Alien.
Advanced Premium Member
Tentacoli: la mafia in Toscana
Le mafie hanno sviluppato la variante toscana, deformazione dei meccanismi d'infiltrazione: un contagio avvenuto in un tessuto economico sano e "appetibile".
TENTACOLI:
LA MAFIA IN TOSCANA
GLI AFFARI CRIMINALI, IL BUSINESS DEI RIFIUTI, L’ASSALTO AL TERRITORIO

E PRESENZE. Nella mappa degli investimenti, il 46% dei beni aziendali è attribuito alla camorra, il 14% a Cosa nostra, il 10% alla ‘ndrangheta. Camorra “leader” anche negli immobili (38%), davanti alla ‘ndrangheta (12%). A Firenze è stato confiscato il 27% delle imprese strappate alla criminalità organizzata, a Arezzo e Pistoia il 17% dei beni immobili, altra “spia” della presenza sul territorio.
Nel 2020, sempre secondo il report della Normale, sono stati osservati 42 fenomeni di criminalità organizzata. Il 38% di essi sono la proiezione di organizzazioni criminali di matrice camorristica, che stando a questi numeri si consacra la matrice più diffusa: le sue tracce, emerse da recenti indagini, si sono consolidate in Versilia, nel Valdarno Aretino, nella provincia di Prato e in quella di Pisa. Ma cresce l’ombra della ‘ndrangheta (29% dei fenomeni osservati). A differenza della presenza siciliana (21%), che “lavora” tramite i contatti tra la Sicilia e alcuni soggetti da tempo trasferitisi sul territorio toscano, la consorteria di origine calabrese opera su larga scala e, dopo aver acquisito il controllo dei traffici internazionali di stupefacenti, si sta specializzando nell’«inquinare» l’economia legale «attraverso il coinvolgimento di operatori economici toscani in cartelli di imprese finalizzati alla manipolazione del mercato dei contratti pubblici o di settori economici ad elevata regolazione». Come quello dei rifiuti.
Tra gli indagati dirigenti e politici
I CONTATTI, LE CENE, I FAVORI PER OTTENERE VANTAGGI
di Luigi Caroppo
Non sappiamo se la commissione parlamentare d’inchiesta ci sarà. Tra pochi giorni, invece, saranno resi noti i risultati di quella regionale toscana. Le infiltrazioni del keu non sono penetrate solo nei fondali dei terreni, ma anche nei gangli vitali della politica toscana. Nello scenario delle indagini della procura di Firenze e della Direzione investigativa antimafia toscana entrano anche due mandati regionali (le giunte di centrosinistra, la seconda di Enrico Rossi e la prima di Eugenio Giani e i due relativi consigli regionali). E soprattutto un partito, il Pd.
Tra gli indagati della bufera seguita alla notizia dell’inchiesta dell’aprile scorso ci sono dirigenti di enti pubblici e politici toscani. In particolare sono indagati lo storico capo di gabinetto del presidente della Regione Toscana Ledo Gori, accusato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, e il dirigente della Direzione Ambiente della Regione Toscana Edo Bernini, indagato per abuso d’ufficio. Indagata anche la sindaca dem di Santa Croce Giulia Deidda per associazione a delinquere. Sotto inchiesta anche il consigliere regionale toscano del Pd, il pisano Andrea Pieroni a cui viene contestata la corruzione.

Fonte: Scuola Normale Superiore/Frush 2021
L’inchiesta coinvolge il vertice dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno, i cui membri, secondo le verifiche degli investigatori, rappresentano il fulcro decisionale di tutto l’apparato sotto indagine. Contestati a vario titolo i reati di associazione a delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti, inquinamento e impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari. Per gli inquirenti gli esponenti indagati al vertice dell’Associazione Conciatori sono riferimento di un sistema che agisce con le modalità di un sodalizio organizzato per la commissione di reati, utilizzando a tale scopo vari consorzi in un comparto industriale – la concia delle pelli – a particolare rischio ambientale per i rifiuti, «la cui gestione illecita provoca conseguenze in termini di contaminazione delle falde, dei corsi d’acqua, dei terreni, dell’ambiente, del suolo laddove gli scarichi industriali vengano smaltiti illecitamente o a seguito di procedure insufficienti».
È stato inoltre verificato, spiegano Dda e Arma dei carabinieri, che «il peso economico del comparto, consente ai suoi referenti di avere contatti diretti che vanno anche oltre i normali rapporti istituzionali con i vertici politici e amministrativi di più enti pubblici territoriali, che a vario titolo avrebbero agevolato in modo sostanziale il sistema, alcuni dei quali figurano fra gli indagati». È questo il legame tra imprenditori-amministratori-politici emerso dall’inchiesta.
Secondo l’inchiesta Ledo Gori si sarebbe reso disponibile a soddisfare le richieste del gruppo protagonista dell’indagine in cambio dell’impegno da parte degli imprenditori di chiedere esplicitamente al candidato a presidente della Regione Eugenio Giani – estraneo alle indagini – e poi allo stesso Giani come presidente eletto, di confermarlo nel suo incarico come capo di gabinetto.
Secondo quanto accertato dagli investigatori in una cena del marzo del 2020, nel corso della campagna elettorale, e in successive visite elettorali nel comparto conciario, il vertice operativo dell’associazione Conciatori avrebbe chiesto al candidato a presidente della Regione Eugenio Giani di confermare Ledo Gori nell’incarico di capo di gabinetto, facendo capire al candidato, sostiene sempre l’accusa, che questa sarebbe stata condizione essenziale per avere il sostegno degli imprenditori del settore conciario nella corsa elettorale.
Il Pd toscano da subito ha alzato un muro di no comment, o quasi, intorno alla vicenda. La frase di rito «Abbiamo fiducia nella magistratura, gli indagati faranno piena luce sulla vicenda» è risuonata più volte. Il segretario dem Enrico Letta in uno slancio dialettico ha detto a margine di un’iniziativa a Cascina, in provincia di Pisa: «Noi abbiamo sempre avuto e manteniamo anche oggi grande rispetto della magistratura e per le scelte e le sentenze. Le rispetteremo sempre, perché questa autonomia è sacrosanta. Da parte mia non ci saranno mai atteggiamenti che non siano in questa linea, che si tratti di Salerno, della Toscana o di qualunque parte d’Italia. Questo è l’atteggiamento giusto rispetto a una divisione dei poteri che noi rispettiamo». Giù il sipario e silenzio. In attesa che il caso sbollisse, cosa mai avvenuta, e che le risultanze d’indagine fossero incardinate o meno nel procedimento giudiziario.