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NON AVRAI NULLA E SARAI FELICE

Alien.

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hai dei dubbi sulla chirurgia ?
Perché il papà è zoppo?



Risultati immagini per PAPA GESU è SPORCO


Cos'ha Papa Francesco al ginocchio e perché i medici gli suggeriscono un'operazione. CITTÀ DEL VATICANO — Gonartrosi, ovvero artrosi del ginocchio. Francesco ne soffre da tempo, al ginocchio destro, il dolore si acuisce e camminare si fa sempre più difficile. Tanto che i medici gli hanno consigliato di operarlo.27 apr 2022







Perché il papà non si opera al ginocchio?


Papa Francesco – nel giorno del suo 86° compleanno – rivendica la bontà della decisione di non sottoporsi a un intervento chirurgico per ovviare alla gonalgia che lo affligge da diverso tempo: «Si governa con la testa e non con il ginocchio», dice.17 dic 2022.



credo che uscirà il "90"
 

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Ucraina, quanto spende l’Italia per le armi

L'Italia non si tira indietro nell'aiutare l'Ucraina con nuove armi, ma quanto spende il nostro Paese in materia militare? Le cifre nell'ultimo report Nato

23 Marzo 2023 20:00
La guerra in Ucraina va avanti ormai da oltre un anno, ben 393 giorni di conflitto in archivio in un Paese che non è mai stato lasciato solo dall’Europa. Ogni giorno, infatti, non si fa altro che parlare degli aiuti a Kiev e dei nuovi possibili arsenali da mandare in Ucraina, con il Regno Unito che ha di recente parlato dell’invio di armi all’uranio impoverito che hanno provocato la reazione della Russia.
In questo scenario, ovviamente, l’Italia non resta a guardare e fa quel che può. Prima col governo Draghi e ora con quello Meloni, infatti, da Roma prosegue l’appoggio all’Ucraina e il cammino al fianco di Kiev per arrivare alla pace, senza però arrendersi alla Russia. In un recente intervento in Parlamento, così come in Europa, la premier ha ribadito l’appoggio alla causa, rinnovando ancora una volta la disponibilità a mandare armi. Ma quanto spende l’Italia in materia militare?

Spese militari dell’Italia, il bilancio nel 2022

A dare un quadro delle spese che l’Italia affronta in materia militare è il rapporto annuale della Nato. Nelle stime pubblicate nell’ultimo resoconto, che si riferisce al 2022, il Bel Paese ha sborsato l’1,51% del Pil, in leggera diminuzione rispetto al dato del 2021 (1,57%). Ma guardando alle spese complessive, quella diminuzione dello 0,55% non sembra esserci.

Rispetto al 2021, in cui la spesa era stata di 28,01 miliardi di euro, nel 2022 gli stanziamenti della Difesa sono aumentati e hanno toccato quota 28,75 miliardi. Il perché della variazione? Ovviamente il Pil dal 2021 al 2022 è cambiato, passando da 1.186 miliardi a 1.930 miliardi, ecco il perché del minor impatto seppur con spese superiori.
Guardando poi a un altro periodo d’aiuto all’Ucraina, come il 2014 in occasione dell’annessione della Crimea alla Russia e l’inizio della guerra in Donbass, la percentuale della spesa italiana in difesa era dell’1,14% rispetto al Pil. Ma sembra comunque che l’Italia non fermerà qui i suoi investimenti in materia di Difesa.

Altri aiuti all’Ucraina, la situazione

Il segretario generale della Nato, Jen Stoltenberg, qualche settimana fa aveva sottolineato che i Paesi membri avrebbero dovuto tenere una linea comune sulle spese militari. Un 2%, ha detto, che anche la premier Giorgia Meloni sarebbe intenzionata a raggiungere. La presidente del Consiglio, infatti, intervenendo al Senato per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo, ha confermato di voler aumentare la spesa militare per arrivare all’obiettivo del 2% del Pil.
“Questo governo è abituato a difendere l’interesse nazionale: non abbiamo mai fatto mistero di voler aumentare i propri stanziamenti in spese militari, come hanno fatto i governi precedenti, magari di soppiatto, senza metterci la faccia. Noi la faccia ce la mettiamo convinti che rispettare gli impegni sia vitale per tutelare la credibilità e la sovranità nazionale”, aveva detto Meloni.
Nelle scorse ore ha poi ribadito: “Continueremo a sostituire l’Ucraina perché è giusto farlo”. Nel merito ha poi spiegato che l’Italia ha “formalizzato un sesto pacchetto di aiuti militari”, con invio di armi che “rafforzano soprattutto le difese aeree” di Kiev.
Ma intanto c’è chi attacca le decisioni della premier. Il j’accuse arriva dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, guida del Movimento 5 Stelle, che in Parlamento ha puntato il dito contro le decisioni di Meloni e del suo esecutivo: “In Senato ha detto che sulle armi ci mette la faccia, noi prendiamo atto del suo appoggio alle lobby delle armi, lei la faccia ce la mette ma è una faccia di bronzo… ci state trascinando di gran carriera in guerra, e laddove l’esito è l’uso dell’arma atomica non possono esserci vincitori. Non possiamo sostenere l’invio di ulteriori aiuti militari e dobbiamo uscire dall’equivoco che questo sia l’unico modo per arrivare alla pace”.
quota 28,75 miliardi. sono soldi nostri non del governo.
 

Alien.

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La Nato ci costa 70 milioni di euro al giorno

RAPPORTO SIPRI. Ogni ora si spendono tre milioni di euro per difesa, armi e Alleanza atlantica. Ecco quanto paga l'Italia. Senza contare F35 e missioni militari all'estero
Il capo uscente della Nato Rasmussen - Reuters






Nuovo!
Manlio Dinucci
«La situazione in Ucraina ci ricorda che la nostra libertà non è gratuita e dobbiamo essere disposti a pagare»: lo ha ribadito il presidente Obama, a Roma come a Bruxelles, dicendosi preoccupato che alcuni paesi Nato vogliano diminuire la propria spesa militare.
La prossima settimana, ha annunciato, si riuniranno a Bruxelles i ministri degli esteri per rafforzare la presenza Nato nell’Europa orientale e aiutare l’Ucraina a modernizzare le sue forze militari. Ciò richiederà stanziamenti aggiuntivi. Siamo dunque avvertiti: altro che tagli alla spesa militare!
A quanto ammonta quella italiana? Secondo i dati del Sipri, l’autorevole istituto internazionale con sede a Stoccolma
, l’Italia è salita nel 2012 al decimo posto tra i paesi con le più alte spese militari del mondo, con circa 34 miliardi di dollari, pari a 26 miliardi di euro annui.
Il che
equivale a 70 milioni di euro al giorno, spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e missioni militari all’estero.

Secondo i dati relativi allo stesso anno, pubblicati dalla Nato un mese fa, la spesa italiana per la difesa ammonta a 20,6 miliardi di euro, equivalenti a oltre 56 milioni di euro al giorno. Tale cifra, si precisa nel budget, non comprende però la spesa per altre forze non permanentemente sotto comando Nato, ma assegnabili a seconda delle circostanze. Né comprende le spese per le missioni militari all’estero, che non gravano sul bilancio del ministero della difesa. Ci sono inoltre altri stanziamenti extra-budget per il finanziamento di programmi militari a lungo termine, tipo quello per il caccia F-35.
Il budget ufficiale conferma che la spesa militare Nato ammonta a oltre 1000 miliardi di dollari annui, equivalenti al 57% del totale mondiale. In realtà è più alta, in quanto alla spesa statunitense, quantificata dalla Nato in 735 miliardi di dollari annui, vanno aggiunte altre voci di carattere militare non comprese nel budget del Pentagono – tra cui 140 miliardi annui per i militari a riposo, 53 per il «programma nazionale di intelligence», 60 per la «sicurezza della patria» – che portano la spesa reale Usa a oltre 900 miliardi, ossia a più della metà di quella mondiale.
Scopo degli Stati uniti è che gli alleati europei assumano una quota maggiore nella spesa militare della Nato, destinata ad aumentare con l’allargamento e il potenziamento del fronte orientale.
Oggi, sottolinea Obama, «aerei dell’Alleanza atlantica pattugliano i cieli del Baltico, abbiamo rafforzato la nostra presenza in Polonia e siamo pronti a fare di più». Andando avanti in questa direzione, avverte, «ogni stato membro della Nato deve accrescere il proprio impegno e assumersi il proprio carico, mostrando la volontà politica di investire nella nostra difesa collettiva». Tale volontà è stata sicuramente confermata al presidente statunitense Barack Obama dal presidente delle repubblica Napolitano e dal capo del governo Renzi. Il carico, come al solito, se lo addosseranno i lavoratori italiani.



pari a 26 miliardi di euro annui+ GUERRA UCRAINA=quota 28,75 miliardi= CIRCA 54 MILIARDI DI €

sOLDI DEL POPOLO ITALIANO-FACILE SPENDERE I SOLDI DEGLI ALTRI-
 

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Superbonus, la lettera: «Mi sono fidata dello Stato, ma senza cessione del credito rischio di perdere la casa»

di Gino Pagliuca
Superbonus, la lettera: «Mi sono fidata dello Stato, ma senza cessione del credito rischio di perdere la casa»

Il 31 marzo è la data decisiva per chi non è riuscito ancora a cedere il credito fiscale derivante da un bonus edilizio maturato nel corso del 2022. Chi entro quel giorno non avrà inviato all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione telematica di cessione non perderà il diritto al bonus, ma non potrà più effettuare la cessione, per cui se ha abbastanza capienza fiscale potrà ottenere la prima tranche del rimborso con il 730 e il modello Pf già quest’estate, chi invece non ha capienza fiscale perderà del tutto o in parte il bonus.
CASA

Superbonus, per infissi e caldaia si riapre lo sconto in fattura, ipotesi di proroga a giugno per le villette

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén
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La mail della nostra lettrice

Abbiamo ricevuto una mail dalla signora I.T, che preferiamo citare con le sole iniziali nonostante non abbia espresso richiesta di anonimato, che solleva un questione molto delicata. Scrive la nostra lettrice: «Vorrei segnalare una situazione e che riguarda centinaia di persone, forse migliaia come mi pare di capire da alcune chat che seguo. Si tratta di coloro che hanno aderito al Superbonus eseguendo il 30% dei lavori entro settembre scorso, completato i lavori entro dicembre e quindi pagato tutte le fatture entro fine 2022. Ma non riescono a cedere i crediti, che sono del 2022... Molti per poter fare i lavori hanno chiesto prestiti a parenti ed amici, altri hanno fatto prestiti da agenzie a tasso quasi da usura. Credendo nella serietà dello Stato e nelle banche, come me. Adesso siamo in una condizione drammatica, specie gli incapienti e i forfettari Iva, che comunque non possono usare le detrazioni fiscali dirette. Nessuno si preoccupa di queste famiglie, molte rischiano addirittura di dover cedere la loro casa perché non hanno altro».




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Come stanno le cose

Ricapitoliamo, anche se la signora è stata chiarissima, innanzitutto i termini della questione: per usufruire del Superbonus nella misura del 110% per una casa indipendente è necessario aver terminato i lavori entro il 31 marzo di quest’anno, ma bisogna anche dimostrare che il 30% delle opere riguardanti l’immobile è stato compiuto entro il 30 settembre scorso. Non era quindi necessario pagare tutto entro il 31 dicembre dello scorso anno, basta aver versato il 30%, ma chi lo ha fatto, siccome i bonus funzionano con il cosiddetto criterio di cassa, matura il diritto a tutta la detrazione a partire dalla dichiarazione dei redditi di quest’anno.
BONUS EDILIZI

Superbonus: caldaie, infissi, pompe di calore, il piano per salvare sconto in fattura e cessione

di Redazione Economia
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Le piattaforme che accettano il credito

Il disastro finanziario che rischiano i contribuenti nella situazione raccontata nella mail nasce purtroppo da un dato di fatto: la legge dice che il fisco eroga il bonus in forma diretta e che, in alternativa, è possibile optare per la cessione o per lo sconto in fattura ma non c’è nessun obbligo da parte delle imprese di effettuare lo sconto in fattura né da parte delle banche o degli altri soggetti finanziari ad accettare la cessione e in questa fase le banche continuano a non accettare nuove pratiche, nonostante secondo i calcoli del Mef avrebbero ancora lo spazio fiscale per farlo, e le imprese edili non hanno né la liquidità per pagare dipendenti e materiali senza poter cedere a loro volta né tanto meno capienza fiscale per aspettare i rimborsi diretti. Ci sono piattaforme private che accettano crediti, ad esempio la piattaforma Sibonus, promossa dalle Camere di commercio e dall’Ordine nazionale dei commercialisti, dichiara in home page che i crediti da Superbonus vengono acquisiti con uno sconto del 14,2% sul credito (ovvero si ricevono 94,38 euro ogni 100 euro di spesa detraibile e che darebbero diritto a 110 euro se richiesti direttamente al fisco). Con altre piattaforme che abbiamo consultatosi scende addirittura a 88 euro ogni 100 di spesa.
 

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