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Frate Indovino

GIOVEDÌ 18 GENNAIO

SANTA MARGHERITA D’UNGHERIA principessa religiosa

Margherita era figlia di re Bela IV d’Ungheria, che con la famiglia si era rifugiato in Dalmazia, perché il Paese era invaso e devastato dai Mongoli. Prima che Margherita nascesse, i genitori fecero voto che, per la liberazione dell’Ungheria, se fosse stata femmina sarebbe stata accolta in un convento. E così fu: a quattro anni, per la principessa si aprirono le porte di un convento domenicano. Tuttavia, giovinetta, re Bela voleva darla in sposa al re Ottocaro II di Boemia, ma ella rifiutò. Più tardi, sentì fiorire in lei la vocazione e decise di entrare nell’Ordine, attirando molte figlie dell’aristocrazia ungherese. Il suo sguardo era sempre rivolto anche fuori del convento e intervenne per riportare la concordia tra il padre e il fratello che gli aveva portato guerra. Margherita viveva pienamente la Regola e la sua vita fu protesa a una continua opera di imitazione di Cristo nella sofferenza fisica e nell’umiliazione. Si privava di cibo e riposo per passare più tempo col suo Signore. Infatti, lo smisurato amore per la povertà, unito alla sua intensa vita ascetica la portarono a un elevato grado di vicinanza a Dio. Meritò il dono delle visioni. Fu una delle più grandi mistiche medievali d’Ungheria.FB_IMG_1705562725254.jpg
 
SANTI MARIO E MARTA martiri

Il nome Mario non è il maschile di Maria, come comunemente si immagina, ma ha origine dall’antico gentilizio (cognome) romano “Marius”, derivante dall’etrusco “maru” (maschio). Mario celebra la ricorrenza insieme alla moglie Marta e ai figli Audiface ed Abaco, tutti martiri a Roma. Sembra che la famiglia, di origine persiana, negli anni 268-270, si sia messa in cammino per compiere un pellegrinaggio a Roma, al fine di venerare le reliquie dei martiri, come era in uso tra i cristiani. Probabilmente, la famiglia persiana si stabilizzò a Roma per alcuni anni, in un periodo di grande espansione del cristianesimo e di tolleranza. Quando ripresero le persecuzioni, si unirono al prete Giovanni nel dare sepoltura a 260 martiri sulla via Salaria, i cui corpi erano stati abbandonati in aperta campagna. Durante il compimento dell’opera di pietà, Mario ed i suoi familiari furono scoperti, arrestati e condotti in tribunale. Condannati alla decapitazione. I loro corpi furono sepolti dalla pia matrona romana Felicita in un suo possedimento.FB_IMG_1705647768608.jpg
 
SAN SEBASTIANO martire

Sebastiano nacque a Narbonne, in Francia, nella Provincia della Gallia, nel 263. Egli era capitano della prima compagnia della Guardia Pretoriana a Roma, con compiti di guardia del corpo dell’imperatore, dal quale era molto stimato. Tutti ignoravano che fosse cristiano, perché egli nell’anonimato portava conforto ai militari perseguitati e martirizzati, nulla temendo per la propria vita. In un documento si legge che i gemelli Marco e Marcelliano erano stati imprigionati a Roma ed erano stati condannati alla decapitazione, perché cristiani. Essi erano tenuti prigionieri in casa di Nicostrato e qui i genitori li supplicavano di salvare la loro vita. Quando erano sul punto di cedere, furono le parole di Sebastiano a rinnovare lo spirito e la saldezza della loro fede. Parole che colpirono tutti i presenti, a cui Sebastiano apparve circonfuso di luce e accompagnato da angeli. Zoe, la moglie di Nicostrato, riconobbe in Sebastiano un uomo di Dio, si buttò ai suoi piedi e, poiché muta, con dei gesti chiese il perdono. Sebastiano le fece il segno della croce sulla bocca e pregò il Signore per la sua guarigione. Davanti alla guarigione della moglie, anche Nicostrato si buttò ai piedi di Sebastiano e liberò i due prigionieri. Tutti i presenti chiesero di essere battezzati. Sebastiano fu denunciato all’imperatore Diocleziano, che sentitosi tradito nella fiducia riposta, lo condannò a morire per mezzo di frecce. Finita l’esecuzione, fu abbandonato sul terreno come morto, ma qualche giorno dopo, Sebastiano comparve davanti all’imperatore. Questa volta fu frustato a morte e il corpo venne gettato in una cloaca.FB_IMG_1705732736195.jpg
 
SANT’AGNESE vergine martire

Agnese nacque a Roma, da genitori cristiani, di una illustre famiglia patrizia. Il nome deriva dall’aggettivo greco “hagné”, che vuol dire “casta”, “pura”. Si pensa che ella fu martire durante la persecuzione di Diocleziano, verso il 304. La tradizione vuole che Agnese fu denunciata come cristiana dal figlio del Prefetto di Roma, invaghitosi di lei, ma respinto. La fanciulla, solo dodicenne, non volle abiurare, avendo offerto al Signore la sua verginità. Fu condannata a essere esposta nuda, ma i capelli le crebbero fino a coprirla; un uomo cercò di avvicinarla, ma cadde morto. Fu buttata nel fuoco, ma questo si spense grazie alle sue preghiere. Infine, le fu trapassata la gola con la spada, come a un mite agnello.
Nella storia della santità, molte sono le “Agnese”, cioè le agnelle di Cristo, candide, miti e pure. E questa Agnese, martire bambina, è la sposa più tenera dell’Agnello divino.FB_IMG_1705832292453.jpg
 
SAN VINCENZO diacono martire

Vincenzo era diacono, preparato culturalmente, col dono dell’eloquenza, generoso e coraggioso. Durante la persecuzione di Diocleziano, in un clima di terrore, in cui veniva fatto obbligo a tutti di sacrificare agli dei, il vescovo Valerio e il diacono Vincenzo continuavano con determinazione ad annunciare il Vangelo. Insieme si impegnavano con tenacia e costanza: il vescovo grazie all’autorità che gli derivava dal ministero episcopale si faceva garante di ciò che il diacono annunciava con convinzione. Il governatore Daciano li fece arrestare. Comprese, però, che il vero nemico da combattere era il diacono Vincenzo. Il vescovo fu mandato in esilio e Vincenzo fu martirizzato. Ma, questi era un grande oratore e un uomo che non si piegava facilmente. Venne fustigato e torturato, venne arpionato con uncini di ferro e gettato in una cella buia, da dove lo sentivano cantare. La testimonianza di Vincenzo fu limpida e ferma. La forza della sua fede produsse alcune conversioni. Alla fine, Daciano lo fece uccidere: era l’anno 304.FB_IMG_1705906926555.jpg
 
SAN FRANCESCO DI SALES dottore
Francesco nacque nel 1567, figlio del Signore di Boisy, di antica e nobile famiglia savoiarda. Compì gli studi presso i Gesuiti, dove si formò una solida base spirituale, che è poi maturata in vocazione sacerdotale. Ordinato sacerdote, si dedicò all’apostolato nei Paesi protestanti. Per riuscire a raggiungere le persone con la sua predicazione, escogitò il sistema di pubblicare e di far affiggere nei luoghi pubblici dei “manifesti” e di farli circolare tra la popolazione. Questa intuizione portò molti frutti e la sua fama cominciò a diffondersi. Fu nominato vescovo di Ginevra, città calvinista. Il suo amore per Dio, la sua semplicità e la sua dolcezza conquistarono i cuori. La baronessa Giovanna de Chantal venne infiammata dalla sua spiritualità e insieme fondarono l’Ordine della Visitazione, rinnovando la vita monastica femminile. Francesco si convinse che l’Istituto dovesse diventare una scuola di preghiera, di contemplazione e palestra interiore che preparasse al servizio esterno dell’apostolato e della carità. La pratica religiosa di Francesco di Sales, anche oggi, non è pura forma, ma un costante perfezionamento di sé stessi in unione perfetta con Dio. Egli è stato autore di alcune opere, considerate testi fondamentali della letteratura religiosa e che gli hanno valso il titolo di Dottore della Chiesa.FB_IMG_1706100216347.jpg
 
LA CONVERSIONE DI SAN PAOLO apostolo
La celebrazione della Conversione di san Paolo offre l’opportunità di riflettere sulla magnifica figura dell’“Apostolo delle genti”. Apostolo, perché ha visto il Signore, Cristo Risorto, quindi, testimone della risurrezione ed è stato inviato direttamente da Cristo a predicare, come i Dodici. Egli possiede i tre requisiti propri degli Apostoli: visione, vocazione, missione, tutti ricevuti “per grazia” sulla via di Damasco, dove Cristo lo spinse alla conversione. Affiora l’inquietudine, quel “pungolo” di cui gli parla il Signore, il tormento seminato dalla grazia dell’incontro con Dio e, nella cecità, egli vede la scintilla della luce di verità: “Chi sei tu, Signore?”. “Io sono Gesù che tu perseguiti” (At 9, 5). Cristo irrompe nella vita di Paolo, gli si manifesta nella sua gloria e gli svelerà il mistero della sua passione. L’Apostolo grida: “Signore, che vuoi che io faccia?”. Così, colmo di Spirito Santo, egli comprenderà la sua missione e annuncerà il Vangelo per la salvezza delle genti, patendo e affrontando il martirio per il nome di Cristo. San Paolo concluderà dicendo: “Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Appunto per questo ho trovato misericordia. In me specialmente ha voluto Gesù Cristo mostrare tutta la sua longanimità, affinché io sia di esempio per coloro che nella fede in Lui otterranno d’ora innanzi la vita eterna” (1Tm 1, 16).FB_IMG_1706180709820.jpg
 
LA CONVERSIONE DI SAN PAOLO apostolo
La celebrazione della Conversione di san Paolo offre l’opportunità di riflettere sulla magnifica figura dell’“Apostolo delle genti”. Apostolo, perché ha visto il Signore, Cristo Risorto, quindi, testimone della risurrezione ed è stato inviato direttamente da Cristo a predicare, come i Dodici. Egli possiede i tre requisiti propri degli Apostoli: visione, vocazione, missione, tutti ricevuti “per grazia” sulla via di Damasco, dove Cristo lo spinse alla conversione. Affiora l’inquietudine, quel “pungolo” di cui gli parla il Signore, il tormento seminato dalla grazia dell’incontro con Dio e, nella cecità, egli vede la scintilla della luce di verità: “Chi sei tu, Signore?”. “Io sono Gesù che tu perseguiti” (At 9, 5). Cristo irrompe nella vita di Paolo, gli si manifesta nella sua gloria e gli svelerà il mistero della sua passione. L’Apostolo grida: “Signore, che vuoi che io faccia?”. Così, colmo di Spirito Santo, egli comprenderà la sua missione e annuncerà il Vangelo per la salvezza delle genti, patendo e affrontando il martirio per il nome di Cristo. San Paolo concluderà dicendo: “Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Appunto per questo ho trovato misericordia. In me specialmente ha voluto Gesù Cristo mostrare tutta la sua longanimità, affinché io sia di esempio per coloro che nella fede in Lui otterranno d’ora innanzi la vita eterna” (1Tm 1, 16).FB_IMG_1706255558563.jpg
 
SAN TOMMASO D’AQUINO dottore
Tommaso nacque nel 1225 a Roccasecca, ultimo figlio dei conti d’Aquino, era destinato alla vita ecclesiastica. Infatti, ancora bambino venne offerto come oblato al monastero di Montecassino. Durante i suoi studi condotti a Napoli, conobbe i frati Predicatori dell’Ordine di san Domenico e rimase attratto da quello che considerò un ideale insuperabile di vita. Presto vestì l’abito di quell’Ordine mendicante, povero, privo di sicurezze e della protezione del chiostro, il cui scopo era insegnare e predicare al popolo. Alla scuola di sant’Alberto Magno, che ne comprese la levatura e l’acume di pensiero, imparò a essere teologo. Per Tommaso, il teologo era colui che ricercava Dio, sostanza e passione, principio e fine della “sacra dottrina”. La sua ricerca di Dio sarà continua, con l’intento di scorgerlo nelle realtà create, e di avvicinarglisi con l’intelletto e con l’amore. Anche se Dio è sempre più in là dell’uomo e bisogna tener presente che la conoscenza umana ha i suoi limiti. Si dedicò quasi totalmente allo studio della dottrina con profonda riflessione e contemplazione, producendo opere che hanno portato luce nella Chiesa. Egli fu proclamato Dottore della Chiesa con l’alto attributo di Dottore angelico.FB_IMG_1706440151969.jpg
 
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SAN COSTANZO vescovo martire
Costanzo era un giovane cristiano che si distingueva nella Chiesa perugina per il suo zelo e per la sua generosità verso i poveri. Di indole rigorosa, venne eletto vescovo di Perugia molto giovane, ad appena trent’anni. Egli era prudente, saggio nell’apostolato, maturo nella carità, saldo nell’autorità. Fu vescovo provvidenziale nei difficili anni della persecuzione di Marco Aurelio. Secondo le norme, chi veniva accusato di essere cristiano, doveva essere processato e, se era riconosciuto colpevole o se confermava la propria fede rifiutando di sacrificare agli dei, doveva essere condannato alla pena capitale. Costanzo fu denunciato, forse da qualcuno che sperava di mettere le mani sulle ricchezze della Chiesa, le offerte dei fedeli destinate ai poveri. Il vescovo venne torturato con gran crudeltà, insieme a diversi altri compagni nella fede. Diverse leggende narrano della sua passione, segno della popolarità di cui godeva tra i fedeli. Si narra che Costanzo, sia stato rinchiuso nel bagno delle Terme romane, dove i cittadini rispettabili e raffinati facevano il bagno di vapore e che questo venne scaldato alla temperatura di un forno, ma Costanzo uscì illeso dal bagno mortale. Ebbe la grazia di convertire i suoi guardiani, e poté scappare. Chiamato di nuovo in giudizio, venne condannato a camminare sui carboni ardenti. Ma, né questo, né altri supplizi ebbero potere su di lui. Liberato miracolosamente e arrestato una terza volta, fu decapitato con la spada verso l’anno 178. Così morì il patrono di Perugia, uomo virtuoso, cittadino giusto, cristiano generoso, vescovo caritatevole. Testimoniò in questo modo al suo popolo e ai persecutori la vera fede e la legge del Signore, non imposta con la violenza, ma applicata con l’amore.
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SANTA GIACINTA MARESCOTTI clarissa
Giacinta nacque a Vignanello nel 1585, dal conte Marcantonio Marescotti e Ottavia Orsini e fu battezzata col nome di Clarice. Aveva quattro fratelli e la primogenita, Ginevra, entrò nel convento delle clarisse a Viterbo per assecondare il volere paterno. Giacinta, a sua volta, vi entrò quando aveva vent’anni, ma fu quindici anni dopo che, a causa di una malattia, si aprì a una conversione assoluta e totale. Desiderosa di vivere le sofferenze di Cristo nella Passione, si sottopose a durissime mortificazioni e penitenze; sebbene in clausura si dedicò ugualmente ai poveri, ai sofferenti e ai carcerati. Propagò l’amore all’eucaristia e alle sue pie pratiche: la sua intercessione ottenne la conversione di molti peccatori, che concretizzarono la sua opera di carità fondando pie istituzioni, dedite all’assistenza degli infermi e alla cura degli anziani, a cui la santa dettò regole e costituzioni. Volle che su tutti gli oggetti da lei usati fosse impressa l’immagine della Vergine. Giacinta ebbe il dono della profezia e della “scrutazione dei cuori”; manifestò il fenomeno dell’imponderabilità del corpo; inoltre, trascorse la fine della vita in uno stato di estasi abituale.FB_IMG_1706610582259.jpg
 
SAN GIOVANNI BOSCO sacerdote
Giovanni nacque nel 1815, in una modesta cascina della provincia di Asti. Figlio di contadini, perse presto il padre e fu la madre a lavorare nei campi con grande sacrificio, per assicurare il sostentamento alla famiglia e permettere a Giovanni di studiare. Egli seguì la vocazione sacerdotale fin da giovane e cominciò a occuparsi dei ragazzi, facendoli giocare, ma - al contempo - attirandoli alla preghiera. Un giorno, gli si illuminò la strada della sua missione che tanto desiderava realizzare: essere fra i giovani, come sacerdote, e insegnare loro a conoscere la dottrina cattolica, ad amare il Signore e la Madonna, per raggiungere la salvezza dell’anima. Gli si presentarono dei ragazzi poveri e indifesi, che mise insieme e a cui diede l’opportunità di istruirsi e crescere grazie all’Oratorio. Don Bosco, spinto da grande zelo e animato dalla carità verso il prossimo voleva salvare le anime. Con questo fine, si prodigò per i ragazzi raccolti per strada, li sfamò e insegnò loro un mestiere. Stava nascendo il nuovo mondo industriale e Giovanni capì che la gioventù doveva essere preparata alla vita moralmente e professionalmente. Così si occupò di scuola e fondò laboratori, cioè le prime scuole professionali, dalle quali dovevano uscire operai onesti e capaci. Un’opera che pose sotto la protezione di san Francesco di Sales, da cui il nome “Salesiani”, che proliferò anche in altri Paesi. Per i ragazzi, egli sopportò la fatica e le persecuzioni dei sospettosi. Gli elementi della spiritualità di don Bosco sono il lavoro continuo e la temperanza che manifestava nella dolcezza, nella clemenza, nell’umiltà, nell’allegria.FB_IMG_1706695463529.jpg
 
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