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[h=2]La Libia valuta il rilascio di tutti i migranti[/h] [h=2]Ministro Interno Tripoli: 'Via dai centri, non sono al sicuro'[/h]
04 LUGLIO, 16:52
ROMA - Il governo libico del premier Fayez al Sarraj "dopo il massacro a Tajoura sta considerando il rilascio di tutti i migranti nei centri di detenzione, perché la loro sicurezza non può essere garantita". Lo ha detto il ministro dell'Interno Fathi Bashagha, come riferisce The Libya Observer.
"Il governo di accordo nazionale al momento sta considerando la chiusura dei centri e il rilascio dei migranti illegali per tutelare le loro vite e della loro sicurezza", si afferma in un post sulla pagina Facebook del ministero libico che riferisce su un incontro avuto dal ministro dell'Interno con il coordinatore umanitario dell'Onu in Libia, Maria Ribeiro.
Bashagha "ha confermato che il Governo di accordo nazionale è tenuto a proteggere tutti i civili, ma il fatto che vengano presi di mira i centri di accoglienza da aerei F16 e la mancanza di una protezione aerea per i migranti clandestini" nei centri stessi, sono tutte cose "al di fuori della capacità del governo", premette il post, riferendosi alla strage di migranti avvenuta l'altra notte a Tajoura, senza fornire indicazione sul numero di centri di cui si valuta la chiusura.
“Il timore è che la battuta di arresto delle forze di Haftar spinga le stesse a dare il tutto per tutto compiendo azioni disperate e criminali”, spiegano fonti della capitale. Oltre al rischio di un allargamento del conflitto su base regionale così come accaduto per la Siria o lo Yemen. Entrambe le parti godono del sostegno militare di governi stranieri, Emirati Arabi Uniti ed Egitto dalla parte di Bengasi, Turchia e Qatar da quelle tripolitina. Con tanto di reciproche forniture di armi, come il recente invio di mezzi da parte di Ankara a Sarraj dinanzi al quale Haftar ha gridato vendetta attuando ritorsioni mirate come il bombardamento dell’aeroporto di Mitiga dove si trovava un drone turco. Il conflitto, se prolungato, rischia inoltre di creare le condizioni ottimali per il proliferare del terrorismo, oltre a interrompere le forniture di petrolio, accelerare le migrazioni attraverso il Mediterraneo verso l’Europa e far fallire i piani Onu per elezioni in tempi utili come primo passo per la ripresa di quel cammino verso la stabilizzazione del Paese interrotto ormai da quasi un anno. Oltre al rischio più immediato, quello di veder morire sotto i bombardamenti delle opposte fazioni tanti civili (è di almeno 800 morti il bilancio attuale) e in particolare i più deboli, donne, bambini anziani e quei migranti imprigionati in prigioni al limite della sopravvivenza al termine, capolinea di quei traffici criminali di cui diventano vittime spinti dal miraggio di una vita migliore
04 LUGLIO, 16:52
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ROMA - Il governo libico del premier Fayez al Sarraj "dopo il massacro a Tajoura sta considerando il rilascio di tutti i migranti nei centri di detenzione, perché la loro sicurezza non può essere garantita". Lo ha detto il ministro dell'Interno Fathi Bashagha, come riferisce The Libya Observer.
"Il governo di accordo nazionale al momento sta considerando la chiusura dei centri e il rilascio dei migranti illegali per tutelare le loro vite e della loro sicurezza", si afferma in un post sulla pagina Facebook del ministero libico che riferisce su un incontro avuto dal ministro dell'Interno con il coordinatore umanitario dell'Onu in Libia, Maria Ribeiro.
Bashagha "ha confermato che il Governo di accordo nazionale è tenuto a proteggere tutti i civili, ma il fatto che vengano presi di mira i centri di accoglienza da aerei F16 e la mancanza di una protezione aerea per i migranti clandestini" nei centri stessi, sono tutte cose "al di fuori della capacità del governo", premette il post, riferendosi alla strage di migranti avvenuta l'altra notte a Tajoura, senza fornire indicazione sul numero di centri di cui si valuta la chiusura.
“Il timore è che la battuta di arresto delle forze di Haftar spinga le stesse a dare il tutto per tutto compiendo azioni disperate e criminali”, spiegano fonti della capitale. Oltre al rischio di un allargamento del conflitto su base regionale così come accaduto per la Siria o lo Yemen. Entrambe le parti godono del sostegno militare di governi stranieri, Emirati Arabi Uniti ed Egitto dalla parte di Bengasi, Turchia e Qatar da quelle tripolitina. Con tanto di reciproche forniture di armi, come il recente invio di mezzi da parte di Ankara a Sarraj dinanzi al quale Haftar ha gridato vendetta attuando ritorsioni mirate come il bombardamento dell’aeroporto di Mitiga dove si trovava un drone turco. Il conflitto, se prolungato, rischia inoltre di creare le condizioni ottimali per il proliferare del terrorismo, oltre a interrompere le forniture di petrolio, accelerare le migrazioni attraverso il Mediterraneo verso l’Europa e far fallire i piani Onu per elezioni in tempi utili come primo passo per la ripresa di quel cammino verso la stabilizzazione del Paese interrotto ormai da quasi un anno. Oltre al rischio più immediato, quello di veder morire sotto i bombardamenti delle opposte fazioni tanti civili (è di almeno 800 morti il bilancio attuale) e in particolare i più deboli, donne, bambini anziani e quei migranti imprigionati in prigioni al limite della sopravvivenza al termine, capolinea di quei traffici criminali di cui diventano vittime spinti dal miraggio di una vita migliore