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PRIMA LI MANGIAVANO OGGI LI VENDONO

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[h=1]“Dicevano papà è uno str...”. Così i demoni strappavano i bimbi[/h] [h=2][/h]
Pazzo per gli assistenti sociali, ma capace di intendere per gli psichiatri dell'Asl. Una scusa per portargli via i bambini. Nuove ombre sul sistema degli affidi dei bambini

Costanza Tosi - Dom, 14/07/2019 - 09:07
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Per i servizi sociali Stefano era pazzo, incapace di intendere e di volere. E così gli assistenti sociali di Castelnovo Monti, gli hanno strappato i suoi tre figli.
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Per sempre. Una diagnosi che poi è risultata priva di ogni fondamenta perché Stefano pazzo non lo è mai stato. Ma ormai non si poteva più tornare indietro. Era troppo tardi per risparmiare a Stefano anni di lotte e sofferenze.

Nel 2015, Stefano si separa dalla propria moglie. Come in molti casi i litigi non mancano e il conflitto si inasprisce tanto che la donna minaccia di portargli via i bambini. Viene chiamato un consulente tecnico d’ufficio il quale, dopo aver valutato la questione, decide di ricorrere agli assistenti sociali. Da questo momento, per Stefano, ha inizio il calvario. Gli assistenti sociali chiamano a colloquio il padre e, dopo i controlli, arriva la prima relazione. Stefano viene dichiarato “inadeguato per crescere i bambini” e mandato in cura presso un centro di salute mentale. Viene fatto passare per pazzo come lui stesso ci racconta: “Mi hanno tolto i bambini, non me li facevano più vedere se non in brevi e sporadici incontri protetti”..

Costretto a fare gli accertamenti, dopo che i brevi colloqui con gli assistenti sociali avevano messo in dubbio la sua stabilità mentale, Stefano legge con sollievo la prima diagnosi positiva, che gli avrebbe permesso di riabbracciare i propri figli, emessa da un neuropsichiatra della Asl di Castelnovo Monti, piccolo paese dell’Emilia Romagna. Era lì che viveva Stefano insieme alla sua famiglia. A soli 42 chilometri da Bibbiano, la città degli “Angeli e dei Demoni”, come definita dalle carte dell’inchiesta che ha scosso l’Italia.

L’incubo per Stefano non svanisce, anzi. Viene convocato nuovamente il ctu (consulente tecnico d’ufficio) presso il tribunale di Reggio Emilia e, nonostante le visite andate a buon fine, la sentenza è l’ennesimo colpo al cuore: viene infatti dichiarato inadatto a svolgere il ruolo di padre perché, secondo i medici di parte, aveva gravi problemi mentali. Una sentenza che non toglie a Stefano la forza di lottare per avere giustizia. Il papà chiede un colloquio con i servizi sociali, durante il quale decide di portare con sè un telefono per registrare la conversazione. Una conversazione che lui stesso ha reso pubblica e che è a dir poco surreale. “Volevo avere le prove di come avrebbero giustificato la loro posizione. Io ho portato loro il referto medico che certificava la mia ottima salute mentale. Era una cosa su cui nessuno avrebbe potuto controbattere. Erano spalle al muro”, ci racconta Stefano.

Andato via, il padre, dimentica nella sala il proprio zaino dentro il quale c’era il registratore. Lo recupera dopo 40 minuti e scopre delle registrazioni choc.

“In quelle registrazioni c’erano discorsi agghiaccianti.” Ci dice Francesco Miraglia, avvocato specializzato in diritto dei minori, legale dell’uomo. “Dicevano: “Questo è uno stronzo (riferendosi allo psichiatra che aveva fatto la prima diagnosi), come facciamo a sostenere che questo è pazzo adesso?”. E poi, ancora, lunghe risate tra le quali gli psicologi cercavano di capire il modo migliore di agire per riprendere in mano la situazione. Per non dargliela vinta.

Poco dopo l’incontro, però, arriva la decisione del tribunale: bisogna ripetere la ctu. E il giudice, questa volta, cambia la sentenza. Il padre è improvvisamente diventato capace di intendere e di volere. Nessuna mancanza psichica. Nessun bisogno di cure mentali. Stefano ha estratto alcuni brani dalla registrazione, e ha deciso di denunciare il suo caso pubblicandoli sulla propria pagina Facebook. Ma invece di ricevere delle scuse, la vittima delle falsità e dei complotti di alcuni assistenti sociali, viene perfino querelato. Denunciato per diffamazione. Sia dagli operatori che dal sindaco di Castelnovo Monti che, dalla storia raccontataci da Stefano, non c’entrerebbe nulla nel caso.


“Episodio assurdo e gravissimo” ha commentato il legale. “Questi costruiscono diagnosi false con le quali tolgono i bambini alle persone! Ma come lavorano? Mancano buon senso e competenza professionale. E in questo modo quante vite si sono rovinate? Bisogna fare chiarezza.” Questa che vi raccontiamo è l’ennesima storia di violenze e soprusi, che getta ancora più ombre sul sistema degli affidi in Italia.
 

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[h=1]Degrado all'ospedale: l'accampamento abusivo dei migranti sgomberati[/h] [h=2][/h]
A Napoli sono una trentina i senzatetto da due settimane accampati fuori all'ospedale Loreto Mare. In 10 giorni la direzione sanitaria ha sollecitato per due volte l'intervento della polizia municipale

Agata Marianna Giannino - Sab, 13/07/2019 - 18:13
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Sono una trentina i senzatetto accampati da un paio di settimane davanti all’ospedale Loreto Mare. Hanno sistemato i loro giacigli sul marciapiede lungo il muro di cinta della struttura ospedaliera.
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Si tratta di parte degli immigrati che vivevano nel parco della Marinella, l’area dove da un ventennio si attende la nascita di un parco urbano attrezzato. Occupavano una baraccopoli più volte smantellata e dopo l’ultimo sgombero, risalente al 26 giugno scorso, i clochard si sono riversati in via Marina e lì, quasi tutti, hanno poi finito per stanziarsi nello spazio destinato al verde che costeggia il Loreto Mare. In quei pochi metri quadrati all’aperto, fanno di tutto: mangiano, bevono, si ubriacano, dormono e fanno i bisogni, davanti agli occhi sconcertati di passanti e dei pazienti dell’ospedale. Le conseguenze, in termini igienico-sanitari, sono evidenti: rifiuti, escrementi, tracce di urina insozzano il marciapiede riqualificato.

“L’igiene dell’ospedale non risulta intaccata”, rassicura il direttore sanitario del presidio ospedaliero, Michele Ferrara, per il quale i danni si limitano a quelli di immagine. “Disagi non ne abbiamo – afferma – l’immagine è sicuramente importante in questi casi. Siccome non si tratta di territorio del presidio ma di territorio comunale, abbiamo fatto richiesta al Comune di interessarsi del problema”. Per due volte negli ultimi dieci giorni ha sollecitato l’intervento della polizia municipale, nel secondo caso precisando in calce alla comunicazione che la “situazione è insostenibile”, ma fino ad oggi non ha ottenuto nessuna risposta.
L’accampamento dei migranti davanti all'ospedale
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La presenza ormai fissa dei clochard crea numerosi disagi a chi vive e lavora in zona che, oltre ai problemi legati alla sporcizia, solleva anche la questione sicurezza. Diversi clochard che bivaccano nello spazio antistante l’ospedale spesso si ubriacano, e chi frequenta quel posto non si sente al sicuro. “Io a una certa ora devo chiudere. Ho paura di lavorare fino a tardi, perché questi girano in quattro o cinque di loro e sono sempre ubriachi”, dice Vincenzo Incoronato, il titolare di un piccolo pub, preoccupato per sé e soprattutto per le sue figlie, con cui gestisce il locale. Solo la settimana scorsa nel locale entrò un uomo seminudo, visibilmente in stato di ebbrezza: “Le mie figlie stavano cucinando, si spogliò davanti a loro. Chiamai la polizia. Vennero dopo mezzora ma già se n’era andato perché io nel frattempo l’avevo cacciato”. “Noi questa situazione non la possiamo sostenere più”, sbuffa Vincenzo, che per il degrado e l’abbandono in cui è stata lasciata l’area sta perdendo clienti.

Segnalazioni sarebbero state effettuate agli organi competenti da residenti, commercianti e comitati di cittadini, ma fino ad oggi nessuno è intervenuto. In quel dormitorio a cielo aperto gli occupanti aumentano ogni giorno, sostengono nel quartiere. È di sera che i senzatetto si affollano in quello che dovrebbe essere uno spazio per aiuole che si sono viste soltanto al termine dei lavori di riqualificazione. Sono principalmente disperati, a cui la vita ha tolto anche la dignità. “Una donna anziana ieri si è abbassata le brache davanti a tutti”, racconta Nando, che vive nelle vicinanze con la famiglia. Scene di tutti i giorni, ormai.

“Hanno fatto lavori di riqualificazione in questa strada rendendola così bella, e poi non c’è un vigile, non c’è un’amministrazione comunale presente che garantisca non solo un decoro alla città, ma finanche la sicurezza ai cittadini che passano”, sbotta l’avvocato Bruno Merelli che vicino al Loreto Mario ha il suo studio. “Da 9 anni e mezzo che lottiamo con questo problema. Prima erano nel parco della Marinella, ora proprio sul suolo cittadino, dove c’è un ospedale. Il problema c’è ma l’amministrazione e la municipalità non ci hanno dato risposta”, afferma Nicola Di Frenna, presidente del comitato cittadino “Via Vespucci-Parco della Marinella”. Un po’ per tutti, quindi, l’amministrazione comunale latita nella risoluzione di tale
questione. Giuseppe Marzano, del comitato “Noi contro la malasanità”,
chiede provvedimenti, poi rivolge un appello al sindaco Luigi De Magistris: Una volta che li fa venire qua e che li va a prendere pure in mare, che li sistemasse pure. Perché non è giusto farli arrivare e, poi, abbandonarli per strada. Quindi si prenda le sue responsabilità: una volta accolti, li mette pure a lavorare.



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Clochard accampati davanti all'ospedale Loreto Mare
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"Per il “Jova beach party”, Jovanotti, alcuni comuni e attenzione attenzione ....la Coop cercano un esercito di volontari disposti a lavorare dalle 10 alle 16 ore in cambio di bibita, panino e un 'gadget speciale'.
Il fatto che questa iniziativa sia sbandierata dai promotori come un’opportunità “cool” ci dimostra a che livello sia arrivato il rispetto per i lavoratori in Italia...




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HANNO SOLO ODIO ED ARRAMPICARSI SUGLI SPECCHI E NON FARE NULLA COME I MIGRANTI ECCO PERCHE' STANNO BENE INSIEME


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CRIMINALI DUE VOLTE- MA NULLA è PER SEMPRE ,ANDRETE A SPARIRE SE CI SARANNO ITALIANI VERI.



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NON SI AMANO GLI ITALIANI CHE GLI PAGANO IL LAUTO STIPENDIO ?vOMITANO SUL PIATTO IN CUI MANGIANO MA ARRIVERA' UN GIORNO CHE SI MANGERANNO IL VOMITO.


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SI ADESSO CHI LI MANTIENE IN CARCERE ? MA NOI COGLIONI ITALIANI.
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