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Frate Indovino

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LA CATTEDRA DI SAN PIETRO
Oggi, si celebra la festa della Cattedra di San Pietro, per ricordare due importanti tappe della missione compiuta dall’apostolo Pietro: lo stabilirsi del cristianesimo prima ad Antiochia, poi a Roma. La Cattedra è il seggio fisso del Sommo Pontefice e dei Vescovi. È posta permanentemente nella chiesa madre di ogni diocesi, da cui il nome appunto di “cattedrale”, ed è il simbolo dell'autorità del Vescovo e del suo magistero ordinario nella Chiesa locale. La Cattedra di San Pietro è il segno del ruolo che l’apostolo ricopriva nel collegio apostolico, e che deriva dalla esplicita volontà di Gesù, quando assegna a Pietro il compito di “pascere” il gregge, cioè di guidare il nuovo popolo di Dio, la Chiesa. Questa investitura riconosciuta da Cristo, ribadita dopo la risurrezione, viene rispettata. Infatti, dopo l’ascensione, Pietro svolgerà il ruolo di guida: egli presiedette alla elezione di Mattia, parlò a nome di tutti alla folla accorsa ad ascoltarlo davanti al cenacolo, nel giorno della Pentecoste e più tardi davanti al Sinedrio. Anche Erode Agrippa, condannando Pietro, sapeva di infliggere un duro colpo alla Chiesa nascente, con l’uccisione del suo capo. La sua venuta a Roma non ha però prove certe. L’unico elemento è la Lettera paolina ai Romani del 57 d.C., il cui contenuto fa pensare alla presenza in loco di un personaggio importante. Qualunque sia la data della sua venuta, insieme alla sua morte a Roma, sono eventi sostenuti da tradizioni antiche, accolte ormai universalmente.FB_IMG_1708589716509.jpg
 

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SAN POLICARPO vescovo martire
Policarpo nacque nel 69 d.C. da genitori cristiani. Fu discepolo dell’Apostolo Giovanni e vescovo di Smirne durante il regno di Traiano. Fu uno stimato pastore e teologo, così venne scelto come rappresentante della Chiesa d’Asia. Contrastò la diffusione delle dottrine docetiche, eretiche, perché negavano la realtà carnale del corpo umano di Cristo, la sua concezione e nascita umana e la realtà della sua sofferenza e della sua morte. Catturato, si rifiutò di sacrificare per l’imperatore e fu condannato ad essere arso vivo. Le fiamme, però, non lo bruciavano, allora fu colpito con un pugnale. Di Policarpo abbiamo la “Lettera ai Filippesi”: egli esorta alle virtù; impartisce insegnamenti alle donne e alle vergini; raccomanda ai giovani di tenersi lontani dalle passioni, che indeboliscono lo spirito; scrive che i presbiteri devono visitare gli infermi, assistere le vedove e gli indigenti e occuparsi della riconciliazione dei peccatori.FB_IMG_1708685199212.jpg
 

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SAN GABRIELE DELL’ADDOLORATA religioso
Francesco Possenti era il suo vero nome, nacque ad Assisi, nel 1838, a quattro anni rimase orfano di madre. Il padre era governatore dello Stato Pontificio e trasferì la patriarcale famiglia a Spoleto. Gabriele cresceva volitivo e vivace tanto da dare qualche grattacapo al padre, ma imparò a pregare ed era sensibile verso i poveri a cui non esitava la carità. Era un ragazzo bello e seducente, intelligente, brillante, amato dai compagni e dai professori, frequentatore di salotti, sempre vestito elegante; non amava però i compromessi morali e non tollerava scostumatezze. Una serie di lutti in famiglia fece smarrire il giovane Gabriele che cominciò a pensare di volersi consacrare a Dio e fare vita religiosa. Una promessa fatta la prima volta a dodici anni, nel delirio di un febbrone e rinnovata a ogni momento di pericolo, che poi dimenticava quando la quotidianità prendeva il sopravvento. Fu la Madonna stessa a parlare a Gabriele, durante una processione. Il 22 agosto 1856 il ragazzo, in ginocchio tra la folla, avvertì che l’immagine della Vergine si stava animando, i suoi occhi divennero lame scintillanti e una voce gli risuonò nel cuore: “Ancora non capisci che questa vita non è fatta per te? Segui la tua vocazione”. Nessuno riuscì a trattenerlo, dopo pochi giorni entrava nel noviziato. Aveva diciotto anni e mezzo e la scelta della vita religiosa fu radicale e irrevocabile. Conduceva una vita semplice, ritirata nel convento, dedita a un lavoro interiore e spirituale compiuto con Dio e di forte devozione alla Madonna Addolorata. Era felice, invocava la Madonna: “Mamma mia, fa’ presto”. E la mattina del febbraio 1862, aveva il volto trasognato e gli occhi fissi sulla parete, sorrideva alla Madonna che era venuta a incontrarlo. Aveva 24 anni.FB_IMG_1709033711157.jpg
 

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SANT’OSVALDO DI WORCESTER vescovo
Siamo nel X secolo e la Chiesa di Roma è ostaggio delle famiglie potenti che fanno da padrone imponendo esse i papi da eleggere sulla Cattedra di Pietro, di deporli o addirittura di ucciderli. La famiglia di Osvaldo era danese e si era stabilita in Inghilterra. Egli studiò in Francia e nel 959 venne ordinato sacerdote. Nel 962, fu consacrato vescovo di Worcester. Aveva grande amicizia con san Dunstano, con cui concordava circa i valori monastici. Mentre fu vescovo dovette risolvere seri problemi del clero secolare che attraversava una crisi morale e culturale. Il vescovo si impegnò per migliorarne l’educazione e garantire l’osservanza del celibato. Per sua natura era gentile, dotato di maniere cortesi e sempre gioioso: questi aspetti caratteriali attiravano il popolo da cui era amato. Fu nominato arcivescovo di York nel 972, ma mantenne comunque la diocesi di Worcester. Egli era diventato una personalità importante nella Chiesa, perché aveva lavorato per la rinascita monastica, procurando in Inghilterra molti vescovi, artisti e centri di studio, mentre molti missionari giunsero in Scandinavia. Nel 978 morì assassinato il re degli anglosassoni, Edoardo, santo anche lui, e gli successe il fratello Etelredo, che guidò un movimento antimonastico, chiuse molti monasteri, rendendo vana l’opera di Osvaldo. Ma il lavoro di quest’ultimo aveva formato tra i giovani molti preti virtuosi. Morì nel 992 dopo aver lavato i piedi a dodici poveri ed essere stato a tavola con loro. Le sue spoglie sono sepolte a Worcester.FB_IMG_1709198143448.jpg
 

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SANT’AGNESE DI BOEMIA badessa
Agnese era figlia di Ottocaro I, re di Boemia e della regina Costanza e nacque a Praga nel 1211. All’età di tre anni fu affidata alle cure della duchessa di Slesia, la celebre santa Edvige, che le insegnò i primi elementi della fede cristiana. Fu promessa sposa, in principio, di Enrico VII, figlio dell’imperatore Federico II, fu così condotta a Vienna presso la corte del duca d’Austria, dove visse sempre fedele ai principi della morale cristiana. Ma, il patto di fidanzamento fu rescisso e Agnese ritornò a Praga e si dedicò a una vita di intensa preghiera e a opere caritative. Infine, decise di consacrare a Dio la sua verginità. Intanto, continuavano a giungere nuove proposte di matrimonio, ma la giovane principessa boema chiese l’aiuto di Papa Gregorio IX, che riconoscendo il voto di castità da lei fatto, le donò la libertà di consacrarsi totalmente a Dio. Agnese rimase affascinata dalla vita spirituale che conduceva la vergine Chiara, in Assisi, la quale seguiva lo spirito francescano e ne volle imitare il modello. Dapprima, usò i suoi beni dinastici per fondare a Praga l’ospedale di San Francesco e il monastero di San Francesco per le “Sorelle Povere o Damianite”, dove lei stessa entrò. Poi, professò i voti solenni di castità, povertà e obbedienza, come aveva desiderato, e li praticò con esemplare fedeltà: la verginità, finalizzata al regno dei cieli, costituì l’elemento fondamentale della sua spiritualità; lo spirito di povertà, che già l’aveva indotta a distribuire ai poveri i suoi beni, la spinse a rinunciare totalmente a ogni proprietà per seguire Cristo povero; lo spirito di obbedienza la condusse a conformare sempre più la sua volontà a quella divina, che scopriva nella lettura del Vangelo e nella Regola di vita della Chiesa. Ebbe una continua e proficua relazione epistolare con Chiara di Assisi. Negli ultimi anni della sua vita, fu afflitta da diverse sofferenze, soprattutto legate alle sorti del suo Paese, verso cui era sempre stata particolarmente generosa e della sua famiglia. Morì nel suo monastero nel 1282.FB_IMG_1709378113201.jpg
 
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SANTA ROSA DA VITERBO vergine
La data di nascita di Rosa non è certa, probabilmente ella nacque intorno al 1233, a Viterbo. Apparteneva a una famiglia probabilmente modesta, di lavoratori poveri, ma non miserabili, ai quali, sembra, non sia mancata la possibilità di aiutare i più bisognosi. Nei suoi primi diciassette anni, con i genitori Giovanni e Caterina, Rosa visse una vita ritirata e modesta, tutta dedita all’esercizio eroico delle virtù e alle attività domestiche, frequentando con assiduità la sua parrocchia. Quanti la conoscevano, constatavano in lei un eccezionale amore per le cose celesti, penitenza e straordinaria carità verso i poveri. Dopo aver avuto una visione della Vergine, mise abiti da penitente e recava ovunque un’immagine di Gesù Cristo. Ai suoi concittadini li esortava ad andare in chiesa a pregare. Questi furono gli anni dell’apostolato e la sua predicazione ebbe anche grande influsso sulla vita della città. Invocava, infatti, per i cittadini la protezione del clero e la vittoria sull’imperatore Federico II. Questo proselitismo suscitò l’ostilità dei ghibellini, che dominavano a Viterbo, e che chiesero di allontanare Rosa dalla città. Con i genitori, si trasferì a Soriano per trascorrervi l’esilio, un periodo molto importante per la santa. Un anno dopo, alla morte di Federico II, Rosa fece ritorno a Viterbo e qui si ritirò nella sua casa, dove di lì a poco cessò di vivere.FB_IMG_1709710426377.jpg
 

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SANTE PERPETUA E FELICITA martiri
Cartagine, anno 203, due giovani donne, unite nella fede vengono messe in carcere: Perpetua, matrona di 22 anni, madre di un bimbo lattante e la sua serva Felicita, incinta. Perpetua scriverà, di nascosto, un diario dei giorni di prigionia. Racconta l’incontro in prigione con il padre, pagano, che pieno d’amore la supplica di tornare a casa con lui, dal figlio. Ma Perpetua, piangendo, non rinnega la sua fede. Racconta anche di un sogno: vide una scala d’oro che saliva fino in cielo. Ai piedi vi era un serpente di cui si doveva liberare per salire. Gli scalini erano formati da lame, da uncini, da spade. Perpetua riuscì a raggiungere la cima e a ricevere una sorta di eucaristia, che anche se avuta solo in sogno, le lasciò una sensazione di ineffabile dolcezza. La gravidanza di Felicita avanzava e, pochi giorni prima della esecuzione della condanna giunsero le doglie. Grande fu la gioia della serva di poter partecipare con i suoi compagni al martirio. Nell’arena, le due donne entrarono gioiose, come a una festa, immerse nella contemplazione di Dio, certe che Lui le attendeva. Dopo essere state straziate da una mucca inferocita, fu tagliata loro la gola.FB_IMG_1709799657108.jpg
 

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SAN GIOVANNI DI DIO religioso
Giovanni nacque in Portogallo, nel 1495. A 8 anni, per motivi non chiari, si allontanò da casa. Si spostò in molti luoghi, fece molti lavori: pastore, contadino, venditore ambulante, militare. Infine, si stabilì a Granada dedicandosi alla vendita di libri. Ma, dopo aver ascoltato una predica del trascinante san Giovanni d’Avila, sentì in lui risvegliare la vocazione. Abbandonò ogni cosa e distribuì i suoi beni ai poveri, ma il suo eccessivo entusiasmo lo fece passare per matto e venne rinchiuso in manicomio. Era in un luogo di sofferenza, tra i malati, tra gli abbandonati dalle famiglie, vittime della solitudine e dell’ignoranza delle cure mediche e di una assistenza inadeguata. Pensò, insieme a dei compagni che si aggiunsero a lui, vestiti di saio segnato da una croce, a un modo nuovo di assistere e rapportarsi ai malati, ponendo le basi della moderna attività infermieristica. La sua idea era che la cura dello spirito fosse la premessa per una buona cura del corpo. Giovanni di Dio raccolse i suoi compagni in una grande famiglia religiosa, l'Ordine dei Fratelli Ospedalieri, conosciuti come Fatebenefratelli. Fondò un ospedale, in cui si operava e si viveva per il sofferente, i cui sistemi di assistenza e la spiritualità si sono diffusi in diversi Paesi.FB_IMG_1709886322812.jpg
 

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SANTA FRANCESCA ROMANA religiosa
Francesca, nata a Roma nel 1384, da famiglia nobile e ricca, ricevette una buona educazione cristiana. Suo desiderio era di consacrarsi vergine al Signore, ma per obbedienza al padre, sposò il nobile Lorenzo de’ Ponziani, considerando ciò volontà di Dio. Con devozione si dedicò alla cura del matrimonio e all’educazione dei tre figli, di cui due morirono fanciulli. Grande attenzione ebbe anche per le ancelle e i servi, che considerava veri fratelli. Con umiltà e carità si occupò dei poveri e dei malati. Nella sua grande casa sfamò gli affamati e consolò gli afflitti. La sua condotta e il suo esempio le guadagnarono rispetto, benevolenza e affetto da parte di tutti. Per i parenti, ella fu il faro, la guida, la consigliera nelle cose dello spirito e nelle questioni pratiche. Compassionevole verso una città in guerra, organizzò una rete di assistenza fisica e dell’anima. Francesca serviva i bisognosi come se servisse Cristo stesso, calmando rancori e vendette e riconciliando. La dura, ennesima prova della morte del terzo figlio e del marito fatto prigioniero in guerra non la fermarono nel prodigarsi e risparmiarsi. Rimasta vedova, entrò nel convento della Congregazione delle Oblate di Maria, da essa stessa fondata. Francesca fu modello di carità amorevole, che camminava nella Chiesa e nel mondo col desiderio di far sperimentare a tutti la misericordia di Dio.FB_IMG_1710007790206.jpg
 

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SAN LUIGI ORIONE fondatore
Luigi nacque vicino Tortona, nel 1872, e frequentò per alcuni anni l’oratorio diretto da don Bosco, esperienza importante per il suo animo e che costituì la base per le sue attività in campo giovanile. Infatti, mentre frequentava il seminario, si occupava di un gruppo di ragazzi che cresceva sempre più, così inaugurò il primo Oratorio in onore di san Luigi Gonzaga. Nel 1895, fu ordinato sacerdote e le sue attività si moltiplicarono: visitava i poveri e gli ammalati, lottava contro la massoneria, diffondeva buona stampa, predicava e, soprattutto, aveva cura dei ragazzi. Si adoperò per raccogliere aiuti materiali per le sue opere, in giro per l’Italia. Alcuni religiosi sposarono il suo ideale di carità e lo seguirono nelle diverse attività. Più tardi, Luigi fonderà la Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza. Fu anche missionario in America Latina, dove costruì scuole, parrocchie e orfanotrofi, conosciuti col nome di “Piccolo Cottolengo”. Conduceva una vita poverissima e di penitenza, non si risparmiò nell’organizzare missioni popolari, pellegrinaggi e altro. Infatti, predicava che la fede deve permeare tutti gli aspetti della vita.FB_IMG_1710229678759.jpg
 

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