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cure all'estero senza pagare

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Come ottenere le cure
in un altro Paese europeo
Presentando la Tessera Europea di Assicurazione Malattia si ha diritto a ricevere le cure alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato ospite, senza pagare

di Maria Giovanna Faiella
1 SALUTE

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Fare una visita in un ospedale europeo specializzato nel trattamento di una particolare malattia, usufruire di una terapia non ancora disponibile in Italia, accedere alla cura nei tempi giusti se nel nostro Paese c’è da aspettare troppo. Il diritto dei cittadini dell’Unione europea a ricevere ovunque le stesse prestazioni erogate dal proprio Servizio sanitario è sancito dalla Direttiva comunitaria sull’assistenza transfrontaliera che, anche se con qualche ritardo, è stata recepita dal Decreto legislativo n. 38, entrato in vigore il 5 aprile. D’ora in poi potremo scegliere di curarci in un altro Stato Ue ricevendo lo stesso trattamento riservato ai residenti di quel Paese. Ma vediamo come sarà possibile, in base alle nuove norme, esercitare concretamente il diritto a cure programmate oltre frontiera.
1) Che cosa bisogna fare sempre prima di recarsi all’estero per ricevere assistenza?
Prima di partire è sempre bene informarsi sulle procedure da seguire, su eventuali costi da sostenere e/o anticipare, ma anche sui livelli di qualità e sicurezza di strutture sanitarie e professionisti esteri, sui tempi di attesa delle prestazioni, su tariffe e onorari richiesti. A questo scopo ci si può rivolgere alla propria Asl o al Punto di contatto nazionale, che è stato istituito presso il Ministero della Salute, come pure a quello del Paese in cui ci si vuole recare per sottoporsi alle cure.
2) Le prestazioni erogate da una struttura di qualunque altro Paese europeo sono pagate direttamente dal nostro Servizio sanitario nazionale?
No, le nuove norme
prevedono l’assistenza indiretta. Come precisa, infatti, la Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute: «Il paziente dovrà anticipare i costi della prestazione sanitaria di cui intende usufruire in un altro Paese dell’Unione europea e solo successivamente potrà ottenere il rimborso da parte della propria Asl di residenza».
3) È possibile usufruire all’estero di qualsiasi prestazione?
Sono rimborsate soltanto le prestazioni che rientrano nei Livelli essenziali di assistenza (i cosiddetti LEA), in base alle tariffe regionali vigenti. Nessun rimborso, invece, è previsto per spese di viaggio e alloggio, per gli accompagnatori di persone con disabilità (tranne diverse disposizioni adottate dalle Regioni si veda il box al centro ), per le cure «a lungo termine», per il trapianto di organi, per i programmi pubblici di vaccinazione contro le malattie contagiose.
4) Per alcune prestazioni è necessario farsi rilasciare un’autorizzazione preventiva?
Nelle more del decreto attuativo, che dovrà essere adottato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge dal Ministero della Salute d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, attualmente le norme prevedono che il rimborso dei costi dell’assistenza transfrontaliera sia sottoposto ad autorizzazione preventiva dell’Asl nei seguenti questi casi: se è previsto il ricovero del paziente per almeno una notte; se è richiesto l’uso di un’infrastruttura sanitaria o di apparecchiature mediche altamente specializzate e costose; se le cure richieste comportano un rischio particolare per il paziente o la popolazione; se esistono «gravi e specifiche preoccupazioni quanto alla qualità o alla sicurezza dell’assistenza».
5) In questi particolari casi qual è, allora, la procedura da seguire?
Va presentata la richiesta all’Asl, che l’approva o la respinge entro 30 giorni, ridotti a 15 in casi urgenti. Ma prima occorre chiedere se la prestazione che si vuole effettuare in un altro Stato Ue necessita di autorizzazione preventiva o meno. Un passaggio, quest’ultimo, che poteva essere evitato, secondo Sabrina Nardi, vicecooordinatrice del Tribunale dei diritti del malato-Cittadinanzattiva. «Bastava - sottolinea Nardi - che l’informazione fosse fornita dal Punto di contatto nazionale; così, invece, si allunga l’iter burocratico, visto che l’Asl ha dieci giorni di tempo per rispondere. E i tempi di attesa per i pazienti si allungano ulteriormente».
6) Se una prestazione non è disponibile tempestivamente in Italia, è possibile ottenerla in un altro Paese dell’Ue?
Sì, ma è bene accertarsi presso l’Asl se è necessaria l’autorizzazione preventiva per aver diritto al rimborso. «Se l’Asl la nega, - precisa Sabrina Nardi - ha l’obbligo di individuare e comunicare al cittadino quale struttura è in grado di erogare sul territorio nazionale la prestazione richiesta nei tempi giusti dal punto di vista clinico. Per il nostro Servizio sanitario è uno stimolo a ridurre i lunghi tempi di attesa cui spesso sono costretti i cittadini bisognosi di cure».
7) Chi non è in grado di anticipare i costi della prestazione che vuole ottenere in un altro Paese dell’Unione europea ha un’alternativa?
«Il Regolamento comunitario del 2004 rimane in vigore tutt’ora: prevede l’assistenza diretta , cioè sono pagate dal Servizio sanitario nazionale le prestazioni effettuate in un Paese dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo oppure in Svizzera - chiarisce il Tribunale dei diritti del malato - . Il cittadino paga soltanto l’importo del ticket sanitario qualora sia previsto; inoltre, sono coperte anche le spese di viaggio e di alloggio, anche per chi accompagna persone con disabilità». Però, se si vuole utilizzare questa procedura va sempre richiesta l’autorizzazione preventiva - con il cosiddetto modello E112 - alla propria Asl. La Asl, di norma, la rilascia se le cure rientrano tra le prestazioni erogabili dal nostro Servizio sanitario nazionale, ma non possono essere garantite al paziente in Italia entro un lasso di tempo accettabile sotto il profilo medico, tenuto conto dello stato di salute e della probabile evoluzione della malattia.
8) Le prescrizioni di farmaci sono valide in tutti i Paesi dell’Ue?
Le ricette mediche emesse in Italia devono essere riconosciute negli altri Stati dell’Unione, e viceversa. Un vantaggio, questo, soprattutto per chi soffre di malattie croniche o rare, che non dovrà più temere di rimanere senza i medicinali necessari se si reca oltre frontiera. E un farmaco prescritto all’estero sarà dispensato in Italia se ne è autorizzato il commercio.
9) Occorre pagare per avere un farmaco o un dispositivo medico in un altro Stato Ue?
Sì, bisogna anticipare il costo di tasca propria e poi, al rientro in Italia, chiedere il rimborso alla propria Asl. Di norma dovrebbero essere rimborsati solo i farmaci che rientrano tra le prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale, ma è consigliabile informarsi presso l’Asl.
10) In caso di ulteriori dubbi a chi ci si può rivolgere per avere tutti i chiarimenti necessari?
Come è previsto dalla Direttiva europea, in Italia è stato istituito il Punto di contatto nazionale presso il Ministero della Salute. Il cittadino può contattarlo tramite forum su Ministero della Salute, nell’area dedicata alle «Cure nell’Unione europea». In quest’area si trovano anche informazioni dettagliate, sia in italiano sia inglese, su come si può accedere all’assistenza sanitaria transfrontaliera.
23 aprile 2014 | 12:56
 

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