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Diciotto magistrati per un piccione ucciso
Diciotto magistrati, sei gradi di giudizio e cinque anni si sono sprecati per un piccione ucciso. Un paradosso della giustizia italiana riportata dal Corriere della Sera. Tutto comincia il 6 giugno del 2010 quando un avvocato cinquantenne con un fucile ad aria compressa centra un piccione sparando dal balcone di casa nella zona est di Milano. I vicini di casa chiamano i carabinieri perché ritengono che il legale da anni spari agli uccelli.
L'avvocato, che al momento dello sparo viene trovato in stato di ebbrezza sostiene di aver sparato al piccione perché suo figlio "era entrato in coma proprio a causa di uno di questi volatili". L'accusa formulata dal pm della Procura al gip Bruno Giordano è uccisione di animali con crudeltà e getto pericoloso di cose (ovvero il proiettile) in luogo privato di uso altrui e l'uomo viene condannato a 8mila euro di multa. L'avvocato non è d'accordo e chiede di essere giudicato con il rito abbreviato. Passano due anni e il giudice Andrea Ghinetti lo condanna a un mese e venti giorni di arresto con la condizionale.
A quel punto l'uomo ricorre in Appello. Ma il giudice conferma la condanna. E si va in Cassazione. Dopo sedici mesi gli ermellini confermano ancora la condanna, ma solo per l'uccisione del piccione non per il "getto pericoloso". Cosi si torna in Appello. E si riconferma tutto. A giugno 2015 scatterà la prescrizione. Resta la condanna definitiva per il primo reato sempre che un magistrato dell'esecuzione abbia tempo da dedicare a un piccione e al sui uccisore.
Diciotto magistrati, sei gradi di giudizio e cinque anni si sono sprecati per un piccione ucciso. Un paradosso della giustizia italiana riportata dal Corriere della Sera. Tutto comincia il 6 giugno del 2010 quando un avvocato cinquantenne con un fucile ad aria compressa centra un piccione sparando dal balcone di casa nella zona est di Milano. I vicini di casa chiamano i carabinieri perché ritengono che il legale da anni spari agli uccelli.
L'avvocato, che al momento dello sparo viene trovato in stato di ebbrezza sostiene di aver sparato al piccione perché suo figlio "era entrato in coma proprio a causa di uno di questi volatili". L'accusa formulata dal pm della Procura al gip Bruno Giordano è uccisione di animali con crudeltà e getto pericoloso di cose (ovvero il proiettile) in luogo privato di uso altrui e l'uomo viene condannato a 8mila euro di multa. L'avvocato non è d'accordo e chiede di essere giudicato con il rito abbreviato. Passano due anni e il giudice Andrea Ghinetti lo condanna a un mese e venti giorni di arresto con la condizionale.
A quel punto l'uomo ricorre in Appello. Ma il giudice conferma la condanna. E si va in Cassazione. Dopo sedici mesi gli ermellini confermano ancora la condanna, ma solo per l'uccisione del piccione non per il "getto pericoloso". Cosi si torna in Appello. E si riconferma tutto. A giugno 2015 scatterà la prescrizione. Resta la condanna definitiva per il primo reato sempre che un magistrato dell'esecuzione abbia tempo da dedicare a un piccione e al sui uccisore.
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