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STORIE DI PAESE: Titino l’invincibile
Saruzzo Sarcinello detto u’pitture, possedeva un gallo.
Veramente possedeva anche svariate galline, ma il gallo Titino era il suo preferito. Un galletto corto, nero e furbacchione,dai barbagli cremisi e dagli occhietti furbi.
Lo teneva con tutti gli onori come un fratello e meglio di un figlio, nel pollaio nel cortile dietro la casa. Ma il gallo Titino aveva un’anima vagabonda e gitana e proprio non ne voleva sapere di farsi i fatti suoi nella sua “iaddinara”, e se ne andava a curiosare qua e la per la via, col permesso del suo padrone. Dirimpetto alla casa di Sarcinello stava l’abitazione di Tano Raccuia, detto u’curto, con il quale il primo aveva una serie infinita di contrasti e rancori che risalivano alla notte dei tempi e coinvolgevano le rispettive famiglie da generazioni e generazioni.
Ora, poiché il gallo Titino era d’animo buono e generoso, si mise in testa di mettere pace fra i due e così prese l’abitudine di passare e spassare sotto la finestra del Raccuia,di giorno e di notte, per omaggiarlo di sontuose e interminabili serenate, nelle quali si produceva a gola spiegata.
Tano Raccuia era però uomo dai gusti semplici che si spezzava la schiena per far campare la numerosa famiglia e, poco avvezzo a gustare i piaceri dell’arte, non gradiva affatto le attenzioni canore del gallo Titino e così, come fu come non fu, decise di rivolgersi alla legge per risolvere una volta per tutte la questione. L’avvocato che interpellò, uno sbarbatello alle prime armi, l’unico però che poteva permettersi, gli consigliò di preparare documenti e certificati medici attestanti il grave stato di nocumento in cui il tapino si trovava a causa delle molestie del gallo in questione. Nottate perse, pressione alta, crisi di collera, impossibilità a lavorare per la grave stanchezza fisica dovuta alle nottate in bianco…tutto questo avrebbe dovuto convincere il giudice senza ombra di dubbio, della giustezza delle sue lagnanze.
In un paese piccolo, tutti sono più o meno alla lontana imparentati fra di loro, e fu cosa naturale che si formassero due fazioni: una a favore del gallo Titino e del suo padrone, u’ pitturi, e l’altra che tifava per Tano Raccuia. Nella strada dov’era il domicilio del gallo canterino però, la maggioranza era a favore di Saruzzo Sarcinello. Si giunse così al processo davanti al giudice di pace dott. Randazzo il quale dopo aver cercato di addivenire ad una conciliazione tra le parti, conciliazione resa impossibile dal carattere cocciuto del Raccuia che ad ogni costo voleva conto e ragione, dovette prendere atto dei fatti.
Il giudice Randazzo, uomo prestante e giovanile, amante del bel vivere e delle belle donne, istintivamente provava simpatia per Saruzzo Sarcinello, piuttosto che per il suo avversario, in quanto il primo era uomo colto, appassionato dell’arte, con la passione della pittura e della buona musica, tuttavia la legge è legge e a malincuore emise la sua sentenza. Il gallo Titino fu condannato all’esilio e al conseguente domicilio coatto presso un allevatore di polli di un paese vicino. Venne disposto altresì che il maresciallo della locale stazione dei carabinieri, si recasse personalmente a casa del Sarcinello per accertarsi che la sentenza fosse prontamente eseguita.
La cosa fece scalpore, soprattutto nella strada dove vivevano i due contendenti. L’idea di non sentire più le prodezze canore del gallo Titino che a voce spiegata salutava il sorgere dell’alba, disturbava quelli che avevano una profonda simpatia per u’ pitturi ritenuto onore e vanto “du paisi”, mentre al contrario non potevano digerire Tano u’ curto e il suo carattere selvatico e lupigno.
Perfino la televisione locale Tele Perla del Mediterraneo, mandò in onda svariati servizi e interviste riguardanti la faccenda. E in quella situazione, si arrivò al giorno dell’esecuzione della sentenza.
Sul luogo venne mandato il primo giornalista di Tele