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Energia elettrica: come si fa?

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Roby

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[b]Energia elettrica: come si fa?[/b]

La produzione netta di energia elettrica in Italia nel 2009 è stata di 281.107 GWh, 
suddivisa in questo modo: 76,8% da fonte termica (combustibili fossili), 18,8% idrica, 
2,3% eolica, 1,7% geotermica, 0,2% fotovoltaica. Vediamo come funzionano alcune di 
queste tecnologie e quali sono le prospettive della ricerca.

 L'elettricità è una fonte di energia secondaria: finché non saremo capaci di catturare 
e usare direttamente quella dei fulmini dovremo continuare a produrla bruciando 
combustibili oppure sfruttando i dislivelli d'acqua, i venti o il Sole.
 
È anche un tipo di energia particolare. Quella a cui ci riferiamo qui dovremmo 
chiamarla elettrocinetica: è l'energia che una corrente elettrica (il moto degli 
elettroni lungo un cavo), prodotta da un generatore di corrente o dalle reazioni 
elettrochimiche in una batteria, percorrendo un circuito, può fornire a un motore 
elettrico, una resistenza, un lettore mp3 per farli fuzionare. Fatta eccezione per 
le batterie, l'elettricità non si può accumulare. Per fare fronte alle necessità di 
una nazione deve essere prodotta quando serve e nella quantità che serve, un fatto 
che limita la diffusione su vasta scala di alcune tecnologie, come il fotovoltaico.
 
 L'elettricità dà i numeri 
Per quante ore funziona una centrale elettrica? Come si misurano l'energia e 
la potenza delle nostre centrali elettriche? Che cos'è il fattore di utilizzo?
 
 
 
  
A mettere in azione il generatore è il "motore" della centrale elettrica e per 
distinguere un motore da un altro usiamo due fattori: il tipo di combustibile e la 
potenza (kWatt, MegaWatt eccetera). Combustibile e potenza ci aiutano a descrivere le 
tecnologie: nelle prossime pagine facciamo un riepilogo delle principali tecnologie che 
usiamo per produrre elettricità a livello industriale e facciamo il punto sulla ricerca.
 
Energia elettrica: come si fa?
Termoelettrico: gas, carbone e petrolio
Termo-elettrico... La Terra
Termo-elettrico... Il Sole
Rinnovabili: acqua e vento

continua....
 
TERMOELETTRICO: gas, carbone e petrolioCalore, vapore, turbina e generatore sono gli
ingredienti "di base" del termoelettrico. Il vapore può essere un gas e la turbina
l'albero di trasmissione del motore di un'auto, ma la sostanza non cambia. Ciò che
fa la differenza è la fonte del calore.

Le centrali termoelettriche sono le più diffuse
al mondo e altrettanto comune è il terzetto di combustibili maggiormente utilizzato
come fonte di calore: carbone (il più usato al mondo), petrolio e gas naturale (oggi
il più usato in italia).

La prima centrale a carbone in Europa è inglese (1882), la seconda italiana, del 1883,
costruita a Milano, a due passi dal Duomo. I vantaggi del carbone, e di lì a poco del
petrolio, erano a quell'epoca l'abbondanza e l'economicità: vantaggi che per molto tempo
hanno tagliato le gambe alla ricerca di alternative. Un secolo più tardi il carbone era
ancora la fonte di energia primaria più abbondante (e lo è tutt'ora), ma stava cambiando
lo scenario economico per tutti i combustibili fossili e in più, col tempo, si è capito
quali danni possono fare all'ambiente in cui viviamo.

PRO E CONTRO Oggi i vantaggi del termoelettrico tradizionale sono quelli tipici di una
tecnologia matura e con numerose "varianti" consolidate - le centrali a turbogas, il ciclo
combinato e altre - che permettono di sfruttare al meglio il combustibile, inquinando di
meno, e arrivano a erogare potenze dell'ordine dei GigaWatt (GW) in modo continuo e per
periodi di tempo prolungati.

Gli svantaggi sono sostanzialmente tre: la stessa fonte di energia, che non è rinnovabile
ma destinata a esaurirsi; la variabilità del prezzo del combustibile, che condiziona il
prezzo dell'energia; l'inquinamento prodotto bruciando petrolio, carbone e, in misura
minore, gas naturale (metano), con tutto ciò che segue in fatto di impatto ambientale a
livello sia locale (smog e polveri) sia planetario (riscaldamento globale e cambiamenti climatici).

BUONA LA TECNOLOGIA, MEGLIO L'AMBIENTE Tra le tecnologie più interessanti c'è un'evoluzione
molto efficiente della centrale a gas: è il ciclo combinato (CCGT, Combined Cycle Gas Turbine).
Il recupero è il concetto che sta alla base di questa soluzione: in sintesi, la miscela rovente
di aria e gas (a 500-600 °C) che fa ruotare la turbina a gas, in uscita dal primo sistema
contiene ancora abbastanza energia per azionare una turbina a vapore.

Non c'è un solo tipo di ciclo combinato ma, in generale, per tutte le sue varianti il rendimento
complessivo è superiore al 50% contro il 30-35% delle tradizionali turbine a vapore. Questo
livello di efficienza permette di ridurre sia i consumi sia le emissioni rispetto agli impianti
convenzionali.

Ci sono anche sistemi che raggiungono rendimenti ancora superiori (80-85%), per esempio la
cosiddetta cogenerazione, dove un comune motore a combustione interna - per esempio quello di
un'automobile - viene applicato direttamente a un generatore di corrente e i gas di scarico sono
usati per scaldare acqua per uso sanitario o per il riscaldamento. La dimensione di queste
soluzioni è tuttavia limitata, da pochi kiloWatt a una decina di MegaWatt, adatta a una produzione
locale (piccole industrie, condomini), e hanno per adesso scarsa diffusione.

CATTIVA LA TECNOLOGIA... Per l'ambiente il gas è "il male minore" tra i combustibili fossili
nonostante i progressi fatti nelle tecnologie di pretrattamento - dal carbone bonificato al gasolio
desolforato - e di cattura di NOx (gli ossidi di azoto e le loro miscele) e CO2. La combustione
di gas metano, infatti, non produce polveri e composti solforati (responsabili delle piogge acide)
e ha emissioni contenute di CO e NOx.

Il pretrattamento dei combustibili e l'abbattimento delle emissioni sono però soluzioni costose e
persino tra i Paesi industrializzati c'è chi fa resistenza ad adottarle su larga scala per via delle
ricadute sul prezzo dell'energia e sulla competitività dell'industria: gli Stati Uniti sono forse il
caso più eclat
 
TERMO-ELETTRICO... La Terra

Il calore viene dalle reazioni nucleari che avvengono all'interno del nostro pianeta.
Un tipo particolare di "termoelettrico" è la geotermia: in questo caso è la Terra a fare
da fonte di calore, che è quello residuo della formazione del pianeta alimentato dalle reazioni
nucleari che avvengono al suo interno col decadimento di uranio, torio, potassio e altri isotopi.
L'energia termica della Terra è molto elevata e costante, ma è solo in parte raggiungibile e
utilizzabile. In generale, dalla superficie verso l'interno, la temperatura aumenta di
circa 3 °C ogni 100 metri (30 °C/km), un valore modesto, di nessuna utilità per una centrale
elettrica.

GEO CONVENZIONALE Ci sono però delle zone "privilegiate" dove tra i 5 e i 15 km nel sottosuolo
si possono registrare temperature fino a 20 volte superiori: sono in prossimità di zone di
subduzione, di fratture della crosta terrestre o di masse magmatiche fluide o in via di
raffreddamento. Non è una condizione comune sulle terre emerse, e non è neppure una condizione
sufficiente: è necessaria anche la presenza di un "serbatoio geotermico", ossia di acqua ad alta
temperatura o di vapore surriscaldato. Estratto dal sottosuolo per azionare la turbina di una
centrale, il fluido deve poi essere reimmesso nel suo serbatoio naturale sia per mantenere
l'equilibrio geologico sia per continuare a disporre del fluido vettore che porta in superficie
il calore.

GEO NON CONVENZIONALE Quando ci sono le condizioni ideali di temperatura e invece manca (o è
insufficiente) il fluido vettore si può rimediare pompando in profondità acqua che viene poi
estratta alla temperatura e alla pressione voluta. Questo è l'Enhanced Geothermal System (EGS),
tecnologia che promette di rendere economico lo sfruttamento di grandi "giacimenti" geotermici
altrimenti inutilizzabili. È però una tecnologia recente, ancora più dimostrativa che produttiva:
ci sono studi e sperimentazioni in corso (Usa, Italia, Svizzera, Francia, Germania, Austria),
ma per la produzione di elettricità su vasta scala dovremo aspettare probabilmente altri 10-15 anni.

PRO E CONTRO La sfruttamento della geotermia per produrre energia elettrica è un altro primato
italiano: nel 1905, a Larderello (Toscana), entrava in funzione la prima centrale geotermica del
mondo. Il motore installato erogava una potenza di... 20 kW! Oggi, oltre un secolo dopo, l'Italia
è al quinto posto nel mondo, con una potenza installata di circa 800 MW, in una classifica guidata
dagli Stati Uniti con 2.700 MW. Non sono quantità significative... perché?

Il "calore" della Terra è una risorsa inesauribile e gratuita. La geotermia convenzionale però non
è mai decollata sia per lo scarso rendimento della tecnologia (5-25%, a seconda della tipologia
degli impianti) sia per i costi di controllo e abbattimento di mercurio e idrogeno solforato,
presenti nelle emissioni in atmosfera dalle torri di raffreddamento. In più non sono ancora stati
del tutto sciolti i dubbi relativi a possibili problemi collaterali, dalla sismicità indotta alle
frane, dalla contaminazione alla riduzione di volume delle falde acquifere superficiali.

A tutto ciò occorre aggiungere che nel secolo scorso l'economicità dei combustibili fossili non ha
favorito investimenti per migliorare la tecnologia (una costante per tutte le tecnologie alternative)
né incoraggiato la ricerca di sacche geotermiche facilmente sfruttabili. Una situazione destinata a
cambiare, ma in quali tempi?
 
Termo-elettrico... Il Sole

Riparte nel mondo la ricerca sul solare termodinamico, in sigla CSP, Concentrating Solar Power,
dopo lo stallo imposto dalla competitività dei combustibili fossili. In questo caso la fonte del
calore è il Sole.

Il contributo del solare termodinamico alla produzione di energia elettrica è irrisorio: a
fine 2008 erano installati e in funzione - nel mondo - impianti per una potenza complessiva
di 1.000 MW, con una previsione di siluppo (progetti avviati) che dovrebbe portare a 6-7.000 MW
entro il 2011.
È però anche la più promettente alternativa solare ai combustibili fossili in quanto permette
di accumulare calore da usare in assenza di Sole. In ciò si distingue nettamente dal fotovoltaico,
più diffuso a livello di micro installazioni ma poco adatto alla generazione di elettricità su
vasta scala.


In Europa, all'avanguardia della ricerca c'è la Spagna dove a fine 2008 risultavano operativi 3
impianti - per un totale di 63 MW - e in costruzione altri sette per ulteriori 390 MW. Un primato
molto "incoraggiato" visto che i produttori possono godere di incentivi fino a 180 euro/MWh a fronte
di costi di produzione medi di 290 euro/MWh e che possono raggiungere i 540 euro, come nel caso del
termodinamico ad accumulo del progetto Archimede, in via di completamento in Italia.


Archimede è un impianto pilota da 5 MW integrato con la centrale turbogas a ciclo combinato di
Priolo Gargallo, in Sicilia. La taglia piccola della centrale solare è giustificata dal fatto che
è un progetto di ricerca, mentre l'integrazione con una centrale esistente permette di sfruttare
il sistema turbine di quest'ultima, senza doverne costruire di nuove ad hoc.

L'ìmpianto archimede è del tipo a concentratori lineari. I concentratori sono un insieme
di 54 collettori parabolici in linea, disposti su 18 file, motorizzati per seguire la posizione
del Sole: l'impianto occupa circa 30 ettari (300.000 mq, equivalenti a 0,3 kmq). La radiazione
solare diretta è concentrata su di un "tubo ricevitore" posto nel fuoco della parabola. Nel tubo
circola una miscela di sali fusi che, riscaldati, sono poi immagazzinati in un sistema di accumulo
che permette di avere un margine operativo fino a 16 ore in mancanza di Sole.

Quanto costa l'energia?
In Italia il costo medio di produzione dell'energia varia da 66 a 75 euro/MWh,
con minimi di 50 euro/MWh per il grande idroelettrico e massimi di 100 euro/MWh
(fonte: Enea 2010).
 
Rinnovabili:

ACQUA E VENTO
Niente calore né vapore: le turbine delle centrali idroelettriche
sono azionate da masse d'acqua - fluenti o in caduta - mentre la rotazione di una pala eolica è
convertita direttamente in energia elettrica.
 
IDROELETTRICO
La produzione netta di energia elettrica da fonte idrica in Italia
nel 2009 è stata di 52.843 GWh, il 19% circa della produzione elettrica nazionale e più o
meno l'81% della produzione da fonti rinnovabili (idrica, geotermica, eolica, fotovoltaica).
Come tipologie di impianti si parla di grande idroelettrico (grandi invasi e dighe), idroelettrico
minore (da 3 a 10 MW) e micro idroelettrico (sotto i 3 MW). Tolte la variabilità da un anno a un
altro, dovuta alle condizioni meteorologiche, e gli eventuali ostacoli posti dai vincoli
paesaggistici allo sfruttamento di risorse note ma inutilizzate, per il grande idroelettrico non
sembrano esserci prospettive di ulteriore sviluppo: la tecnologia è matura e affidabile e le risorse
utilizzabili sono già sfruttate.

Potrebbe, al contrario, esserci una riduzione di produzione nei prossimi anni per la possibile
applicazione integrale delle norme cosiddette del Deflusso Minimo Vitale (DMV), che definiscono
la portata minima di acqua che deve essere rilasciata a valle di un invaso o di una diga per
garantire un flusso sufficiente a mantenere "vivo" il fiume e il suo ecosistema. L'uso dell'acqua
in parziale deroga a queste norme ha tra l'altro fortemente contribuito ad aumentare il livello di
inquinamento del sistema idrico italiano, e ora le Regioni sono chiamate a rimediare.

Per le altre tipologie dell'idroelettrico (mini e micro) ci sono invece ampie possibilità di
sviluppo, ma a livello locale (comunità, piccole imprese, aree isolate...), come per il
fotovoltaico. Questo fatto non sminuisce l'importanza di tali soluzioni che, sommate e
interpretate nell'ottica di una rete distribuita dell'energia, sono sempre economicamente
competitive rispetto alle altre rinnovabili e possono contribuire a ridurre il fabbisogno di
combustibili fossili.
 
EOLICO
Questa è la tecnologia che si è maggiormente sviluppata negli ultimi anni. Anche per
l'eolico, la differenza tra un sistema e un altro la fa la taglia: c'è quello "piccolo"
tipicamente adatto all'uso locale, quello "medio" con potenze da 250 a 1.000 kW e quello
"grande" con potenze da 1 a 3 MW e rotori fino a 100 metri di diametro, montati su piloni
alti fino a 105 metri.

Un'altra distinzione è tra centrali on-shore (a terra) e off-shore, in mare aperto:
è quest'ultima tipologia ad avere goduto degli sviluppi più promettenti, perché permette
di impiantare un elevato numero di pale con un impatto paesaggistico irrilevante. La più grande
centrale al mondo di questo tipo è inglese: costruita a pochi chilometri dalla costa, nel Mare
del Nord, è composta da 80 aerogeneratori per una capacità complessiva di 160 MW elettrici.
I generatori occupano una superficie di 27 kmq, praticamente la metà di una città come Pavia.

Un tale dispiegamento è dovuto al rendimento relativamente basso del sistema (20-40%),
che sale all'aumentare della potenza del singolo generatore e, a parità di vento, in funzione
delle condizioni e della morfologia dell'ambiente: in mare aperto il vento è infatti più costante
e non ci sono le turbolenze tipiche delle installazioni a terra (alberi, rilievi, edifici...).

In Italia, dove il rendimento dell'eolico non supera il 30%, l'Enea è impegnata in due progetti
pilota off-shore. Il primo è anche un primato mondiale: l'installazione (nel 2007) di un
impianto eolico "galleggiante" nel Canale di Otranto, ancorato a 20 km dalla costa. All'installazione
di una macchina da 70 kW (per acquisire dati sperimentali) seguirà quella di un generatore
da 2-3 MW. Il secondo prevede il riutilizzo di una piattaforma di perforazione in disuso a 22 km
dalla costa della Sicilia, dove si vorrebbe installare un singolo aerogeneratore
da 4,5 MW (anch'esso un prototipo).
 
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