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Ibis sacro in Pianura Padana e non solo, dall'Africa la specie invade l'Italia

Dall'Africa sub-sahariana alla Pianura Padana e non solo: l'Ibis sacro si sta rapidamente diffondendo in tutta l'Italia, mettendo a rischio la biodiversità locale.

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Pubblicato: 21 Gennaio 2025

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Foto di Nicoletta Fersini
Nicoletta Fersini

Giornalista e Content Editor


Che l’Ibis sacro originario dell’Africa fosse già presente in Pianura Padana non è una novità. Quel che ha colpito gli esperti, però, è come si stia rapidamente diffondendo anche nel Sud Italia e nelle Isole, minacciando così la biodiversità locale. Per i nostri territori l’Ibis sacro è da considerarsi specie invasiva ed è per tale ragione che le associazioni ARDEA, STORCAL e SOA hanno lanciato il progetto Sacro a Sud, coinvolgendo i cittadini nel censimento degli esemplari.

L’Ibis sacro africano si è stabilito in Italia

Come già accennato, non è una novità che l’Ibis sacro si trovi in Italia. Da anni la popolazione europea di questa specie si è diffusa e ha proliferato, colonizzando di fatto aree che prima di allora non ne avevano mai visto la presenza. L’ibis sacro (Threskiornis aethiopicus) proviene principalmente dall’Africa sub-sahariana (storicamente si trova anche in Egitto, dove in passato era venerato come animale sacro, appunto) ed è stato portato in Europa già negli anni Settanta.

Un animale “ornamentale” che via via, tra fughe più o meno accidentali, si è stabilito nel Nord Italia con particolare predilezione per le regioni della Pianura Padana. “In Italia le prime nidificazioni furono registrate tra il 1989 e i primi anni 2000 nelle regioni del nord ovest, in prossimità di aree umide, anche artificiali, come le risaie di Novara e Vercelli – riportano le associazioni del progetto Sacro a Sud -. Dopo il 2006, l’espansione della specie è stata pressoché continua ed esponenziale. Nel 2019 furono censiti 32 siti di nidificazione nel nord Italia, con un numero di coppie stimato a 1.249. Nella medesima area geografica furono censiti 11.000 individui svernanti distribuiti in almeno 19 dormitori diversi, e molti altri individui furono osservati in altre aree del settentrione”.

Perché l’Ibis sacro si sta diffondendo anche al Sud

Negli anni l’Ibis sacro ha dimostrato una grande capacità di adattamento, ma adesso sembra che il problema stia diventando più grande di quanto previsto. Il progetto Sacro al Sud nasce proprio per via della rapida diffusione della specie anche in altre regioni d’Italia: si sta spingendo sempre più al Sud e “da novembre 2024 si è registrato un notevole incremento delle osservazioni in Italia meridionale dove la specie risultava praticamente assente”.

È per tale ragione che le associazioni ARDEA, STORCAL e SOA con il supporto del Centro Italiano Studi Ornitologici (CISO) hanno deciso di coinvolgere direttamente i cittadini, esperti e non, per monitorare questa “migrazione aliena” al Sud e nelle Isole, così da conteggiarne gli esemplari nel modo più accurato possibile, prendendo nota sia delle loro abitudini che delle loro preferenze ambientali.

“L’iniziativa si muove su due fronti, quello ornitologico, attraverso dei referenti locali che raccoglieranno e sistemeranno le osservazioni precedenti, e cercheranno la specie negli ambienti vocati della propria regione, e quello del coinvolgimento dei cittadini che per caso si trovino a osservare questo uccello così caratteristico e facile da riconoscere”, spiegano.

Come riconoscere l’Ibis sacro

Riconoscere l’Ibis sacro non è difficile. Si tratta di un uccello trampoliere di medie dimensioni con un piumaggio bianco, che si scurisce sulle estremità delle grandi ali. Possiede un lungo becco ricurvo verso il basso e scuro, come la testa e il collo che sono completamente glabri.

Come ogni specie aliena, la sua diffusione rappresenta una minaccia per la biodiversità locale. L’Ibis sacro compete con le specie autoctone per l’habitat e le risorse, spesso predandone uova e piccoli. Monitorarne abitudini e diffusione è un modo per comprenderne il comportamento ed correre ai ripari coi giusti interventi di gestione.

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Si tratta di una specie perlopiù onnivora e opportunista, la cui dieta comprende insetti e altri invertebrati che vengono catturati sia nelle acque basse delle zone paludose, sia sul terreno. Si nutre inoltre di alimenti vegetali, nonché di piccoli vertebrati che cattura vivi, uova e pulcini di altre specie (ma anche carogne e rifiuti lasciati dall’uomo). La longevità accertata in natura è di oltre 20 anni.

L’ibis sacro è una specie molto adattabile che può vivere in diversi ambienti legati ai corsi d’acqua e alle zone umide dell’entroterra, alle lagune costiere e alle isole (anche lontane dalla costa) nonché in ambienti lontani dall’acqua, come le aree incendiate recentemente e altri ambienti antropizzati, tra cui le campagne coltivate e le discariche di rifiuti. Nidifica negli alberi e negli arbusti in prossimità di zone umide, ma anche su terreno.

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VETTORI DI INTRODUZIONE

Questa specie è stata introdotta perlopiù come conseguenza dei rilasci e delle fughe dalla cattività di animali tenuti in collezioni private e in giardini zoologici. Inoltre in alcuni paesi (ad esempio in Olanda) si ritiene che si sia diffusa autonomamente, a partire dalle popolazioni introdotte.

IMPATTI

Rapporti con l’uomo, impatto sanitario e socioeconomico

Non sono noti impatti economici particolari, ma l’abitudine di questa specie di rovistare tra i rifiuti in prossimità dei centri abitati, potrebbe provocare dei problemi legati all’igiene e alla salute pubblica. Inoltre, come conseguenza delle sue attività di alimentazione, potrebbe causare danni alle attività di allevamento di pesci e molluschi.

Impatto su altre specie

Come documentato attraverso l’osservazione delle popolazioni introdotte in Francia, l’ibis sacro è un predatore di uova e pulcini di varie specie di uccelli nativi, come sterne, garzette, anatre, uccelli marini e uccelli di palude. Ad esempio in un’occasione sono stati osservati due ibis sacri predare tutti i nidi di una colonia di beccapesci. Inoltre potrebbe competere per i siti di nidificazione con altri uccelli, come la garzetta e l’airone guardabuoi. In Francia è stato documentato il consumo di gambero rosso della Louisiana, altra specie aliena che potrebbe quindi contribuire ad eliminare.

Impatto sugli ecosistemi

Non sono noti impatti su ecosistemi naturali in Europa.

METODI DI GESTIONE

L’eradicazione della specie è tecnicamente fattibile, se opportunamente pianificata, soprattutto se condotta su popolazioni non numerose e a uno stadio di insediamento precoce.
 

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