Novità

IL 25 APRILE è DEL PD

Alien.

Advanced Premium Member
[h=1]Milano, la sfilata del 25 aprile finisce in rissa tra grillini e Pd[/h] [h=2][/h]
I 5 Stelle allontanati dai dem. Poi l'attacco dei centri sociali ai pentastellati: "Strattonati per la bandiera del Movimento"

Angelo Scarano - Gio, 25/04/2019 - 18:31
commenta

La sfilata del 25 aprile dei Cinque Stelle insieme alla sinistra e al Pd per le strade di Milano è finita in rissa.
1556208885-esclusiva.jpg

Una rappresentaza del Movimento Cinque Stelle è infatti finita nel mirino dei centro sociali. Durante ilo corteo si sono registrati momenti di tensione come ha raccontato Bruno Misculin, attivista grillino: "Mi hanno strattonato, cercato di strapparmi lo striscione di mano e portarmelo via: mi ci sono appeso e mi hanno trascinato un po’ di metri per terra. Quando hanno visto che non lo mollavo e c’era altra gente, l’hanno lasciato andare". Secondo l'attivista pentastellato l'attacco sarebbe arrivato perché teneva in mano una bandiera del Movimento Cinque Stelle: "Non abbiamo rubato nessun posto, era una zona libera - riferisce al Corriere -. Mi hanno detto “Voi qua non ci potete stare".

La sensazione è che tra la sinistra e i Cinque Stelle sia andata in scena una rissa per contendersi la piazza e per intestarsi la sfilata del 25 aprile. L'episodio è stato condannata dall'europarlamentare del Pd, Brando Benifei. Dura anche la condanna da parte del sottosegretario agli Affari Regionali, il grillino Stefano Buffagni, pure lui alla manifestazione. Ma c'è un altro aspetto in questa vicenda.
A quanto pare alcuni esponenti del pd avrebbero allontanato i rappresentanti del Movimento Cinque Stelle: "Quest’anno i 5 stelle non si sono organizzati per partecipare al corteo, spero che l’anno prossimo lo facciano", ha affermato la segretaria metropolitana del Pd, Silvia Roggiani. I Cinque Stelle hanno protestato per essere stati allontanati dal gruppo dem che esponeva le bandiere del Pd. Insomma adesso i piddini e i grillini litigano per intestarsi la passerella del 25 aprile. Il tutto mentre alcuni antagonisti hanno attaccato la brigata ebraica con cori, fischi e insulti: "Assassini,terroristi". L'ennesima pagina di una festa della Liberazione macchiata dalle "scintille" di piazza.
 
[h=1]Fico "partigiano" anti Salvini: "Se è ministro lo deve alla Liberazione"[/h] [h=2][/h]
Il presidente della Camera Fico critica Salvini: "Il 25 Aprile è la festa di tutti". E anche Di Maio critica chi diserta la Liberazione

Bartolo Dall'Orto - Gio, 25/04/2019 - 10:26
commenta

Roberto Fico segna una linea rossa sul 25 aprile. E nel giorno della festa della Liberazione decide ti tornare all'attacco di Matteo Salvini, collega (mal digerito) del M5S al governo.
1551969584-lapresse-20190222160532-28543436.jpg

Il presidente della Camera dei Deputati si è concesso in una intervista al Fatto Quotidiano dove ha criticato aspramente la scelta del ministro dell'Interno di non presenziare a nessun corteo di celebrazione dei partigiani. Scelta che Salvini fa da diversi anni, visto che praticamente non ha mai partecipato. Ma che quest'anno, in quelità di ministro, ha provocato non poche polemiche.

"Esserci sarebbe importante per qualunque rappresentante delle istituzioni, il 25 Aprile è la festa di tutti", dice Fico pensando a Salvini che invece di sfilare al fianco dell'Anpi ha deciso di andare a Corleone per "combattere la mafia". Neppure gli altri ministri della Lega ci saranno, nonostante gli affondi di Di Maio e degli altri grillini. Oggi il capo politico del M5S ha dedicato un intero post su Facebook alle "feste che si celebrano" visto che "il 25 aprile di 74 anni fa fu il momento fondante della nostra democrazia". L'antifona è la stessa da qualche giorno: Lega e Movimento puntano a differenziarsi politicamente in vista delle europee. Litigano e si urlano contro, soprattutto sui temi più scottanti, dall'immigrazione alla Liberazione.

Ma l'attacco più diretto a Salvini arriva proprio dalla terza carica dello Stato. "Il 25 Aprile è fondamentale, perché ci racconta le basi su cui si fonda la nostra democrazia - afferma Fico - Io rappresento le istituzioni di un'Italia antifascista, democratica e repubblicana". E a chi considera la Liberazione una festa di parte dice: "Celebra il ritorno alla democrazia. E non può appartenere a pochi. Se tutti oggi possono parlare liberamente è perché siamo usciti da una terribile dittatura". Il vicepremier della Lega non la pensa così e Fico lo ammonisce: "Anche i ministri del Carroccio non scenderanno nelle piazze. La trovo una lettura assolutamente sbagliata e fuorviante - attacca - Noi celebriamo quella Liberazione che permette a quei ministri di stare al governo. Voglio però sottolineare che amministratori della Lega come il presidente Zaia saranno alle celebrazioni. Altro tema è la liberazione dalla mafia e dalla camorra, contro cui lotto da sempre. È una battaglia da combattere da parte di di tutti noi. Fare paragoni mi pare fuori dalla realtà".
 
ADESSO GUARDIAMO IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA.

[h=1]Esecuzioni, torture, stupri Le crudeltà dei partigiani[/h] [h=2][/h]
La Resistenza mirava alla dittatura comunista. Le atrocità in nome di Stalin non sono diverse dalle efferatezze fasciste. Anche se qualcuno ancora lo nega

Giampaolo Pansa - Dom, 07/10/2012 - 12:05
commenta

C’è da scommettere che il nuovo libro di Giampaolo Pansa, La guerra sporca dei partigiani e dei fascisti (Rizzoli, pagg. 446, euro 19,50; in libreria dal 10 ottobre), farà infuriare le vestali della Resistenza. Mai in maniera così netta come nell’introduzione al volume (di cui per gentile concessione pubblichiamo un estratto) i crimini partigiani sono equiparati a quelli dei fascisti.
att_856100

Giampaolo Pansa imbastisce un romanzo che, sull’esempio delle sue opere più note,racconta la guerra civile in chiave revisionista, sottolineando le storie dei vinti e i soprusi dei presunti liberatori, i partigiani comunisti in realtà desiderosi di sostituire una dittatura con un’altra, la loro.

Tanto i partigiani comunisti che i miliziani fascisti combattevano per la bandiera di due dittature, una rossa e l'altra nera. Le loro ideologie erano entrambe autoritarie. E li spingevano a fanatismi opposti, uguali pur essendo contrari. Ma prima ancora delle loro fedeltà politiche venivano i comportamenti tenuti giorno per giorno nel grande incendio della guerra civile. Era un tipo di conflitto che escludeva la pietà e rendeva fatale qualunque violenza, anche la più atroce.
Pure i partigiani avevano ucciso persone innocenti e inermi sulla base di semplici sospetti, spesso infondati, o sotto la spinta di un cieco odio ideologico. Avevano provocato le rappresaglie dei tedeschi, sparando e poi fuggendo. Avevano torturato i fascisti catturati prima di sopprimerli. E quando si trattava di donne, si erano concessi il lusso di tutte le soldataglie: lo stupro, spesso di gruppo.

A conti fatti, anche la Resistenza si era macchiata di orrori. Quelli che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricorderà nel suo primo messaggio al Parlamento, il 16 maggio 2006, con tre parole senza scampo: «Zone d'ombra, eccessi, aberrazioni». Un'eredità pesante, tenuta nascosta per decenni da un insieme di complicità. L'opportunismo politico che imponeva di esaltare sempre e comunque la lotta partigiana. Il predominio culturale e organizzativo del Pci, regista di un'operazione al tempo stesso retorica e bugiarda. La passività degli altri partiti antifascisti, timorosi di scontrarsi con la poderosa macchina comunista, la sua propaganda, la sua energia nel replicare colpo su colpo.

Soltanto una piccola frazione della classe dirigente italiana si è posta il problema di capire che cosa si nascondeva dietro il sipario di una storia contraffatta della nostra guerra civile. E ha iniziato a farsi delle domande a proposito del protagonista assoluto della Resistenza: i comunisti. Ancora oggi, nel 2012, qualcuno si affanna a dimostrare che a scendere in campo contro tedeschi e fascisti e stato un complesso di forze che comprendeva pure soggetti moderati: militari, cattolici, liberali, persino figure anticomuniste come Edgardo Sogno. È vero: c'erano anche loro nel blocco del Corpo volontari della liberta. Ma si e trattato sempre di minoranze, a volte di piccole schegge. Impotenti a contrastare la voglia di egemonia del Pci e i comportamenti che ne derivavano. Del resto, i comunisti perseguivano un disegno preciso e potente che si è manifestato subito, quando ancora la Resistenza muoveva i primi passi. Volevano essere la forza numero uno della guerra di liberazione.
Un conflitto che per loro rappresentava soltanto il primo tempo di un passaggio storico: fare dell'Italia uscita dalla guerra una democrazia popolare schierata con l'Unione Sovietica.

Dopo il 25 aprile 1945 le domande sulle vere intenzioni dei comunisti italiani si sono moltiplicate, diventando sempre più allarmate. Mi riferisco ad aree ristrette dell'opinione pubblica antifascista. La grande maggioranza della popolazione si preoccupava soltanto di sopravvivere. Con l'obiettivo di ritornare a un'esistenza normale, trovare un lavoro e conquistare un minimo di benessere. Piccoli tesori perduti nei cinque anni di guerra. Ma le élite si chiedevano anche dell'altro. Sospinte dal timore che il dopoguerra italiano avesse un regista e un attore senza concorrenti, si interrogavano sul futuro dell'Italia appena liberata. Sarebbe divenuta una democrazia parlamentare oppure il suo destino era di subire una seconda guerra civile scatenata dai comunisti, per poi cadere nelle grinfie di un regime staliniano?

Era una paura fondata su quel che si sapeva della guerra civile spagnola. Nel 1945 non era molto, ma quanto si conosceva bastava a far emergere prospettive inquietanti. Anche in Spagna era esistita una coalizione di forze politiche a sostegno della repubblica aggredita dal nazionalismo fascista del generale Francisco Franco. Ma i comunisti iberici, affiancati, sostenuti e incoraggiati dai consiglieri sovietici inviati da Stalin in quell'area di guerra, avevano subito cercato di prevalere sull'insieme dei partiti repubblicani, raccolti nel Fronte popolare. A poco a poco era emerso un inferno di illegalità spaventose. Arresti arbitrari. Tribunali segreti. Delitti politici brutali. Carceri clandestine dove i detenuti venivano torturati e poi fatti sparire. Assassinii destinati ad annientare alleati considerati nemici. Il più clamoroso fu il sequestro e la scomparsa di Andreu Nin, il leader del Poum, il Partito operaio di unificazione marxista. Il Poum era un piccolo partito nel quale militava anche George Orwell, lo scrittore inglese poi diventato famoso per Omaggio alla Catalogna, La fattoria degli animali e 1984. Orwell aveva 34 anni, era molto alto, magrissimo, sgraziato, con una faccia da cavallo. Era arrivato a Barcellona da Londra alla fine del 1936. Una fotografia lo ritrae al fondo di una piccola colonna di miliziani del Poum. Una cinquantina di uomini, preceduti da un bandierone rosso con la falce e martello, la sigla del partito e la scritta «Caserma Lenin», la base dell'addestramento.

Orwell stava sul fronte di Huesca quando i comunisti e i servizi segreti sovietici decisero la fine del Poum. Lo consideravano legato a Lev Davidovic Trotsky, il capo bolscevico diventato nemico di Stalin. In realta era soltanto un gruppuscolo antistaliniano con 10 mila iscritti. L'operazione per distruggerlo venne ordita e condotta da Aleksandr Orlov, il nuovo console generale dell'Urss a Barcellona, ma di fatto il capo della filiale spagnola del Nkvd, la polizia segreta sovietica. Nel giugno 1937, un decreto del governo repubblicano guidato dal socialista di destra Juan Negrin, succube dei comunisti, dichiaro fuori legge il Poum, sospettato a torto di cospirare con i nazionalisti di Franco. Tutti i dirigenti furono imprigionati. Se qualcuno non veniva rintracciato, toccava alla moglie finire in carcere. Gli arrestati si trovarono nelle mani del Nkvd che li rinchiuse in una prigione segreta, una chiesa sconsacrata di Madrid. Interrogato e torturato per quattro giorni, Nin rifiuto di firmare l'accusa assurda che gli veniva rivolta: l'aver comunicato via radio al nemico nazionalista gli obiettivi da colpire con l'artiglieria. Gli sgherri di Orlov lo trasportarono in una villa fuori città. Qui misero in scena una finzione grottesca: la liberazione di Nin per opera di un commando di agenti della Gestapo nazista, incaricati da Hitler di salvare il leader del Poum. Ma si trattava soltanto di miliziani tedeschi di una Brigata internazionale, al servizio di Orlov. Nin scomparve, ucciso di nascosto e sepolto in un luogo rimasto segreto per sempre. E come lui, tutti i suoi seguaci svanirono nel nulla. Quanto accadeva in Spagna fu determinante per la svolta ideologica di uno scrittore americano di sinistra, John Dos Passos. Scrisse: «Ciò che vidi mi provoco una totale disillusione rispetto al comunismo e all'Unione Sovietica. Il governo di Mosca dirigeva in Spagna delle bande di assassini che ammazzavano senza pietà chiunque ostacolasse il cammino dei comunisti. Poi infangavano la reputazione delle loro vittime con una serie di calunnie». Le stesse infamie, sia pure su scala ridotta, vennero commesse in Italia da bande armate del Pci, durante e dopo la guerra civile.

C'è da scommettere che il nuovo libro di Giampaolo Pansa,
La guerra sporca dei partigiani e dei fascisti (Rizzoli, pagg. 446, euro 19,50; in libreria dal 10 ottobre), farà infuriare le vestali della Resistenza. Mai in maniera così netta come nell'introduzione al volume (di cui per gentile concessione pubblichiamo un estratto) i crimini partigiani sono equiparati a quelli dei fascisti. Giampaolo Pansa imbastisce un romanzo che, sull'esempio delle sue opere più note, racconta la guerra civile in chiave revisionista, sottolineando le storie dei vinti e i soprusi dei presunti liberatori, i partigiani comunisti in realtà desiderosi di sostituire una dittatura con un'altra, la loro.
 
[h=1]Una testimonianza sulle rappresaglie partigiane in Italia nel ’44-’45[/h] Secondo la testimonianza che vi presentiamo la brigata Garibaldi è stata la protagonista nel periodo della guerra e in quello immediatamente successivo di atti di violenza contro i fascisti e le loro famiglie
di Luciano Atticciati


In un suo recente saggio, La resa dei conti, lo storico Gianni Oliva quantifica in circa 30.000-40.000 i fascisti uccisi nel periodo immediatamente successivo alla fine della guerra. Su tali fatti, certamente non di scarsa gravità, è esistito a lungo un forte silenzio. Ufficialmente i fascisti che militavano nella Repubblica Sociale non dovevano essere oggetto di violenze, ma molte testimonianze anche scritte riguardanti capi partigiani comunisti, riportano che si doveva agire con mezzi sbrigativi nei confronti degli ex-nemici. Le vendette partigiane nel periodo della guerra costituiscono una pagina certamente non felice della nostra storia. La guerra porta spesso all’emergere delle tendenze peggiori dell’uomo, e uomini senza principi morali o privi di equilibrio ritengono, indipendentemente dalla causa per la quale combattono, di poter dare sfogo ai loro impulsi. Evidentemente qualsiasi guerra fra Stati o qualsiasi guerra civile comporta una serie di violenze e di eccessi, non tutti i buoni sono dalla parte «buona». Anche le testimonianze storiche di chi «ha combattuto dall’altra parte», finora spesso ignorate e messe sotto silenzio, sono utili a capire la nostra storia, che va compresa senza fideismi, ma con equilibrio e spirito critico.

I fatti narrati dalla testimone si riferiscono alla zona di Pavia e Nizza Monferrato in Piemonte nel ’44, e a Milano nell’aprile del ’45, e sono narrati da una persona originaria di Milano tuttora vivente.

Non si può, né si deve dimenticare

Giornata grigia, piovosa, e la tristezza è mia compagna. Ho trovato un vecchio album di fotografie.

Con mani tremanti lo sfoglio. E tutto il mio passato ritorna veemente. Il caro zio Ernesto, che tanto amava noi nipoti, mi sorride, con dolcezza da una vecchia foto. La mia mente torna al lontano 1944, quando in Italia vigeva il caos. Sfollati a Montalto Pavese, ove avevamo una bella villa. Un giorno, mamma e Angelo, mio fratello, vanno a Casteggio, con il calesse. Ed io a giocare a tennis dai conti Balduino nel loro castello. Al ritorno a casa una amara sorpresa: la nostra domestica mi avvisa che sono arrivati i partigiani per prendere la mamma. Papà è lontano nelle Petrolifere di Fornovo Taro, essendo dirigente. I mezzadri mi consigliano di scappare per paura che i partigiani possano rivalersi su di me. Ho quattordici anni, però incosciente, prendo la bicicletta e corro incontro ai miei cari per avvisarli, e ci riesco. Però torno a casa e trovo tutte le finestre e le porte aperte e la casa spoglia di tutto. I partigiani «garibaldini», i più criminali comunisti, hanno rubato tutto. Io non so che fare. È buio. È notte. L’incoscienza della gioventù mi fa scendere a Casteggio dai miei cari, sempre in bicicletta. Quando sento delle voci maschili mi butto, istintivamente, in un fossato. E, col cuore in gola, odo dire: «Peccato, non abbiamo preso la figlia del commendatore. Anche se giovane ci saremmo divertiti tutti quanti». Questa frase non la dimenticherò mai più!

Dopo varie peripezie riusciamo ad arrivare a Nizza Monferrato, dai miei nonni materni, i quali appena ci vedono ci scongiurano di scappare perché hanno già preso lo zio Ernesto e cercano anche noi. Una giovane madre e due ragazzi di quattordici e sedici anni… La grave colpa imputataci è l’essere una famiglia «fedele al Duce»! Dopo varie fughe e soste in vari posti, arriviamo a Cittiglio, un paesino del Varesotto ove papà ha trovato una bella casa. Lo zio Ernesto Arzani (cognome di cui sono molto fiera), trentun anni, con un braccio anchilosato per frattura giocando a calcio, indi esente dal militare è stato preso in un agguato, portato in un bosco dai partigiani comunisti «garibaldini», amici d’infanzia di mio zio, lo hanno portato in un cascinale. Ove vi erano tre ufficiali della Repubblica Sociale Italiana, prigionieri. Ciò che è stato perpetrato a mio zio è inenarrabile. Per prima cosa gli hanno rotto gli occhiali (lui così miope), poi per ore, gli mettevano il capo nel liquame di un gabinetto. Seviziato in tutti i sensi, rotti gli arti a bastonate, torturato per due giorni con secchi d’acqua lercia e denudato. Con una scure gli hanno spaccato il cranio ed ancora in vita gettato in una fossa con i tre ufficiali, e seppelliti vivi!!! Quei bastardi assassini non soddisfatti di ciò, hanno chiesto ai nonni del denaro, adducendo a scusa che lo zio era vivo e in un campo di concentramento. I miei cari nonni si sono spogliati di tutto, senza sapere che lo zio dopo quattro giorni era già stato ucciso. Il partigiano chiamato il «boia» per gli assassinii perpetrati, compreso lo zio, è stato castigato da Dio. Ed una bomba a mano, con cui si trastullava, è scoppiata e prima di morire ha avuto atroce agonia. Dio è giusto! Solo dopo due mesi si è saputo tutto questo e si è potuto andare a riprendere le spoglie (con difficoltà) dello zio e portarlo nella tomba di famiglia.

Ma quei maledetti non hanno finito di torturarci! Finita la guerra, il 25 aprile 1945, persa malgrado gli illusi pensino di aver vinto... Dopo alcuni giorni mamma ed io siamo andate a Milano per vedere la nostra casa. Quando suona il campanello ed io vado ad aprire la porta mi sento sbattere contro il muro con il calcio di un fucile che mi fa cadere a terra. E vedo orribili ceffi che prendono la mamma e la portano via, dopo averla picchiata con il fucile. Sola, impaurita torno a Cittiglio. Mamma è stata portata nelle carceri di San Vittore, in una piccola cella stipata di uomini e donne, senza potersi sedere, con un bugliolo per tutti, due giorni senza acqua e vitto. Poi portata nelle «famigerate scuole di via Palmieri» (ricordo indelebile per i Milanesi per le atrocità che si facevano) ove vi è anche il seguito romano di Mussolini e vari attori famosi. Io non saprò mai ciò che successe in quei locali, perché mamma ha sempre taciuto su quello che le hanno fatto subire i partigiani. Ogni mattina li caricano a centinaia su camion scoperti e li fanno girare per le vie di Milano. I cittadini che sino a pochi giorni prima osannavano al Duce ed al fascismo, come orde di barbari lanciano su quei poveretti escrementi umani, bottiglie, pietre, sassi, tutto ciò che poteva ledere. Di notte i bastardi partigiani entrano nelle camerate e li avvisano che l’indomani saranno tutti uccisi, con ghigno satanico. Dopo due mesi di torture mamma, tramite avvocati, viene liberata, mentre i suoi compagni di carcere vengono quasi tutti uccisi nelle camere di tortura.

Perché i giovani debbono essere ignari di ciò che hanno fatto i partigiani?

A te, caro zio Ernesto, mai dimenticato, ed a te mamma che hai tanto sofferto, tu che hai sempre fatto del bene a tutti e sei stata una fervente Cattolica praticante, dico arrivederci in Paradiso, ove saremo nuovamente uniti, finalmente felici!

Testimonianza di Ercolina Milanesi
(anno 2002)

Tag: Luciano Atticciati, Ercolina Milanesi, partigiani, Seconda Guerra Mondiale, Italia, rappresaglie partigiane, brigata Garibaldi, 1944, 1945.
 
[h=2]L’Orco partigiano e la bambina fascista[/h]

[IMG2=JSON]{"alt":"giuseppinaghersi","data-align":"none","data-size":"full","height":"225","width":"300","src":"http:\/\/blog.ilgiornale.it\/rossi\/files\/2017\/09\/giuseppinaghersi-300x225.jpg"}[/IMG2]L’OCCHIO SULL’INFERNO
Non è una favola. È una storia vera. Parla di Orchi trasformati in eroi e di una bambina trasformata in vittima sacrificale di bestie feroci.

L’ orrore era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue, con un occhio bluastro tumefatto e l’altro spalancato sull’inferno”.

Così racconta Stelvio Muraldo, l’uomo che notò il corpo della piccola Giuseppina Ghersi tra il cumulo di cadaveri abbandonati davanti al cimitero di Zinola poco fuori Savona, in quei giorni di Aprile del 1945; macabro regalo lasciato alla storia del nostro Paese da giustizieri partigiani, eroici campioni di atrocità impunite.

Erano terribili le condizioni in cui l’ avevano ridotta (…) avevano infierito in maniera brutale su di lei, senza riuscire a cancellare la sua giovane età‘”.

Perché Giuseppina Ghersi aveva 13 anni quando il 25 Aprile fu prelevata insieme ai genitori, gestori di un banco di frutta e verdura al mercato di San Michele, e portata nel campo di concentramento di Legino; uno dei luoghi degli orrori messi in piedi dai partigiani comunisti finita la guerra, ma che non troverete raccontati su nessun libro di scuola; luoghi dove si consumarono crudeltà, eccidi, torture, esecuzioni di massa, come in quello di Mignagola vicino Treviso, un luna park del sadismo per quelli della Brigata Garibaldi.
[h=3]Una parte dell’antifascismo aveva un più saldo convincimento ideale associandosi al banditismo[/h]​
A Legino la famiglia Ghersi conobbe un volto inaspettato della democrazia che stava arrivando: madre e figlia seviziate e stuprate dai “Liberatori” davanti agli occhi del padre affinché confessasse dove nascondeva denaro e gioielli che pensavano possedesse. Perché c’era una parte dell’antifascismo di quei tempi che aveva un più saldo convincimento ideale associandosi al banditismo.

Poi la famiglia Ghersi venne divisa: papà e mamma portati nel carcere di S. Agostino (nonostante il comando partigiano avesse dichiarato cha a loro carico “non era emerso nulla”), mentre la piccola Giuseppina trattenuta nel campo, dove venne uccisa qualche giorno dopo, con un colpo di pistola alla testa; forse perché non potevano rimanere aperti gli occhi che avevano visto un aspetto dei Liberatori che non doveva essere raccontato.

La tragedia della famiglia Ghersi continuò negli anni successivi con persecuzioni, violenze, povertà tanto che i genitori furono costretti a lasciare Savona e a mendicare in giro per l’Italia.

Quella di Giuseppina Ghersi è una delle innumerevoli storie di violenze e abusi che si consumarono in quel periodo storico terribile che fu la Guerra civile italiana. Dall’una e dall’altra parte. Violenze che non risparmiarono bambini e adolescenti, figli di fascisti o comunisti o semplicemente inciampati in un destino più cattivo della loro innocenza.
Ma a differenza di altri, Giuseppina fa parte di quei morti che non sono mai morti perché non sono mai esistiti.
Persino Wikipedia rifiuta di ospitare la sua storia; troppo complicato ammettere che la Resistenza non fu quell’ovattato racconto eroico su cui si è costruita la grande menzogna italiana e l’ordine morale dei vincitori.

[IMG2=JSON]{"alt":"download","data-align":"none","data-size":"full","height":"198","width":"255","src":"http:\/\/blog.ilgiornale.it\/rossi\/files\/2017\/09\/download1.jpeg"}[/IMG2]
L’ORCO PARTIGIANO
La storia della piccola Ghersi torna alla ribalta oggi che il comune di Noli ha deciso di dedicarle una targa scatenando le reazioni violente degli antifascisti del nuovo millennio che di nuovo non hanno nulla.

Il Segretario provinciale dell’Anpi, l’Associazione Nazionale Partigiani, è sdegnato, scandalizzato, offeso: “Giuseppina Ghersi era una fascista. Protesteremo col Comune di Noli e con la prefettura”.
L’Anpi di Savona rilascia un comunicato più articolato per giustificare l’ingiustificabile: “La pietà per una giovane vita violata e stroncata non allontana la sua responsabilità per la scelta di schierarsi ed operare con accanimento a fianco degli aguzzini fascisti e nazisti”.


Sembra che parlino di un gerarca del regime o di un fucilatore; invece parlano di una ragazzina di 13 anni violentata, seviziata da belve ferociche solo l’indecenza morale può evitare di condannare.
[h=3]A 13 anni non sei una fascista; neppure una comunista. Sei solo una bambina che la vita insegue nel turbine della storia[/h]​
Nei giorni in cui il Paese assiste ad un crescendo di violenze sulle donne, questi vecchi arnesi di un antifascismo militante pagato con i soldi nostri, manifestano una impietosa capacità di disprezzare il corpo e la dignità di una ragazzina.
Non una sola parola contro gli Orchi che hanno violato quella giovane, anzi quasi una giustificazione:
lei era una spia!”, tuona un esponente politico della sinistra ligure.

Ma è possibile parlare di “responsabilità per essersi schierata con accanimento” per una bambina di 13 anni? A 13 anni non sei una fascista; a 13 anni non sei neppure comunista. A 13 anni sei solo una bambina che segue la vita e che la vita insegue anche nel turbine della storia, della guerra, dell’orrore.

Ci vorrà una giornata intera perché la Segreteria Nazionale dell’Anpi definisca “terribile e ingiustificabile” ciò che fu fatto a Giuseppina, aggiungendo con ipocrisia pelosa di “aver sempre condannato gli atti di vendetta e violenza perpetrati all’indomani della Liberazione”; cosa non vera, avendoli per decenni sempre negati e nascosti.
ABDULLAH E GIUSEPPINA

13 anni aveva anche Abdullah, il bambino siriano (o forse palestinese) ucciso e poi decapitato in Siria dai ribelli jihadisti anti-Assad un anno fa, non prima di averlo seviziato e aver immortalato la sua paura attorno al ghigno dei suoi massacratori; anche loro, per l’Occidente, erano i “Liberatori”, anche loro si ergevano a combattenti per la libertà; anche per loro il bambino siriano era una spia. Anche loro sono degli Orchi.

La verità è che molti di quelli che combatterono il fascismo erano peggio dei peggiori fascisti. Così come i “Ribelli moderati siriani”, sono spesso il volto dell’orrore islamista.

La Resistenza fu tante cose insieme: fu eroismo ma anche infame vigliaccheria, idealismo ma anche criminalità; fu desiderio di libertà ma anche volontà di imporre più cruente dittature.

Roger Scruton, uno dei più lucidi pensatori del nostro tempo, ha scritto che “il primo obiettivo di ogni totalitarismo è annientare la memoria”.
Ecco perché quelli dell’Anpi che vogliono negare il ricordo di Giuseppina non hanno nulla a che fare con la democrazia.
Ecco perché, una nazione che riannoda i fili di una storia sotterrata e nascosta, fa un dono alla propria libertà.

Su Twitter: @GiampaoloRossi

Articoli correlati:
Comunismo e jihadismo: due volti dello stesso orrore anti-cristiano
Sergio Ramelli: odio e spranghe della borghesia radical-chic
Il bamboccione anti-fascista
Paranoie sinistre degli anti-Trump
Forteto: quegli abusi ai minori protetti dal Pd
 
La Klaretta‏ @LaKlaretta
SeguiSegui @LaKlaretta

Altro
Il brutale omicidio della povera #Petacci non fu #femminicidio? Partigiani bastardi assassini. E noi paghiamo anche milioni di euri pubblici all'anno a questi parassiti. Solo dal ministero della Difesa negli ultimi sei anni #ANPI ha incassato 573.450 euro.





FASCISMO [h=1]Claretta Petacci uccisa "senza pietà". Vittorio Sgarbi: "Boldrina vergogna, perché tace su questa violenza"[/h]
27 Novembre 2017

20
1511768809155.jpg--claretta_petacci_uccisa__senza_pieta___vittorio_sgarbi___boldrina_vergogna__perche_tace_su_questa_violenza__.jpg

"La violenza ha prevalso, macchiando la lotta di liberazione dell'inutile assassinio di Mussolini e Claretta Petacci, il 28 aprile del 1945", scrive Vittorio Sgarbi su il Giornale: "La targa dell'Anpi rivendica il crimine come un atto eroico: La Resistenza pose così fine al regime fascista". Ma, si chiede il critico d'arte: "Quali responsabilità aveva la Petacci? Essere stata fino all'ultimo vicina a Mussolini? Oggi che si celebra e si difende in ogni modo la donna, perché nessuna pietà verso questa innocente barbaramente uccisa? Un caso palese di femminicidio,aggravato da un cieco desiderio di vendetta. Perché neanche una parola della Boldrina sulla Petacci?".
 
MA SIETE SICURI CHE CI HANNO LIBERATO ? O COMPRATI.?
[TABLE="border: 0, cellpadding: 20, cellspacing: 0"]
[TR]
[TD="bgcolor: #FFFFFF"]L'Italia non sarebbe uno STATO ma una SOCIETA' PRIVATA registrata presso la SEC[/TD]
[/TR]
[/TABLE]
[TABLE="border: 0, cellpadding: 0, cellspacing: 0"]
[TR]
[TD="width: 3%"]
barra_invisibile.gif
[/TD]
[TD="width: 13%"] [/TD]
[TD="width: 30%"]Fonte: Boorp[/TD]
[TD="width: 30%"]Pubblicato il: 09/09/2013[/TD]
[TD="width: 30%"]Categoria: POLITICA[/TD]
[/TR]
[/TABLE]
[TABLE="border: 0, cellpadding: 5, cellspacing: 0"]
[TR]
[TD] [TABLE="border: 0, cellpadding: 10, cellspacing: 0"]
[TR]
[TD]Cosa sono gli Stati o le Nazioni? A scuola ci viene insegnato che uno Stato non è altro che una società organizzata e autonoma, dove i cittadini sono sovrani ed esercitano il potere su se stessi tramite dei rappresentanti democraticamente eletti. E se fosse tutto falso? E se lo Stato fosse, in realtà, un'azienda ''privata'' ed i cittadini nati all'interno di esso fossero di PROPRIETA' di qualcuno che ne può ...
italia_spa.jpg

... disporre come meglio crede (ma sempre con il loro CONSENSO), più o meno come si faceva qualche centinaio di anni fa con gli schiavi anche se in maniera meno cruenta e più subdola?





In rete sta circolando da tempo questa tesi, sostenuta da evidenze burocratiche a dir poco spiazzanti! L'Italia, come qualsiasi altro Stato del mondo occidentale, non sarebbe altro che un'azienda privata o ''Corporation'' registrata presso la S.E.C. di Washington (cioè l'ente di controllo sulle società quotate in borsa negli U.S.A.). La legge realmente vigente sulla nostra nazione sarebbe il ''diritto commerciale'' o U.C.C. (Unified Commercial Code), che deriva direttamente dal Diritto Marittimo. Insomma l'Italia è un'azienda, con i suoi schiavetti, il cui scopo è produrre profitti enormi per qualcuno che poco o nulla centra con il Bel Paese.



La cosa straordinaria è che tutte queste informazioni sono accessibili da chiunque. Nulla di segreto dunque, ma tutto alla luce del sole. Questo perchè il POTERE, per poter durare nel tempo, si deve basare sulla legge del ''consenso'' o del ''libero arbitrio''. Lo sapevano già gli antichi romani che sul consenso (ottenuto con menzogne, forzature, trucchi, retorica e quant'altro) erano riusciti a costruire uno dei più grandi imperi che la storia ricordi!



Il consenso dei cittadini è, dunque, indispensabile ancora oggi e la ''politica'' altro non è che la nobile arte di guadagnare e mantenere il consenso del popolo. Senza consenso dei suoi abitanti è IMPOSSIBILE governare una qualsasi Nazione. Tutte le informazioni sono dunque pubbliche, consultabili da chiunque. Nulla è nascosto. Se un cittadino qualunque volesse sapere come stanno le cose nessuno potrebbe impedirglielo: finché però il cittadino non negherà il suo consenso ad essere manipolato, tassato, imbrogliato, spremuto come un limone e coperto da sensi di colpa fittizzi e artificiosi, ciò continuerà ad andare avanti all'infinito.



L'Italia è dunque una società privata, la cui ragione sociale è ''Republic of Italy'', il cui numero di matricola è 0000052782:
[/TD]
[/TR]
[/TABLE]
[/TD]
[/TR]
[/TABLE]


PER VEDERE TUTTO L'ARTICOLO ED IL VIDEO VAI A:

https://www.boorp.com/notizie_artic...KI5hkX5ymFnQa12Z-qkyQSY9d47OBxD-40i8q2S02tehc



L Italia è tenuta frenata ed inibita apposta dall elitè rothschildiana essendo stata trasformata da loro in una corporazione americana U.S.A. deve essere in coda soprattutto tecnologicamente ,per poter essere controllata meglio da debole. Ecco il perchè del debito pubblico creato ed imposto dopo l ultima guerra mondiale e mai cancellato (mentre alla Germania venne cancellato) .
https://www.boorp.com/.../articolo_L%27Italia_non_sarebbe...
 

Ultima estrazione Lotto

  • Estrazione del lotto
    giovedì 21 agosto 2025
    Bari
    41
    55
    23
    09
    54
    Cagliari
    52
    26
    51
    34
    47
    Firenze
    23
    78
    17
    35
    86
    Genova
    82
    15
    07
    44
    70
    Milano
    19
    86
    22
    77
    73
    Napoli
    39
    48
    82
    70
    15
    Palermo
    05
    25
    88
    54
    87
    Roma
    54
    19
    24
    62
    09
    Torino
    29
    83
    49
    59
    74
    Venezia
    65
    01
    45
    72
    55
    Nazionale
    10
    60
    88
    55
    37
    Estrazione Simbolotto
    Nazionale
    20
    24
    28
    33
    01

Ultimi Messaggi

Indietro
Alto