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[h=1]L’immigrazione mette in crisi anche la burocrazia in Germania[/h]
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In Germania come in Italia ed in Grecia: l’assetto attuale della burocrazia appare in difficoltà sul fronte immigrazione. Molte le domande di asilo, pochi gli impiegati che possono trattare celermente la questione e così in centinaia restano all’interno del paese senza sapere il proprio destino. Un problema noto, per l’appunto, nei paesi di primo approdo come Italia e Grecia: in quest’ultima nazione da settimane si parla addirittura di un possibile piano degli stessi migranti di forzare le frontiere ed uscire dai confini ellenici. Sorprende, ma fino ad un certo punto, il problema inerente la Germania. [h=2]Tedeschi in difficoltà dal 2015[/h]
Sul fronte immigrazione un anno cruciale è indubbiamente il 2015: complice l’avanzata dello Stato Islamico tra Siria ed Iraq, in migliaia si riversano in Turchia e, da qui, prova a raggiungere il nord Europa. Si tratta della cosiddetta “rotta balcanica“, il percorso cioè dei migranti che attraverso i paesi dell’est del vecchio continente arrivano in paesi quali Svezia e Germania in primis. Ma in quell’anno si registra anche la presa di posizione politica da parte del cancelliere tedesco Angela Merkel: il capo dell’esecutivo decide aprire le frontiere e fa arrivare nel suo paese circa un milione di immigrati, perlopiù siriani. Da più parti arrivano plausi alla scelta tedesca, la stessa Merkel diventa la paladina di quei movimenti che si battono per un’accoglienza sostanzialmente senza grossi controlli. In realtà da quel momento per la Germania e per lo stesso governo di Berlino inizia un autentico incubo.

Arrivano problemi di ordine pubblico, la gestione diventa molto difficile, molti tedeschi iniziano a vedere nella strategia della Merkel un autentico fallimento, nei sondaggi avanza anche il movimento Afd, che parla della necessità tra le altre cose di controllare le frontiere. L’esecutivo tedesco attua quindi un repentino passo indietro e spinge la stessa Unione Europea ad un accordo con la Turchia, in cui si sancisce il pagamento da parte di Bruxelles di tre miliardi l’anno ad Ankara per trattenere i migranti in Anatolia. Ma intanto in Germania il dado è tratto: l’improvvisa impennata di arrivi, mette in crisi il sistema burocratico. Una situazione ben descritta su ItaliaOggi, il quale a Berlino ravvisa gli stessi problemi che sussistono in Italia: decine di migranti rimangono senza avere risposte sul diritto d’asilo in quanto gli uffici preposti appaiono oberati di lavoro.

Una sola pratica potrebbe rimanere richiusa nel cassetto per diversi anni, in tanti rimangono in giro per la Germania in quanto per diverso tempo nulla si conosce sulla loro sorte: non si decide né di accettare la domanda di asilo, né di espellere eventualmente il soggetto in questione. Difficoltà a cui i tedeschi, che da sempre fanno della propria burocrazia un vanto, non sono abituati. Un’altra grana politica per la Cdu, il partito della Merkel, in vista delle prossime prove elettorali.
[h=2]Burocrazia sottodimensionata [/h]
Ma il caos relativo alla questione migratoria, mette in mostra una complessiva situazione dell’organizzazione statale ed amministrativa tedesca non più rosea come un tempo. Come descritto ancora dallo stesso Roberto Giardina, in Germania negli attuali organici mancano almeno 185.000 soggetti: tra poliziotti, impiegati, vigili del fuoco ed insegnanti, c’è una vera e propria emergenza relativa alla carenza di personale in molti settori. Anche qui si fanno tagli, anche in Germania appare difficile sostituire chi va in pensione, sempre più uffici hanno le scrivanie vuote e con il tempo la situazione potrebbe pure peggiorare.

Intanto la questione migratoria è quella più lampante sotto questo fronte: migliaia di richieste impossibili da esaminare creare un grave danno di immagine per lo Stato tedesco, ma anche di problemi relativi all’ordine pubblico per via di una sempre più massiccia presenza di migranti che per anni non conoscono il proprio destino. [h=3]Articoli correlati[/h]
 
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[h=1]Adesso Macron cerca di abbandonare l’austerity e Germania[/h]
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Emmanuel Macron ha consapevolezza della necessità di un cambiamento. Le toppe che ha provato a mettere per sanare la situazione dei gilet gialli non stanno funzionando. Il quadro non cambia e le proteste continuano.

La Francia si avvicina all’appuntamento elettorale del 26 maggio, mentre i sondaggi raccontano di come Marine Le Pen possa scavalcare, in termini di consenso, l’inquilino dell’Eliseo. Qualcosa, in quella che doveva essere una presidenza riformista ed europeista, non sta funzionando a dovere.

A sottolineare come Macron possa sterzare, allontanandosi dall’austerity e da posizioni germanofile è stato il quotidiano Italia Oggi, che ha richiamato l’analisi in materia fatta da Der Spiegel. Angela Merkel e il leader de La Republique En Marche sono i volti noti dell’Ue a trazione franco – tedesca, ma la biunivocità – questo è il dato da cui partire per comprendere l’intero ragionamento – sta convenendo solo a uno dei due contraenti del trattato di Aquisgrana. Der Spiegel ha evidenziato come Macron, almeno per mezzo di un virgolettato, abbia iniziato a parlare di Germania alla stregua di una locomotiva che non guarda al resto del treno.

Non è un argomento nuovo, ma spesso è stato avanzato dagli euroscettici. Fa scalpore, insomma, ascoltarlo da uno dei, se non dal, principali partner geopolitici e commerciali dei tedeschi.Sebastién Maillard, un importante analista – ci dicono sempre le fonti citate – ha approfondito quello che gli americani chiamano momentum.

Siamo dinanzi a una fase clou: o Macron trova la ricetta per sganciarsi da una posizione di appiattimento eccessivo oppure l’enfant prodige della politica francese rischia di schiantarsi, politicamente parlando, per il volere elettorale degli stessi cittadini transalpini. Quelli che lo hanno eletto presidente. Questo lo si legge dalle rilevazioni elettorali. Non può sbagliare e non esistono, a ben vedere, opportunità di diversa tipologia.

Ai francesi non piace tanto l’austerity quanto la sua imposizione. La grandeur, poi, risente della subalternità ai confinanti teutonici. Vogliono recitare un ruolo da protagonisti e lo vogliono fare battendo un sentiero proprio. Quando la Francia – dicono – si è adagiata troppo alla Germania, le cose non sono mai andate bene. Il fatto che Macron viva di luce riflessa della Merkel, come pare, non viene visto di buon occhio.

Nella prossima scena di questo film, Macron proverà a cambiare narrativa, ma serviranno pure interventi concreti. I gilet gialli e il ceto medio d’Oltralpe, quello impoverito, che secondo Alain de Benoist ha prodotto il fenomeno populista, attendono una redistribuzione sociale. Non basterà modificare il messaggio mediatico. Vedremo se questo cambiamento verrà operato per tempo: al rinnovo del Parlamento europeo manca meno di un mese.
 

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