Durante il giorno , attorno al camino si sbrigano le faccende di casa e si fanno lavoretti vari. Chi scrive, chi legge, chi ricama o lavora a maglia e c'è anche chi racconta una fiaba ai bambini che rientrano in casa pieni di freddo, con i geloni ai piedi e con il moccolo gelato che pende dal naso.
La neve mi risveglia molti ricordi dell'infanzia e tra di essi c'è anche una fiaba che mi aveva particolarmente commosso perché la protagonista aveva su per giù la mia età e la sua situazione famigliare assomigliava molto a quella di una mia compagna di classe particolarmente sfortunata.
Pare che il lieto fine, se così si può definire, sia rappresentato dall'allontanamento da una vita di stenti e da un padre che la maltrattava e dal suo ricongiungimento con l'amore della sua nonna morta.
Gli occhi e la mente di un adulto possono ritrovare in questa fiaba più insegnamenti morali. Una morale potrebbe essere quella che insegna ad amare e a rispettare solo le persone buone della propria famiglia.
Comunque, quando me la lessero la prima volta ho sofferto molto e non ricordo di averci ricavato grandi insegnamenti morali se non una grande tristezza.
Chissà se ha fatto la stessa impressione anche a voi.
La fiaba è intitolata "La piccola fiammiferaia" ed è stata scritta nel 1845 dallo scrittore danese Hans Christian Andersen e pubblicata per la prima volta nel 1848 (qualche anno prima che io nascessi [
)])
Trama
È la notte di Capodanno, e la Piccola Fiammiferaia è in strada, al freddo, a vendere fiammiferi. Non ne ha venduto neppure uno; sta gelando ma non osa tornare a casa perché teme che il padre le dia botte vedendola rientrare senza un soldo di incasso.
Cercando disperatamente di scaldarsi, la Piccola Fiammiferaia inizia ad accendere qualche fiammifero. Per ogni fiammifero acceso, un'immagine appare davanti a lei e poi sparisce poi quando la fiamma si spegne; prima le appare una stufa, poi un tavolo imbandito, poi un albero di Natale.
Quando una stella cadente attraversa il cielo, alla Piccola Fiammiferaia torna alla memoria la nonna morta, che era solita raccontarle che ogni stella cadente è un'anima che vola in Paradiso. Accendendo un nuovo fiammifero, la bambina vede sua nonna; per prolungare quella visione, accende velocemente tutti i fiammiferi.
Quando anche l'ultimo fiammifero si spegne, la Piccola Fiammiferaia sogna di essere portata in cielo dalla nonna. Il suo corpo senza vita viene ritrovato nella neve, con un sorriso in volto e un mazzetto di fiammiferi spenti in mano.
<center>"La piccola fiammiferaia"</center>
Faceva un freddo terribile, nevicava e calava la sera - l’ultima sera dell’anno, per l’appunto, la sera di San Silvestro. In quel freddo, in quel buio, una povera bambinetta girava per le vie, a capo scoperto, a piedi nudi. Veramente, quand’era uscita di casa, aveva certe babbucce; ma a che le eran servite? Erano grandi grandi - prima erano appartenute a sua madre, - e così larghe e sgangherate, che la bimba le aveva perdute, traversando in fretta la via, per iscansare due carrozze, che s’incrociavano con tanta furia... Una non s’era più trovata, e l’altra se l’era presa un monello, dicendo che ne avrebbe fatto una culla per il suo primo figliuolo.
E così la bambina camminava coi piccoli piedi nudi, fatti rossi e turchini dal freddo: aveva nel vecchio grembiale una quantità di fiammiferi, e ne teneva in mano un pacchetto. In tutta la giornata, non era riuscita a venderne uno; nessuno le aveva dato un soldo; aveva tanta fame, tanto freddo, e un visetto patito e sgomento, povera creaturina... I fiocchi di neve le cadevano sui lunghi capelli biondi, sparsi in bei riccioli sul collo; ma essa non pensava davvero ai riccioli! Tutte le finestre scintillavano di lumi; per le strade si spandeva un buon odorino d’arrosto; era la vigilia del capo d’anno: a questo pensava.
Nell’angolo formato da due case, di cui l’una sporgeva innanzi sulla strada, sedette abbandonandosi, rannicchiandosi tutta, tirandosi sotto le pov
La neve mi risveglia molti ricordi dell'infanzia e tra di essi c'è anche una fiaba che mi aveva particolarmente commosso perché la protagonista aveva su per giù la mia età e la sua situazione famigliare assomigliava molto a quella di una mia compagna di classe particolarmente sfortunata.
Pare che il lieto fine, se così si può definire, sia rappresentato dall'allontanamento da una vita di stenti e da un padre che la maltrattava e dal suo ricongiungimento con l'amore della sua nonna morta.
Gli occhi e la mente di un adulto possono ritrovare in questa fiaba più insegnamenti morali. Una morale potrebbe essere quella che insegna ad amare e a rispettare solo le persone buone della propria famiglia.
Comunque, quando me la lessero la prima volta ho sofferto molto e non ricordo di averci ricavato grandi insegnamenti morali se non una grande tristezza.
Chissà se ha fatto la stessa impressione anche a voi.
La fiaba è intitolata "La piccola fiammiferaia" ed è stata scritta nel 1845 dallo scrittore danese Hans Christian Andersen e pubblicata per la prima volta nel 1848 (qualche anno prima che io nascessi [

Trama
È la notte di Capodanno, e la Piccola Fiammiferaia è in strada, al freddo, a vendere fiammiferi. Non ne ha venduto neppure uno; sta gelando ma non osa tornare a casa perché teme che il padre le dia botte vedendola rientrare senza un soldo di incasso.
Cercando disperatamente di scaldarsi, la Piccola Fiammiferaia inizia ad accendere qualche fiammifero. Per ogni fiammifero acceso, un'immagine appare davanti a lei e poi sparisce poi quando la fiamma si spegne; prima le appare una stufa, poi un tavolo imbandito, poi un albero di Natale.
Quando una stella cadente attraversa il cielo, alla Piccola Fiammiferaia torna alla memoria la nonna morta, che era solita raccontarle che ogni stella cadente è un'anima che vola in Paradiso. Accendendo un nuovo fiammifero, la bambina vede sua nonna; per prolungare quella visione, accende velocemente tutti i fiammiferi.
Quando anche l'ultimo fiammifero si spegne, la Piccola Fiammiferaia sogna di essere portata in cielo dalla nonna. Il suo corpo senza vita viene ritrovato nella neve, con un sorriso in volto e un mazzetto di fiammiferi spenti in mano.
<center>"La piccola fiammiferaia"</center>
Faceva un freddo terribile, nevicava e calava la sera - l’ultima sera dell’anno, per l’appunto, la sera di San Silvestro. In quel freddo, in quel buio, una povera bambinetta girava per le vie, a capo scoperto, a piedi nudi. Veramente, quand’era uscita di casa, aveva certe babbucce; ma a che le eran servite? Erano grandi grandi - prima erano appartenute a sua madre, - e così larghe e sgangherate, che la bimba le aveva perdute, traversando in fretta la via, per iscansare due carrozze, che s’incrociavano con tanta furia... Una non s’era più trovata, e l’altra se l’era presa un monello, dicendo che ne avrebbe fatto una culla per il suo primo figliuolo.
E così la bambina camminava coi piccoli piedi nudi, fatti rossi e turchini dal freddo: aveva nel vecchio grembiale una quantità di fiammiferi, e ne teneva in mano un pacchetto. In tutta la giornata, non era riuscita a venderne uno; nessuno le aveva dato un soldo; aveva tanta fame, tanto freddo, e un visetto patito e sgomento, povera creaturina... I fiocchi di neve le cadevano sui lunghi capelli biondi, sparsi in bei riccioli sul collo; ma essa non pensava davvero ai riccioli! Tutte le finestre scintillavano di lumi; per le strade si spandeva un buon odorino d’arrosto; era la vigilia del capo d’anno: a questo pensava.
Nell’angolo formato da due case, di cui l’una sporgeva innanzi sulla strada, sedette abbandonandosi, rannicchiandosi tutta, tirandosi sotto le pov