Estratto da Ciàula scopre la luna
(novella del 1907 di Luigi Pirandello, contenuta nella raccolta Novelle per un anno)
Trama :
La novella tratta di un povero manovale di nome Ciàula, che lavorava in una miniera di zolfo in Sicilia.
Lavorare di giorno o di notte nella miniera era la stessa cosa, infatti era sempre buio. E quando Ciaula risaliva per la scala carico di sacchi e rivedeva le cose di sempre illuminate dalla luce del sole, si sentiva rassicurato. Il buio della miniera comunque non lo intimoriva: conosceva perfettamente tutte le gallerie e si sentiva sicuro. Aveva invece molta paura del buio della notte, perché una volta nella miniera era scoppiata una mina che aveva fatto crollare una galleria: Ciàula, spaventato, si era nascosto in una grotta e vi ci era rimasto a lungo. Una volta uscito la notte fonda non gli permise di vedere quel che lo circondava, trasmettendogli un senso di smarrimento e timore.
Anche quella notte il protagonista trasportava il sacco pieno di zolfo, stravolto per la fatica, ma soprattutto impaurito per il buio che avrebbe trovato uscendo dalla miniera. Quando arrivò in prossimità degli ultimi scalini, tuttavia, con grande stupore si accorse di essere circondato da un lieve chiarore argentato. Sbalordito, non capì: lasciò cadere il sacco dalle spalle e, sollevate le braccia, aprì le mani nere verso la fonte di tale luce, la luna. Percepirà per la prima volta la bellezza della luce lunare, che gli aprirà un mondo del tutto nuovo di sensazioni, liberandolo, almeno per un po', del peso insopportabile della sua condizione.
....La scala era così erta, che Ciàula, con la testa protesa e schiacciata sotto il carico, pervenuto all'ultima svoltata, per quanto spingesse gli occhi a guardare in su, non poteva veder la buca che vaneggiava in alto.
Curvo, quasi toccando con la fronte lo scalino che gli stava di sopra, e su la cui lubricità la lumierina vacillante rifletteva appena un fioco lume sanguigno, egli veniva su, su, su, dal ventre della montagna, senza piacere, anzi pauroso della prossima liberazione. E non vedeva ancora la buca, che lassù lassù si apriva come un occhio chiaro, d'una deliziosa chiarità d'argento.
Se ne accorse solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque gli paresse strano, pensò che fossero gli estremi barlumi del giorno. Ma la chiaria cresceva, cresceva sempre più, come se il sole, che egli aveva pur visto tramontare, fosse rispuntato.
Possibile?
Restò - appena sbucato all'aperto - sbalordito. Il carico gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; aprì le mani nere in quella chiarità d'argento.
Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna.
Sì, egli sapeva, sapeva che cos'era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna?
Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva.
Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna... C'era la Luna! la Luna!
E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell'averla scoperta, là, mentr'ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore.
Ciao Sheila . moro