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Frate Indovino

SANTA MARTA di BETANIA amici del Signore
Marta, che vuol dire “signora”, era la sorella di Maria e di Lazzaro di Betania, un villaggio vicino Gerusalemme. Gesù amava sostare nella loro casa durante la sua predicazione in Giudea. A Marta era affidata la cura delle faccende domestiche. Ella mostrava ogni impegno per servire bene Gesù, mentre la sorella Maria preferiva stare quieta in ascolto delle parole del Maestro. Marta muove a Maria che non aiuta nelle faccende, un rimprovero: “Signore, non t'importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti” (Lc 10,40). Gesù le risponde con amabilità: “Marta, Marta, tu t'inquieti e ti affanni per molte cose; una sola è necessaria: Maria invece ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10,41). Di lei ricordiamo, ancora, il drammatico episodio della risurrezione di Lazzaro: qui la donna domanda a Gesù, giunto per la notizia della morte dell’amico, il miracolo con una semplice e stupenda professione di fede nella onnipotenza del Salvatore, nella risurrezione dei morti e nella divinità di Cristo. Quando Gesù tornerà a trovarli sarà sempre Marta a occuparsi del banchetto e di ogni faccenda. La lezione del Maestro riguardava il suo eccessivo affanno per le cose materiali a scapito della vita interiore. Grazie a questa santa tanto impegnata nelle faccende domestiche e nel servire bene, l’incompreso mestiere delle massaie è stato riscattato.1000002658.jpg
 
SAN PIETRO CRISOLOGO vescovo dottore
Il momento della consacrazione a vescovo di Ravenna, avvenuto intorno al 433, è davvero significativo nella vita di Pietro. Egli viene consacrato dal papa Sisto III in persona, il papa della pace religiosa dopo i dissidi, gli scontri e le iniziative scismatiche. E ad ascoltare la sua prima omelia oltre al papa c’è Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, sorella dell’imperatore Onorio e madre e tutrice dell’imperatore Valentiniano III. Ma, raccolta intorno a lui, in quel giorno solenne, vi è l’intera città di Ravenna, ora capitale dell’Impero, congiunzione tra Oriente e Occidente negli ultimi instabili giorni di quel che resta degli antichi splendori. Il vescovo Pietro è alla guida della Chiesa in questa città e il suo popolo gli dà il soprannome di “Crisologo”, ossia “dalle parole d’oro”. Era uomo con un’ottima cultura, che si distingueva per il suo calore umano e il vigore della sua fede. Il vescovo di Ravenna insegnava a tutti coloro che cercavano la verità della fede e dava rigorose indicazioni circa i buoni comportamenti. Il suo linguaggio era sempre amico, la sua voce sempre cordiale. Ha lasciato alla Chiesa ben 180 sermoni ricchi delle sue “parole d’oro”. È oggi ricordato come Dottore della Chiesa.1000002699.jpg
 
SANT’IGNAZIO DI LOYOLA sacerdote
Ignazio nacque in Spagna nel 1491, ultimo di sette figli e, secondo le usanze del tempo, era destinato alla vita religiosa. Ma, era di casato nobile e presto indossò abiti eleganti dai colori vivaci e divenne un ufficiale brillante e un combattente valoroso. Durante una battaglia fu ferito e riportato a Loyola, nel castello di famiglia, dove passò la convalescenza. La lettura di alcuni libri religiosi fatta per trascorrere il tempo, lo aiutarono in alcune riflessioni: l’unico vero Signore al quale si poteva dedicare la fedeltà di cavaliere era Gesù stesso. Così, lasciò ai piedi della Madonna i suoi abiti cavallereschi e le armi, vestì quelli di povero e fece voto di castità perpetua. Condusse, per un periodo, una vita di penitenza in cerca della propria vocazione; andò in Terrasanta; ritornato studiò e divenne sacerdote. Egli ebbe una grande illuminazione, di fondare una Compagnia di consacrati che portasse il nome di Gesù, per difendere la Chiesa dall’eresia: la Compagnia di Gesù. Inizialmente, furono chiamati “Preti Pellegrini”, conosciuti poi come Gesuiti. I Pellegrini missionari e apostoli lottavano per il mondo e per il trionfo della Chiesa. La Compagnia fiorì, garante di una solida disciplina, un rigore morale forte, una fedeltà assoluta. Ignazio, molto malato, morì semplicemente nel 1556, dopo aver redatto le “Costituzioni” del suo Ordine.1000002739.jpg
 
SANT’ALFONSO MARIA DE’ LIGUORI vescovo dottore
Nacque il 27 settembre 1696 a Marinella, nei pressi di Napoli, nella nobile famiglia de’ Liguoro: il padre Giuseppe era ufficiale della marina reale e la madre, Anna Cavalieri d’Avenia, era sorella del servo di Dio Emilio Giacomo Cavalieri. Primo di otto figli, il padre voleva che ricevesse una buona istruzione e crebbe all’insegna di una robusta educazione religiosa. Intrapresi gli studi di diritto all’Università di Napoli, a sedici anni divenne dottore in diritto civile e canonico. Esercitò con successo la professione forense, ma persa un’importante causa, decise di abbandonare l’avvocatura. Rampollo di un’antica famiglia, rinunziò al diritto di primogenitura a favore del fratello. Depose quindi la spada sull’altare della chiesa di Santa Maria della Mercede, per iniziare a studiare teologia in casa e nel 1726, a trent’anni, fu ordinato sacerdote. Si dedicò con tutto sé stesso all’attività pastorale. Confessore efficace, si dice che non abbia mai rifiutato l’assoluzione ad alcuno. Alfonso de’ Liguori pensò a una congregazione che si dedicasse al soccorso e all'educazione della parte più povera della società, sognò missionari che portassero la luce della fede e il fuoco della carità nei bassi cittadini e nelle capanne rurali. Nel 1732 fondò a Scala, vicino Amalfi, l’Ordine dei Redentoristi, attualmente diffuso in tutta Europa, in America e in altre parti del mondo. A settantasei anni fu nominato vescovo di S. Agata dei Goti, tra Benevento e Capua. Morì novantunenne il 1° agosto 1787 a Nocera dei Pagani. Pio VII lo beatificò nel 1816, Gregorio XVI lo canonizzò il 29 maggio 1839 e nel 1871 fu proclamato dottore della Chiesa da Pio IX. Nella sua celebre Theologia moralis reagendo al rigorismo dei giansenisti ne accentuò non la severità ma la compassione e la misericordia. Ha ispirato una vasta corrente della spiritualità mariana con Le Glorie di Maria libro di devozione popolare. È ricordato anche per aver scritto il canto di Natale italiano più noto: Tu scendi dalle stelle.1000002776.jpg
 

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