R
Roby
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Un tempo si diceva: "In nome di Dio e per Volontà della Nazione". Poi Dio è stato esonerato dalle responsabilità e l'affermazione è cambiata in "In nome del Popolo Italiano". Non so se ciò che seguiva questa affermazione era veramente espressione della volontà del popolo Italiano. Certo è che poche sono le cose che come il gioco del lotto appartengono completamente dalla nascita ad oggi alla gente.
A Genova cinquecento anni fa era in uso scommettere sulle nomine dei novanta consiglieri. In occasione della scelta semestrale di cinque membri dei Serenissimi Collegi (Camera e Senato) in sostituzione di altrettanti uscenti di carica, i cinque nomi venivano estratti a sorte fra quelli di 120 candidati.
I nominativi venivano inseriti in un'urna chiamata “seminario” dalla quale venivano estratti.
Per questa ragione le scommesse, all'inizio, presero il nome di “gioco del seminario”. Successivamente, i nominativi imbussolati (da qui il nome di bussolotti) si ridussero da 120 a 90 e, per ragioni pratiche, furono contrassegnati anche da un numero d'ordine.
Nonostante l'ostilità iniziale dei governanti della Repubblica Genovese, le scommesse ebbero subito una grande diffusione, tant'è che i responsabili del governo, prima ostili, le fecero proprie e le regolamentarono per scopi fiscali, gravando il gioco (1634) con un’ imposta.
Dal 1644 la raccolta delle giocate fu appaltata ad imprenditori autorizzati. Il successo di questo gioco fu rapido ed immediato e si diffuse sin dal XVII secolo in quasi tutti gli stati italiani, prendendo il posto delle altre lotterie in uso in quel tempo. Ai nominativi dei candidati a cariche pubbliche, si sostituirono quelli di ragazze povere da marito. Le cinque fortunate estratte ricevevano, a titolo di dote, una somma in denaro.
I proventi del lotto furono impiegati anche a scopo benefico. Emblematico in tal senso è l'ordinamento dello Stato Pontificio, con il quale Clemente XII (1731) non solo ristabilì il gioco del lotto che era stato messo al bando dai suoi predecessori, ma oltre ai sussidi dotali alle cinque zitelle povere sorteggiate, destinò l'utile netto derivante dal gioco ad opere pie, all'aiuto delle missioni e ad altre iniziative caritatevoli. Dispose inoltre che la gestione del gioco fosse affidata ad una delle confraternite attive nella città. Fra queste figura l'Arciconfraternita di S. Gerolamo della Carità.
In seguito i proventi del lotto furono usati, oltre che per scopi benefici, anche per opere di miglioria e risanamento, come quella disposta da Pio VI nel 1785 per la bonifica delle Paludi Pontine.
Con l'unità d'Italia il gioco del lotto era diffuso praticamente in tutto il Paese, eccezion fatta per la Sardegna.
I singoli stati gestivano direttamente il gioco in forma di monopolio.
Anche oggi nel nostro Paese il lotto è monopolio nazionale. I proventi vengono utilizzati, secondo le decisioni prese di volta in volta dai vari governi, per scopi diversi, fra i quali particolare importanza hanno assunto negli ultimi tempi il restauro di opere d'arte ed il risanamento di antichi monumenti di grande valore storico.
In Italia il lotto è qualcosa di più di un gioco, un’istituzione storica vivente, attiva e perfettamente funzionante. Il mondo intero ci invidia quello che a giusta ragione è stato chiamato da taluni “il gioco più bello” e che tutte le nazioni hanno imitato, avendo cura di conservare anche nelle varianti il nome originale, LOTTO, per rispetto al nostro Paese.
A Genova cinquecento anni fa era in uso scommettere sulle nomine dei novanta consiglieri. In occasione della scelta semestrale di cinque membri dei Serenissimi Collegi (Camera e Senato) in sostituzione di altrettanti uscenti di carica, i cinque nomi venivano estratti a sorte fra quelli di 120 candidati.
I nominativi venivano inseriti in un'urna chiamata “seminario” dalla quale venivano estratti.
Per questa ragione le scommesse, all'inizio, presero il nome di “gioco del seminario”. Successivamente, i nominativi imbussolati (da qui il nome di bussolotti) si ridussero da 120 a 90 e, per ragioni pratiche, furono contrassegnati anche da un numero d'ordine.
Nonostante l'ostilità iniziale dei governanti della Repubblica Genovese, le scommesse ebbero subito una grande diffusione, tant'è che i responsabili del governo, prima ostili, le fecero proprie e le regolamentarono per scopi fiscali, gravando il gioco (1634) con un’ imposta.
Dal 1644 la raccolta delle giocate fu appaltata ad imprenditori autorizzati. Il successo di questo gioco fu rapido ed immediato e si diffuse sin dal XVII secolo in quasi tutti gli stati italiani, prendendo il posto delle altre lotterie in uso in quel tempo. Ai nominativi dei candidati a cariche pubbliche, si sostituirono quelli di ragazze povere da marito. Le cinque fortunate estratte ricevevano, a titolo di dote, una somma in denaro.
I proventi del lotto furono impiegati anche a scopo benefico. Emblematico in tal senso è l'ordinamento dello Stato Pontificio, con il quale Clemente XII (1731) non solo ristabilì il gioco del lotto che era stato messo al bando dai suoi predecessori, ma oltre ai sussidi dotali alle cinque zitelle povere sorteggiate, destinò l'utile netto derivante dal gioco ad opere pie, all'aiuto delle missioni e ad altre iniziative caritatevoli. Dispose inoltre che la gestione del gioco fosse affidata ad una delle confraternite attive nella città. Fra queste figura l'Arciconfraternita di S. Gerolamo della Carità.
In seguito i proventi del lotto furono usati, oltre che per scopi benefici, anche per opere di miglioria e risanamento, come quella disposta da Pio VI nel 1785 per la bonifica delle Paludi Pontine.
Con l'unità d'Italia il gioco del lotto era diffuso praticamente in tutto il Paese, eccezion fatta per la Sardegna.
I singoli stati gestivano direttamente il gioco in forma di monopolio.
Anche oggi nel nostro Paese il lotto è monopolio nazionale. I proventi vengono utilizzati, secondo le decisioni prese di volta in volta dai vari governi, per scopi diversi, fra i quali particolare importanza hanno assunto negli ultimi tempi il restauro di opere d'arte ed il risanamento di antichi monumenti di grande valore storico.
In Italia il lotto è qualcosa di più di un gioco, un’istituzione storica vivente, attiva e perfettamente funzionante. Il mondo intero ci invidia quello che a giusta ragione è stato chiamato da taluni “il gioco più bello” e che tutte le nazioni hanno imitato, avendo cura di conservare anche nelle varianti il nome originale, LOTTO, per rispetto al nostro Paese.