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Stampa questo post [h=1]Le trivellazioni sul vulcano Marsili: progresso o follia?[/h]
-Redazione- 10 aprile 2013- Da giorni si susseguono senza soluzione di continuità eventi sismici anche di non lieve entità in tutto il territorio nazionale.
Non si tratta fortunatamente di catastrofi con morti e devastazioni, ma è uno stillicidio continuo e potrebbe continuare.
Tutto potrebbe essere spiegato con le rilevazioni condotte sulla attività del vulcano Marsili e la presenza di numerose frane sulle sue pareti, foriere, secondo i tecnici, di un suo imminente risveglio. Queste frane originerebbero la serie di movimenti tellurici vicino alle coste calabresi e siciliane e successivamente in siti più lontani.
Ma cosa potrebbe aver risvegliato una devastante bomba ad orologeria? Partiamo dai progetti di trivellazione del vulcano Marsili.
Energia sfruttando il calore generato dal vulcano sottomarino era l'idea del progetto guidato dall'azienda privata Eurobuilding e condotto in collaborazione con Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Centro di Ricerche e Studi Sperimentali per le Geotecnologie dell'Università di Chieti (Cers), Istituto di Scienze Marine (Ismar) del Cnr e Università Politecnica di Bari. Entro il 2013 sarebbero dovute iniziare le prime indagini sulla fattibilità del progetto, il cui obiettivo è trasformare il calore generato dal vulcano in una grande centrale di produzione di energia, ma le trivellazioni potrebbero essere state anticipate.
"E' un progetto unico al mondo e che punta a produrre entro il 2020 circa 200 MegaWatt di energia elettrica sfruttando il calore dell'acqua che circola all'interno della struttura sottomarina del vulcano Marsili", ha spiegato uno dei responsabili, Diego Paltrinieri.
La struttura, che si trova circa 140 chilometri a Nord della Sicilia, è considerata una delle zone più ricche di giacimenti di 'calore fluido' al mondo: l'acqua che si infiltra nei numerosi vulcani dell'area, nel complesso la più grande d'Europa, si surriscalda raggiungendo temperature fra 350 e 400 gradi.
Secondo Paltrinieri "la struttura può essere immaginata come un grande bollitore pieno di acqua marina, riscaldato da un fornello a diversi chilometri di profondità e chiuso da un grande coperchio. Numerose fratture nella struttura permettono la circolazione al suo interno di grandi masse d'acqua".
Il primo passo prevede di realizzare una prima trivellazione del 'coperchio' per verificare le condizioni e la fattibilità dell'opera.
Il passo successivo sarà infine pompare una parte di quell'acqua e utilizzarla, sotto forma di vapore, per mettere in movimento delle turbine per la produzione di energia elettrica.
Nel rispondere ai possibili rischi legati alla realizzazione del progetto, Paltrinieri ha spiegato che "la sicurezza è garantita da tutte le verifiche del caso effettuate in particolare dai ricercatori di Ingv e dal fatto che nessuna azienda privata sarebbe mai disposta a investire soldi in un progetto se esistessero rischi di qualche forma".
ottimo metodo per far sparire l'italia e gli italiani
[h=1]Campi Flegrei: iniziata la perforazione del supervulcano[/h] L'Italia è a capo del progetto internazionale che permetterà la creazione di un osservatorio in profondità in grado di studiare l'interno dei vulcani. La trivellazione attualmente ha già raggiunto i 200 metri di profondità e presto si costruirà il primo pozzo.

- Krizia Ribotta – 26 luglio 2012 – Dopo le numerose polemiche susseguitesi negli ultimi 2 anni, è finalmente stato dato l'OK per la perforazione dei Campi Flegrei, la vasta area di natura vulcanica situata in Campania, vicino a Napoli.
Lo scopo è quello di costruire un osservatorio in grado di studiare dall'interno questo raro tipo di supervulcani, il cui numero ammonta a circa 10 in tutto il mondo.
Si tratta di strutture decisamente molto pericolose, in grado di provocare eruzioni molto violente che potrebbero avere conseguenze disastrose non solo sull'intera Campania, ma anche sul resto dell'Italia.
L'obiettivo del progetto nazionale “Campi Flegrei Deep Drilling Project'”, capitanato dal nostro Paese nella figura dell'Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv), è quello di «monitorare e studiare questo vulcano per mitigare il rischio», come ha spiegato il coordinatore dell'Osservatorio Vesuviano dell'Ingv, Giuseppe De Natale, sottolineando che si potrà così conoscere dall'interno com'è strutturato e come funziona un supervulcano.
La trivellazione, che inizialmente era prevista per il 2010, ma che non è poi potuta partire per via del blocco del progetto da parte del Comune, è iniziata qualche giorno fa grazie al via libera concesso qualche mese fa dalla nuova amministrazione comunale.
Al momento l'area su cui si sta lavorando è quella di Bagnoli Futura, e durante la perforazione, che per ora ha toccato i 200 metri di profondità, è stato ritrovato parte del tufo giallo espulso durante un'eruzione avvenuta 15.000 anni fa.
Una volta raggiunti i 500 metri, verrà costruito il primo dei pozzi previsti dal progetto, che avrà un costo di circa 500.000 euro.
Il secondo, la cui realizzazione è prevista per il 2014, sarà profondo 3.500 metri e sarà indispensabile per poter monitorare il vulcano e mitigare l'eventuale rischio.
Non è la prima volta che si perfora il supervulcano dei Campi Flegrei: durante gli anni '70 e '80 Enel e Agip hanno effettuato, per scopi geotermici, delle trivellazioni fino a 3.050 metri di profondità, ma le risorse trovate non sono state sfruttate al massimo, sia per via delle tecnologie limitate di quell'epoca, sia perché l'Italia, a quel tempo, era concentrata sulle centrali nucleari.
non toccare il can che dorme.....
ottimo metodo per far sparire l'Italia .
[h=1]Vesuvio. L’attesa di una catastrofe annunciata. Quello che lo Stato non dice[/h]
-Gianni Lannes- 3 febbraio 2013- A rischio quasi due milioni di persone, considerate "carne da macello" da chi detiene il potere.
Quello che lo Stato italiano non dice alla sua popolazione. Sono stati registrati terremoti superficiali con ipocentro localizzato lungo il condotto, oltre che in emissioni fumaroliche lungo i fianchi del cono e del cratere. A parere degli esperti, una più che probabile ripresa dell’attività eruttiva, implicherebbe quindi un rapido rilascio di tutta l’energia accumulata.E’ considerato dagli esperti uno dei vulcani a maggior rischio del mondo. La sua storia ha insegnato che può produrre sia eruzioni effusive, sotto forma di effusione di colate laviche, nonché le ben più pericolose eruzioni esplosive. Nel frattempo, in attesa del peggio, la NATO ha evacuato alcuni suoi insediamenti nell'area. Ma questo è un segreto militare, meglio non far sapere nulla ai sudditi italioti.
Fatto sta che la Regione Campania dovrà fornire entro il 31 marzo 2013, elementi utili ad una delimitazione ancora più definita della “zona rossa” e del numero di residenti che andrebbero effettivamente allontanati in caso di eruzione del Vesuvio. Analogo dettaglio andrà precisato entro giugno per i campi Flegrei. Lo ha reso noto il capo del dipartimento della Protezione civile, Franco Gabrielli (ex capo dei servivi segreti civili), in una recente conferenza stampa. “Non è una differenza da poco – ha sottolineato Gabrielli – avere un censimento preciso permetterebbe di calibrare ancora meglio le procedure di evacuazione che nel caso del Vesuvio, al momento, riguarderebbero 800mila persone e nel caso dei Campi Flegrei altre 400mila. Un’eventuale evacuazione anche via mare? Sino ad oggi si è pensato solo al trasporto su gomma, ma è un’ipotesi che non mi sento di escludere in partenza”. Certo, sarebbe un evento di proporzioni importanti, che proporrebbe una serie di problemi almeno in parte gestibili solo sul campo, nell’immediato, e che dal punto di vista dei costi richiederebbe un fondo molto cospicuo e, quasi inevitabilmente, un contributo dell’Unione europea”.
Piano di “emergenza” - Lo scenario atteso dalle autorità italiane è catastrofico, eppure sul sito della Protezione Civile l'ultimo aggiornamento visibile alla popolazione risale al 2006. Esso prevede i seguenti fenomeni e conseguenti rischi associati:
«Nella fase iniziale dell’eruzione si solleva fino a 15-20 chilometri di altezza una colonna eruttiva composta di gas e frammenti piroclastici, seguita dalla ricaduta a terra di pomici, lapilli e ceneri trasportati dal vento. Il rischio è correlato al carico esercitato dalla coltre piroclastica sui tetti degli edifici di cui provoca eventualmente il crollo, nonché alle difficoltà respiratorie, alla contaminazione delle colture e dell’acqua, alle difficoltà di autorizzare vie di fuga e agli ingorghi stradali. Il territorio che può subire questi fenomeni è indicato come zona gialla. Questa zona comprende 96 comuni delle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno per un totale di circa 1.100 chilometri quadrati e 1.100.000 abitanti.
Nella fase successiva, la colonna eruttiva collassa producendo colate piroclastiche che possono raggiungere velocità dell’ordine di 100 km/h e un enorme potere distruttivo. I modelli fisico-numerici indicano che dal momento del collasso della colonna eruttiva, le colate piroclastiche impiegheranno 5-10 minuti per raggiungere la costa. Il territorio esposto a questo rischio è definito zona rossa, comprende 18 comuni è per un totale di circa 200 chilometri quadrati di estensione e poco meno 600.000 abitanti.
Nella terza fase si possono generare colate di fango anche a distanza di giorni dall’eruzione. I territori soggetti a questo rischio sono indicati come zona blu che include 14 comuni della provincia di Napoli per un totale di 180.000 abitanti. Inoltre, i comuni diTorre del Greco e Trecase, presentano un’elevata pericolosità da invasione di lave pur trovandosi ad una certa distanza dal cratere sommitale».
Gli insediamenti umani sono stati edificati all’interno delle fasce a rischio. Questo fenomeno non è mai stato arrestato dal governo italiano e dalle autorità locali. Studi recenti hanno calcolato che nel periodo dal 1951 al 2001, nell’insieme dei 18 comuni considerati “zona rossa” vi è stato un sensibile incremento demografico, pari al 56,3 per cento (da 353.172 a 551.837 abitanti), soprattutto nella fascia costiera. Inoltre, vi è stato un aumento della densità abitativa tale da rendere questo comuni tra i più densamente abitati d’Italia, nonché un’esplosa crescita del numero di abitazioni (da 73.141 a 187.407 edifici). Nell'ultimo decennio il cancro cementizio ha allungato le sue metastasi senza alcun freno istituzionale.
La riuscita del cosiddetto “piano di emergenza” dipende dalla capacità di prevedere l’eruzione del Vesuvio con sufficiente anticipo. In ogni caso, vi è una difficoltà oggettiva, anche se la popolazione fosse adeguatamente pronta e preparata, nell’evacuare una zona densamente abitata come quella vesuviana. La strategia di evacuazione è legata ai tempi di previsione: questa è possibile solo tre giorni prima dell’evento, un tempo notoriamente insufficiente ad evacuare da 500 a 600 mila persone.
Infine, i Campi Flegrei (area ad alta densità di residenti) sono un’altra zona campana ad elevatissimo rischio vulcanico. Proprio in loco sono in fase di realizzazione delle sperimentazioni di cui la popolazione locale ed italiana, non è a conoscenza. Anche nei Campi Flegrei potrebbero avvenire delle eruzioni esplosive.
Per la cronaca storica: durante la seconda guerra mondiale gli anglo-americani oltre che seppellire di bombe numerose città italiane(causando migliaia di vittime civili), hanno addirittura bombardato il suo cono più recente e attivo cresciuto al di sopra di un vulcano più antico conosciuto con il nome di Monte Somma. Nel 1944 ci fu l’ultima eruzione. Da allora sono stati riconosciuti 18 cicli eruttivi separati da brevi intervalli di stasi inferiori a 7 anni. Gli studi scientifici hanno consentito di accertare che nei periodi di quiescenza, il magma si è accumulato in una camera posta a 5-7 chilometri di profondità.
Il rischio vulcanico è il prodotto di tre fattori: pericolosità vulcanica, valore esposto e vulnerabilità. Perché allora la popolazione della regione Campania non è informata a dovere? I morti da “cause naturali” sono stati già calcolati nei minimi dettagli, così come le lacrime per i funerali di Stato?

Non si tratta fortunatamente di catastrofi con morti e devastazioni, ma è uno stillicidio continuo e potrebbe continuare.
Tutto potrebbe essere spiegato con le rilevazioni condotte sulla attività del vulcano Marsili e la presenza di numerose frane sulle sue pareti, foriere, secondo i tecnici, di un suo imminente risveglio. Queste frane originerebbero la serie di movimenti tellurici vicino alle coste calabresi e siciliane e successivamente in siti più lontani.
Ma cosa potrebbe aver risvegliato una devastante bomba ad orologeria? Partiamo dai progetti di trivellazione del vulcano Marsili.
Energia sfruttando il calore generato dal vulcano sottomarino era l'idea del progetto guidato dall'azienda privata Eurobuilding e condotto in collaborazione con Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Centro di Ricerche e Studi Sperimentali per le Geotecnologie dell'Università di Chieti (Cers), Istituto di Scienze Marine (Ismar) del Cnr e Università Politecnica di Bari. Entro il 2013 sarebbero dovute iniziare le prime indagini sulla fattibilità del progetto, il cui obiettivo è trasformare il calore generato dal vulcano in una grande centrale di produzione di energia, ma le trivellazioni potrebbero essere state anticipate.
"E' un progetto unico al mondo e che punta a produrre entro il 2020 circa 200 MegaWatt di energia elettrica sfruttando il calore dell'acqua che circola all'interno della struttura sottomarina del vulcano Marsili", ha spiegato uno dei responsabili, Diego Paltrinieri.
La struttura, che si trova circa 140 chilometri a Nord della Sicilia, è considerata una delle zone più ricche di giacimenti di 'calore fluido' al mondo: l'acqua che si infiltra nei numerosi vulcani dell'area, nel complesso la più grande d'Europa, si surriscalda raggiungendo temperature fra 350 e 400 gradi.
Secondo Paltrinieri "la struttura può essere immaginata come un grande bollitore pieno di acqua marina, riscaldato da un fornello a diversi chilometri di profondità e chiuso da un grande coperchio. Numerose fratture nella struttura permettono la circolazione al suo interno di grandi masse d'acqua".
Il primo passo prevede di realizzare una prima trivellazione del 'coperchio' per verificare le condizioni e la fattibilità dell'opera.
Il passo successivo sarà infine pompare una parte di quell'acqua e utilizzarla, sotto forma di vapore, per mettere in movimento delle turbine per la produzione di energia elettrica.
Nel rispondere ai possibili rischi legati alla realizzazione del progetto, Paltrinieri ha spiegato che "la sicurezza è garantita da tutte le verifiche del caso effettuate in particolare dai ricercatori di Ingv e dal fatto che nessuna azienda privata sarebbe mai disposta a investire soldi in un progetto se esistessero rischi di qualche forma".
ottimo metodo per far sparire l'italia e gli italiani

[h=1]Campi Flegrei: iniziata la perforazione del supervulcano[/h] L'Italia è a capo del progetto internazionale che permetterà la creazione di un osservatorio in profondità in grado di studiare l'interno dei vulcani. La trivellazione attualmente ha già raggiunto i 200 metri di profondità e presto si costruirà il primo pozzo.

- Krizia Ribotta – 26 luglio 2012 – Dopo le numerose polemiche susseguitesi negli ultimi 2 anni, è finalmente stato dato l'OK per la perforazione dei Campi Flegrei, la vasta area di natura vulcanica situata in Campania, vicino a Napoli.
Lo scopo è quello di costruire un osservatorio in grado di studiare dall'interno questo raro tipo di supervulcani, il cui numero ammonta a circa 10 in tutto il mondo.
Si tratta di strutture decisamente molto pericolose, in grado di provocare eruzioni molto violente che potrebbero avere conseguenze disastrose non solo sull'intera Campania, ma anche sul resto dell'Italia.
L'obiettivo del progetto nazionale “Campi Flegrei Deep Drilling Project'”, capitanato dal nostro Paese nella figura dell'Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv), è quello di «monitorare e studiare questo vulcano per mitigare il rischio», come ha spiegato il coordinatore dell'Osservatorio Vesuviano dell'Ingv, Giuseppe De Natale, sottolineando che si potrà così conoscere dall'interno com'è strutturato e come funziona un supervulcano.
La trivellazione, che inizialmente era prevista per il 2010, ma che non è poi potuta partire per via del blocco del progetto da parte del Comune, è iniziata qualche giorno fa grazie al via libera concesso qualche mese fa dalla nuova amministrazione comunale.
Al momento l'area su cui si sta lavorando è quella di Bagnoli Futura, e durante la perforazione, che per ora ha toccato i 200 metri di profondità, è stato ritrovato parte del tufo giallo espulso durante un'eruzione avvenuta 15.000 anni fa.
Una volta raggiunti i 500 metri, verrà costruito il primo dei pozzi previsti dal progetto, che avrà un costo di circa 500.000 euro.
Il secondo, la cui realizzazione è prevista per il 2014, sarà profondo 3.500 metri e sarà indispensabile per poter monitorare il vulcano e mitigare l'eventuale rischio.
Non è la prima volta che si perfora il supervulcano dei Campi Flegrei: durante gli anni '70 e '80 Enel e Agip hanno effettuato, per scopi geotermici, delle trivellazioni fino a 3.050 metri di profondità, ma le risorse trovate non sono state sfruttate al massimo, sia per via delle tecnologie limitate di quell'epoca, sia perché l'Italia, a quel tempo, era concentrata sulle centrali nucleari.
non toccare il can che dorme.....
ottimo metodo per far sparire l'Italia .
[h=1]Vesuvio. L’attesa di una catastrofe annunciata. Quello che lo Stato non dice[/h]

Quello che lo Stato italiano non dice alla sua popolazione. Sono stati registrati terremoti superficiali con ipocentro localizzato lungo il condotto, oltre che in emissioni fumaroliche lungo i fianchi del cono e del cratere. A parere degli esperti, una più che probabile ripresa dell’attività eruttiva, implicherebbe quindi un rapido rilascio di tutta l’energia accumulata.E’ considerato dagli esperti uno dei vulcani a maggior rischio del mondo. La sua storia ha insegnato che può produrre sia eruzioni effusive, sotto forma di effusione di colate laviche, nonché le ben più pericolose eruzioni esplosive. Nel frattempo, in attesa del peggio, la NATO ha evacuato alcuni suoi insediamenti nell'area. Ma questo è un segreto militare, meglio non far sapere nulla ai sudditi italioti.
Fatto sta che la Regione Campania dovrà fornire entro il 31 marzo 2013, elementi utili ad una delimitazione ancora più definita della “zona rossa” e del numero di residenti che andrebbero effettivamente allontanati in caso di eruzione del Vesuvio. Analogo dettaglio andrà precisato entro giugno per i campi Flegrei. Lo ha reso noto il capo del dipartimento della Protezione civile, Franco Gabrielli (ex capo dei servivi segreti civili), in una recente conferenza stampa. “Non è una differenza da poco – ha sottolineato Gabrielli – avere un censimento preciso permetterebbe di calibrare ancora meglio le procedure di evacuazione che nel caso del Vesuvio, al momento, riguarderebbero 800mila persone e nel caso dei Campi Flegrei altre 400mila. Un’eventuale evacuazione anche via mare? Sino ad oggi si è pensato solo al trasporto su gomma, ma è un’ipotesi che non mi sento di escludere in partenza”. Certo, sarebbe un evento di proporzioni importanti, che proporrebbe una serie di problemi almeno in parte gestibili solo sul campo, nell’immediato, e che dal punto di vista dei costi richiederebbe un fondo molto cospicuo e, quasi inevitabilmente, un contributo dell’Unione europea”.
Piano di “emergenza” - Lo scenario atteso dalle autorità italiane è catastrofico, eppure sul sito della Protezione Civile l'ultimo aggiornamento visibile alla popolazione risale al 2006. Esso prevede i seguenti fenomeni e conseguenti rischi associati:
«Nella fase iniziale dell’eruzione si solleva fino a 15-20 chilometri di altezza una colonna eruttiva composta di gas e frammenti piroclastici, seguita dalla ricaduta a terra di pomici, lapilli e ceneri trasportati dal vento. Il rischio è correlato al carico esercitato dalla coltre piroclastica sui tetti degli edifici di cui provoca eventualmente il crollo, nonché alle difficoltà respiratorie, alla contaminazione delle colture e dell’acqua, alle difficoltà di autorizzare vie di fuga e agli ingorghi stradali. Il territorio che può subire questi fenomeni è indicato come zona gialla. Questa zona comprende 96 comuni delle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno per un totale di circa 1.100 chilometri quadrati e 1.100.000 abitanti.
Nella fase successiva, la colonna eruttiva collassa producendo colate piroclastiche che possono raggiungere velocità dell’ordine di 100 km/h e un enorme potere distruttivo. I modelli fisico-numerici indicano che dal momento del collasso della colonna eruttiva, le colate piroclastiche impiegheranno 5-10 minuti per raggiungere la costa. Il territorio esposto a questo rischio è definito zona rossa, comprende 18 comuni è per un totale di circa 200 chilometri quadrati di estensione e poco meno 600.000 abitanti.
Nella terza fase si possono generare colate di fango anche a distanza di giorni dall’eruzione. I territori soggetti a questo rischio sono indicati come zona blu che include 14 comuni della provincia di Napoli per un totale di 180.000 abitanti. Inoltre, i comuni diTorre del Greco e Trecase, presentano un’elevata pericolosità da invasione di lave pur trovandosi ad una certa distanza dal cratere sommitale».
Gli insediamenti umani sono stati edificati all’interno delle fasce a rischio. Questo fenomeno non è mai stato arrestato dal governo italiano e dalle autorità locali. Studi recenti hanno calcolato che nel periodo dal 1951 al 2001, nell’insieme dei 18 comuni considerati “zona rossa” vi è stato un sensibile incremento demografico, pari al 56,3 per cento (da 353.172 a 551.837 abitanti), soprattutto nella fascia costiera. Inoltre, vi è stato un aumento della densità abitativa tale da rendere questo comuni tra i più densamente abitati d’Italia, nonché un’esplosa crescita del numero di abitazioni (da 73.141 a 187.407 edifici). Nell'ultimo decennio il cancro cementizio ha allungato le sue metastasi senza alcun freno istituzionale.
La riuscita del cosiddetto “piano di emergenza” dipende dalla capacità di prevedere l’eruzione del Vesuvio con sufficiente anticipo. In ogni caso, vi è una difficoltà oggettiva, anche se la popolazione fosse adeguatamente pronta e preparata, nell’evacuare una zona densamente abitata come quella vesuviana. La strategia di evacuazione è legata ai tempi di previsione: questa è possibile solo tre giorni prima dell’evento, un tempo notoriamente insufficiente ad evacuare da 500 a 600 mila persone.
Infine, i Campi Flegrei (area ad alta densità di residenti) sono un’altra zona campana ad elevatissimo rischio vulcanico. Proprio in loco sono in fase di realizzazione delle sperimentazioni di cui la popolazione locale ed italiana, non è a conoscenza. Anche nei Campi Flegrei potrebbero avvenire delle eruzioni esplosive.
Per la cronaca storica: durante la seconda guerra mondiale gli anglo-americani oltre che seppellire di bombe numerose città italiane(causando migliaia di vittime civili), hanno addirittura bombardato il suo cono più recente e attivo cresciuto al di sopra di un vulcano più antico conosciuto con il nome di Monte Somma. Nel 1944 ci fu l’ultima eruzione. Da allora sono stati riconosciuti 18 cicli eruttivi separati da brevi intervalli di stasi inferiori a 7 anni. Gli studi scientifici hanno consentito di accertare che nei periodi di quiescenza, il magma si è accumulato in una camera posta a 5-7 chilometri di profondità.
Il rischio vulcanico è il prodotto di tre fattori: pericolosità vulcanica, valore esposto e vulnerabilità. Perché allora la popolazione della regione Campania non è informata a dovere? I morti da “cause naturali” sono stati già calcolati nei minimi dettagli, così come le lacrime per i funerali di Stato?