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“Truccavano concorsi”. Denunciati cinque ‘saggi’ scelti da Letta per la Costituzione
L'inchiesta della Procura di Bari nasce su segnalazione della Guardia di Finanza e coinvolge trentotto professori di sette università di diritto in Italia. Tra questi, oltre all'ex ministro alle politiche europee Annamaria Bernini e l'ex garante della Privacy Federico Pizzetti, anche i costituzionalisti voluti da Napolitano per consigliare Letta sul futuro del Paese: Barbera, de Vergottini, Salazar, Violini e Caravita
di Antonio Massari | 5 ottobre 2013
 
Sono fuori dalla politica, ma con le tasche piene grazie al vitalizio: da Fini a Di Pietro

Da quelli rimasti a casa dopo le ultime elezioni a i tanti reduci della Prima Repubblica. Chi sono e quanto prendono gli ex parlamentari della Repubblica


Sono spariti dalla politica attiva ma si consolano con una pensione tuttaltro che disprezzabile. A spulciare i conti è il settimanale l'Espresso, con la lista di tutti i vitalizi e l'indicazione di quelli, non rieletti alle ultime elezioni, che hanno avuto l'assegno calcolato con il nuovo sistema contributivo (pro rata) entrato in vigore il 1° gennaio 2012.

Vediamo chi sono i fortunati ex onorevoli. All'ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, vanno 5.614 euro (35 anni di contributi). All'ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli, 5.755 euro (26 anni).

Non se la passa male Giuliano Amato, due volte presidente del Consiglio e neo giudice della Corte costituzionale: come ex parlamentare (25 anni) percepisce 5.170 euro. A un altro ex premier, Massimo D'Alema (28), vanno 5.283 euro. Prende qualche spicciolo di più Walter Veltroni (5.373), pur con lo stesso periodo contributivo (28).

All'ex ministro Claudio Scajola ogni mese arrivano 4.656 euro. Il più famoso dei magistrati passati in politica, Antonio Di Pietro, si deve accontentare di 3.702 euro al mese. A Tiziana Parenti, anche lei transitata dalla toga al parlamento, vanno 2.852 euro.

Tra i pensionati della Prima Repubblica si segnalano Giorgio La Malfa (Pri), con 5.759 euro; Renato Altissimo (Pli) 4.856; Pietro Longo (Psdi) 4.684; Claudio Martelli (Psi) 4.684; Arnaldo Forlani (Dc) 5.691, Paolo Cirino Pomicino 5.231. Al leader storico dei radicali, Marco Pannella, vanno 5.691 euro. Assegno decisamente più magro per Mario Capanna (2.906 euro), leader della protesta studentesca alla fine degli anni Sessanta, poi esponente di Democrazia proletaria


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Giornalista di 79 anni in carcere per diffamaziome

Siddi: "È allucinante. Una mostruosità difficilmente concepibile per qualsiasi ordinamento democratico"


Un giornalista in carcere fa sempre effetto, se poi si tratta di un quasi ottantenne la situazione diventa ancora più paradossale. Il giornalista Francesco Gangemi, di 79 anni, è stato arrestato a Reggio Calabria dalla polizia in esecuzione di un provvedimento di carcerazione emesso dalla Procura generale della Repubblica di Catania. Gangemi, direttore responsabile del mensile Dibattito News di Reggio Calabria, secondo quanto riporta la stampa locale, deve scontare due anni di carcere per una serie di condanne per falsa testimonianza e diffamazione diventate definitive.

"È allucinante che a 79 anni, un giornalista, condannato per diffamazione e per non avere rivelato le fonti fiduciarie di notizie, venga arrestato e portato in carcere", hanno commentato il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, e il vicesegretario nazionale della Fnsi e segretario del Sindacato giornalisti Calabria Carlo Parisi.

"Quanto accaduto al giornalista pubblicista Francesco Gangemi - proseguono -, appare una mostruosità difficilmente concepibile per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi sulla libertà di espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee. Anche le idee più forti hanno diritto di esistere. Francesco Gangemi è chiamato a scontare due anni di pena residua dopo che la Procura della Repubblica di Catania ha dichiarato decaduti i benefici di sospensione condizionale della pena, in diverse circostanze, per i suoi articoli pubblicati sul periodico Il Dibattito. Sorprende che la magistratura, pur in presenza di una legislazione che prevede il carcere per i reati di diffamazione a mezzo stampa, e che perciò è stata giudicata incompatibile dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, non abbia individuato misure alternative alla detenzione al pari di quelle che vengono riconosciute in quasi tutte le parti d’Italia a fior di delinquenti ultrasettantenni per crimini efferati di ben altra natura".

"Ci appelliamo al Parlamento perché‚ voglia, con urgenza - sostengono ancora Siddi e Parisi - riformare la legge sulla diffamazione come si è impegnata a fare di recente la Camera, per evitare il ripetersi di questi dolorosi sconci. Alle cariche istituzionali dello Stato chiediamo, infine, una considerazione appropriata e umana del caso che faccia uscire al più presto il giornalista Gangemi dalle patrie galere".
 
La Corte europea dei diritti dell'uomo: no al carcere per i giornalisti

Strasburgo dà ragione a Maurizio Belpietro, direttore di Libero, condannato a quattro anni dalla Corte d’Appello di Milano per diffamazione


Condannare un giornalista alla prigione è una violazione della libertà d’espressione, salvo casi eccezionali come incitamento alla violenza o diffusione di discorsi razzisti.

A stabilirlo, ancora una volta. è la Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza in cui dà ragione a Maurizio Belpietro, direttore di Libero, condannato a quattro anni dalla Corte d’Appello di Milano.

Belpietro fu condannato per diffamazione a quattro anni di carcere, poi sospesi, per aver pubblicato, nel novembre 2004, un articolo firmato da Raffaele Iannuzzi dal titolo "Mafia, 13 anni di scontri tra pm e carabinieri", ritenuto diffamatorio nei confronti dei magistrati Giancarlo Caselli e Guido Lo Forte. I giudici di Strasburgo nella sentenza spiegano che una pena così severa rappresenti una violazione del diritto alla libertà d’espressione del direttore di Libero. La Corte sottolinea infatti che Belpietro venne condannato dalla Corte d’Appello di Milano non solo a risarcire Lo Forte e Caselli per un totale di 110 mila euro, ma fu anche condannato a quattro anni di prigione.

Secondo la Corte è questa parte della condanna, anche se poi sospesa, a costituire una violazione della libertà d’espressione. La Corte infatti ritiene che, nonostante spetti alla giurisdizione interna fissare le pene, la prigione per un reato commesso a mezzo stampa è quasi sempre incompatibile con la libertà d’espressione dei giornalisti, garantita dall’articolo 10 della convenzione europea dei diritti umani. Insomma, per i giudici di Strasburgo, nonostante l’articolo di Iannuzzi sia stato giustamente considerato diffamatorio, esso non rientra in quei casi eccezionali per cui può essere prevista la prigione. Strasburgo ha condannato l'Italia per aver violato il diritto alla libertà d'espressione di Belpietro. Per questa ragione, lo Stato dovrà versare al direttore di Libero 10mila euro per danni morali e 5mila per le spese processuali.
 
Ci rapinano con i rifiuti: pagheremo 450 euro in più
Arriva la Tares, la bolletta del servizio di asporto dell'immondizia: per smaltire la "monnezza" spenderemo 2 miliardi in più. La cifra sale del 67% rispetto al 2000


Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, continua a ripetere che senza tagli della spesa non si potranno abbassare le tasse, considerata la situazione dei conti pubblici. L’unica speranza, a questo punto, è che il nuovo commissario per la spending review Carlo Cottarelli impugni in fretta le forbici, perché l’aria che tira è tutt’altro che incoraggiante. Soprattutto sulla casa. Mentre la sinistra, sfruttando l’indebolimento del fronte di centrodestra, ventila addirittura un rientro dalla finestra della seconda rata dell’Imu, si avvicina pericolosamente anche il momento in cui gli italiani dovranno fare i conti con la nuova Tares. E il salasso, in assenza di interventi correttivi, sarà inevitabile.

L’incremento dei costi rispetto a quanto pagato lo scorso anno potrebbe essere addirittura di 2 miliardi di euro. Cifra che farebbe balzare l’incremento delle bollette relative al servizio di asporto rifiuti dal 2000 ad oggi addirittura al 67%.

I numeri emergono da uno studio della Cgia di Mestre, condotto su 11 capoluoghi di regione, in cui si spiega che tredici anni fa ogni famiglia pagava mediamente 270 euro, mentre con il debutto della Tares l’esborso medio per ciascun nucleo famigliare dovrebbe attestarsi sui 451 euro.

Fino all’anno scorso nei capoluoghi esaminati il pagamento dell’asporto rifiuti avveniva attraverso l’applicazione della Tarsu. Da quest’anno, invece, tutti gli 8.100 Comuni d’Italia dovranno adottare la nuova tassa che, sulla base delle prime rilevazioni effettuate, sembra essere molto più onerosa.

Dall’analisi dei bilanci dei Comuni italiani (anno 2010) è emerso che lo scostamento tra quanto incassato con la Tarsu/Tia e il costo del servizio di raccolta e smaltimento ammonta a circa 0,9 miliardi di euro, stima che la Cgia reputa peraltro sottodimensionata. Soldi che saranno ora chiesti ai contribuenti, visto che la Tares dovrà assicurare un gettito in grado di coprire interamente il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, vincolo non previsto con l’applicazione della Tarsu. Non solo. L’imposta prevede una maggiorazione su tutti gli immobili di 0,3 euro al metro quadrato con la quale si andranno a finanziare i servizi indivisibili dei Comuni (illuminazione pubblica, pulizia e manutenzione delle strade, etc.). Una maggiorazione che, stando alle stime del governo, dovrebbe portare 1 miliardo nelle casse dello Stato. Il conto complessivo è presto fatto: 2 miliardi in più per le famiglie italiane. «Come è possibile che nel 2013 le famiglie paghino un importo così pesante», si chiede il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «quando negli ultimi 5 anni di crisi economica la produzione dei rifiuti urbani è diminuita del 5 per cento e l’incidenza della raccolta differenziata, che ha consentito una forte riduzione dei costi di smaltimento, è aumentata di oltre il 30 per cento ?».

La stessa domanda se la pongono anche alla Coldiretti, che sono in grado di quantificare, numeri alla mano, il calo dell’immondizia. Rispetto al 2007 la produzione di rifiuti degli italiani è calata dell’8%, con una riduzione per abitante di ben 42 chili. Complessivamente, a livello nazionale sono stati prodotti oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti in meno rispetto all’inizio della crisi, sottolinea la Coldiretti, «con un rilevante effetto dal punto di vista ambientale ed economico che però non si è trasferito nei costi che invece per i cittadini aumentano».
 
SPIACENTE LA PAGHI PURE TU CHE SEI DEL PD---MA TU CHE SEI DEL PD NON CREDO CHE NAVIGHI IN UN MARE DI SOLDI....ANZI O SBAGLIO?
 
Si, parla di un problema, vecchio, come il Mondo: i concorsi, sono così: oggi, sei un componente della commissione, il concorso lo vince, mio figlio; domani sono membro della commissione, vincerà tuo figlio!!!!????
 

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