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LA FEDE MACCHIATA DI SANGUE

Alien.

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Vittime della fede cristiana

Questa pagina è stata aggiornata più di tre anni fa: i contenuti potrebbero non essere più accurati. Buona lettura!Gesta memorande e mirabili compiute per la maggior gloria di Dio


Avvertenza: sono qui elencati solamente fatti avvenuti per ordine o con partecipazione diretta delle autorità ecclesiastiche, oppure azioni commesse in nome e per conto della cristianità. Come è ovvio, la lista non ha pretese di completezza. Paganesimo antico


Già durante l’Impero Romano, appena ammesso ufficialmente il culto cristiano con decreto imperiale del 315, si cominciò a demolire i luoghi del culto pagano e a sopprimere i sacerdoti pagani.

Tra il 315 e il sesto secolo furono perseguitati ed eliminati un numero incalcolabile di fedeli pagani.
















Esempi celebri di templi distrutti: il santuario di Esculapio nell’Egea, il tempio di Afrodite a Golgota, i templi di Afaca nel Libano, il santuario di Eliopoli.

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Sacerdoti cristiani, come Marco di Aretusa o Cirillo di Eliopoli, vennero persino celebrati come benemeriti «distruttori di templi» (DA 468).

Dall’anno 356 venne sancita la pena di morte per chi praticava i riti pagani (DA 468).

L’imperatore cristiano Teodosio (408-450) fece giustiziare perfino dei bambini per aver giocato coi resti delle statue pagane (DA 469). Eppure, stando al giudizio di cronisti cristiani, Teodosio «ottemperava coscienziosamente a ogni cristiano insegnamento».

Nel VI secolo, si finì per dichiarare fuorilegge i fedeli pagani.

All’inizio del quarto secolo, per sobillazione di sacerdoti cristiani, fu giustiziato il filosofo politeista Sopatro (DA 466).

Nel 415, la celeberrima scienziata e filosofa Ipazia di Alessandria venne letteralmente squartata da una plebaglia guidata e aizzata da un predicatore di nome Pietro, e i suoi resti dispersi in un letamaio (DO 19-25).
Missioni di evangelizzazione


Nel 782, Carlo Magno fece tagliare la testa a 4.500 Sassoni che non volevano farsi convertire al cristianesimo (DO 30).

I contadini di Steding, nella Germania settentrionale, ribellatisi per non poter più sopportare l’esosa pressione fiscale, vengono massacrati il 27 maggio 1234 da un esercito crociato, e le loro fattorie occupate da devoti cattolici. Vi persero la vita tra 5.000 e 11.000 uomini, donne e bambini (WW 223).

Assedio di Belgrado nel 1456: nell’espugnazione della città vennero uccisi non meno di 80.000 musulmani (DO 235).

XV secolo in Polonia: ordini cavallereschi cristiani saccheggiano 1.019 chiese e circa 18.000 villaggi. Quante persone cadessero vittime di tali gesta, non s’è mai certificato (DO 30).

Secoli XVI e XVII. Truppe inglesi “pacificano e civilizzano” l’Irlanda. Colà vivevano solo dei «selvaggi gaelici», «animali irragionevoli senza alcuna idea di dio o di buone maniere, che addirittura dividevano in comunità di beni il loro bestiame, le loro donne, bambini e altri averi». Uno dei più importanti condottieri, certo Humphrey Gilbert, fratellastro di Sir Walter Raleigh, fece «staccare dai corpi le teste di tutti quelli (chiunque fossero) che erano stati uccisi quel giorno, facendoli spargere dappertutto lungo la strada». Questo tentativo di civilizzare gli Irlandesi causò poi effettivamente «grande sgomento nel popolo, quando videro sparse sul terreno le teste dei loro padri, fratelli, bambini, parenti e amici» [«greate terrour to the people when they sawe the heddes of their dedde fathers, brothers, children, kinsfolke, and freinds on the grounde»].

Decine di migliaia di Irlandesi gaelici caddero vittime di quel bagno di sangue (SH, 99, 225).
Crociate (1095-1291)


L’anno 1095, per ordine del papa Urbano II, ha inizio la Prima Crociata (WW 11-41).

Tra il 12/6/1096 e il 24/6/1096, nelle stragi avvenute in Ungheria, presso Wieselburg e Semlin, perdono la vita migliaia di persone (tutti cristiani, ivi comprese le schiere crociate) (WW 23).

Dal 9/9 al 16/9/1096, durante l’assedio della città residenziale turca Nikaia, cavalieri francesi cristiani massacrano migliaia di abitanti, facendo a pezzi e bruciando vivi vecchi e bambini (WW 25-27).

A consimili azioni belliche partecipano, il 26/9/1096, durante la conquista della fortezza di Xerigordon, cavalieri crociati tedeschi.

In complesso, fino al gennaio 1098, vengono espugnate e saccheggiate 40 capitali e 200 fortezze. Non si conosce il numero delle vittime (WW 30).

Il 3 giugno 1098 le armate crociate conquistano Antiochia. In quell’assedio vengono uccisi tra 10.000 e 60.000 musulmani. Dalla cronaca di Raimondo di Aguilers, cappellano di campo del conte di Tolosa, si legge: «Sulle piazze si accumulano i cadaveri a tal punto che, per il tremendo fetore, nessuno poteva resistere a restare: non v’era nessuna via, in città, che fosse sgombra di corpi in decomposizione» (WW 33).

Il 28 giugno 1098 furono ammazzati altri centomila turchi musulmani, donne e bambini compresi. Negli accampamenti turchi - narra il cronista cristiano - i crociati trovarono non solamente ricco bottino, tra cui «moltissimi libri in cui erano descritti con esecrandi segni i riti blasfemi di turchi e saraceni», ma bensì anche «donne, bambini, lattanti, parte dei quali trafissero subito, e parte schiacciarono sotto gli zoccoli dei loro cavalli, riempiendo i campi di cadaveri orribilmente lacerati». Proprio come il loro Dio comandava! (WW 33-35)

Il 12 dicembre 1098, nella conquista della città di Marra (Maraat an-numan), furono ammazzate altre migliaia di “infedeli”. A causa della carestia che ne seguì, «i corpi già maleodoranti dei nemici vennero mangiati dalle schiere cristiane», come testimonia il cronista cristiano Albert Aquensis (WW 36).

Finalmente, il 15 luglio 1098, venne espugnata Gerusalemme, dove vennero ammazzati più di 60.000 persone, tra ebrei e musulmani, uomini, donne e bambini (WW 37-40).

Da una testimonianza oculare: «e là [davanti al tempio di Salomone] si svolse una tale mischia cruenta che i cristiani si trascinavano nel sangue dei nemici fino alle nocche dei piedi», tanto che Albert scrive: «Le donne, che avevano cercato scampo negli edifici alti e nei palazzi turriti, furono buttate giù a fil di spada; i bambini, anche i neonati, li tiravano a pedate dal petto delle madri, o li strappavano dalle culle, per poi sbatterli contri i muri o le soglie» (WW 38).

L’arcivescovo Guglielmo di Tiro aggiunge: «Felici, piangenti per l’immensa gioia, i nostri si radunarono quindi dinanzi alla tomba del nostro salvatore Gesù, per rendergli omaggio e offrirgli il loro ringraziamento… E non fu soltanto lo spettacolo dei cadaveri smembrati, sfigurati, irriconoscibili, a lasciar sbigottito l’osservatore; in realtà, incuteva sgomento anche l’immagine stessa dei vincitori, grondanti di sangue dalla testa ai piedi, sicché l’orrore s’impadroniva di tutti quelli che li incontravano» (WW 39-40, TG 79).

Il cronista cristiano Eckehard di Aura testimonia che, ancora durante l’estate successiva dell’anno 1100, «in tutta la Palestina l’aria era appestata del lezzo dei cadaveri. Di stragi siffatte nessuno aveva mai visto o udito l’uguale tra i pagani…».

Alla resa dei conti, la Prima Crociata era costata la vita a oltre un milione di persone: «Grazie e lode a Dio!»(WW 41)

Nella battaglia di Ascalon, il 12 agosto 1099, vennero abbattuti 200.000 infedeli «in nome del nostro Signore Gesù Cristo» (WW 45).

Quarta Crociata: il 12 aprile 1204, i crociati mettono a sacco la città (cristiana!) di Costantinopoli. Il numero delle vittime non è stato tramandato. (WW 141-148)

Le restanti crociate in cifre: fino alla caduta di Akkon (1291) si stimano 20 milioni di vittime (solo nella Terrasanta e nelle regioni arabo-turche) (WW 224).

Nota bene: Tutti i dati sono secondo i cronisti di parte cristiana.
Eretici e atei


Già nell’anno 385 i primi cristiani vengono giustiziati quali eretici per mano di altri cristiani: così lo spagnolo Priscilliano, insieme con sei dei suoi seguaci, decapitati a Treviri (Germania) (DO 26).

Eresia manichea. Tra il 372 e il 444 i Manichei - una setta quasi cristiana, presso i quali si praticava il controllo delle nascite, e che perciò mostravano più senso di responsabilità dei devoti cattolici - vennero totalmente annientati nel corso di diverse grandi campagne sferrate contro di loro in tutto l’Impero romano. Molte migliaia le vittime (NC).

Nel secolo XIII, gli Albigesi cadono vittime della prima crociata proclamata contro altri cristiani. (DO 29) Questi, noti anche col nome di Catari, si consideravano buoni cristiani, ma non riconoscevano né il papa né il divieto romano-cattolico delle tecniche anticoncezionali, rifiutandosi inoltre di pagare le tasse chiesastiche (NC) Nel 1208, per ordine del papa Innocenzo III - il massimo genocida prima di Hitler - incominciò la crociata contro gli eretici albigesi. La città di Beziérs (nel sud della Francia) venne rasa al suolo il 22 luglio 1209, tutti gli abitanti massacrati, compresi i cattolici, che avevano rifiutato l’estradizione degli eretici. Il numero dei morti viene stimato tra 20.000 e 70.000 (WW 179-181).

Nella stessa crociata, dopo la presa di Carcassonne (15 agosto 1209), caddero ancora migliaia di ribelli, e la stessa sorte toccò a molte altre città (WW 181).

Nei successivi vent’anni di guerra, tutta la regione fu devastata, quasi tutti i Catari (quasi la metà della popolazione della Linguadoca, nella Francia meridionale) vennero sconfitti, lapidati, annegati, messi al rogo (WW 183).

Finita la crociata contro gli Albigesi (1229), venne istituita la Santa Inquisizione (1232) al fine di stanare dai loro nascondigli gli eretici sopravvissuti e di annientarli. L’ultimo dei Catari, Guillaume de Belibaste, fu dato alle fiamme del rogo nel 1324 (WW 183, LM).

Solo tra i Catari, la stima delle vittime si aggira intorno al milione (WW 183).

Altri gruppi di eretici: Valdesi, Pauliciani, Runcarii o Poveri Lombardi, Giuseppini, e molti altri. La maggior parte di queste sette vennero sgominate; un certo numero di Valdesi esiste tuttora, sebbene siano stati perseguitati per oltre 600 anni. Secondo le mie stime, diverse centinaia di migliaia di vittime non sono calcolate in eccesso (comprese le vittime dell’Inquisizione spagnola, ma escludendo quelle del Nuovo Mondo).

Nel XV secolo, l’inquisitore spagnolo Tomas de Torquemada condanna personalmente a morte sul rogo 10.220 sospettati di eresia (DO 28, DZ).

Il predicatore e teologo boemo Jan Hus, per aver criticato il commercio delle indulgenze, viene bruciato nel 1415 a Praga (LI 475-522).

Nel 1538, a Vienna, il professore universitario B. Hubmaier viene pubblicamente condannato al rogo (DO59).

Il 17 febbraio 1600, dopo una settennale prigionia, il filosofo Giordano Bruno, monaco domenicano processato per eresia, viene bruciato vivo sul rogo eretto in Campo de’ Fiori a Roma.

Nel 1697 l’ateo Thomas Aikenhead - studente scozzese appena ventenne - viene impiccato per volontà del clero (HA).
Streghe


Dai primi tempi del cristianesimo fino al 1484 invalse la consuetudine di mandare a morte persone, perlopiù donne, che si credevano dotate di poteri soprannaturali, malefici e stregonici.

Nell’era vera e propria dei processi per stregoneria, dal 1484 al 1750, molte centinaia di migliaia di sospetti o colpevoli di pratiche stregoniche - secondo le stime degli storici - furono condannati a morte sul rogo o in seguito alle torture; percentualmente, i quattro quinti di essi erano donne (WV).

Un elenco (naturalmente incompleto) di queste vittime, conosciute spesso anche per nome, si trova nell’opera The Burning of Witches - A Chronicle of the Burning Times.
Guerre di religione e Riforma


Secolo XV: guerre crociate contro gli Hussiti, costate la vita a migliaia di seguaci (DO 30).

Nel 1538 papa Paolo III indice una crociata contro l’Inghilterra, sganciatasi con lo scisma dall’ubbidienza a Roma, dichiarando tutti gli Inglesi schiavi di Roma. Per fortuna, l’impresa fallisce sul nascere (DO 31).

1568: il tribunale spagnolo dell’Inquisizione decreta l’eliminazione di tre milioni di Olandesi ribelli nei Paesi Bassi, allora sotto il dominio spagnolo. Per cominciare, 5.000, o forse 6.000 protestanti vennero annegati dalle truppe spagnole della cattolicissima Spagna: «un disastro, di cui i cittadini di Emden vennero a conoscenza quando diverse migliaia di cappelli olandesi a larghe tese scesero galleggiando lungo il fiume»(DO31, SH 213).

1572: a Parigi, e in altre città francesi, 20.000 protestanti Ugonotti vengono assassinati per ordine del papa Pio V, nell’offensiva nota come Notte di San Bartolomeo. Fino alla metà del secolo successivo, oltre 200.000 profughi Ugonotti dovranno lasciare la Francia (DO 31).

1574: i cattolici sopprimono il condottiero dei protestanti Gaspard de Coligny. Dopo l’uccisione, la plebaglia ne squarta il cadavere: «gli troncarono la testa, le mani, i genitali […] gettandoli nel fiume […] ma poi non gli sembrò neppure degno che diventasse pasto per i pesci, per cui li ritirarono fuori e li portarono sul patibolo di Mantfaucon affinché là servissero da alimento per corvi e uccelli» (SH 191).

Guerra dei Trent’anni: nel 1631, la città protestante di Magdeburgo viene saccheggiata e rasa al suolo da truppe cattoliche, che massacrano 30.000 protestanti, metà della popolazione. Scrive il poeta e storico tedesco Friedrich Schiller: «In una sola chiesa si trovarono 50 donne decapitate e bambini che ancora succhiavano il latte dal petto delle loro madri senza vita» (SH 191).

1618-1648: la guerra dei Trent’anni, spaccando l’Europa tra cristiani protestanti e cattolici, decima il 40% delle popolazioni, soprattutto in Germania (DO 31.32).
Ebrei


Già nel IV e V secolo le plebi cristiane sono eccitate a incendiare le sinagoghe ebraiche.

A metà del IV secolo venne distrutta la prima sinagoga per ordine del vescovo Innocenzo di Dertona, nel nord Italia. La prima sinagoga a esser incendiata nel 388, per ordine del vescovo di Kallinikon, sorgeva in Persia, presso l’Eufrate (DA 450).

Il concilio di Toledo decreta nel 694 la riduzione degli Ebrei in schiavitù, ordina la confisca dei loro averi e il battesimo coatto dei loro bambini (DA 454).

Nell’anno 1010 il vescovo di Limoges fece espellere o sopprimere gli ebrei della città che non volevano convertirsi al cristianesimo (DA 453).

1096: all’inizio della prima Crociata furono uccisi in Europa migliaia di Ebrei, complessivamente forse 12.000. Le città più colpite furono Worms (18/5/1096), Magonza il 27/5 (dove furono trucidati 1.100 ebrei), Colonia, Neuss, Wevelinghoven, Xanten, Moers, Dortmund, Kerpen, Treviri, Metz, Ratisbona, Praga (EJ).

Parimenti, all’inizio della seconda Crociata (1147), nei centri francesi di Ham, Sully, Carentan, e Rameru, si uccisero diverse centinaia di ebrei (WW 57).

In occasione della terza Crociata (1189-90) avviene il saccheggio delle comunità ebraiche stabilitesi in Inghilterra (DO 40).

1235: uccisione pubblica di 34 cittadini ebraici (DO 41).

1257 e 1267: eliminazione della comunità ebraiche di Londra, Canterbury, Northampton, Lincoln, Cambridge e altre città, con numero imprecisato di vittime (DO 41).

1290: è rimasta memoria, nelle cronache coeve, di 10.000 ebrei espulsi o uccisi in Boemia (DO 41).

1337: aizzato da una strage compiuta a Deggendorf, in Baviera, l’isterismo antisemita si estende in pogrom effettuati in 51 città bavaresi, nonché in Austria e in Polonia (DO 41).

1348: si bruciano sul rogo gli ebrei di Basilea e di Strasburgo, complessivamente 2.000 persone (DO 41).

1349: in oltre 350 città della Germania vengono soppressi tutti gli Ebrei, perlopiù bruciati vivi. Qui, in questo solo anno, vennero trucidati dai cristiani più Ebrei di quante erano state, per duecento anni di persecuzioni anticristiane (il sangue dei martiri!), le vittime conclamate della Roma imperiale (DO 42).

1389: vengono macellati a Praga 3.000 cittadini di fede ebraica (DO 42).

1391: a Siviglia e in Andalusia, sotto la guida dell’arcivescovo Martinez, vengono soppressi circa 4.000 ebrei. Mentre altri 25.000 vengono venduti come schiavi (DA 454).

Costoro si potevano riconoscere facilmente perché tutti gli ebrei, dall’età di dieci anni,erano stati costretti a portare sull’abito un “segno d’infamia” colorato: era l’origine storica della futura “stella giudaica” dell’era nazista.

1492: nello stesso anno in cui Colombo spiegava le vele per conquistare il Nuovo Mondo, più di 150.000 Ebrei, molti dei quali perirono nell’ostracismo, venivano scacciati dalle città della Spagna.

1648: in Polonia, durante i famigerati “massacri di Chmielnitzki”, vengono sterminati circa 200.000 ebrei. (MM 470-476).

A questo punto, mi sento male, perché con questo ritmo si prosegue - secolo dopo secolo - su una linea che porta diritta ai forni crematori di Auschwitz. (DO 43).
Popolazioni indigene


Con Cristoforo Colombo, ex commerciante di schiavi, che avrebbe fatto carriera come milite crociato, ha inizio la conquista del Nuovo Mondo: allo scopo, come sempre, di espandere il cristianesimo e di evangelizzare infedeli.

Poche ore dopo lo sbarco sulla prima isola abitata in cui s’imbatte nel mare dei Caraibi, Colombo fa imprigionare e deportare sei indigeni che, come scrisse «debbono servire da bravi servitori e schiavi (…) e si possono facilmente convertire alla fede cristiana, giacché mi sembra che non abbiano religione alcuna» (SH200).

Mentre Colombo definisce gli abitanti autoctoni quali “idolatri”, esprimendo la volontà di offrirli come schiavi ai cattolici re di Spagna, il suo socio Michele da Cuneo, aristocratico italiano, rappresenta gli aborigeni come “bestie” per il fatto che «mangiano quando hanno fame, e si accoppiano in tutta libertà, dove e quando ne hanno voglia» (SH 204-205).

Su ogni isola su cui mette piede Colombo traccia una croce sul terreno e «dà lettura della rituale dichiarazione ufficiale» (il cosiddetto Requerimiento) al fine di prender possesso del territorio da parte della Spagna, nel nome dei suoi Cattolici Signori. Contro di che «nessuno aveva da obiettare». Qualora gli Indios negassero il loro assenso (soprattutto perché non comprendevano semplicemente una parola di spagnolo), il Requerimiento recitava così:

«Con ciò garantisco e giuro che, con l’aiuto di Dio e con la nostra forza, penetreremo nella vostra terra e condurremo guerra contro di voi (…) per sottomettervi al giogo e al potere della Santa Chiesa (…) infliggendovi ogni danno possibile e di cui siamo capaci, come si conviene a vassalli ostinati e ribelli che non riconoscono il loro Signore e non vogliono ubbidire, bensì a lui contrapporsi» (SH 66)

Di analogo tenore erano le parole di John Winthrop, primo governatore della Bay Colony del Massachusset: «justifieinge the undertakeres of the intended Plantation in New England […] to carry the Gospell into those parts of the world […] and to raise a Bulworke against the kingdome of the Ante-Christ» (SH235) [«giustificando l’impresa della costituenda fondazione della Nuova Inghilterra, di portare il vangelo in queste parti del mondo, e di edificare un bastione contro il regno dell’Anticristo»].

Intanto, prima ancora che si venisse alle armi, due terzi della popolazione indigena cadeva vittima del vaiolo importato dagli Europei. Il che era interpretato dai cristiani, manco a dirlo, come «un segno prodigioso dell’incommensurabile bontà e provvidenza di Dio»!.

Così, ad esempio, scriveva nel 1634 il governatore del Massachussets: «Quanto agli indigeni, sono morti quasi tutti contagiati dal vaiolo, e per tal modo il SIGNORE ha confermato il nostro diritto ai nostri possedimenti» (SH 109, 238).

Sulla sola isola di Hispaniola, dopo le prime visite di Colombo, gli indigeni Arawak - un popolo inerme e relativamete felice che viveva delle risorse del loro piccolo paradiso - lamentarono presto la perdita di 50.000 vite (SH 204).

In pochi decenni, gli Indios sopravvissuti caddero vittime di assalti, stragi, strupri e riduzione in schiavitù da parte degli Spagnoli.

Dalla cronaca d’un testimone oculare: «Furono uccisi tanti indigeni da non potersi contare. Dappertutto, sparsi per la regione, si vedevano innumerevoli cadaveri di indiani. Il fetore era penetrante e pestilenziale» (SH69).

Il capo indiano Hatuey riuscì a fuggire col suo popolo, ma fu catturato e bruciato vivo. «Quando lo legarono al patibolo, un frate francescano lo pregò insistentemente di aprire il suo cuore a Gesù affinché la sua anima potesse salire in cielo anziché precipitare nella perdizione. Hatuey ribatté che se il il cielo è il luogo riservato ai cristiani, lui preferiva di gran lunga l’inferno» (SH 70).

Ciò che accadde poi al suo popolo, ci è descritto da un testimone oculare: «Agli spagnoli piacque di escogitare ogni sorta di inaudite atrocità… Costruirono pure larghe forche, in modo tale che i piedi toccavano appena il terreno (per prevenire il soffocamento), e appesero - ad onore del redentore e dei 12 apostoli - ad ognuna di esse gruppi di tredici indigeni, mettendovi sotto legna e braci e bruciandoli vivi». (SH 72, DO 211).

In analoghe occasioni si inventarono altre piacevolezze: «Gli spagnoli staccavano ad uno il braccio, ad altri una gamba o una coscia, per troncare di colpo la testa a qualcuno, non diversamente da un macellaio che squarta le pecore per il mercato. Seicento persone, ivi compresi i cacicchi, vennero così squartate come bestie feroci… Vasco de Balboa ne fece sbranare poi quaranta dai cani» (SH 83).

«La popolazione dell’isola, stimata di circa otto milioni all’arrivo di Colombo, era scemata già della metà o di due terzi, ancor prima che finisse l’anno 1496». Finalmente, dopo che gli abitanti dell’isola furono quasi sterminati, gli Spagnoli si videro “costretti” a importare i loro schiavi da altre isole dei Caraibi, ai quali toccò peraltro la medesima sorte. In tal modo «milioni di autoctoni della regione caraibica vennero effettivamente liquidati in meno d’un quarto di secolo» (SH 72-73).

«Così, in un tempo minore della durata normale d’una esistenza umana, fu annientata un’intera civiltà di milioni di persone che per migliaia di anni erano stanziate nella loro terra» (SH 75).

«Subito dopo, gli Spagnoli rivolsero la loro attenzione alla terraferma del Messico e dell’America centrale. Le stragi erano appena cominciate. Di lì a poco sarà la volta della nobile città di Tenochttitlàn (l’odierna Mexico City)» (SH 75).

Hernando Cortez, Francisco Pizarro, Hernando De Soto e centinaia di altri Conquistadores spagnoli saccheggiarono e annientarono - in nome del loro Signor Gesù Cristo - molte grandi civiltà dell’America centrale e meridionale (De Soto saccheggiò inoltre la Florida, regione “fiorente”).

«Mentre il secolo XVI volgeva al termine, quasi 200.000 spagnoli si erano stabiliti nel Nuovo Mondo. In questo periodo, in conseguenza dell’invasione, si stima che avessero già perso la vita oltre 60 milioni di indigeni» (SH95).

Va da sé che i primi colonizzatori dei territori dei moderni Stati Uniti d’America non si comportarono meglio dei conquistadores.

Benché, senza l’aiuto degli Indiani, nessuno dei colonizzatori sarebbe stato in grado di sopravvivere ai rigori invernali, questi cominciarono presto a scacciare e a sterminare le tribù indiane.

La guerra degli indiani nordamericani tra di loro era, in proporzione, un fenomeno irrilevante - paragonato con le consuetudini europee - e serviva piuttosto a riequilibrare le offese, ma in nessun caso alla conquista del territorio. Tanto che se ne stupivano i padri pellegrini cristiani: «Le loro guerre non sono neanche lontanamente così cruente» («Their Warres are farre less bloudy»), ragion per cui non succedeva «da nessuna delle parti un grande macello» («no great slawter of nether side»). In realtà, poteva ben accadere «che guerreggiassero per sette anni senza che vi perdessero le vita sette uomini» («they might fight seven yeares and not kill seven men»). Tra gli Indiani, inoltre, era consuetudine risparmiare le donne e i bambini dell’avversario (SH 111).

Nella primavera 1612 alcuni coloni inglesi trovarono così attraente la vita dei liberi e affabili indios, al punto da abbandonare Jamestown per vivere presso costoro (con che si ovviò presumibilmente, tra l’altro, a un’emergenza sessuale). Senonché il governatore Thomas Dale li fece stanare e giustiziare: «Alcuni li fece impiccare, altri bruciare, altri torcere sulla ruota, mentre altri furono inflizati sullo spiedo e alcuni fucilati» (SH 105).

Tali eleganti provvedimenti restarono ovviamente riservati agli inglesi; questa era la procedura con quelli che si comportavano come gli indiani; ma per quelli che non avevano scelta, proprio perché costituivano la sovrappopolazione della Virginia, si faceva senz’altro tabula rasa:

«quando un indio era accusato da un inglese di aver rubato una tazza, e non la restituiva, la reazione inglese era subito violenta: si attaccavano gli Indiani dando alle fiamme l’intero villaggio» (SH 106)

Sul territorio dell’odierno Massachussetts i padri pellegrini delle colonie perpetrarono un genocidio, entrato nella storia come Guerra dei Pequots. Autori dei massacri erano quei cristiani puritani della Nuova Inghilterra, scampati essi stessi alla persecuzione religiosa in atto nella loro vecchia Inghilterra.

Allorché fu trovata la salma d’un inglese, ucciso probabilmente da guerrieri Narragansett, i puritani gridarono vendetta. Sebbene il capo dei Narragansett implorasse pietà, i cristiani passarono all’attacco. Forse dimentichi del loro obiettivo, essendo stati salutati da alcuni Pequot, a loro volta belligeranti coi Narragansett, avvenne che i puritani attaccarono i Pequots, distruggendo i loro villaggi.

Il comandante dei puritani, John Mason, scrisse dopo un massacro: «Per la verità, l’Onnipotente incusse tale terrore sulle loro anime, che fuggirono davanti a noi buttandosi tra le fiamme, dove molti perirono… Dio aleggiava sopra di loro e sbeffeggiava i suoi nemici, i nemici del suo popolo, facendone dei tizzoni ardenti… Così il SIGNORE castigò i pagani, allineandone le salme: uomini, donne e bambini» (SH 113-114).

«Così piacque al SIGNORE di dare un calcio nel sedere ai nostri nemici, dando in retaggio a noi la loro terra»(«The LORD was pleased to smite our Enemies in the hinder Parts, and to give us their land for an inheritance») (SH 111).

Siccome Mason poteva ben immaginare che i suoi lettori conoscessero la loro bibbia, non aveva bisogno di citare i versetti qui citati:

«Delle città di questi popoli, che il Signore tuo Dio ti dà in retaggio, non devi lasciare in vita nulla di quanto respira. Ma dovrai invece destinarle alla distruzione, così come il Signore tuo Dio ti ha dato per dovere» (Mosé V, 20)

Il suo compare Underhill ci ricorda quanto fosse «impressionante e angosciante lo spettacolo sanguinoso per i giovani soldati» («how grat and doleful was the bloody sight to the view of the young soldiers»), però, assicura i suoi lettori, «talvolta la Sacra Scrittura decreta che donne e bambini debbano perire coi loro genitori» («sometimes the Scripture declareth women and children must perish with their parents») (SH 114).

Molti indios caddero vittime di campagne di avvelenamento. I coloni addestravano persino dei cani al compito speciale di stanare gli Indiani, strappando i piccoli dalle braccia delle madri e sbranandoli. Per dirla con le loro stesse parole: «cani feroci per dar loro la caccia e mastini inglesi per l’attacco» («blood Hounds to draw after them, and Mastives to seaze them»). In questo, i puritani si lasciarono ispirare dai metodi dei loro contemporanei spagnoli. E così continuò, finché i Pequot furono pressoché sterminati (SH107-119).

Altre tribù indiane patirono la stessa sorte. Così commentavano i devoti sterminatori: «È il volere di Dio, che alla fin fine ci dà ragione di esclamare “Quant’è grandiosa la Sua bontà! E quant’è splendida la Sua gloria!”» («God’s Will, wich will at last give us cause to say: “How Great is His Goodness! And How Great is His Beauty!”»). E ancora: «Fino a che il nostro Signore Gesù li piegò ad inchinarsi davanti a lui e a leccare la polvere!» («Thus doth the Lord Jesus make them to bow before him, and to lick the Dust!») (TA).

Come ancora oggi, così per i cristiani di allora era ben accetta la menzogna per la maggior gloria di dio, o quantomeno per il proprio vantaggio di fronte ai diversamente credenti: «I trattati di pace venivano firmati già col proposito di violarli.
Talché il Consiglio di stato della Virginia dichiarava che se gli Indiani “sono tranquillizzati dopo la stipula del trattato, noi abbiamo non soltanto il vantaggio di prenderli di sorpresa, ma anche di mietere il loro mais”»
. («when the Indians grow secure uppon the Treatie, we shall have the better Advantage both the surprise them, and cutt downe theire Corne») (SH 106).

Anno 1624: una sessantina di inglesi, forniti di armi pesanti, fanno a pezzi 800 inermi uomini, donne e bambini indios. (SH 107).

1675-76: durante la guerra detta di re Filippo, in una sola azione di rappresaglia, sono uccisi «circa 600 indiani». L’autorevole pastore della seconda Chiesa di Boston, Cotton Mather, definirà più tardi il massacro come «grigliata per arrosti» («barbeque») (SH 115).

In sintesi: nel New Hampshire e nel Vermont, prima dell’arrivo degli inglesi, la popolazione degli Abenaki contava 12.000 persone. Neanche cinquant’anni dopo ne erano rimaste in vita solo 250: una decimazione del 98%.

Il popolo dei Pocumtuck ammontava a 18.000; due generazioni più tardi il loro numero era sceso a 920.

Il popolo dei Quiripi-Unquachog era di 30.000; dopo ugual periodo ne sopravvivevano 1.500, un vero genocidio; la popolazione del Massachusset comprendeva almeno 44.000 persone, di cui, cinquant’anni dopo, erano sopravvissuti appena 6.000. (SH 118).

Questi sono solo alcuni esempi delle tribù che vivevano nell’America del Nord prima che vi approdassero i cristiani. E tutto ciò accadeva prima che scoppiasse la grande epidemia di vaiolo degli anni 1677 e 1678. Anche il bagno di sangue era appena agli inizi.

E tutto fu solo il principio della colonizzazione da parte degli Europei, cioè prima dell’epoca vera e propria del cosiddetto “selvaggio Far West”.

Tra il 1500 e il 1900, è probabile che, complessivamente, abbiano perduto la vita - nelle sole Americhe - più di 150 milioni di nativi: in media, circa due terzi a causa del vaiolo e di altre epidemie importate dagli Europei (e qui non dev’esser passato sotto silenzio il fatto che, a partire dal 1750 circa, le tribù autoctone venivano contagiate anche di proposito per mezzo di doni artificialmente infettati). Restano pertanto ancora 50 milioni la cui morte si fa risalire direttamente ad atti di violenza, a trattamenti disumani o alla schiavitù.

E in alcuni paesi, come ad esempio Brasile e Guatemala, questa decimazione prosegue fino ai nostri giorni: a fuoco lento, per così dire.
Ulteriori gloriose tappe della storia degli Stati Uniti d’America


Nel 1703, il pastore Salomon Stoddard, una delle più prestigiose autorità religiose della Nuova Inghilterra, fece formale richiesta al Governatore del Massachusset perché mettesse ai diposizione dei colonizzatori le risorse finanziarie per «acquistare grandi mute di cani e per poterle addestrare a cacciare gli Indiani alla stessa stregua degli orsi» (SH 241).

29 novembre 1864: massacro di Sand Creek, nel Colorado. Il colonnello John Chivington, ex predicatore metodista e politico regionale («non vedo l’ora di nuotare nel sangue nemico») fa passare per le armi un villaggio dei Cheyenne con circa 600 abitanti - quasi solo donne e bambini - benché il capo indiano agitasse bandiera bianca. Bilancio: da 400 a 500 vittime.

Ne riferisce un testimonio oculare: «C’era un gruppo di trenta o quaranta Squaw, acquattate in un buco per proteggersi, le quali mandarono fuori una bambina, di circa sei anni, con un panno bianco in segno di resa. Ebbe il tempo di fare solo pochi passi, quando venne colpita e abbattuta. In quella trincea, più tardi, tutte le donne furono uccise» (SH 131).

1860: il religioso Rufus Anderson commenta il bagno di sangue che fino allora aveva decimato, per il 90% almeno, la popolazione autoctona delle isole Hawaii. «In ciò costui non vedeva nulla di tragico: tutto sommato, la prevedibile, totale estinzione della popolazione indigena delle Hawaii era un fatto del tutto naturale - diceva il missionario - paragonabile suppergiù “con l’amputazione delle membra malate da un organismo”» (SH 244).
Atrocità delle Chiese nel XX secolo


Campi di annientamento cattolici. È sorprendente come pochi sappiano che in Europa, negli anni della seconda Guerra Mondiale, non c’erano solamente i campi di concentramento nazisti.

In Croazia, negli 1942-43, v’erano numerosi campi di sterminio, organizzati dai cattolici ustascia agli ordini del dittatore Ante Pavelic, un cattolico praticante ricevuto regolarmente dall’allora papa Pio XII. Vi erano persino campi di concentramento speciali per bambini!

Nei campi croati venivano soppressi soprattutto serbi cristiano-ortodossi, ma anche un cospicuo numero di ebrei. Il più famigerato era il lager di Jasenovac; il suo comandante fu per un certo tempo un certo Miroslav Filipovic, un frate francescano temuto con l’appellativo di “Brüder Tod” (Sorella Morte). Qui, al pari dei nazisti, gli ustascia cattolici bruciavano le loro vittime nei forni, ma vivi, diversamente dai nazisti che prima avevano almeno ucciso le prede col gas. In Croazia, però, la maggior parte delle vittime veniva semplicemente soppressa, impiccata o fucilata. Il loro numero complessivo è stimato fra i trecentomila e i 600.000; e questo in un paese relativamente piccolo. Molti uccisori erano monaci francescani, armati allora con mitragliatrici. Queste nefandezze perpetrate dai Croati era talmente spaventose, che persino alcuni ufficiali della sicurezza delle SS tedesche, in qualità di osservatori degli avvenimenti croati, protestarono direttamente con Hitler (il che lasciò peraltro indifferente il dittatore). Il papa però fu ben informato di queste atrocità, e non fece nulla per impedirle (MV).

(Aggiunta dell’Autore: di fronte ai retroscena di questa storia, i reportage dei massmedia sul più recente conflitto serbo-croato nella regione balcanica, dal 1991 al 1995, ha assunto talvolta aspetti addirittura spettrali, giacché vi ricorrevano nomi di luoghi come Banja Luka, o di fiumi come la Sava, dove occasionalmente si invengono ancora oggi scheletri di persone assassinate mezzo secolo fa).

Terrore cattolico in Vietnam. Nel 1954 i combattenti per la libertà del Vietnam, i cosiddetti Viet Min, liquidarono finalmente il governo coloniale francese nel Nord Vietnam, che fino ad allora era stato finanziato con più di due miliardi di dollari dagli USA. Sebbene i vincitori proclamassero libertà religiosa per tutti (la maggioranza dei Vietnamiti non buddhisti era cattolica) vaste campagne di propaganda anticomunista spinsero masse di cattolici a fuggire nel sud del paese. Col sostegno della lobby cattolica a Washington, e con l’appoggio del cardinale Spellmann, portavoce del Vaticano nella politica americana - il quale avrebbe in seguito definitio le truppe americane in Vietnam come «truppe di Cristo» - venne progettato un colpo di Stato per impedire elezioni democratiche nel Sud del Vietnam. Da tali elezioni, probabilmente, anche nel Sud sarebbero usciti vincitori i Viet Min comunisti. Di contro, si elesse alla presidenza del Vietnam meridionale il fanatico cattolico Ngo Dinh Diem (MW 16 ff)

Diem fece in modo che gli aiuti dagli USA, viveri e medicinali, risorse tecniche e d’ogni specie andassero a beneficio dei soli cattolici. I buddhisti, o i villaggi a maggioranza buddhista, vennero ignorati, oppure dovettero pagare per gli aiuti che i cattolici ottenevano invece gratuitamente. Di fatto, l’unica religione ufficialmente riconosciuta era quella romano-cattolica.

L’isteria anticomunista si scatenò in Vietnam in modo ancor più brutale che nella sua versione americana negli USA, la famosa “caccia alle streghe” dell’era di McCarthy.

Nel 1956, il presidente Diem emise un decreto in cui si diceva:

«Individui che minacciano la difesa nazionale o la sicurezza collettiva possono essere internati dalle autorità in campi di concentramento»

Per contrastare il comunismo, come usava dire, vennero così posti in “custodia cautelativa” migliaia di dimostranti e di monaci buddhisti. Per protesta, dozzine di monaci e di maestri buddhisti si diedero fuoco pubblicamente.

[Nota bene: qui i buddisti davano fuoco a essi medesimi, laddove i cristiani hanno piuttosto la tendenza a incenerire il loro prossimo; su questo, vedasi anche l’ultimo capoverso].

Nel frattempo, diversi campi di prigionia, in cui da tempo ormai languivano anche cristiani protestanti e persino cattolici - si erano organizzati in autentici campi di sterminio. Si stima che in questo periodo di terrore (dal 1955 al 1960) restassero ferite nei disordini almeno 24.000 persone, che fossero giustiziati circa 80.000 oppositori; 275.000 furono le persone incarcerate e torturate, mentre circa mezzo milione vennero ristrette in campi di concentramento o di prigionia (MW 76-89).

Per appoggiare un tale governo, inoltre, nel corso degli anni Sessanta, migliaia di soldati americani dovettero lasciare la loro vita.

Virus catholicus. Il primo luglio 1976 morì la 23enne studentessa tedesca di pedagogia Anneliese Michel, lasciandosi morire, nel senso letterale del termine, per fame. Da mesi essa era stata colpita da visioni e apparizioni demoniache; non solo, ma per lunghi mesi due sacerdoti cattolici - con l’autorizzazione ufficiale del vescovo di Würzburg - avevano tormentato la povera ragazza con esorcismi e presunte pratiche antidiaboliche. Quando morì nell’ospedale di Klingenberg, il suo corpo era tutto solcato da cruente ferite. I suoi genitori, entrambi fanatici cattolici, vennero condannati a sei mesi di carcere per omissione di soccorso, specialmente per non aver chiamato alcun medico. Ma neanche un religioso venne indagato e punito per questo. Al contrario! La tomba della sventurata Anneliese Michel è fatto oggetto di pellegrinaggi da parte di fedeli cattolici (ricordiamo che nel Seicento la città di Würzburg era malfamata per le numerosissime esecuzioni di streghe sul rogo).

Questo caso non è che la punta dell’iceberg di tale diffusa e pericolosa superstizione e si é risaputo solo in conseguenza del suo tragico esito (SP 80).

Massacri in Rwanda. Anno 1994: nel giro di pochi mesi, nel piccolo Stato africano del Rwanda, vengono massacrate diverse centinaia di migliaia di civili. In apparenza, si trattava d’un conflitto tra i gruppi etnici degli Hutu e dei Tutsi (Watussi). Per parecchio tempo, si udirono soltanto delle voci su un coinvolgimento del clero cattolico. Negli organi di stampa cattolici furono pubblicate strane smentite; e questo prima che qualcuno avesse accusato ufficialmente di complicità dei componenti della chiesa cattolica.
Senonché, il 10 ottobre 1996, l’emittente radio S2 - tutt’altro che critica nei riguardi del cristianesimo - reca nel notiziario S2 Aktuell delle ore 12 la seguente notizia:

«Sacerdoti e suore anglicani, ma soprattutto cattolici, sono gravemente accusati di aver preso parte attiva all’assassinio di indigeni. In particolare, il comportamento d’un religioso cattolico ha tenuto desto per mesi l’interesse della pubblica opinione, non solo nella capitale ruandese Kigali. Era parroco nella chiesa della Sacra Famiglia, ed è accusato di aver ucciso dei tutsi nei modi più atroci. Sono rimaste incontestate deposizione di testimoni secondo cui il religioso, col revolver alla cintola, fiancheggiava bande saccheggiatrici di Hutu. Nella sua parrocchia, in effetti, era avvenuta una sanguinosa strage di Tutsi che avevano cercato scampo in quel tempio. Perfino oggi, due anni dopo, vi sono molti cattolici a Kigali che, per la complicità a loro avviso dimostrata d’una parte dei sacerdoti, non mettono più piede nelle chiese della città. Quasi non v’è chiesa nel Rwanda in cui fuggitivi e profughi - donne, bambini, vecchi - non siano stati brutalmente picchiati e massacrati al cospetto della croce. Vi sono testimonianze in base alle quali i religiosi hanno rivelato i nascondigli dei Tutsi, lasciandoli in balìa delle milizie Hutu armate di machete.



Nel frattempo, si son date prove schiaccianti del fatto che, durante il genocidio in Rwanda, anche monache cattoliche si sono macchiate di gravi colpe. In questo contesto, si fa costante menzione di due benedettine, rifugiatesi intanto in un monastero belga per sottrarsi al corso della giustizia ruandese. Secondo testimonianze concordi di superstiti, una aveva chiamato i sicari hutu, introducendoli da migliaia di tutsi che avevano cercato rifugio nel suo convento. Con la forza, i morituri erano stati cacciati dal chiostro e tosto soppressi in presenza della suora. Anche la seconda benedettina aveva collaborato direttamente con le bande assassine delle milizie hutu; anche di questa suora testimoni oculari affermano che avesse assistito freddamente, senza reagire in alcun modo, a come i nemici venivano macellati. Alle due donne si contesta addirittura (in base a precise testimonianze) di aver fornito ai killer il petrolio con cui le vittime vennero bruciate vive» (S 2)

Questa notizia ha ricevuto un’appendice. Ecco il messaggio della BBC:

Priests get death sentence for Rwandan genocide:

BBC NEWS April 19, 1998

A court in Rwanda has sentenced two Roman Catholic priests to death for their role in the genocide of 1994, in which up to a million Tutsis and moderate Hutus were killed. Pope John Paul said the priests must be made to account for their actions. Different sections of the Rwandan church have beeen widely accused of playing an active role in the genocide of 1994…

Come si vede, per il cristianesimo il medioevo non è mai veramente concluso.

La cosa che spaventa più che mai è, in tutti i casi, che ogni nuova generazione di cristiani nega e contesta i delitti e le nefandezze che la precedente generazione dei suoi correligionari ha commesso in nome della fede cristiana! Oppure, qualora non sia più possibile negare, si limita ad affermare di sfuggita: oh, ma quelli non erano buoni cattolici, non erano veri cristiani! Cristiani belli e buoni sono solamente quelli che amano il prossimo loro, che fanno il bene e vogliono la pace… eccetera, eccetera.

Come se, parlando di se stessi, queste cose non le affermassero i fedeli di qualsivoglia religione del mondo!

Ogni qualvolta sento i cristiani parlare di morale, mi sento quasi rivoltare lo stomaco
Karl-Heinz Deschner

Fonti bibliografiche
  • DA: Karl-Heinz Deschner, Abermals krähte der Hahn, Stuttgart 1962.
  • DO: Karl-Heinz Deschner, Opus Diaboli, Reinbek, Hamburg 1987.
  • DZ: Die Zeit, Nr. 5, 1998.
  • EC: P.W. Edbury, Crusade and Settlement, Cardiff University Press 1985.
  • EJ: S. Eidelberg, The Jews and the Crusaders, Madison 1977.
  • HA: M. Hunter, D. Wootton, Atheism from the Reformation to the Enlightenment, Oxford 1992.
  • LI: H.C. Lea, The Inquisition of the Middle Age, New York 1961.
  • LM: E. Le Roy Ladurie, Montaillou. Ein Dorf vor dem Inquisitor 1294-1324, Frankfurt 1982.
  • MM: M. Margolis, A. Marx, A History of the Jewish People.
  • MV: A. Manhattan, The Vatican’s Holocaust, Springfield 1986. V. Dedijer, The Yugoslav Auschwitz and the Vatican, Buffalo NY 1992.
  • NC: J.T. Noonan, Conception: A History of its Treatment by the Catholic Theologians and Canonists, Cambridge, Massachussets 1992.
  • S2: Notiziario radiofonico di S2 Aktuell, 10 ottobre 1996, h 12:00.
  • SH: D. Stannard, American Holocaust, Oxford University Press 1992.
  • SP: Settimanale Der Spiegel, Nr. 49, 12/2/1996.
  • TA: A True Account of the Most Considerable Occurrences that have Hapned in the Warre Between the English and the Indians in New England, London 1676.
  • TG: F. Turner, Beyond Geography, New York 1980.
  • WW: H. Wollschläger, Die bewaffneten Wallfahrten gen Jerusalem (I pellegrinaggi armati contro Gerusalemme) Zürich 1973 (È quanto di meglio in circolazione a proposito di crociate. Contiene una silloge di cronache cristiane del medioevo. Purtroppo non più ristampato).
  • WV: Calcoli e stime sul numero delle streghe condannate al rogo:
    • N. Cohn, Europe’s Inner Demons: An Inquiry Inspired by the Grat Witch Hunt, Frogmore 1976, 253.
    • R.H. Robbins, The Encyclopedia of Witchkraft and Demonology, New York 1959, 180.
    • J.B. Russell, Witchcraft in the Middle Ages, Ithaca, NY 1972, 39.
    • H. Zwetsloot, Friedrich Spee und die Hexenprozesse, Treviri 1954, 56.
Questo documento, elaborato da testi originali di Karlheinz Deschner e tradotto in italiano da Luciano Franceschetti, è presente sotto il titolo Victims of the Christian Faith (in inglese) e Opfer des christlichen Glaubens (in tedesco).

Ultimo aggiornamento: 12 luglio 2000
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[h=2]Il Processo ai Templari[/h] [h=5]La tragica fine dell'Ordine, scatenata da una serie di accuse infamanti e testimonianze manipolate[/h]
di Gian Luca Todini
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Il documento è tratto da: G. Todini - La Fine dei Templari - Graal n. 3-4/2003. Edizioni Hera [h=3]Introduzione[/h]
Molto è stato detto sulla fine dell'ormai mitico Ordine del Tempio, su quel venerdì 13 dell'ottobre 1307, quando tutti i cavalieri templari del regno di Francia furono arrestati in un solo colpo.
Non si può non riconoscere che il processo contro i templari fu un vero e proprio dramma, che colpì non solo l'Ordine, ma anche la storia della Chiesa.
Il processo, infatti, non solo segnò la fine di un Ordine cattolico oltre che militare, ma vide l'istituzione ecclesiastica soccombere alle pressioni del potere regale francese, vero promotore dell'attacco.
Il tragico epilogo dell'affaire fu segnato, dopo le accuse infamanti, dalle confessioni sotto tortura ed infine dai roghi.
Alle fiamme non si sottrasse neppure l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine.
[h=3]Il primo atto: Filippo il Bello e Nogaret[/h]
Gli avvenimenti hanno inizio in Spagna nel 1305, quando Esquiu De Floryan, proveniente dalla Francia meridionale, riportò al sovrano spagnolo un'incredibile storia che gli era stata raccontata da un espulso dall'Ordine conosciuto nelle carceri di Béziers. Il Cavaliere cacciato avrebbe affermato di aver compiuto atti sacrileghi durante il rito d'ingresso all'Ordine.
Jaime II, il sovrano spagnolo, non intraprese azioni dirette contro l'Ordine, forse temeva il potere dei Templari, influenti e stimati in tutto il suo paese. Jaime seppe in ogni caso consigliare De Floryan.
In quel periodo il sovrano di Francia Filippo IV aveva già accumulato una discreta esperienza nelle lotte contro i poteri della Chiesa. La sua fama al riguardo era ormai grande. Filippo IV, detto il Bello, grazie anche al suo scaltro consigliere, Guglielmo di Nogaret, aveva, infatti, già saputo oltraggiare la Chiesa con il famoso "schiaffo di Anagni" a Bonifacio VIII. L'azione andò oltre il semplice affronto. Filippo il Bello intendeva delegittimare Bonifacio VIII e nominare un papa di suo gradimento.

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[TD="align: center"] L'oltraggio di Anagni a Papa Bonifacio VIII [/TD]

Dopo una serie di azioni immorali il re di Francia riuscì perfettamente nel suo intento: fu eletto papa l'arcivescovo di Bordeaux, Bertrand de Goth, col nome di Clemente V. Con l'elezione ci fu anche il trasferimento della Santa Sede in Francia, a Lione. Cosa che poneva, di fatto, Clemente V sotto l'influenza della Corona.

L'incontro di Floryan con Nogaret segna, irrimediabilmente, il destino del glorioso Ordine del Tempio. E' probabile che proprio in occasione di questo incontro il consigliere del re abbia maturato, insieme al re stesso, la consapevolezza di poter saccheggiare impunemente l'Ordine. Le speranze di Floryan di poter vendere a caro prezzo le sue storie non furono disattese.
Forte era la brama di ricchezza di Filippo il Bello, ma non può, secondo il mio punto di vista, essere stato il solo movente della spietata azione contro i Templari.
L'Ordine rappresentava, ormai, una forma di potere socio-economico, oltre che militare, rilevante, possiamo tranquillamente definirlo la prima "multinazionale" della storia. Inoltre l'oblio dell'ideale crociato insieme al ritiro dalla Terrasanta, faceva temere i principi Europei, che detenevano la maggiore ricchezza.

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[TD="align: center"] Filippo IV, detto il Bello, re di Francia (particolare, da miniatura francese del XIV secolo, Biblioteca nazionale di Parigi) [/TD]

È indubbio che lo sviluppo dell'Ordine avvenne grazie ad una efficace organizzazione, proprio quando doveva occuparsi della gestione militare dei suoi cavalieri in Terrasanta. Le risorse investite furono immense, basti pensare all'approvvigionamento e mantenimento dei cavalieri e del loro seguito, nonché alla costruzione dei castelli e roccaforti in una regione così lontana ed ostile. Cosa avrebbe potuto fare, quindi, un Ordine così organizzato, nel momento in cui tutte queste risorse, sia economiche che organizzative non sarebbero più state spese? I detentori del potere, come è facile intuire, non vedevano benevolmente questo secondo potere. La realtà dell'Ordine monastico-militare era, poi, fuori da ogni schema, era stata "inventata" da un grande come Bernardo da Chiaravalle, e l'Ordine era fedele solo alla Chiesa. Bernardo diede magistralmente valore e significato alla nuova milizia monastica, una contraddizione religiosa che seppe risolvere riuscendo a cristianizzare la figura del Cavaliere.
La ricerca, spietata, di denaro da parte di Filippo il Bello, era già iniziata tempo prima. L'imperatore aveva imposto una pesante politica di tassazione, prestiti (devoluti anche dallo stesso Ordine del Tempio) e raggiri vari. Addirittura pare che avesse autorizzato il conio di moneta falsa. Cosa che provocò una forte inflazione che sfociò in un'insurrezione popolare. Destino volle che a salvare Filippo con tutta la famiglia regale dalla furia del popolo furono proprio i Templari, che rifugiarono l'imperatore nella loro torre Parigina.

Nel 1291 fece imprigionare molti mercanti italiani, in particolare lombardi, con l'accusa di praticare l'usura. Dopo l'arresto si passava alla tortura e alla confisca dei beni. Ancora un metodo non certo corretto per rinfrescare le casse della corona.
Lo stesso Dante si espresse chiaramente nella sua Divina Commedia (Purgatorio, XX, 91), definendo l'azione del re di Francia, che si era illegalmente impadronito dei beni del Tempio, quella di un "nuovo Pilato" spinto soprattutto dall'ingordigia.

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[TD="align: center"] Papa Clemente V [/TD]

Il 13 Ottobre del 1307 fu eseguito l'arresto, ordinato dall'inquisitore di Francia Guglielmo Imbert, di tutti i Templari in terra Francese, con un'azione inaspettata e repentina. E' comunque strano che un'organizzazione così potente come quella templare non fosse venuta a conoscenza di un'azione di questa portata. I Templari, poi, non reagirono affatto all'arresto. Un comportamento alquanto insolito. Forse i Templari attendevano, sacrificandosi, quest'azione? Magari mentre un altro gruppo metteva in salvo chissà dove le ricchezze più segrete? Forse misteriose reliquie riportate dalla Terrasanta? O forse, più semplicemente, si trattò di un retaggio del codice militare Crociato, che impediva loro di muovere armi contro altri cristiani? Al momento questi e mille altri enigmi non possono umanamente essere sciolti. [h=3]Le torture[/h]
Il piano di Nogaret e Filippo, avallato da Imbert, era ormai pronto. Nogaret sapeva bene che le fantasiose accuse raccolte, da sole, non potevano essere sufficienti a sostenere un processo per Eresiacondotto dalla Chiesa. I consiglieri del re ritenevano, inoltre, che bisognava evitare, almeno nella fase iniziale, il parere ufficiale del papa. La sua presunta debolezza, infatti, avrebbe potuto portare ad una veloce assoluzione del potente Ordine del Tempio. E' comunque indubbio che soltanto la chiesa avrebbe potuto sciogliere l'Ordine, privandolo di tutte le sue ricchezze. I consiglieri del re sapevano bene che la parola definitiva sarebbe stata quella del papa. L'astuto Guglielmo Imbert, che oltre ad essere l'inquisitore di Francia era anche il confessore personale del re Filippo, capì che la soluzione sarebbe stata quella di precedere la chiesa. Un procedimento contro i singoli membri dell'Ordine, non all'Ordine come istituzione, infatti, era lecita all'inquisitore. In effetti, qualsiasi persona sospettata di eresia sottostava alla sua giurisdizione, anche se appartenente ad un Ordine cattolico. Queste azioni non avrebbero impedito un procedimento futuro della chiesa all'Ordine. Avrebbero però certamente esercitato una fortissima pressione sia sul papa che sull'opinione pubblica, soprattutto se gli aguzzini fossero riusciti ad estorcere delle preziosissime confessioni, anche se sotto tortura.

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[TD="align: center"] L'arresto dei Templari (da Chroniques de France ou de St. Denis, XIV secolo) [/TD]

L'arresto, quindi, sarebbe stato seguito da durissimi interrogatori. Questo avrebbe permesso di ottenere confessioni con valore legale. Dopo l'arresto del 13 Ottobre fu comunicata la lista delle accuse. Se l'imputato avesse sottoscritto il documento di colpevolezza, sarebbe stato perdonato ed avrebbe goduto di una rendita. Negare le accuse, invece avrebbe significato la tortura. Ovviamente molti cedettero alle violenze ed alle minacce. Altri non ressero all'infamia e si tolsero la vita. Nelle prime fasi del processo lo fecero almeno in dodici.

Le condizioni in cui vennero a trovarsi i Templari arrestati furono molto severe, sia dal punto di vista fisico che morale. Gli arrestati furono lasciati completamente senza difesa ed in totale isolamento per intere settimane. La tortura cui furono sottoposti fu di una crudeltà che parve spaventosa anche agli stessi uomini del tempo. La ferocia fu tale che molti morirono prima di poter confessare. Ma non furono solo le torture fisiche che permisero agli aguzzini di estorcere le confessioni. Ciò che contribuì al cedimento dei cavalieri fu il completo rovesciamento del loro sistema spirituale e sociale, perpetuato attraverso il completo isolamento fisico ed informativo.
Quasi come a dimostrare le sue vere intenzioni, il re Filippo, già nel mese di Ottobre, si trasferì nel castello del Gran Maestro Molay, confiscato dopo l'arresto del 13.
[h=3]Le accuse[/h]
I capi di accusa fondamentali furono: aver rinnegato Cristo, aver sputato sulla Croce, sodomia e idolatria.
Appare del tutto insensata l'accusa di aver rinnegato Cristo, per uomini addestrati a combattere e morire nel suo nome. I Templari catturati in battaglia venivano uccisi sul posto perché mai si verificò un atto di conversione, che poteva salvargli la vita. Ecco come lo stesso Saladino parla dei Templari: «Voglio purgare la Terra da questi guerrieri immondi che non rinunciano mai alla loro ostilità, non rinnegano mai la loro fede e non saranno mai utili come schiavi».
Lo sputo sulla Croce sembra poi ridicolo per un Ordine che aveva proprio nella croce il suo simbolo. Ogni cavaliere portava cucita sul petto, sul mantello e sui vessilli una croce rossa.

[TD="align: center"]
baphomet.jpg
[/TD]

[TD="align: center"] Raffigurazione di Baphomet o Bafometto, demone androgino, presunto idolo venerato dai Templari [/TD]

La più inverosimile, comunque, fra le accuse era quella di idolatria. Il processo, oltretutto, non riuscì mai ad individuare un solo esempio di presunto idolo. Ma l'accusa, per quanto folle, era necessaria per poter dimostrare che i Templari non erano colpevoli solo di blasfemia, ma anche di apostasia. Dalle torture vennero fuori descrizioni fantasiose del presunto idolo: un teschio, uno o più gatti, una pittura (o un'immagine come quella della Sindone?), o una testa d'uomo barbuta.
Il nome dato all'idolo, Bafometto, che sta per Maometto (negli atti del processo compare, alcune volte, direttamente la forma Maometto) è una delle prove più convincenti del fatto che le accuse fossero state inventate allo scopo di diffamare i Templari. Era impossibile che i Templari avessero desunto dall'Oriente la pratica di adorare un idolo che aveva il nome del profeta Muhammed, dal momento che non esisteva alcun idolo con tale nome in tutto l'estremo Oriente. L'idea stessa che i musulmani fossero idolatri rientrava a sua volta in un altro sistema di denigrazioni da parte dei cristiani occidentali, mirante a una rappresentazione dispregiativa del mondo orientale.
Le accuse sfruttavano decisamente il fatto che il rito d'entrata nell'Ordine era segreto. Ciò permise agli accusatori di inserire nel rito atti fantasiosi, ma certamente giudicabili come eretici.
Il 24 Ottobre fu interrogato il Gran Maestro Giacomo De Molay. Egli confessò che, durante la cerimonia di entrata, gli era stato richiesto di sputare sulla croce e rinnegare Cristo. Questa debolezza non fu mai perdonata all'ultimo Gran Maestro, anche se successivamente ritrattò, con forza e determinazione, la confessione resa, sapendo cosa questo avrebbe significato.
[h=3]Le reazioni in Europa[/h]



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[TD="align: center"]Cerimonia di ingresso all'Ordine[/TD]

Il pontefice venne a sapere dell'arresto dei Templari tramite i propri collaboratori, non fu mai avvisato dal re. Questo rappresentava certamente un grave atto di prevaricazione. Il 27 Ottobre, due settimane dopo l'arresto, il papa osò una critica scritta. Dalla lettera si evince tutta la stizza di chi viene palesemente scavalcato: «Volevamo accertare da Noi quale fosse la verità. E malgrado ciò Voi avete compiuto quest'attentato ai danni di persone e cose che soggiacciono alla Nostra potestà giudiziale».

Purtroppo, questo fu l'unico atto di orgoglio del pontefice. Meno di un mese più tardi, il 22 Novembre il papa emanò un decreto che sollecitava i principi cristiani ad arrestare i Templari. Le reazioni furono diverse.
In Inghilterra Edoardo II accusò il re di Francia di perseguitare i Templari solo per la sua avidità, ma ben presto ritirò le accuse. Edoardo II ordinò l'arresto dei Templari, ma finirono in carcere meno di 300. Il papa si mostrò seccato per l'elevato numero di Templari che riuscirono a fuggire all'arresto.
In Germania, il tribunale Arcivescovile prosciolse i Templari da ogni accusa.
In Portogallo i Cavalieri furono dichiarati innocenti, anche se per effetto della bolla papale, il re dovette comunque sopprimere l'Ordine. Il re Diniz creò, all'uopo, l'Ordine del Cavalieri di Cristo in cui affluirono i Templari del Portogallo. Al nuovo Ordine il re fece donare tutti i beni Templari sequestrati.
Anche in Spagna i Templari vennero dichiarati innocenti.
In Italia, sotto l'influsso Francese, vennero appoggiate le tesi accusatorie. Qui la persecuzione infuriò in maniera analoga a quella francese, con prigionie durissime e torture. Soltanto l'Arcivescovo di Ravenna, Rinaldo da Concorezzo, ebbe il coraggio di schierarsi in difesa dei Templari. Il processo da lui presieduto riconobbe l'innocenza dei Templari, la cui pena finale fu soltanto una promessa di penitenza. Papa Clemente V, furioso per il risultato, ordinò all'arcivescovo di riaprire il processo, e di applicare la tortura per ottenere delle confessioni. A differenza dell'arcivescovo di Pisa e di quello di Firenze, che si erano piegati alle richieste del pontefice, Rinaldo rifiutò ancora. [h=3]Una speranza per il Tempio[/h]

[TD="align: center"][IMG2=JSON]{"alt":"click to enlarge","data-align":"none","data-size":"full","src":"http:\/\/www.medievale.it\/public\/documents\/articles\/il-processo-ai-templari\/giacomo-de-molay.jpg"}[/IMG2][/TD]

[TD="align: center"]Giacomo de Molay, l'ultimo Maestro dei Templari (litografia di Chevauchet, XIX secolo)[/TD]

L'inizio del 1308 vide il pontefice destituire Guglielmo Imbert, grande inquisitore di Francia e confessore, nonché stretto collaboratore, del re Filippo. Quest'azione andava certamente incontro ai diritti dell'Ordine, cosa che fece sperare in una nuova e più corretta conduzione del processo.
La contromossa del re di Francia non si fece attendere. Filippo fece circolare accuse, per altro già diffuse in passato, circa il nepotismo e l'avarizia del pontefice. Oltre tutto non si può certo affermare che molte di queste accuse non fossero autentiche. Questo poneva il papa in una posizione difficile, la minaccia strisciante di una possibile azione di Nogaret era tutt'altro che fantasiosa.
Il 29 maggio del 1308 ci fu l'incontro a Poitiers tra Filippo e Clemente. Il discorso di Filippo, tenuto da Plaisians, traboccava d'intimidazioni: «La chiesa deve al sovrano più di quanto debba a Voi, Santo Padre. Dal momento che non solo il re (...), ma il popolo tutto chiede che questo caso venga al più presto risolto, Vi piaccia portarlo rapidamente a conclusione. Ci vedremo altrimenti costretti a rivolgerci a Voi con altre parole". Plaisians continua descrivendo Filippo: "Dio ne ha fatto il suo eletto, il Dei Vicarius in temporalibus nel suo regno (...)».
Nell'incontro Clemente riuscì, comunque, a strappare due condizioni: una nuova inchiesta pontificia e la rinuncia da parte di Filippo alla soppressione immediata dell'Ordine. L'intera questione Templare sarebbe stata affidata, dopo l'inchiesta pontificia, ad un concilio generale, che Clemente convocò per l'ottobre del 1310.

Clemente volle anche parlare personalmente con i massimi esponenti del Tempio. Un ampio corteo di prigionieri fu, quindi, accompagnato verso Poitiers. Qui Nogaret escogitò un nuovo piano per impedire a Clemente di vedere Molay ed i suoi collaboratori. I prigionieri furono fatti fermare nella fortezza reale di Chinon, praticamente il nuovo carcere del Gran Maestro. Nogaret rimise in cammino soltanto i Templari "ancora in grado di rimettersi in marcia", dopo l'"estenuante lungo viaggio". Molto probabilmente, invece, i cavalieri che riuscirono ad incontrare il papa furono scelti con cura da Nogaret. Certamente Giacomo de Molay non era tra loro.
[h=3]L'inchiesta pontificia[/h]
Nell'agosto del 1308 il papa emanò la bolla Faciens misericordiam, che destituiva i tribunali civili e li sostituiva con dei tribunali ecclesiastici, formati da vescovi. Le speranze per il Tempio sembrarono svanire, allorché come presidente del tribunale pontificio fu eletto l'arcivescovo Aycelin di Narbona. Incredibilmente fu designata una personalità di certo non neutra, che aveva, in più di un'occasione, mostrato il suo astio nei confronti dei Templari.
L'inchiesta pontificia inizia con l'interrogatorio a Molay. Dopo la lettura delle confessioni precedentemente rese, il Gran Maestro si mostrò inorridito. Il perché di questo comportamento non c'è lecito sapere, comunque apostrofò con inaspettata alterigia: «Saprei bene come trattar con Voi, se non foste ciò che siete!».
Il giorno successivo testimoniò Ponsard de Gisy. Egli affermò apertamente che le confessioni erano state estorte con la tortura. Gisy riferì di 36 Templari morti sotto tortura nella sola Parigi.
Il 28 novembre la commissione pontificia interrogò per la seconda volta il Gran Maestro che si appellò al papa e difese l'Ordine richiamando l'attenzione sulle elemosine elargite e le chiese costruite. Alle accuse Molay rispose: «Io credo fermamente in un Dio in tre Persone e a tutti gli altri articoli della nostra fede (...)».
Profeticamente evocò l'esistenza di un tribunale più giusto, al quale nessuno avrebbe potuto sottrarsi: «Credo che quando l'anima sarà separata dal corpo si vedrà chi fu un giusto e chi fu un malvagio (...). Tutti i presenti allora conosceranno la verità sulle domande che oggi ci vengono poste».
Sembra che Nogaret fosse presente quando Molay pronunciò queste parole. Credo sia legittimo sottolineare la gravità del fatto che anche all'inchiesta pontificia fossero presenti Nogaret e Plaisians. Una presenza certamente pesante sia per gli imputati che per la commissione.
L'inchiesta fu sospesa e riprese nel febbraio del 1310. In questa seconda fase, contraddistinta dalla corretta gestione del processo, oltre 600 Templari giunsero a Parigi per testimoniare. Vi fu chi con coraggio denunciò soprusi e malafede. Jean de Couchey, ad esempio, mostrò una lettera in cui il sovrintendente ecclesiastico della prigione di Sens suggeriva ai detenuti Templari di ripetere, alla presenza del vescovo d'Orléans, che sarebbe venuto in ispezione, le confessioni già rese. La lettere terminava con la minaccia: «Sappiate che il papa ha ordinato di sentenziare e mandare al rogo tutti coloro che hanno confessato dinanzi all'Inquisizione e ora si rifiutano di ripetere le loro affermazioni».
A marzo i Templari elessero un portavoce: Pietro da Bologna, già procuratore generale dell'Ordine presso la Santa Sede. Prima delle pene fisiche subite dai suoi confratelli, Pietro denunciò quelle spirituali: «È difficile per noi, per i nostri fratelli, essere privati dei sacramenti (...)». Poi, ad aprile, in un documento ufficiale, prende fermamente le difese dell'Ordine: «L'Ordine Templare è puro, senza macchia, e tale è sempre stato, checché se ne dica. Coloro che affermano il contrario parlano da miscredenti e da eretici, seminano nella fede l'eresia (...)».
Non tutte le testimonianze furono a favore. Ci fu anche chi, con grande effetto, si spogliò del mantello Templare di fronte alla corte. Altri, come Barthelmy Boucher, descrissero ancora il presunto idolo. A questo punto la corte volle approfondire l'argomento. Venne richiesta una descrizione di tutte le statue ed oggetti sequestrati, ma nulla di simile fu mai trovato.
[h=3]Il tragico epilogo[/h]
Proprio quando cresceva la fiducia dei cavalieri nel tribunale ecclesiastico, accadde un fatto la cui pericolosità non si palesò immediatamente. Nel marzo del 1310 morì il vescovo di Sens. Il suo successore avrebbe presieduto il sinodo vescovile in grado di giudicare i singoli casi d'Eresia. Come tale avrebbe quindi avuto facoltà di convocare gli stessi Templari. Naturalmente gli uomini del re colsero la ghiotta occasione: fu proposto il vescovo di Cambrai Filippo de Marigny, fratello di uno dei ministri del re, Enguerran de Marigny. Clemente sulle prime criticò la proposta, ma poi la accettò.

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[TD="align: center"] I Cavalieri del Tempio al rogo (miniatura dalla Cronica Villani, 1340, Biblioteca Vaticana. [/TD]

Già l'11 maggio fu indetto un sinodo per definire una possibile convocazione dei Templari comparsi come testimoni di fronte alla corte pontificia. I preoccupati appelli di Piero da Bologna furono vani, Aycelin non aveva nessuna intenzione di opporsi alle deliberazioni del sinodo.
La corte dell'assemblea, presieduta da Marigny, condannò al rogo 54 Templari, tutti testimoni nel processo pontificio, per aver ritrattato le precedenti ammissioni. Il messaggio era chiaro per tutti. Naturalmente si trattò ancora una volta di un atto di forte prevaricazione nei confronti della Chiesa, con il massacro l'operato della commissione pontificia era reso vano, non v'era giustizia.
Alcuni Templari ebbero ancora la forza di parlare. Ecco la dichiarazione di Aymeri de Villiers le Duc, del 13 Maggio: «Possa venir subito inghiottito anima e corpo dall'inferno se mento! (...) Certo, sottoposto ai supplizi della tortura ho ammesso alcune accuse, quando sono stato interrogato alla presenza degli uomini del re. Ieri ho visto bruciare vivi cinquantaquattro miei confratelli. Ho troppa paura di venir condannato al rogo. Non reggerei la minaccia, cederei di nuovo, dinnanzi a Voi o ad altri. Vi supplico, non rivelate alla gens du Roi quello che ora vi rivelo, ché non mi si condanni al rogo».
Il 18 Maggio ci fu la clamorosa fuga di Pietro di Bologna che aveva rinunciato alla difesa. Pietro, dopo il rogo dei 54 Templari, comprese che ormai era tutto inutile. La fuga fu l'unica strada ormai percorribile.
[h=3]Il Concilio di Vienne[/h]

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[TD="align: center"] Concilio di Vienne, 1311 [/TD]

Il Concilio, che ebbe inizio il 16 ottobre del 1311, rappresentava l'ultima, seppur flebile, speranza per l'Ordine del Tempio. A Vienne intervennero poche personalità e nessun regnante. Lo stesso Filippo sarebbe giunto solo più tardi. Probabilmente questo fu dovuto alla generale sfiducia che si instaurò nei confronti della commissione e quindi alla necessità di prenderne le distanze. La maggioranza dei membri della commissione, ascoltati singolarmente da Clemente, si proclamò favorevole alla concessione di una difesa agli imputati. Clemente allora, indeciso sul da farsi, sospese la discussione sulla questione dei Templari, per attendere l'arrivo di Filippo. I collaboratori del re giunsero a Vienne nel febbraio del 1312. A questo punto, non potendo dichiarare eretico l'Ordine, si pensò di sospenderlo per via amministrativa. In questo modo non v'era necessità di difesa, il papa aveva l'autorità necessaria a prendere tale provvedimento.
Nella solenne seduta del Concilio, alla presenza di Filippo, la commissione scelse il percorso della soppressione per via amministrativa ex autoritate apostolica. Soltanto l'arcivescovo di Valenza richiese di verificare quali fossero stati i Templari colpevoli. In questo modo, disse, si dovevano aiutare gli innocenti poiché era su di loro che avrebbe dovuto sopravvivere l'Ordine. Il 3 aprile 1312 fu resa pubblica la bolla Vox in excelso in cui il papa giustifica con "la cattiva reputazione che grava sui Templari" la decisione presa. A questa, il 2 maggio dello stesso anno, fece seguito la bolla Ad providam Christi Vicarii, concernente la destinazione dei beni dell'Ordine. Le proprietà del Tempio furono assegnate all'Ordine di San Giovanni. Filippo e i suoi, quindi, rimasero senza bottino? In realtà il re presentò un lauto conto per le spese di mantenimento sostenute durante la reclusione dei cavalieri. Gli Ospitalieri dovettero alla corona circa un milione di lire tornesi. La somma, probabilmente, superava il valore dei beni che l'Ordine di San Giovanni era riuscito effettivamente ad ereditare. Dico questo perché, oltretutto, le proprietà già in mano al re o ai suoi sudditi, non furono restituiti. Presumibilmente rispondono a verità le parole di Sant'Antonino: «i gerosolimitani, con la donazione dei beni dei Templari, invece di arricchirsi si sono impoveriti».
[h=3]Il rogo di Pont Neuf[/h]
La soppressione dell'Ordine non era sufficiente, una dura condanna ai suoi massimi esponenti avrebbe dato maggiore peso e credibilità al provvedimento sancito a Vienne. A questo scopo si istituì una commissione presieduta, ancora una volta, da Marigny, il vescovo di Sans. Il 18 marzo del 1314, a Parigi, ebbe luogo l'evento. Dopo l'ennesima pubblica lettura delle imputazioni, si emise velocemente il verdetto: carcere a vita. Ai condannati non fu concessa la parola.
Ma non sarebbe stato questo l'epilogo dell'assemblea. Guglielmo di Nangis, testimone oculare dei fatti, descrive in questo modo gli avvenimenti: «Proprio quando i cardinali credevano di aver concluso la faccenda, improvvisamente ed inaspettatamente, due di loro, il Gran Maestro ed il Gran Precettore di Normandia, presero la parola contro il cardinale che aveva tenuto il discorso e contro l'arcivescovo di Sens, e si difesero accanitamente, ritrattando sia le loro confessioni che quelle degli altri, tralasciando ogni ossequio, tra la meraviglia degli astanti».

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[TD="align: center"] Rogo di Giacomo de Molay [/TD]

Giacomo de Molay e Goffredo de Charnay sapevano bene di rinunciare alla loro vita. Con questo coraggioso atto il Gran Maestro dimostrò una dignità che non gli era mai stata attribuita, ma che può rappresentare una drammatica prova dell'innocenza sua e del suo Ordine. Quando il sovrano francese venne a conoscenza di quanto era accaduto pronunciò immediatamente la sentenza di morte, senza neanche interpellare la Chiesa.
Ecco come Nangis ci racconta quei momenti: «Non appena apprese la notizia, il re che si trovava nel suo palazzo consultò i saggi membri del suo consiglio, evitando però di rivolgersi agli ecclesiastici, e ordinò che i due Templari fossero messi al rogo, quel giorno stesso ai vespri, su un isolotto della Senna (...). Ed essi apparvero così determinati a sopportare le fiamme con tanta tranquillità e coraggio, da suscitare grande ammirazione e stupore negli astanti per l'imperturbabilità con cui affrontavano la morte e la fermezza mostrata nel diniego finale».
[h=3]La maledizione di Molay[/h]
Si narra che dal rogo Molay abbia maledetto il papa ed il re d Francia. La leggenda della maledizione avvolge da sempre la tragica fine dell'Ordine del Tempio. Non possiamo dire con certezza se la maledizione avvenne o meno. Quello che si può di sicuro sostenere, comunque, è che un destino plumbeo avrebbe avvolto di lì a poco le vite dei principali attori dell'affaire templare.

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[TD="align: center"] Esecuzione di Enguerrand de Marigny [/TD]

Papa Clemente V morì soltanto quattro settimane dopo del Gran Maestro. Non solo. Un candelabro, cadendogli addosso, appiccò il fuoco al catafalco. Ciò suscitò grande impressione sul popolo, che lo interpretò come un castigo di Dio. Anche il re Filippo lo seguì presto: morì nell'autunno dello stesso anno. Nogaret, invece, morì poco prima della sentenza del Gran Maestro. Anche Marigny non si sottrasse all'infausto destino. Filippo de Marigny dovette assistere impotente all'impiccagione del fratello Enguerrand (che aveva preso il posto di Nogaret), con l'accusa di stregoneria.
I primi cronisti a riportare la vicenda della maledizione sono italiani. Secondo la versione di Ferretis è al papa che il Gran Maestro, tra le fiamme, si rivolse: «Per il tuo ingiusto giudizio io mi appello al Dio vero e vivente; tu comparirai tra un anno e un giorno con Filippo a sua volta responsabile di tutto ciò, per rispondere alle mie contestazioni e presentare la tua difesa». Ferretis in realtà riprende, dettagliandolo, il racconto che Guglielmo Ventura riporta nel suo Cronicon Astense. Ventura parla, più genericamente, di un Templare che, condotto al rogo, avrebbe maledetto Nogaret.
[h=3]L'ideale crociato[/h]
Se è certamente vero che l'ingordigia del re di Francia e la debolezza del pontefice furono decisive per la fine dell'Ordine del Tempio, si deve riconoscere che la decadenza dell'ideale crociato fu l'inizio del crollo, l'avvio della parabola discendente. I Templari rientravano in Occidente visibilmente svuotati del loro ruolo, dovettero quindi trovarsi a nutrire non pochi dubbi sulla loro stessa funzione.
Proprio questi dubbi li danneggiarono più d'ogni altra cosa. Questo tema trova chiaro riscontro in Chevalier du Temple, una lirica del 1265 scritta sotto l'effetto della continua avanzata musulmana: «Davvero un folle è colui che ancora cerchi battaglia d'ingaggiar coi Turchi, che Dio a costoro ormai tutto concede. Meravigliar ci si dovrebbe allora, che loro arrida sempre la vittoria, mentre disfatta nuovamente attende ogni dì noi, del Tempio cavalieri?».
[h=3]Approfondimenti[/h]
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Storia e mito della Cavalleria del Tempio (Attinenza: 17%): Rileggiamo la storia dei Templari attraverso la doverosa distinzione tra Storia e leggenda
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Il Baphomet e Castel del Monte (Attinenza: 8%): Il Baphomet come chiave di lettura per i misteri del Castello di Federico II, legato ai Templari
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I Templari ed il mare (Attinenza: 8%): Benchè poco conosciuta, l'esperienza marinara del Tempio è parte integrante del mondo templare, pensiamo ad esempio alla logistica a supporto all'attività in Terra Santa. Ma non mancano i misteri, come quello del porto di La Rochelle
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I Templari in Terra di Puglia. Aspetti generali e storici (Attinenza: 8%): Storia della presenza templare in terra di Puglia. Dalle origini a Innocenzo III, fino al periodo angioino e al processo di Brindisi
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I conti di fra Lafranco, una fonte insospettabile (Attinenza: 8%): Approfondimento sulla storiografia dell'inquisizione. Relazione relativa al seminario di studi su "Storiografia e inquisizione. Metodologia, fonti, interpretazione", Viterbo, 2001
[h=3]Links esterni (tra i siti segnalati)[/h] ( nessun link trovato ) [h=3]Riferimenti Bibliografici[/h]
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A. Beck - La Fine dei Templari. Un feroce sterminio in nome della legalità - Piemme
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M. Barber - La Storia dei Templari - Piemme
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P. Partner - I Templari - Einaudi
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B. Marillier - I Templari - Storia e segreti del più misterioso ordine medievale. Edizioni L'Età dell'Acquario
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F. G. Giannini - I Templari - I Cavalieri del silenzio. Medioevo Dossier n. 2/2002. De Agostini - Rizzoli periodici
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A. Demurger - I Cavalieri di Cristo - Medioevo n. 6/1997. De Agostini - Rizzoli periodici
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L. Imperio - La nascita dell'Ordine del Tempio - Templari n. 1/2001. Trentini
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R. Pernoud - I Templari - FdF Edizioni cinetelevisive e a stampa
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A. Demurger - I Cavalieri di Cristo - Garzanti
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J. Markale - I Templari. Custodi di un mistero. Sperling
 
HANNO FATTO PIU VITTIME DEI FASCISTI E COMUNISTI MA NONOSTANTE TUTTO ANCOR OGGI SONO AMATI ED ADORATI DAL POPOLO COME MAI ? IL POPOLO E VERAMENTE STUPIDO ?
 

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