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Alien.

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Venerdì, 13 settembre 2019 - 13:14:00 [h=1]Le asportano lo stomaco ma il tumore non c'era: due medici a processo[/h] [h=2]Il caso di una 53enne operata a Sesto San Giovanni per un tumore maligno rivelatosi poi inesistente: dalla rimozione dello stomaco ha perso 30 chili[/h]
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FacebookTwitterLinkedInFlipboardWhatsAppEmailPrint [h=3]Le asportano lo stomaco ma il tumore non c'era: due medici a processo[/h]
Le è stato asportato "per errore" lo stomaco dopo una diagnosi di tumore maligno risultata poi "totalmente sbagliata". Ed ora la donna 53enne è "ridotta ormai ad uno scheletro vivente". I datti si sono svolti nel 2016, a processo sono finiti due chirurghi dell'Irccs Multimedica di Sesto San Giovanni dove avvenne l'operazione. secondo la Procura di Monza, quell'intervento ha procurato alla paziente una "malattia certamente o probabilmente insanabile".

Il pm di Monza Alessandro Pepe' ha disposto la citazione diretta a giudizio per lesioni colpose gravissime di due medici, in qualita' rispettivamente di "primo" e "secondo" chirurgo all'epoca, e la prossima udienza del processo in corso a Monza, davanti al giudice Angela Colella, e' fissata per il 17 settembre. La Multimedica spa e' stata citata nel dibattimento come responsabile civile dal legale della donna. L'avvocato della donna, Francesco Cioppa, ha evidenziato "insieme all'inaudita gravita' del comportamento negligente ed imperito mantenuto dagli imputati, l'incomprensibile ed inaccettabile indifferenza mostrata sia da questi, sia soprattutto dalla struttura sanitaria in cui questi operavano ed operano, nei confronti delle sorti della paziente e delle immani sofferenze a lei inferte". Secondo l'accusa, i due medici formularono una errata diagnosi di carcinoma gastrico" senza "attendere l'esito delle biopsie eseguite". Assenza di esiti di cui non hanno informato, sempre secondo l'accusa, la donna. Ne' le avrebbero spiegato "le ragioni della scelta di eseguire un'asportazione totale rispetto alla possibilita' di procedere ad una asportazione parziale dell'organo". In piu', sempre come ricostruito dal pm, nel corso dell'intervento non hanno eseguito biopsie per "acquisire ulteriori elementi di valutazione". E non hanno nemmeno rispettato le "linee guida in materia che impongono, ove possibile, di privilegiare un'asportazione parziale".

La donna da allora ha perso 30 chili e denuncia ora tramite il suo legale una "vera e propria brutale, indegna ed ingiustificabile, sul piano scientifico, mutilazione". Tutto iniziato con un incidente stradale dopo il quale fu ricoverata a Sesto e fu sottoposta a vari esami tra cui "una ecografia, e "una esofagogastroduodenoscopia, con biopsia di controllo". Le dissero, come riporta Ansa, che era "portatrice di ulcera gastrica in fase di recrudescenza". Purtroppo, ha spiegato, "non era quella la verita' sulle ragioni del mio ricovero": una dottoressa, infatti, "richiamato mio marito in separata sede, disse a costui che io ero affetta da una grave forma di tumore maligno allo stomaco (...) Ero distrutta. Tumore, quindi, non ulcera gastrica". La operarono il 4 aprile. Il 5 maggio fece una visita nello stesso ospedale, dove arrivo' come un "cadavere ambulante" e dove le venne detto che gli "esami istologici erano negativi" e che era "risultata afflitta esclusivamente da un'ulcera gastrica". E ancora prosegue la donna: "Chiedemmo alla dottoressa del perche', in assenza di tumore alcuno, mi era stato comunque asportato lo stomaco, ricevendo da questa una laconica risposta 'signora, la gastrectomia andava comunque effettuata per le altre patologie che la affliggevano!".
[h=6]Commenti:[/h]





POI NON PARLIAMO DI TUMORI AL SENO INESISTENTI SOLO INNOCUE GHIANDOLE.

IL TUTTO PER UN PUGNO DI €


LA TUA VITA TRATTATA COME UNO STRUMENTO DI LAVORO COME UNA ZAPPA.
 

Alien.

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[h=2]Le infezioni in ospedale uccidono due volte di più degli incidenti stradali[/h]
Le vittime sono 7 mila all’anno contro 3500. Viene colpito fino all’8 per cento degli assistiti
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PAOLO RUSSO18 Novembre 2017

Si entra per un intervento chirurgico o per una batteria di controlli e si esce con una bella infezione. I nostri ospedali brulicano di batteri e virus che oramai fanno più vittime degli incidenti stradali. Le infezioni ospedaliere, stima l’Istituto superiore di sanità, mietono tra le 4500 e le 7000 vittime l’anno, contro le 3500 della strada. Ma sono oltre mezzo milione i pazienti che ogni anno si ricoverano per curare una cosa e si trovano a dover fronteggiare un’altra malattia presa proprio in ospedale. In pratica tra il 5 e l’8 per cento degli assistiti è vittima di un’infezione ospedaliera.



Che esistesse un problema, in realtà non solo italiano, lo sapevamo già, ma i dati del rapporto del Ministero della salute sulle schede di dimissioni ospedaliere mostra ora un vero boom delle infezioni contratte in corsia o negli ambulatori dei nostri nosocomi, che negli ultimi dici anni sono aumentate del 61,2 per cento per gli interventi chirurgici e del 79,6 per cento per quelli medici, soprattutto controlli endoscopici, come gastroscopie e colonscopie.



I casi delle infezioni mediche sono oramai 12,39 ogni 100 mila dimessi, mentre quelle chirurgiche sono da brivido: 233 per lo stesso numero di dimissioni.



Un fenomeno del quale si parla continuamente in convegni e corsi di formazione ma che continua inarrestabile a minare sempre più la salute di pazienti già fragili. Perché l’impennata delle infezioni prosegue inarrestabile nonostante il numero di ricoveri in Italia sia in calo, visto che molti interventi si fanno oramai negli ambulatori territoriali.



Quasi 500mila casi sono dovuti alle infezioni alle vie urinarie perché magari la pulizia dei cateteri lascia a desiderare, a ferite chirurgiche, polmoniti e sepsi. Ma a volte a veicolare i microbi sono i mal tenuti sistemi di areazione dei nostri sempre più obsoleti nosocomi, che hanno oramai un’età media di settant’anni.
Fatto è che circa un’infezione su tre si sarebbe potuta evitare con un po’ di pulizia e di prevenzione. Che significa tra le 135 e le 210 mila infezioni sono frutto in qualche modo di un’incuria che può avere a volte conseguenze letali, visto che mediamente l’1 per cento di questi casi evitabili causa un decesso. Per farsi meglio un’idea duemila pazienti ogni anno muoiono per infezioni evitabilissime.

(ma mi domando non vi è un responsabile?)

Ma come sempre quando si parla di sanità la situazione varia e di molto da una regione all’altra. Anche se, a sorpresa, in questo caso sembra stare peggio il solitamente più efficiente Nord. Il record di infezioni dopo un intervento chirurgico lo detiene la piccola Valle d’Aosta, con 500 casi ogni 100mila dimessi. Seguono la Liguria con 454 e l’Emilia Romagna con 416, mentre la Lombardia ne conta 300, Trento 295, il Veneto 273 e l’Umbria 267. In fascia media il Piemonte con 218 casi. Nel Lazio se ne contano 211 mentre in tutto il Sud solo la Calabria supera quota 200 (con 263 casi). La più virtuosa è l’Abruzzo con sole 70 infezioni. Resta da capire se si tratti di maggior bravura e attenzione al fenomeno oppure di un difetto di rilevazione dei casi.

(qui si parla di numeri ! ma sono esseri umani non vi è più religione)

Il prezzo è comunque salato per la salute di chi si ricovera ma anche per le malandate casse regionali. Secondo una ricerca condotta nel maggio scorso dal Ceis dell’Università Tor Vergata di Roma per ogni infezione ospedaliera si stima vadano in fumo tra i 9000 e i 10.500 euro.




Moltiplichiamo per il mezzo milione e passa di casi e lo spreco è quantificabile in almeno 5 miliardi di euro. Quanto basterebbe ad abrogare tutti in ticket, che valgono 3,5 miliardi e a finanziare le nuove costosissime cure che spesso arrivano in ritardo per evitare che i conti della sanità vadano in rosso.

5 miliardi di euro che paghiamo tutti noi a voglia di lavorare per chi spreca perchè è facile spendere i soldi degli altri.




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