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Frate Indovino

SANTA GIULIANA vergine martire
Secondo la Passio, Giuliana nacque intorno al 285 a Nicomedia. Era l’unica della sua famiglia a essere cristiana, mentre suo padre Africano, funzionario imperiale, era seguace delle divinità pagane. La giovane era promessa sposa del prefetto della città, Eleusio, anch’egli pagano. Ma, per sposarlo, ella pose la condizione che si convertisse al Cristianesimo. Eleusio rifiutò di convertirsi e, spaventato di avere una moglie cristiana, con la sua autorità di prefetto, comandò che fosse torturata, perché rinnegasse la sua fede. Dopo diversi tormenti, la giovane fu condannata alla decapitazione, verso il 305.
Si narra che in carcere, le apparve il tentatore sotto forma di Angiolo, esortandola a sacrificare agli dei e a por fine ai suoi lunghi tormenti. Con la preghiera, Giuliana riconobbe però il demonio, e «allora - narra la leggenda - gli legò le mani di dietro, e gittandolo in terra si 'l batté durissimamente con la catena con la quale era legata, e 'l diavolo sì la pregava: “Madonna Giuliana, abbi misericordia di me”. Andò al supplizio traendosi dietro il demonio in catene che supplicava: “Madonna mia Giuliana, non fare ischernie di me, ch'io non potrò, da qui innanzi, avere valore contro altrui”».FB_IMG_1739696672725.jpg
 
I SETTE SANTI FONDATORI DELL’ORDINE DEI SERVI DELLA BVM
I Sette Santi Fondatori erano sette giovani fiorentini, ricchi mercanti, facenti parte di una compagnia di Laudesi. Essi erano devoti della Madonna e, ogni giorno, cantavano le “laudi” in suo onore, davanti a una immagine dipinta in una strada della città. Il 15 agosto 1233, la Regina del Cielo apparve ai giovani vestita a lutto e addolorata. Piangeva, perché i suoi figli erano tormentati da violente discordie ed erano divisi in fazioni nemiche (la storica lotta tra Guelfi e Ghibellini). I sette, che pur erano animati da rancori, gettarono le armi, si spogliarono di tutto e vestirono un abito a lutto come quello della Madonna. Istituirono la “Compagnia di Maria Addolorata”, si ritirarono sul Monte Senario, facendosi missionari di pace in una città violenta. Essi presero, in città, come riferimento la chiesa della Santissima Annunziata, dove organizzarono anche un Oratorio. I sette conducevano una vita di penitenza, vivevano del proprio lavoro, di preghiera e di servizio verso quanti erano nella necessità, con l’impegno e la rinuncia totale dei beni terreni. Decisero, in seguito, di dar vita al nuovo Ordine dei Servi di Maria, nel cui abito si riconosceva “un chiaro segno dell’umiltà e dei dolori che la beata Vergine Maria soffrì nella passione del suo Figlio”.FB_IMG_1739777489543.jpg
 
SANTA GELTRUDE COMENSOLI vergine fondatrice
Geltrude nacque in una famiglia povera nel 1847; ebbe dieci fratelli, ma sopravvissero solo in tre. La sua infanzia fu serena, era molto religiosa e seguiva con attenzione le catechesi del parroco e dei suoi confessori, tanto che maturò una fede salda, attratta dal Mistero della Presenza di Gesù nell’Eucaristia, cosa che cambierà la sua vita. A soli sei anni, era già impaziente di ricevere Gesù, così un mattino, si recò nella chiesa dove si stava celebrando la Messa, si avvicinò alla balaustra e ricevette la sua Comunione “segreta”. A venti anni entrò nella Compagnia di Sant’Angela Merici, dove fu ispirata a fondare un Istituto di Adoratrici che avessero cura dei bisogni educativi del tempo. Il padre si ammalò e Geltrude dovette tornare a casa. Ella per otto anni rimase lontana dal convento, prestando servizio presso alcune famiglie legate all’Ordine di cui faceva parte. Nel frattempo, maturò in lei l’idea di fondare un Istituto dedito all’Adorazione e all’Educazione dei piccoli e dei giovani, che si concretizzò con l’incontro, a Bergamo, con il sacerdote don Francesco Spinelli. Un crollo finanziario fu causa della separazione tra i due fondatori e alla divisione in due Istituti. Geltrude ne soffrì molto, ma considerò l’accaduto una prova presentata dal Signore e reagì con fede, tenacia e fiducia nella Divina Provvidenza, sottoponendosi alla Volontà di Dio. Un gruppo di suore rimasero con lei nel dolore, nella pazienza e nella speranza della ricostruzione. Così fu, il Signore ascoltò le preghiere di queste suore che desideravano adorarlo nell’Ostia Divina. Infatti, suor Gertrude riuscì a guidare le consorelle verso la ripresa e ottennero, nel 1891, anche il riconoscimento, con decreto del vescovo, dell’Istituto delle Suore Sacramentine di Bergamo, canonicamente eretto in Lodi. Le finalità dell’Istituto sono: “Adorare Gesù in Sacramento e Attendere a opere di carità verso il prossimo a seconda delle disposizioni della Divina Provvidenza, avendo di mira specialmente l’educazione della gioventù”. Nel 1900, papa Leone XIII concesse il riconoscimento pontificio all’Istituto con Decreto di Lode.FB_IMG_1739867421945.jpg
 
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SAN PIER DAMIANI vescovo dottore della Chiesa
Pietro nacque a Ravenna verso l’anno 988 da buona famiglia. Perse i genitori ancora fanciullo, così fu suo fratello maggiore, Damiano, a fargli da tutore. In riconoscenza di tutte le cure e le premure ricevute dal fratello, Pietro prese il soprannome di Damiano. Studiò a Faenza: eccelse per sapere e per integrità. Un giorno, incontrò due eremiti camaldolesi, ai quali confidò il suo desiderio di vivere in solitudine. Venne accolto nel loro Ordine, ritirandosi nel monastero di Fonte Avellana, di cui divenne presto abate. Dedicava tutto il suo tempo alla preghiera, allo studio della Sacra Scrittura e praticava la penitenza, mostrandosi ai giovani figli modello in ogni virtù. Quando rischiava di essere attratto dalla vita comoda, si tuffava nell’acqua gelata e vi rimaneva finché il corpo si intirizziva per il freddo. Per amore della povertà indossava le vesti più sdrucite. Fondò vari romitaggi, nei quali si formarono autorevoli figure di santi che collaborarono a risollevare la decaduta moralità di quei tempi. Pier Damiani, sebbene eremita, fu nominato vescovo di Ostia da Papa Stefano IX. Su di lui il Signore aveva ben altri disegni. In quel tempo, si diffuse la simonia e Pietro, con instancabile opera e penitenze, riuscì ad arginarla. Il fascino del suo esempio e del suo linguaggio incantava principi ed ecclesiastici. Portò a termine anche delicate missioni come quella di riuscire a distogliere l’imperatore Enrico IV dalla volontà di divorziare. Infine, ottenne dal Papa di ritornare alla vita solitaria del monastero. Nella sua cella, si dedicò alla stesura di libri di ascetica, che ne rivelano il talento e la santità. Per i suoi grandi meriti, la Chiesa lo ha nominato Dottore.FB_IMG_1740122879029.jpg
 
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LA CATTEDRA DI SAN PIETRO
Oggi, si celebra la festa della Cattedra di San Pietro, per ricordare due importanti tappe della missione compiuta dall’apostolo Pietro: lo stabilirsi del cristianesimo prima ad Antiochia, poi a Roma. La Cattedra è il seggio fisso del Sommo Pontefice e dei Vescovi. È posta permanentemente nella chiesa madre di ogni diocesi, da cui il nome appunto di “cattedrale”, ed è il simbolo dell'autorità del Vescovo e del suo magistero ordinario nella Chiesa locale. La Cattedra di San Pietro è il segno del ruolo che l’apostolo ricopriva nel collegio apostolico, e che deriva dalla esplicita volontà di Gesù, quando assegna a Pietro il compito di “pascere” il gregge, cioè di guidare il nuovo popolo di Dio, la Chiesa. Questa investitura riconosciuta da Cristo, ribadita dopo la risurrezione, viene rispettata. Infatti, dopo l’ascensione, Pietro svolgerà il ruolo di guida: egli presiedette alla elezione di Mattia, parlò a nome di tutti alla folla accorsa ad ascoltarlo davanti al cenacolo, nel giorno della Pentecoste e più tardi davanti al Sinedrio. Anche Erode Agrippa, condannando Pietro, sapeva di infliggere un duro colpo alla Chiesa nascente, con l’uccisione del suo capo. La sua venuta a Roma non ha però prove certe. L’unico elemento è la Lettera paolina ai Romani del 57 d.C., il cui contenuto fa pensare alla presenza in loco di un personaggio importante. Qualunque sia la data della sua venuta, insieme alla sua morte a Roma, sono eventi sostenuti da tradizioni antiche, accolte ormai universalmente.FB_IMG_1740209137472.jpg
 
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SAN POLICARPO vescovo martire
Policarpo nacque nel 69 d.C. da genitori cristiani. Fu discepolo dell’Apostolo Giovanni e vescovo di Smirne durante il regno di Traiano. Fu uno stimato pastore e teologo, così venne scelto come rappresentante della Chiesa d’Asia. Contrastò la diffusione delle dottrine docetiche, eretiche, perché negavano la realtà carnale del corpo umano di Cristo, la sua concezione e nascita umana e la realtà della sua sofferenza e della sua morte. Catturato, si rifiutò di sacrificare per l’imperatore e fu condannato ad essere arso vivo. Le fiamme, però, non lo bruciavano, allora fu colpito con un pugnale. Di Policarpo abbiamo la “Lettera ai Filippesi”: egli esorta alle virtù; impartisce insegnamenti alle donne e alle vergini; raccomanda ai giovani di tenersi lontani dalle passioni, che indeboliscono lo spirito; scrive che i presbiteri devono visitare gli infermi, assistere le vedove e gli indigenti e occuparsi della riconciliazione dei peccatori.FB_IMG_1740307128134.jpg
 
SANT’ETELBERTO re del Kent
Etelberto nacque intorno al 552 e fu incoronato re del Kent. Egli fu il terzo “bretwalda”, cioè “capo supremo” dell’Inghilterra e dei territori sottoposti alla sua giurisdizione. Sposò la principessa Berta, figlia di Cariberto re dei Franchi, di religione cattolica, alla quale permise di continuare a praticare la sua fede anche dopo il matrimonio. Grazie alla sua magnanimità e all’influenza di Berta, concesse l’ingresso a un gruppo di missionari cattolici mandati da papa Gregorio Magno e guidati dal monaco Agostino. Etelberto fornì aiuto e sostegno ai missionari: donò loro dei terreni e la possibilità di costruire un monastero; li lasciò anche liberi di evangelizzare. Egli stesso finì per convertirsi e collaborare all’opera evangelizzatrice. A Londra, Etelberto fece costruire la Cattedrale di San Paolo e vi nominò primo vescovo san Mellito. Nel Kent, il primo vescovo fu san Giusto. Egli fu un sovrano saggio: non costrinse mai i suoi sudditi ad abbracciare la fede cattolica, ma provvide al bene di tutti. Alla sua morte fu sepolto accanto alla moglie Berta, venerata anche lei come santa.FB_IMG_1740385025415.jpg
 
SAN CESARIO DI NAZIANZO medico
Cesario nacque in Cappadocia, precisamente a Nazianzo, nel 330, in una famiglia cristiana dalle grandi virtù spirituali. Infatti, suo padre Gregorio il Vecchio fu santo, sua madre Nonna fu santa, il fratello maggiore, santo e dottore della Chiesa, fu il teologo Gregorio Nazianzeno, e fu santa la sorella Gorgonia. Una famiglia che ha dato una bella testimonianza di amore e misericordia. Cesario studiò medicina e per le sue capacità fu chiamato come medico di corte prima dall’imperatore Costanzo e poi da Giuliano l’Apostata, che voleva riaffermare il culto pagano. Cesario, che viveva a corte, non si lasciò condizionare dal progetto dell’imperatore Giuliano, ma si preparava al battesimo, pur considerando il sacramento una responsabilità e non si sentiva degno di riceverlo. Più tardi, fu nominato intendente in Bitinia, a Nicea. Qui, fu sorpreso da un violento terremoto e riuscì a salvarsi in estremo. Chiese così di essere battezzato, in considerazione del pericolo di morire che aveva corso. Da quel momento lasciò ogni incarico e si dedicò alla cura dello spirito, conducendo vita da penitente. Ancora giovane, all’improvviso si addormentò per sempre, grato al Signore di aver conquistato la vita eterna. Nel testamento lasciò tutte le sue ricchezze ai poveri.FB_IMG_1740475485657.jpg
 
SAN GABRIELE DELL’ADDOLORATA religioso
Francesco Possenti era il suo vero nome, nacque ad Assisi, nel 1838, a quattro anni rimase orfano di madre. Il padre era governatore dello Stato Pontificio e trasferì la patriarcale famiglia a Spoleto. Gabriele cresceva volitivo e vivace tanto da dare qualche grattacapo al padre, ma imparò a pregare ed era sensibile verso i poveri a cui non esitava la carità. Era un ragazzo bello e seducente, intelligente, brillante, amato dai compagni e dai professori, frequentatore di salotti, sempre vestito elegante; non amava però i compromessi morali e non tollerava scostumatezze. Una serie di lutti in famiglia fece smarrire il giovane Gabriele che cominciò a pensare di volersi consacrare a Dio e fare vita religiosa. Una promessa fatta la prima volta a dodici anni, nel delirio di un febbrone e rinnovata a ogni momento di pericolo, che poi dimenticava quando la quotidianità prendeva il sopravvento. Fu la Madonna stessa a parlare a Gabriele, durante una processione. Il 22 agosto 1856 il ragazzo, in ginocchio tra la folla, avvertì che l’immagine della Vergine si stava animando, i suoi occhi divennero lame scintillanti e una voce gli risuonò nel cuore: “Ancora non capisci che questa vita non è fatta per te? Segui la tua vocazione”. Nessuno riuscì a trattenerlo, dopo pochi giorni entrava nel noviziato. Aveva diciotto anni e mezzo e la scelta della vita religiosa fu radicale e irrevocabile. Conduceva una vita semplice, ritirata nel convento, dedita a un lavoro interiore e spirituale compiuto con Dio e di forte devozione alla Madonna Addolorata. Era felice, invocava la Madonna: “Mamma mia, fa’ presto”. E la mattina del febbraio 1862, aveva il volto trasognato e gli occhi fissi sulla parete, sorrideva alla Madonna che era venuta a incontrarlo. Aveva 24 anni.FB_IMG_1740643790430.jpg
 

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