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[h=3]ambiente[/h] [h=1]Pane all'arsenico: a Viterbo è emergenza[/h] [h=2]I dati choc dell’Istituto Superiore di Sanità: la concentrazione è oltre il doppio rispetto a quella nella popolazione generale[/h]
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Con le taniche si fa la coda all'autobotte che porta l'acuqa potabile (Proto)
ROMA - L’arsenico ha contaminato con maggiori concentrazioni i cittadini di Viterbo e provincia. Lo decretano i dati choc dell’Iss, l’Istituto Superiore di Sanità, che ha condotto uno studio, in collaborazione con gli Ordini dei medici, per monitorare lo stato di salute dei residenti di 5 comuni della provincia di Latina, Roma e delle aree del viterbese (16 comuni). Tutte zone interessate dal problema dell’eccessiva presenza di arsenico nelle acque pubbliche: a dicembre 2012 era infatti scaduta la terza deroga europea in dieci anni, che consentiva di erogare acqua con livelli della sostanza tossica superiore a 10 microgrammi per litro. Un provvedimento scaturito anche a seguito dell’introduzione dell’arsenico tra le sostanze cancerogene da parte dell’Oms fin dal 2001. A inizio gennaio erano scattate le ordinanze dei sindaci e i divieti per i cittadini di utilizzare l’acqua dei rubinetti. Persa la corsa contro il tempo per la creazione di dearsinificatori e la messa a norma degli acquedotti, agli abitanti non è rimasto altro che rifornirsi quotidianamente alle fontanelle non fuorilegge. BAMBINI A RISCHIO – A Viterbo e provincia, secondo l’Iss, la concentrazione della sostanza nell'organismo dei residenti è oltre il doppio rispetto a quella nella popolazione generale. Maggiori concentrazioni sono state rilevate anche nei bambini. Le analisi sono state condotte su campioni di unghie e urine di 269 soggetti sani (da 1 a 88 anni di età) residenti nelle aree a rischio. Nei viterbesi, la concentrazione della sostanza nelle unghie è risultata pari a 200 nanogrammi per grammo contro gli 82 nanogrammi di un gruppo di controllo nella popolazione generale. Livelli alti anche nelle urine, ma solo dei soggetti che usano l'acqua sia per bere che per cucinare: 20 microgrammi per litro contro i 15 microgrammi come livello atteso più elevato nella popolazione generale.
Fatica quotidiana per l'acqua
di Valeria Costantini

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PANE ALL’ARSENICO – La salute dei cittadini però non è stata messa a rischio solo dall’acqua. Le analisi dell’Iss rivelano alte concentrazioni della sostanza pericolosa anche nella catena alimentare, con livelli superiori ai limiti di legge nel pane prodotto nell'area del viterbese. Ulteriori esami sono in corso su vari tipi di prodotti alimentari, ma dai dati preliminari emergono alti livelli di arsenico nel pane superiore a quello di aree con livelli di fondo, mentre sono in corso le analisi di ortaggi coltivati in tali aree. «La causa è da individuarsi nella maggiore presenza di arsenico nei terreni ma pure nell'uso di acqua erogata dalla rete idrica - e fuori norma rispetto alla concentrazione di arsenico - utilizzata per irrigare», spiegano dall’Iss.

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Rifornimento ad una fontana non inquinata (Proto)
EMERGENZA DA GESTIRE – «Il sistema si è attivato, no agli allarmismi: ora ci sono i dati per intervenire in maniera adeguata ed equilibrata», ha sottolineato Francesco Cubadda, responsabile dell’analisi dell’Iss. «Lo studio è la dimostrazione - rileva Cubadda - che il sistema si è attivato per condurre ricerche mirate per caratterizzare il rischio della popolazione, condizione essenziale per l'adozione di misure di tutela sanitaria adeguate ed equilibrate». Esposizione, precisa l'esperto, non equivale automaticamente a rischio per la salute, «poichè vi è ancora incertezza sull'esistenza o meno di effetti dell'arsenico inorganico ai livelli espositivi misurati nelle province del Lazio interessate dallo studio». DENUNCE INASCOLTATE - «Adesso, con questi risultati - conclude Cubadda – abbiamo un riferimento rispetto al quale possiamo valutare l'efficacia nel tempo degli interventi che sono stati già intrapresi e di quelli che seguiranno, volti a ridurre l'esposizione all'arsenico inorganico». Da anni in realtà c’era chi tra i tanti, come Raimondo Chiricozzi del Comitato Acqua Potabile di Ronciglione, sottolineava i dati inquietanti degli studi clinici. «Le analisi del Dipartimento Epidemiologico della Regione Lazio degli ultimi anni indicano un alto eccesso di mortalità per tumori nella Tuscia, frutto della contaminazione da arsenico», ha segnalato Chiricozzi.

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L'ordinanza che vieta il consumo di acqua dell'acquedotto pubblico a Bracciano (Proto)
RISARCIMENTI MILIONARI - Mentre tra Viterbo, Civitavecchia e Latina si corre ai ripari con i dearsinificatori (solo ad Aprilia l’impianto è costato 3 milioni di euro), i cittadini hanno già preparato ricorsi e richieste di risarcimento. Sui rischi per la salute derivanti dall’utilizzo di cibi tossici, il Codacons chiede alle Asl territoriali di intervenire, disponendo la chiusura di quegli esercizi commerciali costretti ad utilizzare acque contaminate per la produzione di alimenti. «Ma le attività come panetterie, ristoranti, bar operanti nel Lazio non hanno alcuna colpa per la grave situazione determinatasi: – spiega il presidente Carlo Rienzi – per questo abbiamo deciso di intervenire in loro soccorso, avviando una azione risarcitoria contro i Ministeri competenti e la Regione Lazio, per far ottenere ai gestori di esercizi commerciali adibiti alla produzione di beni alimentari che prevedono l’uso di acqua, il risarcimento dei danni subiti, fino ad un massimo di 1 milione di euro ad attività». 12 aprile 2013 | 16:12
 

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