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«Gli altri scafi a Metaponto e Maratea». Il perito: nella zona sono aumentati i tumori

«Dieci casse di esplosivo militare
Così ho affondato le navi dei veleni»


Calabria, il pentito: fusti radioattivi dalla Norvegia. L’ordine dei clan




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[TD]La nave affondata al largo di Cetraro in Calabria (Ansa)[/TD]
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REGGIO CALABRIA — «Ave*vamo bisogno di affondare delle navi che ci erano state commis*sionate ed erano al largo di Cetra*ro. Ci serviva un motoscafo per portare l’esplosivo da riva fino al largo». È il 21 aprile 2006 e a Mila*no un magistrato antimafia racco*glie la testimonianza del pentito Francesco Fonti, che dal 1966 fi*no al gennaio del ’94, quando è iniziata la sua collaborazione con la giustizia, ha fatto parte della ’n*drangheta: entrato da picciotto e uscito con la «dote» di vangelo dalla famiglia Romeo, padroni di San Luca. Fonti parla di un episo*dio che fa risalire al 1993: l’affon*damento, con tanto di truffa al*l’assicurazione, di una nave cari*ca di rifiuti radioattivi nel Tirre*no. Lui c’era e ricorda: «Nelle na*vi in quel momento c’era una cer*ta quantità di fusti che non erano stati smaltiti all’estero...». I moto*scafi li procurò Franco Muto, boss di Cetraro, al quale andaro*no 200 milioni di lire per il distur*bo; dall’Olanda arrivarono una decina di casse di esplosivo mili*tare; il carico finito in fondo al mare, invece, secondo il pentito era di origine norvegese. Al magi*strato racconta i preparativi con Muto: «Ci siamo incontrati in quel negozio di mobili. Spaccaro*telle è il nome del mobilificio. Noi gli abbiamo detto che aveva*mo bisogno di un paio di moto*scafi e lui ha detto: 'No, non ci so*no problemi. Quanto grandi li vo*lete? Da altura, da mezzo mare?'. E ci procurò due motoscafi. Noi caricammo... il materiale esplosi*vo l’avevamo portato da San Luca e, da Cetraro Marina, alla fine del lato Nord, c’erano i motoscafi, fin là si può arrivare anche con le macchine sulla strada interna del lungomare... Abbiamo preso le casse di esplosivo, le abbiamo messe sui motoscafi e siamo par*titi al largo, siamo arrivati alle na*vi, gli autisti dei motoscafi hanno aspettato, noi abbiamo fatto il tra*sbordo e le abbiamo lasciate lì. Il giorno dopo siamo tornati di nuo*vo per sistemare l’esplosivo nei punti dove doveva esplodere per far imbarcare l’acqua e mandarle a fondo. Solamente che affondar*le tutte e tre assieme lì abbiamo pensato che non era tanto intelli*gente, e abbiamo deciso una di farla affondare lì, le altre due di mandarle una verso lo Ionio, a Metaponto, e l’altra verso Mara*tea ». Il magistrato, quasi stupito, gli chiede del viaggio a Metapon*to, e Fonti spiega: «Ma sopra c’era l’equipaggio eh...! Faceva tutto il giro» dello Stretto di Mes*sina.
Qualcuno sostiene che nel Mediterraneo la criminalità organizzata, dagli anni ’80, potrebbe aver affondato decine di navi cariche di veleni. Sono state dise*gnate trame complica*tissime, che coinvolge*rebbero uomini dei ser*vizi, politici, faccendie*ri di tutto il mondo, fra Olanda e Somalia, Cala*bria ed ex Jugoslavia.
Molte cose restano da veri*ficare, ed è difficile. «Ma il velo è squarciato, nessuno può più sostenere che le navi non ci sono», dice Bruno Giorda*no, capo della Procura di Paola dal luglio 2008. È il magistrato che ha riannodato le fila di un’in*chiesta che si trascinava da tem*po. Prima ha scoperto lungo il greto del torrente Oliva, tra Aiel*lo Calabro e Serra d’Aiello, la pre*senza di metalli pesanti, radioatti*vità di origine artificiale, «quanti*tà rilevantissime di mercurio». Poi, mesi fa, sul suo tavolo è arri*vato un documento dell’Arpacal, una rilevazione condotta nel Tir*reno: fuori da Cetraro sottacqua c’era qualcosa di lungo, almeno 80 metri. La Marina non aveva mezzi a disposizione, Giordano si è rivolto a Silvio Greco, assessore all’Ambiente della Regione Cala*bria e biologo marino, che ha tro*vato un robot in grado di ispezio*nare i fondali. E siamo a sabato scorso: a 500 metri di profondità, al largo di Cetraro, nel tratto di mare indicato da Fonti, il robot filma un relitto. «Laggiù la pres*sione è 50 atmosfere — dice Gre*co —: la telecamera ha inquadra*to almeno un fusto quasi del tut*to schiacciato. Gli altri dovrebbe*ro essere nella stiva: ora bisogna capire che cosa contengo*no e come trattarli. Poi vanno cercate le altre due navi di cui parla il penti*to ». Francesco Fonti non fa più parte del program*ma di protezione per col*laboratori di giustizia, si nasconde in centro Italia, ma se il suo rac*conto è attendibile, e ora smentirlo è più dif*ficile, le altre due navi potrebbero trovarsi fra 3 e 5 mila metri di profondità. Oggi Gre*co sarà a Roma, a par*lare con i tecnici del ministero dell’Am*biente. Forse un giorno verrà ascol*tato anche il dottor Giacomino Branca*ti, medico e consu*lente della Procu*ra. La sua relazione fa paura. «Si può confermare l’esistenza di un eccesso statisticamente significa*tivo di mortalità nel distretto di Amantea rispetto al restante terri*torio regionale, dal ‘92 al 2001, in particolare nei comuni di Serra d’Aiello, Amantea, Cleto e Mali*to ». Parla di tumori maligni di co*lon, retto, fegato, mammella. Invi*ta a indagare lungo il corso del*l’Oliva.

Ancora dal verbale di Fonti: «Avvenne di sera, era buio. Erava*mo già gennaio, quindi verso le 7 e mezzo di sera... C’erano dei de*tonatori, però a breve portata, mi sembra 300 metri. Sono stati fatti brillare dal motoscafo». Quante altre volte è successo? E chi ha comprato i servizi della ‘ndran*gheta per liberarsi di rifiuti tossi*ci?

Carlo Macrì
Mario Porqueddu
15 settembre 2009

come saranno i pesci in padella?
 
Ultima modifica:
Sembra ormai che il nostro mediterraneo sia una un vero e proprio deposito per scorie nucleari e veleni di ogni genere, tantissimi relitti di navi affondate in modo da liberarsi dei veleni e scorie nucleari.
Se cercate su google e su youtube "navi dei veleni" troverete tantissime notizie che ne parlano"
mi fa pensare che il nostro mare non sia così tanto pulito...


navi_veleni.jpeg




affondamenti.jpg



CODICE
La MAPPA degli affondamenti – i RELITTI (numerati nella carta qui sopra) e con la “X” sono segnati i siti di altri affondamenti sospetti: 1.CUNSKY (la nave ritrovata il 12 settembre scorso a 20 miglia dalla costa calabra, al largo di Cetraro, a 480 metri di profondità); 2.MIKIGAN (affondò il 31/10/1986); 3.RIGEL (affondò il 21/9/1987); 4.ROSSO (motonave naufragata nel dicembre ’90); 5. MARCO POLO (affondata nel tragitto tra Barcellona e Alessandria il 14/3/1993); 6.KORALINE (nave tedesca affondata il 7/11/1995 al largo di Ustica); 7.ASO (nave carica di soffiato ammonico, affondò al largo di Locri nel maggio 1979); 8.ALESSANDRO I (naufragata nel febbraio 1991); 9.FOUR STAR (in viaggio tra Barcellona e Antalya, affondata nel dicembre 1988)​




Mi fa pensare che comuqnue lo stato italiano non ha nessun organizzazione, idea e voglia di spendere soldi per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, perché non vengono mai messi in sicurezza, anzi se li trovano o vengono segnalati li lasciano dove sono perché non sanno dove stoccarli.

vedi il container del porto di Genova


e le navi, le lasciano dove sono.
 
Disastro Mediterraneo

Nel 1990, sulle coste di Amantea (Cosenza) si arena la Jolly Rosso. Una nave che trasporta un carico di fusti contenenti cesio 137 e mercurio. Ma non è l'unico caso, le "navi dei veleni" sarebbero circa 50. Ma il ministero dell'Ambiente ha spesso avuto un atteggiamento "rilassato".



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Il ministero dell’Ambiente italiano, ha spesso avuto nei confronti della tutela del mare un atteggiamento piuttosto “rilassato”. Come dimostra il caso delle circa 50 navi dei veleni affondate nel Mediterraneo.
Nel 1990 sulle coste di Amantea, in provincia di Cosenza, si arena un’imbarcazione: la Jolly Rosso, con un carico di fusti contenenti cesio 137 e mercurio. Vengono prelevati alla meno peggio e abbandonati su una collina lungo il fiume Oliva.

Nel dicembre 1995 il capitano della Marina militare Natale De Grazia, incaricato delle indagini, muore dopo aver bevuto un caffè in un’area di servizio sulla Salerno - Reggio Calabria. Dieci anni dopo, il pentito della ’ndrangheta Francesco Fonti rivela che fu proprio lui ad affondare tre navi piene di veleni lungo le coste di Calabria e Basilicata: a Cetraro (Cs), Maratea (Pz) e a Metaponto (Mt).
Lo scorso settembre, al largo di Cetraro, viene trovato un relitto. Dalle foto e dai video ha le stesse caratteristiche della Cunsky, affondata con i suoi 120 fusti di rifiuti radioattivi. Il ministero dell’Ambiente chiede di fare delle verifiche e affida il compito alla Mare Oceano, peccato sia una nave privata: costa allo Stato 48mila euro al giorno. Il suo armatore è Diego Attanasio, indagato nel processo per corruzione che vede coinvolti David Mills e Silvio Berlusconi. L’avvocato inglese ha infatti sostenuto di aver incassato 600mila dollari non dal Premier, ma dal proprietario della Mare Oceano. Tanti i soldi in circolo, e molti si chiedono ora se l’operazione Cunsky non sia un regalo di Berlusconi ad Attanasio. Intanto la vendita del pesce nelle aree coinvolte è in crisi. E per “fortuna”, la notizia del ritrovamento è arrivata a stagione conclusa.
“Il relitto è il Catania, affondato durante la Prima guerra mondiale, non ha nulla di radioattivo” dice il responso della Mare Oceano, che però non diffonde immagini. Le operazioni di ricerca sono state coordinate dal Reparto ambientale della Marina militare. Perché? In fondo la Marina in questi anni ha fatto poco. Avrei preferito che se ne occupasse la Magistratura. Non dimentichiamolo: il Mediterraneo è vittima di un “disastro ambientale” e dobbiamo ricordarlo anche al Governo affinché dichiari lo stato di emergenza.
 

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