo è una baggianata colpevole
venerdì, 9, gennaio, 2015

Angela Piscitelli
Ero ferma nel piccolo ingorgo di mezzogiorno, stamani, nella città di Borgogna vicina al mio paesello. Davanti a me un vecchio camion sgangherato di trasporti, non si capiva nemmeno di che nazionalità fosse, tanto era polveroso. Sul retro con il dito, il camionista aveva scritto, grande grande nella polvere, “Je suis Charlie”. Non mi vergogno, mi sono venute le lacrime agli occhi di fronte a quel telone. Ieri, oggi, in ogni canto dell’Europa, gli uomini dabbene hanno scritto nella polvere non soltanto il dolore, ma una chiamata a difendere, con ogni mezzo, il bene più prezioso che abbiamo, inciso nelle nostre radici: la libertà.

Le piazze mute, sgomente, lumini e lacrime, riempite senza appelli, senza partiti e sindacati, senza retorica hanno urlato con il loro silenzio che l’Europa esiste e come, e siamo noi, la gente comune. Sì, senza retorica, chiamati da nessuno, persone.

E mentre tutto questo accadeva – un tragico e meraviglioso ritrovarsi tutti a difendere ciò che siamo – l’Europa dei tecnocrati taceva, imbarazzata, non avendo proprio nulla da dire, incapace perfino di fingere un’emozione. Le vetrate di Strasburgo non hanno occhi e non hanno cuore.

Questa è una guerra. È tempo che le parole ritrovino il loro vero significato, l’ipocrisa è la peggiore nemica della libertà. Siamo stati sciagurati finora. Gli inverni arabi non hanno germogli, solo sangue, è questa è una guerra. Perché la pace unilaterale non esiste e non esiste l’integrazione unilaterale. Se una parte soccombe, strappando e rinnegando i sacri principi in nome di un relativismo cieco, non integra, si disintegra.

Il multiculturalismo, così come lo si intende oggi, è una baggianata colpevole: la storia dei popoli non è sincronica, e integrare un cannibale non vuol dire fornirgli qualche nostro parente, magari antipatico, in salmì, vuol dire accettare che esiste un diverso tempo ed un diverso spazio per ogni specie e che certo, far di tutto per sanare il peccato d’origine di questa diversità, cercando l’uomo come Diogene in ogni individuo, ma difendendo la nostra diversità, se occorre, anche con le armi, non disintegrandola in un solvente di parole senza senso. «Le cose essendo si fanno ingiustizia», Anassimandro sapeva, noi abbiamo dimenticato.

Se sono arrivati a colpire la libertà di espressione, significa che l’assedio è giunto alla scena finale. Non c’è più spazio per gli eufemismi. Erano irritanti, irridenti, infantilmente giocosi ed avevano solo delle matite tra le mani. Ce n’era per tutti, anche per Domineddio. Ma disegnavano. E se ci pensate, la vignetta, in questa Europa dislessica è l’ultimo baluardo della parola perduta. Perché per il resto, ci siamo taciuti da soli, inventando astrusi neologismi, stravolgendo il senso dei fatti, tacciando qualunque dissenso al pensiero conforme come estremismo, mentre gli estremismi, quelli veri, crescono e si moltiplicano.

Nascondiamo le stigmate della nostra civiltà sotto il tappeto come fossero escrementi, togliamo i presepi, mortifichiamo la nostra libertà di credere, di inventare, di sorridere in nome di presunte libertà d’altri. E così facendo togliamo la speranza anche a quelli, e sono tanti, che davvero vogliono integrarsi condividendo valori e sogni che sono i nostri. Il silenzio composto delle piazze, quei foglietti d’ogni forma e colore vergati in fretta, sono le sentinelle in piedi dell’anima dell’Europa che non vuole morire e che è pronta a vender cara la pelle, se occorre.

E poco importa se Bruxelles, Strasburgo sono lontane, l’autodeterminazione dei popoli comincia dalla coscienza dell’identità. “Aux armes, citoyens”. Siamo stati colpiti in pieno questa volta, il resto, undici settembre compreso, lo avevamo vissuto come un sinistro videogioco, e il tempo è passato. Ed ora siamo in guerra, capito? Guerra. Bisogna combattere.
 
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È guerra!

L’immagine del poliziotto francese ferito a terra che chiede clemenza e del suo boia che gli spara alla testa è l’immagine di ciò che loro nutrono per noi: un odio senza pietà.

IL LIBRO DELLA VIGLIACCHERIA
Era tutto scritto da anni nel libro della vigliaccheria di questa Europa incapace a capire che siamo in guerra e che un nemico spietato e crudele ha deciso di distruggerci dentro casa nostra. Questo libro ha molti capitoli di sangue e orrore che tanti si rifiutano di leggere: ipocriti intellettuali, pavidi governanti, criminali buonisti che predicano il multiculturalismo per nascondere la loro assenza di onore e coraggio.
Il titolo di questo libro potrebbe essere: “La guerra in casa nostra”. Non parla di un dramma familiare ma della tragedia di una civiltà piegata in se stessa, impaurita, indifferente, miope, sazia di storia e destino.

In questi anni sono stati scritti molti capitoli di questo libro ma è come se ogni volta ci trovassimo di fronte al primo. Gli altri li abbiamo strappati.
Un capitolo fu scritto il 2 novembre del 2004 quando a Theo Van Gogh, regista olandese, fu squarciato il cuore nel centro di Amsterdam da un integralista islamico; la sua colpa, aver girato un film denuncia sulla condizione delle donne nell’Islam.
Quando un anno dopo Ayaan Hirsi Ali, donna intellettuale somala, in prima fila nella lotta per i diritti delle donne musulmane, fu costretta ad abbandonare l’Olanda e trasferirsi nella libera America per una vergognosa sentenza del Tribunale dell’Aia che ritenne troppo pericoloso difenderla dalla fatwa lanciata contro di lei, il secondo capitolo di viltà e ignavia fu concluso.

Un altro capitolo fu scritto il 7 luglio del 2005 a Londra, quando quattro attentatori suicidi fecero saltare in aria tre treni della metropolitana e un autobus causando 55 morti e 700 feriti; anche l’anima dell’Inghilterra fu sventrata quando si scoprì che gli attentatori erano tutti giovani cittadini inglesi di religione islamica. Come Michael Adebolajo, il giovane nigeriano inglese che nel 2013 decapitò alla periferia di Londra un soldato inglese al grido “Allah Akbar”, mostrando il machete insanguinato.

Un altro capitolo, quello simbolicamente più eloquente, è questo video girato a Londra nel 2006, durante una manifestazione d’integralisti davanti all’ambasciata danese in occasione delle proteste che incendiarono tutta Europa per le famose vignette anti-islamiche: cittadini inglesi che manifestano inneggiando alla Jihad in Europa, protetti da un cordone di poliziotti che garantisce loro il diritto ad minacciare la distruzione di chi difende la loro libertà di espressione. La follia di difendere chi vuole annientarti.
Un capitolo a parte fu la strage di Tolosa, quando un giovane franco-algerino di 23 anni decise di scatenare la sua jihad perosnale, ammazzando tre militari francesi (tre) e poi massacrando un professore e tre bambini nella scuola ebraica della città (il più piccolo aveva tre anni, la più grande otto, uccisa con un colpo alla tempia a bruciapelo).
Capitoli su capitoli, il libro nero delle nostre paure di europei si riempie di pagine e orrore. Come quello dei tre morti nella sinagoga di Bruxelles di qualche mese fa.
Qualche settimana fa l’intelligence tedesca ha avvertito: sono migliaia i musulmani europei impegnati con i jihadisti in Siria, Libia, Iraq e Libano (400 solo dalla Germania). Cosa succederà quando molti di loro, tedeschi, inglesi, francesi, svedesi, olandesi, rientreranno nei loro paesi, perfettamente addestrati alla guerra, all’orrore e carichi di un odio ancestrale verso la civiltà che li ospita?

NON CONQUISTATI MA DISTRUTTI
Non basterà continuare con le vostre litanie ipocrite: “dialogo, convivenza, accoglienza, comprensione, integrazione, perdono”.
L’Europa deve capire che siamo in guerra; una guerra diversa dalle altre. Il nemico è impalpabile ma presente. Si nasconde nella nostra quoditianità, spesso vive con noi. Si ciba della nostra paura e del nostro quieto vivere, della nostra perdita di identità e di senso di ciò che siamo stati e di ciò che saremo. Questo nemico non vuole conquistare un territorio, una città, una regione. Vuole distruggerci, annientarci. Vuole cancellare ciò che noi siamo: la nostra idea di libertà, d’individuo, di vita, il paesaggio di diritti e doveri che faticosamente l’Occidente ha conquistato e faticosamente preserva. la nostra idea di futuro.
Noi siamo in guerra. E cosa si fa in guerra? O si combatte o si scappa e noi non stiamo combattendo. Speriamo non ci raggiungano troppo presto.
Su Twitter: @GiampaoloRossi
 
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Charlie Hebdo, il blitz in diretta contro i due fratelli Kouachi: "Li hanno uccisi"
09 gennaio 2015

Dopo ore di assedio, pochi minuti prima delle 17, quando la luce cominciava a calare, il blitz delle teste di cuoio francesi contro i due autori della strage a Parigi nella redazione di Charlie Hebdo. Spari e fumo, poi delle esplosioni. Quindi il silenzio, e quindi altre raffiche di mitra. Nel corso del raid Said e Cherif Kouachi sono stati uccisi. I due fratelli sono gli islamisti che si sono macchiati dell'uccisione di 12 persone nella redazione del settimanale satirico, braccati sin dal primo mattino dopo una caccia all'uomo che si protraeva da due giorni. I Kouachi avevano uno o due ostaggi. Le prime indiscrezioni dopo il blitz affermano che l'unico ostaggio nelle loro mani è uscito indenne dopo l'azione delle teste di cuoio. L'azione delle forze speciali è avvenuta in una fabbrica a circa 70 km da Parigi, nel paesino di Dammartin-en-Goele, a circa 30 chilometri dalla zona dove si sono svolte le ricerche giovedì. In parallelo, a Parigi, avveniva il blitz nel negozio kosher occupato da un altro estremista islamico che minacciava di uccidere i suoi ostaggi nel caso in cui i fratelli Kouachi non fossero stati liberati.
 
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Ostaggio-eroe ruba la pistola al terrorista ma viene ucciso

Uno degli ostaggi aveva rubato la pistola a Amedy Coulibaly, il terrorista che ieri ha preso in ostaggio i clienti di un supermarket ebraico a Parigi. A raccontarlo al giornale britannico Daily Mail è uno dei sopravvissuti, sopravvissuto, Mickael B., che si trovava nel negozio insieme al figlio di 3 anni. "Stavo cercando qualche moneta nelle mie tasche per pagare quando ho sentito un bang, un suono terribilmente forte. Voltandomi ho visto un uomo di colore, armato con due Kalashnikov e ho iniziato a capire cosa stesse succedendo. Ho afferrato mio figlio e l'ho portato nel retro del negozio. Lì, con altri due clienti del negozio, abbiamo sceso le scale fino ad arrivare ai sotterranei. Eravamo uno sopra all'altro, riuniti in due stanze freddissime e non riuscivamo a chiudere le porte. Eravamo terrorizzati. Cinque minuti dopo un'impiegata del negozio è stata mandata giù, dove eravamo noi, dal sequestratore. Ci ha detto che dovevamo tornare su altrimenti ci avrebbe uccisi tutti. Il sequestratore si è presentato a noi. Era stranamente calmo.'Sono Amedy Coulibaly, musulmano. Servo lo Stato Islamico', ci ha detto. E poi ci ha obbligati a lasciare i nostri telefoni per terra. Girava per la stanza, armato, continuando a parlare di Palestina, dei suoi fratelli in Siria e di altre cose".

Poi il colpo di scena, che avrebbe potuto risolvere il sequestro senza vittime o causare un'autentica ecatombe. "Improvvisamente - racconta sempre Mickael al Daily Mail - un uomo ha afferrato una pistola che il sequestratore aveva appoggiato a terra perchè si era inceppata. L'ha puntata contro il terrorista, ma non funzionava. Il sequestratore l'ha visto e l'ha ucciso immediatamente, davanti ai nostri occhi". Poi il boato, gli spari, il fumo: "Amedy era morto. Era finita".
 
Charlie Hebdo

Parla la compagna di Charb: "Lo amavo e lo ammiravo. Questo massacro si poteva evitare"

“Non ho perduto Charlie-Hebdo, ho perso la persona amata". Jeanette Bougrab, compagna di Charb, in un'intervista rilasciata alla BFmTv ricorda il direttore del giornale satirico Stéphane Charbonnier. La donna è stata membro del governo di centro-destra sotto Sarkozy, ma ha tenuto ha precisare: "Sono qui non in quanto ex segretaria di Stato di François Fillon, ma in quanto donna che ha perso il suo uomo, assassinato da barbari. Prima di amarlo, prima di innamorarmi di lui l’ho ammirato. Lo amavo perché era così, perché era coraggioso, perché riteneva che occorre rischiare la vita per difendere un ideale. Conoscete delle persone che siano pronte a morire per delle idee oggi?". Poi però attacca: "Sono appena morte, sono state appena assassinate! E’ la realtà, ma questo massacro poteva essere evitato e non è stato fatto”. Jeanette rivela poi che "Charb preparava un libro sull’islamofobia, di cui lo accusavano gli estremisti. Nel 2013 figurava in una lista delle personalità più odiate da Al Qaeda e nel suo mirino".
 
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IL DOLORE DI JEANETTE BOUGRAB, COMPAGNA DI CHARB,

‘’Io vorrei che mi spiegassero che cosa succede oggi in Francia. Penso che alcuni non continueranno l’avventura di Charlie. Perché sono terrorizzati, perché hanno paura per le loro vite e perché sanno che oggi in questo Paese quando si prende in mano una matita si può essere uccisi. Questa è ora la Francia’’….
 
MERCOLEDÌ 14 GENNAIO IL NUOVO NUMERO DI "CHARLIE HEBDO" SARÀ IN TUTTE LE EDICOLE ITALIANE IN ALLEGATO A "IL FATTO QUOTIDIANO" - DAL RICAVATO DELL'INIZIATIVA UNA DONAZIONE PER LE FAMIGLIE DEI COLLEGHI GIORNALISTI E VIGNETTISTI UCCISI

“il Fatto”: “E' il nostro modo di essere vicini e di esprimere solidarietà alla redazione del settimanale francese sanguinosamente colpita dalla strage di Parigi e di testimoniare tutto il nostro amore per la libertà di espressione e dunque di satira. Ringraziamo gli amici di "Charlie Hebdo", e quelli di "LIbération", per avere subito accolto con gioia la nostra proposta”…
 
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Charlie Hebdo, sarà in edicola con nuove vignette..

C'è molta attesa per il prossimo numero di Charlie Hebo, il primo dopo la strage che giovedì scorso ha ucciso 12 persone. Il settimanale, con l'aiuto dei grandi gruppi editoriali francesi, uscirà in edicola con una tiratura eccezionale di un milione di copie. Dalle prime dichiarazioni dell'avvocato Richarl Malka si apprende che, seguendo lo spirito del direttore Stephan Charbonnier, "preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio". il settimanale satirico non fa nessuna marcia indietro. E uscirà con altre vignette su Maometto. Il giornale non rinuncia al "diritto alla blasfemia" e va avanti per la sua strada, anticipa l'avvocato di "Charlie Hebdo" ripreso da Le Figaro. "Non volevamo fare un numero necrologico, né essere lamentosi", ha precisato il direttore Gerard Biard. La redazione, dopo il massacro, ha ripreso a lavorare negli uffici che il quotidiano Libération ha messo a loro disposizione. Sono ovviamente scortati, ma tutti (incluso Coco, la vigenttista che è stata costretta ad aprire la porta della redazione) hanno deciso di esserci, di lavorare a questo numero che avrà gli occhi di tutto il mondo addosso. E sarà - assicurano - un numero necrologico.
 
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Charlie Hebdo, sul prossimo numero nuove vignette su Maometto
Mercoledi torna il settimanale satirico. Tiratura speciale: un milione di copie. Sarà tradotto in 16 lingue

Charlie Hebdo non si arrende. Non solo perché torna in edicola, ma anche per un altro motivo. Nel nuovo numero, che uscirà mercoledì, i lettori troveranno nuove vignette su Maometto.

Ovviamente i bersagli di Charlie saranno molti, come sempre, dalla politica, alla società, comprese le religioni. Il contenuto del nuovo numero del giornale satirico è stato anticipato a France Info dall'avvocato del magazine francese, Richard Malka. Il legale ricorda che lo spirito di "jeSuisCharlie" significa anche "diritto alla blasfemia". Insomma, Charlie continuerà a far arrabbiare. Anzi, non vuole smettere di far arrabbiare. Questa è la sua "mission". Lo era prima e lo sarà anche domani.

Il giornale uscirà tradotto in 16 lingue, con una tiratura di un milione di copie (contro le 60 mila normali), in un’edizione a otto pagine, la metà di quelle solite. Al settimanale sono arrivati già 500mila euro di aiuti. Ma ne arriveranno altri, visto che alcuni giornali stranieri, come ad esempio il Fatto Quotidiano in Italia, hanno annunciato di voler pubblicare Charlie destinando i profitti al "cugino francese".

Sarà un numero commemorativo, ha poi spiegato il nuovo direttore Gérard Biard, "ma senza essere piagnucoloni". Charlie Hebdo non vuole piangersi addosso. Vuole (solo) far ridere e riflettere le persone.

E chi non gradisce lo ignori pure senza problemi. Questa è la libertà.
 
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''CHARLIE HEBDO'' TORNA IN EDICOLA, CON MAOMETTO CHE PIAGNUCOLA E REGGE UN CARTELLO CON SCRITTO “JE SUIS CHARLIE”. SOPRA CAMPEGGIA UNA DIDA: “TUTTO È PERDONATO”

3 milioni di copie, 16 lingue. vignetta di Luz, una delle firme di punta - Mentre Al-Qaeda minaccia ancora la Francia («esposta al peggio sinché i suoi soldati occuperanno il Mali e il Centrafrica») le indagini sulle recenti stragi continuano serrate….
 

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