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Paolo Guzzanti: “Mani Pulite? Un colpo di stato a favore del Pci”
Di
Bruno Giurato
-
22/11/2019
fonte Facebook
fonte Facebook
Giornalista, uomo politico, saggista, conduttore del programma televisivo “Bar Condicio” nei ruggenti anni Novanta, due figli (Corrado e Sabina) che lavorano anch’essi in tv, Paolo Guzzanti è una penna corrosiva, acuta, diretta e i suoi articoli sono sempre il classico “pezzo” che non puoi non leggere. E’ stato anche attore a teatro, diretto, da Francesco Sala ed è stato in scena con la sua stand up comedy.
Per il ciclo CultOFF e, a proposito di misteri e storia italiani, il “Paolone” nazionale ci aveva raccontato questioni storico politiche misconosciute al grosso pubblico legate essenzialmente alla stagione del terrorismo e della cosiddetta Tangentopoli: segreti svelati? Misteri risolti? Non proprio, ma Paolo Guzzanti ha nuovamente buttato lì un paio di ipotesi storico interpretative relative allo stato di grazia di cui godette l’Italia negli anni del terrorismo mediorientale. E anche una rivelazione sulla vera nascita di tangentopoli: in questa intervista OFF di Bruno Giurato ci racconta che cosa è stata veramente “mani Pulite”.(Redazione)
“Ci sono tre mestieri che ti permettono di diventare un altro: il giornalista, lo psicanalista e l’attore. Il giornalista diventa l’intervistato, lo psicanalista diventa il paziente, l’attore diventa il personaggio” E lui, Paolo Guzzanti, a settant’anni ha deciso di spostarsi dal ruolo di giornalista (penna elegante e all’occorrenza feroce di Repubblica, poi de La Stampa, ora de Il Giornale) a quello di attore. Lo era sempre stato, un po’. C’è più che un sospetto che il primo motore del talento dei figli, Sabina, Corrado, Caterina, sia lui.
Le sue imitazioni sono memorabili, il suo Pertini ha ingannato Renzo Arbore in una celebre diretta Rai, e una serie di personalità istituzionali, in scherzi al confine tra goliardia e sovversione carnascialesca.
Paolo Guzzanti è arrivato a teatro davvero. Solo sul palcoscenico del Brancaccino a duettare con se stesso sul canovaccio dell’ autobiografia Senza più sognare il padre. Lo spettacolo si chiamava La ballata del prima e del dopo per la regia di Francesco Sala. “E’ uno spettacolo metà buffo e metà serio” ci ha raccontato Guzzanti , comincia con la mia intervista a Franco Evangelisti, ministro e uomo di Andreotti, quella di “A Fra che te serve”. Lui resta come voce di contrasto. E mi serve per fare un discorso sulla memoria. Evangelisti 13 anni prima di Tangentopoli aveva detto “qui abbiamo rubato tutti” Eppure tutta la faccenda fu insabbiata derubricandola a questione di “colore”, il romanesco, il “politico alla vaccinara” ecc ecc. Si doveva salvare il compromesso storico Andreotti-Berlinguer…” Conclude.
Succede ancora oggi? Quando leggiamo le fenomenologie sulla felpa di Salvini o sull’inglese di Renzi stiamo assistendo all’uso del “colore” a fini di distrazione?
Be’ certo, sono costruzioni di fondali scenografici. Si costruiscono personaggi. Anche se l’inglese di Renzi, bisogna dire, grida vendetta a Dio…
Sostanziale omogeneità della politica tra Prima, Seconda, Terza Repubblica?
“Seconda Repubblica”, come racconta il libro The Italian Guillotine di Stanton H. Burnett e Luca Mantovani (mai tradotto in italiano), è stato un tentato colpo di stato che doveva concludersi con la vittoria di Occhetto. E lì fu la volta che Berlusconi è impazzito. Trovo l’espressione Seconda Repubblica ridicola, come Terza repubblica
Siamo ancora negli anni Sessanta, insomma
Mah, sì. Le persone sono sempre le stesse, quelle arrivate dopo fanno parte dei soliti potentati. Il carattere degli italiani sta tutto in Machiavelli, e anche in Pinocchio. Quale Prima e Seconda Repubblica….
Come è iniziata la sua carriera? Fu Giacomo Mancini a darle l’accesso alla professione giornalistica?
Ero socialista dai 17 anni. Nei primi anni 60 andai a lavorare senza essere pagato, al Punto della settimana. Settimanale fichissimo: ci scrivevano da Kennedy a Pietro Nenni. Poi andai a fare l’operaio tipografo, per quattro anni, all’Avanti. Poi finalmente mi assunsero. E nel ’72, con Mancini, andai a lavorare al Giornale di Calabria. Tre anni interessanti e anche devastanti. Poi conobbi Serena Rossetti, la compagna di Scalfari. Mi assunsero all’Espresso.
Ecco, Scalfari. Lei è stato un po’ il suo figlioccio…
Ammetto che gli devo tantissimo, e umanamente gli voglio ancora bene.
LEGGI ANCHE:Se i terroristi fanno finta di non vederci
E’ un maestro di pensiero come si sente di essere, o è un viveur e inventore di giornali?
Di
Bruno Giurato
-
22/11/2019

fonte Facebook
Giornalista, uomo politico, saggista, conduttore del programma televisivo “Bar Condicio” nei ruggenti anni Novanta, due figli (Corrado e Sabina) che lavorano anch’essi in tv, Paolo Guzzanti è una penna corrosiva, acuta, diretta e i suoi articoli sono sempre il classico “pezzo” che non puoi non leggere. E’ stato anche attore a teatro, diretto, da Francesco Sala ed è stato in scena con la sua stand up comedy.
Per il ciclo CultOFF e, a proposito di misteri e storia italiani, il “Paolone” nazionale ci aveva raccontato questioni storico politiche misconosciute al grosso pubblico legate essenzialmente alla stagione del terrorismo e della cosiddetta Tangentopoli: segreti svelati? Misteri risolti? Non proprio, ma Paolo Guzzanti ha nuovamente buttato lì un paio di ipotesi storico interpretative relative allo stato di grazia di cui godette l’Italia negli anni del terrorismo mediorientale. E anche una rivelazione sulla vera nascita di tangentopoli: in questa intervista OFF di Bruno Giurato ci racconta che cosa è stata veramente “mani Pulite”.(Redazione)
“Ci sono tre mestieri che ti permettono di diventare un altro: il giornalista, lo psicanalista e l’attore. Il giornalista diventa l’intervistato, lo psicanalista diventa il paziente, l’attore diventa il personaggio” E lui, Paolo Guzzanti, a settant’anni ha deciso di spostarsi dal ruolo di giornalista (penna elegante e all’occorrenza feroce di Repubblica, poi de La Stampa, ora de Il Giornale) a quello di attore. Lo era sempre stato, un po’. C’è più che un sospetto che il primo motore del talento dei figli, Sabina, Corrado, Caterina, sia lui.
Le sue imitazioni sono memorabili, il suo Pertini ha ingannato Renzo Arbore in una celebre diretta Rai, e una serie di personalità istituzionali, in scherzi al confine tra goliardia e sovversione carnascialesca.
Paolo Guzzanti è arrivato a teatro davvero. Solo sul palcoscenico del Brancaccino a duettare con se stesso sul canovaccio dell’ autobiografia Senza più sognare il padre. Lo spettacolo si chiamava La ballata del prima e del dopo per la regia di Francesco Sala. “E’ uno spettacolo metà buffo e metà serio” ci ha raccontato Guzzanti , comincia con la mia intervista a Franco Evangelisti, ministro e uomo di Andreotti, quella di “A Fra che te serve”. Lui resta come voce di contrasto. E mi serve per fare un discorso sulla memoria. Evangelisti 13 anni prima di Tangentopoli aveva detto “qui abbiamo rubato tutti” Eppure tutta la faccenda fu insabbiata derubricandola a questione di “colore”, il romanesco, il “politico alla vaccinara” ecc ecc. Si doveva salvare il compromesso storico Andreotti-Berlinguer…” Conclude.
Succede ancora oggi? Quando leggiamo le fenomenologie sulla felpa di Salvini o sull’inglese di Renzi stiamo assistendo all’uso del “colore” a fini di distrazione?
Be’ certo, sono costruzioni di fondali scenografici. Si costruiscono personaggi. Anche se l’inglese di Renzi, bisogna dire, grida vendetta a Dio…
Sostanziale omogeneità della politica tra Prima, Seconda, Terza Repubblica?
“Seconda Repubblica”, come racconta il libro The Italian Guillotine di Stanton H. Burnett e Luca Mantovani (mai tradotto in italiano), è stato un tentato colpo di stato che doveva concludersi con la vittoria di Occhetto. E lì fu la volta che Berlusconi è impazzito. Trovo l’espressione Seconda Repubblica ridicola, come Terza repubblica
Siamo ancora negli anni Sessanta, insomma
Mah, sì. Le persone sono sempre le stesse, quelle arrivate dopo fanno parte dei soliti potentati. Il carattere degli italiani sta tutto in Machiavelli, e anche in Pinocchio. Quale Prima e Seconda Repubblica….
Come è iniziata la sua carriera? Fu Giacomo Mancini a darle l’accesso alla professione giornalistica?
Ero socialista dai 17 anni. Nei primi anni 60 andai a lavorare senza essere pagato, al Punto della settimana. Settimanale fichissimo: ci scrivevano da Kennedy a Pietro Nenni. Poi andai a fare l’operaio tipografo, per quattro anni, all’Avanti. Poi finalmente mi assunsero. E nel ’72, con Mancini, andai a lavorare al Giornale di Calabria. Tre anni interessanti e anche devastanti. Poi conobbi Serena Rossetti, la compagna di Scalfari. Mi assunsero all’Espresso.
Ecco, Scalfari. Lei è stato un po’ il suo figlioccio…
Ammetto che gli devo tantissimo, e umanamente gli voglio ancora bene.
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E’ un maestro di pensiero come si sente di essere, o è un viveur e inventore di giornali?
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