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MA NON FACCIAMO UN PO SCHIFO?

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[h=1]Allarme Onu: una specie su 8 sarà estinta a breve[/h] [h=2]Un milione di animali e vegetali destinato a sparire dalla Terra e dagli oceani. In Europa a rischio tra gli altri lo scoiattolo rosso, l’allodola e un terzo degli insetti[/h] di Alessandro Sala
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Il declino degli ambienti naturali non è mai stato forte come in questi tempi. E la sua progressione non è mai stata così rapida. Una combinazione micidiale di quantità e velocità che nel breve periodo avrà come conseguenza la scomparsa di una specie vivente ogni otto. Detto in altri termini, un milione tra animali e vegetali è destinato ad estinguersi in tempi brevi. La sentenza è quella che emerge dal rapporto che l’Ipbes, la piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e sui servizi degli ecosistemi , ha presentato nella sede dell’Unesco a Parigi al termine della propria riunione plenaria. «Stiamo erodendo le fondamenta delle nostre economie, dei mezzi di sussistenza, della sicurezza alimentare, della salute e della qualità della vita in tutto il mondo – ha commentato sir Robert Watson, presidente dell’Ipbes —. Il rapporto ci dice tuttavia che non è troppo tardi per fare la differenza, ma solo se iniziamo a cambiare, ora e a tutti i livelli, dal locale al globale».


[h=5]Il rapporto[/h]
Lo studio è stato compilato da 145 autori provenienti da 50 Paesi più altri 310 contributor e ha richiesto tre anni di analisi di circa 15 mila diverse fonti scientifiche e governative. Valuta i cambiamenti avvenuti negli ultimi 50 anni, fornendo un quadro della relazione che intercorre tra lo sviluppo economico e il conseguente impatto sulla natura. Nello studio si evidenzia come circa 1 milione di specie tra animali e vegetali siano ora a rischio di estinzione e come molte di queste abbiano un orizzonte di sopravvivenza limitato a pochi anni. Il quadro che emerge dallo studio è impietoso e mostra come tre quarti dell’ambiente terrestre e circa il 66% di quello marino siano stati pesantemente modificati dalle azioni umane. Questo non è avvenuto in maniera uniforme: i danni sono stati evitati, o quantomeno contenuti, laddove le risorse siano gestite direttamente da popolazioni indigene o comunità locali. Ma a livello globale la situazione è sconfortante.





[h=5]Cambiamento di rotta[/h]
E l’inversione di rotta è possibile soltanto scegliendo di cambiare atteggiamento nei confronti della natura e della biodiversità. Con tutto quello che ne consegue anche sui nostri stili di vita. Meno inquinamento, minor ricorso ai pesticidi, minor utilizzo di risorse non rinnovabili, un diverso approccio con il cibo, con una riduzione dei consumi di prodotti di origine animale: tanti piccoli gesti che possono fare la differenza ma che comportano un deciso cambio di abitudini e di mentalità. «Non è troppo tardi per agire — dice ancora Watson —, ma solo se cominciamo da subito e a tutti i livelli, da quello locale a quello mondiale».

[h=3]LEGGI ANCHE[/h]


[h=5]Le specie a rischio in Europa[/h]
Il testo, diffuso oggi, è l’estrema sintesi di un rapporto di 1800 pagine, frutto di tre anni di censimenti, analisi di dati da parte di diverse centinaia di esperti. In Europa le specie più colpite sono l’allodola - meno 50% negli ultimi 40 anni - la piccola farfalla blu - in calo del 38% dagli anni ‘70 - mentre un terzo delle api ed insetti è a rischio estinzione, senza dimenticare scoiattoli rossi, pipistrelli e ricci. Alla luce di questi dati numerosi scienziati affermano che la Terra è all’inizio della sesta estinzione di massa della sua storia, ma la prima attribuita all’uomo e alle sue attività. Negli ultimi secoli per mano dell’uomo sono già scomparse 680 specie di vertebrati.

[h=5]La lettera del Wwf[/h]
A margine della riunione di Parigi, 600 attivisti e ong in difesa della biodiversità in 50 Paesi hanno firmato una lettera aperta promossa dal Fondo mondiale per la Natura (WWF), per chiedere ai governi un’azione urgente tesa ad arginare la «crisi bio-climatica». Per i firmatari della lettera «siamo ancora in tempo per proteggere quanto rimane e cominciare a ripristinare la natura, ma per questo dobbiamo cambiare radicalmente stile di vita: come usiamo l’energia elettrica, come facciamo crescere il cibo, come smaltiamo i nostri rifiuti»; e nella lettera si sollecitano i leader politici ad attuare «azioni decisive e ambiziose».

6 maggio 2019 (modifica il 6 maggio 2019 | 17:38)
 
QUESTO FA LA FINE DEL PD.


[h=6]IN BULGARIA[/h] [h=1]Il Papa nel centro profughi a Sofia: «Il mondo dei migranti è croce dell’umanità»[/h] [h=2]Nel secondo giorno di viaggio, Francesco ha visitato la struttura d’accoglienza di Vrazhdebna, nella periferia della capitale, che ospita 60 persone di cui 38 bambini[/h] di Gian Guido Vecchi, inviato a Sofia
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Alcuni dei disegni dei bimbi
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Nel refettorio, sulla parete alle spalle del Papa, i disegni dei bambini mostrano una moschea colorata immersa nel verde, una spiaggia con le conchiglie e gli ombrelloni, una madre che regge il figlio sulle spalle, un uccellino in gabbia. «Oggi il mondo dei migranti e rifugiati è un po’ una croce, una croce dell’umanità, è la croce che tanta gente soffre», dice Francesco. Il centro profughi di Vrazhdebna è una vecchia scuola alla periferia di Sofia, tre piani intonacati in giallo e rosa, il campo giochi nel cortile con gli scivoli e i tavoli da ping-pong, una cancellata rugginosa in mezzo alla campagna. Nel secondo giorno di viaggio in Bulgaria, Francesco è arrivato qui a incontrare bambini come Lina, dodici anni, un sorriso disarmante e la maglietta con il logo del viaggio papale, due mani che sorreggono il pianeta e la scritta «pacem in terris».


[h=5]Lina, 12 anni: «Perché siamo arrivati qui?»[/h]
Anche lei ha cantato nel coro per Francesco, «cicogna con le gambe lunghe, schiamazzi il tuo trak trak. E perché non resti qui, come noi facciamo a casa?». Con i genitori, la sorella e due fratelli più piccoli è arrivata in Bulgaria tre anni fa, un lungo viaggio iniziato in Algeria e poi «a piedi dalla Turchia», attraverso il confine che ora è sbarrato da 270 chilometri di filo spinato, torrette e telecamere a infrarossi fino al Mar Nero, uno dei tanti muri che segnano il continente. «Perché siamo arrivati qui? Non lo so», dice, e guarda la madre che resta in silenzio e abbassa lo sguardo. Domenica, Bergoglio ha parlato di coloro che «fuggono da guerre, confitti o miseria» e invitato i bulgari e tutti gli europei a «non chiudere gli occhi, il cuore e la mano a chi bussa alle vostre porte». Da quando la barriera di confine è stata completata dal governo di destra, l’anno scorso, gli ingressi dei migranti in Bulgaria si sono ridotti dell’85 per cento. Plamen Penov, direttore dei tre centri di Sofia dell’agenzia statale per i rifugiati, spiega che la ex scuola «ha una capacità di 370 posti ma oggi ospita 60 persone, di cui 38 bambini, per lo più arrivati da Siria ed Iraq».





[h=5]Il Papa: «C’è sempre la speranza»[/h]
Venticinque di loro, assieme ai genitori, hanno partecipato all’incontro con il Papa nella sala al piano terra. I bambini studiano nelle scuole pubbliche della città, spiega un’operatrice della Caritas, escono liberamente con le famiglie e se vogliono vanno a pregare, il venerdì, nella moschea del centro. Bastano sei mesi perché imparino la lingua bulgara. Francesco parla a braccio in italiano e un sacerdote traduce in bulgaro a beneficio dei piccoli. «Grazie per la vostra accoglienza. Grazie ai bambini, per il loro canto tanto bello. Loro portano gioia nel vostro cammino. Il vostro cammino è non sempre bello, e poi c’è il dolore di lasciare la patria e cercare di inserirsi in un’altra patria. C’è sempre la speranza», dice il Papa. «Io ringrazio voi, la vostra buona volontà, e auguro il meglio a voi che avete lasciato nella vostra patria, ai vostri concittadini. Che Dio vi benedica e pregate per me». Più tardi Francesco è volato a Rakovsky, una cittadina a 160 chilometri dalla capitale dove vivono molti fedeli della piccola comunità cattolica (l’1 per cento della popolazione) e dato personalmente la prima comunione a 245 bambini e bambine arrivati da tutta la Bulgaria.

6 maggio 2019 | 13:32
 
Stuprata da due marocchini, il padre della vittima: "Mia figlia venduta per droga"

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Il caso in provincia di Vicenza, dove due marocchini sono stati arrestati per violenza sessuale su una minorenne. In manette anche un’amica della giovane abusata

Pina Francone - Lun, 06/05/2019 - 15:19
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"Hai venduto mia figlia ai marocchini per la droga".
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Il padre della ragazzina violentata da due magrebini in provincia di Vicenza accusa così l'amica della figlia, che avrebbe teso una trappola alla minorenne.

La quindicenne, ricordiamolo, è stata attirata nella villa dell'amica: qui, secondo gli inquirenti, sotto costrizione fisica e psichica, sarebbe stata obbligata a consumare hashish e cocaina, per essere poi stuprata dai due amici stranieri della padrona di casa.

I due nordafricani, di 27 e 28 anni, sono stati arrestati per violenza sessuale su minore, e in manette ci è finita anche la 31enne, di cui i genitori della ragazzina si fidavano ciecamente, credendo fosse una sorte di sorella maggiore per la loro figlia. E invece, secondo la mamma e il papà, quella donna ha circuito e dunque venduto la loro bambina ai marocchini in cambio della droga.

La quindicenne, tornata a casa sotto choc, ha raccontato tutto ai genitori, che dopo la tremenda testimonianza della figlia si sono recati in caserma per fare denuncia dell'accaduto: la teenager è stata abusata prima da uno e poi dall’altro, e poi insieme. Il tutto, per di più, anche con un sex toy

La 31enne, dal canto suo, così come riportato da FanPage, ha rispedito al mittente l'accusa dell'uomo: "Tutto quello che tua figlia ha fatto a casa mia era consapevole, io non ho costretto nessuno e sua mamma sapeva che veniva da me per divertirsi". Inoltre, la donna ammette l'esistenza di un rapporto sessuale, dicendo però che sarebbe stato assolutamente consenziente.

I carabinieri continuano a indagare e stanno passando al vaglio tutte le conversazioni via chat tra i tre arrestati.


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