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"http://www.youtube.com/v/I5lsBDcIYes&hl=it"
Henry Purcell
When I am laid in earth
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dall'Eneide
"Allora Didone, tremante, esasperata
per il suo scellerato disegno, volgendo
attorno gli occhi iniettati di sangue, le gote sparse
di livide macchie e pallida della prossima morte,
irrompe nelle stanze interne della casa
e sale furibonda l'alto rogo, sguaina
la spada dardiana, 1 regalo non chiesto per simile scopo.
Dopo aver guardato le vesti lasciate da Enea
e il noto letto, dopo aver indugiato un poco
in lagrime di pensieri, si gettò su quel letto
lunga e distesa e disse poche, estreme parole:
" O relique, che foste così dolci finche
lo permettevano i Fati e un Dio: ora accogliete
quest'anima, scioglietemi da tutti i miei tormenti.
Vissi, ho compiuto il cammino concessomi dalla Fortuna,
e adesso un'immagine grande di me se ne andrà sottoterra.
Fondai una grande città, vidi sorgerne alte le mura,
vendicai il marito, inflissi al fratello nemico
giuste pene: felice, ahi, troppo felice se solo
non fossero mai arrivate ai nostri nidi sabbiosi
navi dardiane!". Disse e premé la bocca sul letto.
"Moriamo senza vendetta - riprese. - Ma moriamo.
Così, anche così giova scendere alle Ombre.
Il crudele Troiano vedrà dall'alto del mare
il fuoco e trarrà funesti presagi dalla mia morte".
Tra queste parole le ancelle la vedono abbandonarsi
sul ferro e vedon la lama spumante di sangue,
vedono sporche di sangue le mani. Un grido si leva
per tutta la reggia, la fama s'avventa
infuria per la città, le case fremano d'urla,
di lamenti e di gemiti di donne, l'aria suona
di grandi pianti, come se Cartagine o Tiro
invase dai nemici crollassero, e rabbiose
le fiamme s'attorcessero tra le case ed i templi.
La sorella sentì la notizia e atterrita
con una corsa affannosa, graffiandosi la faccia
con le unghie, picchiandosi i pugni contro il petto,
attraversa la folla chiamando la morente
per nome: " Sorella, per questo mi volevi? Che inganno
doloroso! Per questo che volevi il rogo, i fuochi
e gli altari? Che cosa dovrò pianger di più:
la tua morte o questo disperato esser sola 3
nella morte? Sorella, perché non m'hai voluta
tua compagna morendo? M'avessi tu chiamata
ad una stessa morte: un egual dolore
ed una stessa ora ci avrebbe colte entrambe.
Ed io con queste mani eressi il rogo, invocai
gli Dei patrii, per essere da te lontana nell'ora
della morte! Sorella, hai ucciso te e me
e il popolo e i padri sidoni 4 e tutta la tua città!
Ma adesso lasciatemi lavare la ferita,
lasciatemi raccogliere con le labbra l'estremo
suo alito, se ancora le aleggia intorno un soffio
di vita!". Precipitosa era salita sugli alti
gradini del rogo e abbracciata la sorella morente
la stringeva gemendo al seno e con la veste
tentava di asciugare il nero sangue. Didone
mentre cerca di alzare gli occhi che non riuscivano
a stare aperti sviene; la ferita profonda
nel petto stride: Tre volte riuscì a levarsi sul gomito,
tre volte ricadde sul letto: nell'alto cielo cercò
con gli occhi erranti la luce, vedendola gemette.
Allora Giunone, pietosa del suo lungo dolore
e della straziante agonia, mandò giù dall'Olimpo
Iride, che liberasse l'anima che lottava
invano per svincolarsi dai legami del corpo.
Poiché lei non moriva di giusta morte, decisa
dal Fato, ma anzitempo in un accesso d'ira,
Proserpina non le aveva ancora strappato di testa
il biondo fatale capello e non aveva ancora
consacrato il suo capo all'Inferno e allo Stige.
La rugiadosa Iride con le sue penne di croco
brillanti contro sole di mille varii colori
volò attraverso il cielo e si fermò su di lei.
"Questo capello - disse - porto consacrato a Dite
per ordine divino, e ti sciolgo da queste
tue membra ". Con la destra strappò il capello: insieme
si spense il calore nel corpo, la vita svanì nel vento"</center></font id