R
Roby
Guest
[size=12pt]Pacifico: il vortice dell’immondizia[/size]
[size=12pt]Cosa c’entra la climatologia marina con la spazzatura? Molto, se pensiamo che nel cuore nell’Oceano Pacifico, grazie ad una particolare concatenazione di correnti, si è concentrata una mole di rifiuti a dir poco spaventosa. Stiamo parlando di circa 3.500.000 di tonnellate di materiale (per lo più plastico) che dagli anni cinquanta ad oggi si sono accumulate in due aree principali: una a largo del Giappone, un’altra ad ovest della Penisola Californiana. Si stima la superficie occupata dall’immondizia sfiori i 5 milioni di chilometri quadrati (4.906.000 per l’esattezza), un’estensione pari a 10 volte la Francia o, per restare entro i confini nazionali, 16.6 volte l’Italia. [/size]
[size=12pt]Nell’Oceano Pacifico, oltre alle correnti termoaline, vi sono anche moti marini legati alla circolazione generale dell’atmosfera. La cella anticiclonica di Hadley nell’area subropicale e la cella depressionaria di Ferrel alle medie latitudini influiscono sulle correnti oceaniche, disegnandone direzione ed intensità. L’anticiclone subtropicale, in particolare, contribuisce alla formazione del cosiddetto North Pacific Gyre, un immenso vortice (34.000.000 kmq) delimitato a nord dalla corrente del Nord Pacifico e a sud dalla corrente Nord Equatoriale. Ebbene, nel cuore di questa spirale oceanica giace un mostro informe di rifiuti esteso 4.906.000 chilometri quadrati e profondo 30 metri.
L’intensità delle correnti marine diminuisce mano a mano che si spiralizzano in senso orario verso il centro, dove la turbolenza risulta pressoché nulla; qui, nei decenni, sono rimaste intrappolate oltre 3.500.000 tonnellate di immondizia. Quando le calme atmosferiche raggiungono il culmine i materiali plastici dispersi di aggregano a tal punto da formare immense isole di plastica. Si stima che alcune di esse raggiungano la superficie del Texas, circa 700.000 chilometri quadrati. Ovviamente non si tratta di vere e proprie piattaforme compatte sulle quali si può camminare, è più corretto definirla come un’immensa zuppa colma di pezzi di verdura (Charles Moore).
Altri “siti di stoccaggio” li ritroviamo: ad ovest del Giappone, in prossimità della penisola di Kamchacta e a largo delle coste dell’Alaska. Il primo è legato alla circolazione, antioraria del North Pacific Gyre orientale, il secondo all’anticiclone delle Aleutine e il terzo alla depressione sub-artica dell’Alaska. Anche in questi casi le circolazioni atmosferiche contribuiscono a creare sistemi di correnti caratterizzati da “calme” centrali dove di accumula la spazzatura.
Ma da dove arrivano tutti questi rifiuti? E soprattutto, quali effetti possono avere sull’ecosistema. Il grosso dell’immondizia proviene dai continenti attraverso gli scarichi fluviali, seguono i rifiuti prodotti da piattaforme petrolifere e navi e dagli scarichi abusivi. Per quanto riguarda l’impatto ambientale di calcola che fin’ora la plastica abbia ucciso oltre un milione di uccelli marini, 100.000 mammiferi (balene, delfini etc…) e altrettante tartarughe. Una vera e propria catastrofe ecologica, causata soprattutto dall’ingestione di piccolissimi frammenti di polietilene; il sole, infatti, fotodegrada la plastica riducendola il polimeri altamente tossici che si mischiano subdolamente al plancton.
Due Texas di immondizia possono bastare?
In alcune aree del Pacifico la plastica avvolge le imbarcazioni
I due vortici dell'immondizia
Anche nel Mediterraneo, sebbene in forma decisamente minore, vi sono delle vergognose “correnti di plastica”: una tra Cagliari e le Isole Egadi, un’altra t
[size=12pt]Cosa c’entra la climatologia marina con la spazzatura? Molto, se pensiamo che nel cuore nell’Oceano Pacifico, grazie ad una particolare concatenazione di correnti, si è concentrata una mole di rifiuti a dir poco spaventosa. Stiamo parlando di circa 3.500.000 di tonnellate di materiale (per lo più plastico) che dagli anni cinquanta ad oggi si sono accumulate in due aree principali: una a largo del Giappone, un’altra ad ovest della Penisola Californiana. Si stima la superficie occupata dall’immondizia sfiori i 5 milioni di chilometri quadrati (4.906.000 per l’esattezza), un’estensione pari a 10 volte la Francia o, per restare entro i confini nazionali, 16.6 volte l’Italia. [/size]
[size=12pt]Nell’Oceano Pacifico, oltre alle correnti termoaline, vi sono anche moti marini legati alla circolazione generale dell’atmosfera. La cella anticiclonica di Hadley nell’area subropicale e la cella depressionaria di Ferrel alle medie latitudini influiscono sulle correnti oceaniche, disegnandone direzione ed intensità. L’anticiclone subtropicale, in particolare, contribuisce alla formazione del cosiddetto North Pacific Gyre, un immenso vortice (34.000.000 kmq) delimitato a nord dalla corrente del Nord Pacifico e a sud dalla corrente Nord Equatoriale. Ebbene, nel cuore di questa spirale oceanica giace un mostro informe di rifiuti esteso 4.906.000 chilometri quadrati e profondo 30 metri.
L’intensità delle correnti marine diminuisce mano a mano che si spiralizzano in senso orario verso il centro, dove la turbolenza risulta pressoché nulla; qui, nei decenni, sono rimaste intrappolate oltre 3.500.000 tonnellate di immondizia. Quando le calme atmosferiche raggiungono il culmine i materiali plastici dispersi di aggregano a tal punto da formare immense isole di plastica. Si stima che alcune di esse raggiungano la superficie del Texas, circa 700.000 chilometri quadrati. Ovviamente non si tratta di vere e proprie piattaforme compatte sulle quali si può camminare, è più corretto definirla come un’immensa zuppa colma di pezzi di verdura (Charles Moore).
Altri “siti di stoccaggio” li ritroviamo: ad ovest del Giappone, in prossimità della penisola di Kamchacta e a largo delle coste dell’Alaska. Il primo è legato alla circolazione, antioraria del North Pacific Gyre orientale, il secondo all’anticiclone delle Aleutine e il terzo alla depressione sub-artica dell’Alaska. Anche in questi casi le circolazioni atmosferiche contribuiscono a creare sistemi di correnti caratterizzati da “calme” centrali dove di accumula la spazzatura.
Ma da dove arrivano tutti questi rifiuti? E soprattutto, quali effetti possono avere sull’ecosistema. Il grosso dell’immondizia proviene dai continenti attraverso gli scarichi fluviali, seguono i rifiuti prodotti da piattaforme petrolifere e navi e dagli scarichi abusivi. Per quanto riguarda l’impatto ambientale di calcola che fin’ora la plastica abbia ucciso oltre un milione di uccelli marini, 100.000 mammiferi (balene, delfini etc…) e altrettante tartarughe. Una vera e propria catastrofe ecologica, causata soprattutto dall’ingestione di piccolissimi frammenti di polietilene; il sole, infatti, fotodegrada la plastica riducendola il polimeri altamente tossici che si mischiano subdolamente al plancton.
Anche nel Mediterraneo, sebbene in forma decisamente minore, vi sono delle vergognose “correnti di plastica”: una tra Cagliari e le Isole Egadi, un’altra t