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IL GOVERNO CONTRO SE STESSO......ALTRI VOTI A SALVINI

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Roma, scontri con la polizia: ferito Fassina. E il Pd attacca il Viminale

Stefano Fassina è rimasto coinvolto negli scontri davanti la sede di Metropolitana di Roma. La sinistra chiede chiarimenti al Viminale. La Lamorgese chiama Gabrielli

Angelo Scarano - Mar, 01/10/2019 - 20:16





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Momenti di tensione a Roma davanti alla sede di Roma Metropolitana. Ci sono stati alcuni scontri tra alcuni lavoratori della società che manifestavano con un sit-in e la polizia.



Durante gli scontri è rimasto ferito Stefano Fassina, parlamentare di Leu che si trovava davanti la sede di Metropolitana di Roma insieme a chi protestava. Fassina sarebbe rimasto schiacciato su una porta e poi sarebbe caduto. uando sono arrivate le ambulanze in via Tuscolana, Fassina è stato soccorso dal personale del 118, gli è stato applicato un collarino ortopedico ed è stato trasportato all'ospedale San Giovanni.

Contusioni anche per altri sindacalisti coinvolti negli scontri, tra questi Alberto Civica della Uil e Natale Di Cola della Cgil. E dopo il trasporto in ospedale di Fassina, si è scatenata la polemica politica con la sinistra che punta il dito contro polizia e Viminale: "Gravissimo quanto accaduto oggi a Roma Metropolitane. Ancor più grave e inspiegabile l’atteggiamento delle forze dell’ordine contro pacifici manifestanti, tra cui un parlamentare della Repubblica, Stefano Fassina, costretto a ricorrere a cure mediche", ha affermato il capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro. E ancora: "Presenteremo - annuncia - una interrogazione per sapere chi ha autorizzato di forzare con violenza la pacifica protesta dei lavoratori e dei sindacati e quali provvedimenti si intendono assumere contro i responsabili". Orfini invece chiede direttamente l'intervento della titolare degli Interni: "La ministra Lamorgese chiarisca immediatamente questa vergogna e prenda provvedimenti verso i responsabili. Solidarietà a Stefano Fassina e agli altri feriti". Duro anche l'attacco di Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu: "Qualcuno nelle prossime ore dal Viminale dovrà spiegare a tutti noi, al Parlamento e all’opinione pubblica perchè nel 2019 lavoratori che difendono il proprio posto di lavoro siano picchiati dalle forze dell’ordine, che rappresentanti sindacali e parlamentari vengano feriti, come si vede chiaramente dai video e dalle foto degli organi di informazione". Insomma la Lamorgese ora deve fare i conti con gli attacchi dei suoi stessi alleati di governo. Il ministro di fatto ha chiesto subito chiarimenti al capo della polizia Gabrielli per quanto accaduto. E dalla Questura di Roma fanno sapere che "non c’è stata alcuna carica da parte della polizia nei confronti dei manifestanti. I poliziotti - dicono le stesse fonti - sono intervenuti senza che avessero caschi e manganelli. I momenti di tensione, spiegano, si sono verificati quando un collaboratore dell’assessore capitolino alle Partecipate ha cercato di entrare nel palazzo che ospita la sede di Roma Metropolitane e ha trovato i lavoratori che presidiavano l’ingresso. A quel punto il cordone degli agenti ha allargato lo spazio intorno alla persona che doveva entrare per permetterle di passare e nella calca Fassina è rimasto travolto".



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MI FANNO PENA QUESTI COMUNISTI.


I crociati delle merendine alla guerra del Crocifisso


Che Paese strano, l’Italia. Nel bel mezzo di una transizione da un Governo che andava a destra e poi ha virato a sinistra, ma tanto nessuno se n’è importato perché tanto il comandante è rimasto sempre lo stesso ed il nostromo che guarda alle stelle anche, si trova il tempo per spaccare un Paese tassando le merendine e cacciando i crocifissi nelle aule. Roba per bambini, verrebbe da dire. Invece è cosa seria, serissima, a giudicare dalle reazioni che avvolgono e travolgono uomini e donne delle istituzioni, ai quali forse non par vero di occuparsi di altro che non di quello per cui sono eletti e – si dovrebbe dire con linguaggio nuovo non fosse già archiviato dopo la stagione delle scatolette di tonno che non si aprono mentre il Parlamento si taglia con un grissino – pagati: tenere in ordine i conti pubblici, creare le condizioni per sviluppo e lavoro, guidare l’Italia e gli italiani fuori dalla crisi.
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Invece no. Il problema dell’Italia è ripulire i muri delle scuole dai crocifissi. Crociata – va da sé, laica – lanciata dal neoministro all’istruzione con delega alla merenda, Lorenzo Fioramonti. Dice, il ministro, che uno Stato che si richiama al pluralismo ed alla laicità non deve tenere simboli religiosi nei templi dell’istruzione e preferire ad essi magari una bella carta geografica. Gli fanno eco, a contrasto, voci di autorevoli esponenti delle gerarchie ecclesiastiche, secondo i quali – testualmente – togliere il crocifisso dalle scuole significherebbe dar manforte a Salvini.
Se questa è l’Italia, anche se per fortuna o purtroppo lo sono, io non mi sento italiano, suggerirebbe di rispondere Giorgio Gaber. Ma ai monsignori inquietati dal pensiero di veder un giorno i cosacchi salviniani abbeverare i loro cavalli alle fontane di san Pietro, ed ai ministri in giacca e girella bisognerebbe rammentare che questo Paese, ed il Crocifisso, esigono ben altro rispetto, di sicuro altra (e più alta) considerazione. La memoria è un bene di lusso, tassato talmente tanto da essere ormai sparita dalla circolazione. Ma qualche antiquario di cose di questo e dell’altro mondo che ancora ne smercia modiche dosi al mercato nero dell’intelligenza, ricorda agli uni ed agli altri – e pure a Salvini con i suoi rosari da comizio – che la croce ed il Crocifisso sono, insieme ad altri valori, la base dell’identità morale dello spazio pubblico democratico. E che senza di essi si da vita ad uno Stato privo di identità e di un’eticità forti, come tale incapace di generare nei cittadini un senso di fedeltà e di appartenenza e debole al punto da non riuscire a non rendere astratte e come sospese nel vuoto le sue leggi. «La croce non è un palo dei romani, ma il legno su cui Dio ha scritto il suo vangelo», osservava una non cattolica come Alda Merini. A ben guardare, proprio loro, gli atei, i lontani dal cattolicesimo, i mangiapreti e quelli in fuga dalle sacrestie sono stati, e continuano ad essere, come per paradosso, i migliori e più credibili difensori del Cristo in croce. «Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea di uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente», argomentava che era il 1988, in analoga situazione, la scrittrice Natalia Ginzburg, ebrea e comunista. «Che lei, da musulmano ignori che quel simbolo significa perdono senza rappresaglia, amore senza ricompensa, essere innalzati nella sconfitta, che lei tutto questo lei non lo dica da musulmano, da fratello musulmano, questo darà fiato alle peggiori trombe di questo paese», urlava nei microfoni Rai Massimo Cacciari nel 2001 randellando un urticante Adel Smith che da presidente dell’Unione musulmani d’Italia chiedeva la messa al bando del Crocifisso. «Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici e tromboni di destra, centro, sinistra e persino dal Vaticano. Anzi, se fosse per quelle, lo leverei anch’io», sintetizzava nel 2009 Marco Travaglio.
Ecco: non volessero prestare orecchio a marxisti in naftalina, laici d’antan e poeti maledetti, seguissero almeno il consiglio del Direttorissimo, i neocrociati all’incontrario. Imparerebbero da lui, oltre che a fare i governi con i nemici di sempre amici di oggi, che «Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno scandalo sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione». Che sapesse già che un giorno sarebbe arrivato Fioramonti?

 
Anna Ascani a L'aria che tira attacca Matteo Salvini: "Noi alleati col M5s? Colpa sua"
1 Ottobre 2019
Anna Ascani, L'aria che tira



Myrta Merlino mostra ad Anna Ascani, ospite da lei all'Aria che tira su La7, un video del dicembre 2018 in cui la stessa dem diceva "mai con i grillini", più o meno. E adesso? La Merlino incalza la giovane deputata, che dice: "Un governo col M5S non è la mia scelta preferita ma serviva per evitare l'aumento dell'Iva che dovevamo a Mister Papeete". "Continuo a pensare che noi e il M5S siamo molto diversi", aggiunge la Ascani, "non ci possiamo sedere sull'alleanza coi 5 Stelle, il Pd deve essere un partito a vocazione maggioritaria, cioè al centro della scena. C'era l'esigenza di dare un governo al Paese che facesse la manovra per togliere di mezzo l'Iva e che facesse alcune cose utili per le famiglie italiane". Insomma, la Ascani viene inchiodata da Myrta Merlino sui grillini e lei... dà la colpa a Matteo Salvini. Il copione, a sinistra, non cambia mai.
Leggi anche: Ascani, messaggio trasversale a Zingaretti
 

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