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Castelfranco Emilia, via libera alla costruzione della Moschea

Il Comune approva la variante urbanistica per l'area nel comparto produttivo "Venturina", per il quale è avviata da tempo la raccolta fondi interna alle comunità islamiche. Protesta della Lega Nord: "Iniziativa andrebbe bocciata. Cosa si predica nelle moschee?"
Cristina Girotti Zirotti

Inserito da Cristina Girotti Zirotti 27 dicembre 2014
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Da ormai diverso tempo il progetto era nell'aria, ma poco prima di Natale anche gli atti formali del Comune di Castelfranco hanno acclarato il progetto di costruzione di una moschea in paese. "Il Consiglio Comunale di Castelfranco - spiega l'Assessore Massimiliano Vigarani - ha adottato la Variante 5 al Piano Operativo Comunale. Fra gli elementi costitutivi la variante vi è l’individuazione di un sub ambito da destinare ad area idonea all’insediamento di attività di culto destinabile a Centro per attività culturali legate alla religione islamica”.

Si tratta di un intervento che si colloca all’interno di un ambito produttivo di futura realizzazione collocato all’estremo Est del comparto produttivo Venturina, ex via Buc. “Tale ambito è già dotato di potenzialità urbanistica e soggetto a Piano Urbanistico attuativo e quindi la Variante al POC non ha assegnato nessuna nuova potenzialità urbanistica. Il Piano Urbanistico attuativo gestirà il dimensionamento di tutte le dotazioni (strade, parcheggi ecc) – aggiunge Vigarani, che poi chiosa - Il Comune di Castelfranco Emilia assegna uguale dignità e importanza a tutte le religioni”.

La decisione, forse passata inosservata alla maggior parte dei castelfranchesi, non è ovviamente sfuggita alla Lega Nord, che opponendosi all'approvazione della variante è partita lancia in resta contro il Comune e contro l'Associazione Culturale Islamica. “Finanziamenti esteri, donazioni di fedeli musulmani o di semplici benefattori. Quanti soldi girano intorno alle moschee? - si domandano i leghisti Cristina Girotti Zirotti e Giorgio Barbieri - Ed è sempre chiaro che fine fanno le stesse donazioni? Certamente no, ed è proprio per questo che l'iniziativa andrebbe monitorata e con molta attenzione, anzi, a nostro avviso, andrebbe proprio bocciata!”.

Ma i dubbi del Carroccio sono ancora più profondi: “Che lingua si parla nelle Moschee e soprattutto cosa si predica? E' solo di alcuni giorni fa la notizia della presenza di un Modenese nelle file dell'Isis, ma il "buonista" PD continua a sottovalutare e a nascondere il problema. Fermo restando la libertà di culto, è prassi per la sinistra finta buonista, acconsentire ad ogni richiesta, peccato che nei territori islamici i cristiani vengono decapitati, ma a quanto pare questo al PD non importa. Conta l'integrazione, ma non quella degli "ospiti" in Italia, ma quella degli Italiani, ormai sempre ultimi anche a "casa loro" – conclude la Lega Nord - Certamente non è così che si realizza l'integrazione, ma partendo da accordi di reciprocità : ciò che tu mi consenti di fare a casa tua, io ti consento di fare a casa mia”.




ma compagni siete ancora comunisti ? tranquilli ancora per poco tra un pò sarete islamici e vi inginocchierete per pregare verso la moschea,,,,,,,,,,,,,,,hahhaahahahah
 
in città record di clochard E molti sono «nuovi poveri»

A Milano sono più del doppio rispetto agli altri capoluoghi di Regione. Il 40% è italiano, spesso laureato o diplomato, in strada da pochi anni
Giuliana De Vivo - Lun, 29/12/2014 - 09:13
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Raggomitolati in una coperta vecchia sotto i portici di corso Vittorio Emanuele, sul gradino da
vanti a una vetrina di Buenos Aires, in un angolo della stazione Centrale o di Lambrate: sbagliato pensare che siano solo «sbandati».

O che siano tutti stranieri: il 40 per cento di loro, secondo una ricerca Caritas- Istat, ha una carta d'identità con su scritto «cittadinanza italiana». Tra loro può esserci la vostra ex vicina di casa, il titolare di quel negozietto di quartiere che ha chiuso da un po', il giovane padre separato.

Il quadro sintetizzato dal 15esimo Rapporto Giorgio Rota (l'osservatorio sullo sviluppo e il futuro delle città del Centro Einaudi) ci mette davanti agli occhi tinte diverse da quelle che i luoghi comuni dipingono: i nuovi senza casa sono persone con un'istruzione, che sognavano un futuro e avevano un presente «normale». Il 35 per cento di loro possiede una laurea o un diploma, ben l'84,7 per cento vive per strada da meno di quattro anni, quasi quattro su dieci hanno meno di 35 anni.

Eccoli i nuovi poveri, spesso giovani, talvolta (nel 28,3 per cento dei casi) inquadrabili nella sempre più ampia categoria dei working poor : quelli che fanno qualche lavoretto, saltuario o a tempo determinato, ma le entrate che ricavano non bastano a coprire tutte le spese. La perdita di un impiego stabile nel 61,9 per cento dei casi, la separazione dal coniuge (per il 59,5 per cento di loro), una grave malattia (il 16,2 per cento delle volte): sono questi gli «eventi-frattura», come li definisce lo studio, i punti di non ritorno da cui comincia la discesa, quella che ti allontana dalle reti relazionali e dal contesto della tua vita abituale, prima che dalle mura domestiche. È da lì che si comincia col tagliare le spese alimentari, poi quelle mediche e farmaceutiche. E, alla fine, si smette di pagare pure l'affitto. Può succedere a chiunque, dentro il ristretto steccato del ceto medio.

Milano, rivela l'indagine, è la città italiana dove la situazione si è aggravata di più negli ultimi anni: i provvedimenti di sfratto ogni mille nuclei familiari in affitto sono passati da 10 a oltre 35 nel triennio 2007-2010. In mezzo, l'inizio della Grande Recessione. E storie di persone che rispondono all'identikit di cui sopra.

Il capoluogo lombardo non è ancora la città con il più alto numero di famiglie costrette a lasciare casa perché non riescono a pagare l'affitto mensile (Bari e Catania hanno numeri superiori) ma è quella dove si è registrato l'aumento più alto negli ultimi anni.

E tra i capoluoghi di Regione è in testa alla classifica per presenza di homeless: ogni 10mila abitanti ci sono 107 senzatetto, contro i 58 di Palermo, i 54 di Firenze, i 30 di Roma. A Bologna si fermano a 27, a Torino scendono a 16, 9 a Napoli. Certo, incidono anche le differenze imposte dal mercato: i costi medi di affitto più bassi altrove che all'ombra della Madonnina.

Un'emergenza tutto l'anno, che il gelo di questi giorni cristallizza, facendo scattare gli interventi delle amministrazioni comunali: l'altro ieri da Palazzo Marino è arrivato l'appello a segnalare la presenza di clochard, e l'accordo con i sindacati ha previsto sgravi nei canoni di affitto e nelle bollette per chi abita nelle case popolari e risponde a determinati requisiti. Ma a giudicare da questi numeri, forse non basta.
 
ma.................vi hanno preso ingiro per 80 anni e non ve ne siete accorti? già vero siete Italiani

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