Alien.
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[h=1]Stupro di gruppo, tutti assolti. La vittima "Dovevo morire?"[/h] [h=2]La ragazza si era vista ribaltare la sentenza in appello e chiudere la vicenda così[/h]
Quello che questa donna, coraggiosa e determinata, ha affidato a un post è un racconto scarno, essenziale. Sette anni dopo, i ragazzi che denunciò per stupro sono stati assolti. La vittima - perché così si sente e si descrive su un blog a cui affida questo urlo di disperazione - aveva 22 anni, loro fra i 20 e i 25. Tutto avvenne in un'auto, a Firenze, dopo una serata trascorsa insieme. In primo grado, gli imputati furono tutti condannati a quattro anni e mezzo di reclusione ma, secondo i giudici d'appello, la vicenda, pur "incresciosa" e "non encomiabile per nessuno", è "penalmente non censurabile". Virgolettati espliciti, riferiti dall'agenzia ANSA.
La sentenza è ormai definitiva: la procura generale non ha fatto ricorso in Cassazione il che significa che la decisione è effettiva. Il caso è chiuso per i sei presunti responsabili. Non per lei.
Il legale della ragazza, l'avvocato Lisa Parrini, ha subito definito la motivazione "densa di giudizi morali". La ragazza si è sfogata su un blog: "Non riesco a vivere più nella mia città, ossessionata dai brutti ricordi e dalla paura di ciò che la gente pensa di me". "Essere vittima di violenza e denunciarla è un'arma a doppio taglio - ha scritto - Verrai creduta solo e fin tanto che ti mostrerai distrutta, senza speranza, finché ti chiuderai in casa buttando la chiave dalla finestra".
"Se fossi morta sarei stata più credibile?". Secondo la Corte d'appello, con la denuncia la ragazza voleva "rimuovere" quello che riteneva essere stato un suo "discutibile momento di debolezza e fragilità, che una vita non lineare come la sua avrebbe voluto censurare". Un passaggio che la ragazza critica con durezza: "E' stato scritto che ho una condotta sregolata, una vita non lineare, una sessualità 'confusa', che sono un soggetto provocatorio, esibizionista, eccessivo, borderline. Perché sono bisessuale dichiarata, perché ho convissuto col mio ragazzo un anno prima che succedesse tutto ciò, perché sono femminista e attivista lgbt". In primo grado, il gruppo venne condannato per aver abusato delle condizioni di inferiorità psichica e fisica della ragazza, che sarebbe stata ubriaca.
Secondo l'appello, invece, il comportamento della ragazza fa "supporre che, se anche non sobria" fosse comunque "presente a se stessa". I giudici ritengono che il suo racconto contenga "molte contraddizioni", che sia "vacillante" e smentito "clamorosamente" dai riscontri. Il rapporto fu una "iniziativa di gruppo comunque non ostacolata", scrivono i giudici. I ragazzi possono aver "mal interpretato" la disponibilità della ragazza ma poi non vi è stata "alcuna cesura apprezzabile tra il precedente consenso e il presunto dissenso della ragazza, che era poi rimasta 'in balia' del gruppo".
Allora, ne deduce la ragazza, "per essere creduta e credibile come vittima di uno stupro" quello che conta è "il numero di persone con cui sei andata a letto prima che succedesse, o che tipo di biancheria porti, se usi i tacchi, se hai mai baciato una ragazza, se giri film o fai teatro, se hai fatto della body art, se non sei un tipo casa e chiesa e non ti meriti di scendere in piazza e lottare per i tuoi diritti. Se, insomma, sei una donna non conforme, non puoi essere creduta". In questa storia, conclude, "abbiamo perso tutti".
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Quello che questa donna, coraggiosa e determinata, ha affidato a un post è un racconto scarno, essenziale. Sette anni dopo, i ragazzi che denunciò per stupro sono stati assolti. La vittima - perché così si sente e si descrive su un blog a cui affida questo urlo di disperazione - aveva 22 anni, loro fra i 20 e i 25. Tutto avvenne in un'auto, a Firenze, dopo una serata trascorsa insieme. In primo grado, gli imputati furono tutti condannati a quattro anni e mezzo di reclusione ma, secondo i giudici d'appello, la vicenda, pur "incresciosa" e "non encomiabile per nessuno", è "penalmente non censurabile". Virgolettati espliciti, riferiti dall'agenzia ANSA.
La sentenza è ormai definitiva: la procura generale non ha fatto ricorso in Cassazione il che significa che la decisione è effettiva. Il caso è chiuso per i sei presunti responsabili. Non per lei.
Il legale della ragazza, l'avvocato Lisa Parrini, ha subito definito la motivazione "densa di giudizi morali". La ragazza si è sfogata su un blog: "Non riesco a vivere più nella mia città, ossessionata dai brutti ricordi e dalla paura di ciò che la gente pensa di me". "Essere vittima di violenza e denunciarla è un'arma a doppio taglio - ha scritto - Verrai creduta solo e fin tanto che ti mostrerai distrutta, senza speranza, finché ti chiuderai in casa buttando la chiave dalla finestra".
"Se fossi morta sarei stata più credibile?". Secondo la Corte d'appello, con la denuncia la ragazza voleva "rimuovere" quello che riteneva essere stato un suo "discutibile momento di debolezza e fragilità, che una vita non lineare come la sua avrebbe voluto censurare". Un passaggio che la ragazza critica con durezza: "E' stato scritto che ho una condotta sregolata, una vita non lineare, una sessualità 'confusa', che sono un soggetto provocatorio, esibizionista, eccessivo, borderline. Perché sono bisessuale dichiarata, perché ho convissuto col mio ragazzo un anno prima che succedesse tutto ciò, perché sono femminista e attivista lgbt". In primo grado, il gruppo venne condannato per aver abusato delle condizioni di inferiorità psichica e fisica della ragazza, che sarebbe stata ubriaca.
Secondo l'appello, invece, il comportamento della ragazza fa "supporre che, se anche non sobria" fosse comunque "presente a se stessa". I giudici ritengono che il suo racconto contenga "molte contraddizioni", che sia "vacillante" e smentito "clamorosamente" dai riscontri. Il rapporto fu una "iniziativa di gruppo comunque non ostacolata", scrivono i giudici. I ragazzi possono aver "mal interpretato" la disponibilità della ragazza ma poi non vi è stata "alcuna cesura apprezzabile tra il precedente consenso e il presunto dissenso della ragazza, che era poi rimasta 'in balia' del gruppo".
Allora, ne deduce la ragazza, "per essere creduta e credibile come vittima di uno stupro" quello che conta è "il numero di persone con cui sei andata a letto prima che succedesse, o che tipo di biancheria porti, se usi i tacchi, se hai mai baciato una ragazza, se giri film o fai teatro, se hai fatto della body art, se non sei un tipo casa e chiesa e non ti meriti di scendere in piazza e lottare per i tuoi diritti. Se, insomma, sei una donna non conforme, non puoi essere creduta". In questa storia, conclude, "abbiamo perso tutti".
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