Novità

Frate Indovino

SANTA MARIA BERTILLA BOSCARDIN vergine
Anna Francesca era il suo nome di battesimo. Era figlia di contadini, dopo aver seguito la scuola elementare per qualche tempo, cominciò a lavorare in campagna, in casa e a servizio da alcune signore. La sua vocazione era di farsi suora, e con la professione religiosa prese il nome di Maria Bertilla. Nella comunità, inizialmente, lavorava in cucina, al forno e in lavanderia. Poi fece il tirocinio presso l’ospedale e si diplomò infermiera. Suor Maria Bertilla era occupata presso gli ammalati in ospedale, ma aiutava anche le consorelle in convento. Era ancora molto giovane quando si ammalò di tumore, da cui fu salvata con un intervento chirurgico. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, l’ospedale dove lavorava fu trasferito in Lombardia. Qui dovette affrontare prove di incomprensioni tali che la costrinsero a retrocedere a mansioni di servizio, pur non avendo lei le energie sufficienti a svolgere quei compiti. Ritornata a Treviso, suor Maria Bertilla riprese l’attività di infermiera, ma fu nuovamente aggredita dal tumore da cui non guarì. Morì a trentaquattro anni. Molti sono i malati che chiedono l’intercessione della suora infermiera, che risponde ai bisogni.FB_IMG_1729404353006.jpg
 
SANTA ORSOLA martire
La bellissima Orsola o Ursula era figlia di un re di Britannia e segretamente consacrata a Dio. Il re pagano Aetherius la chiese in sposa. Quel matrimonio avrebbe scongiurato una guerra, perciò il padre si sentì obbligato a dare il consenso. La giovane, però, pose alcune condizioni: una dilazione di tre anni, la promessa da parte del pretendente che si sarebbe convertito, e un pellegrinaggio dei due sposi a Roma. Dopo tre anni, Orsola con dieci nobili fanciulle partì per raggiungere Colonia. Le undici giovani furono, a quel punto del viaggio, incoraggiate da un angelo a proseguire e, navigando sul Reno, raggiunsero Basilea, poi a piedi, da pellegrine, arrivarono a Roma. Qui Orsola fu ricevuta dal Papa insieme al promesso sposo che, nel frattempo, si era convertito al cristianesimo. Orsola e le fanciulle ritornarono poi a Colonia, dove si imbatterono negli Unni di Attila e per la loro fede cristiana, vennero torturate e condannate a morte a colpi di freccia.FB_IMG_1729495833793.jpg
 
SAN GIOVANNI PAOLO II papa
Karol Józef Wojtyła nacque a Wadowice, vicino Cracovia, il 18 maggio 1920. All’età di 21 anni aveva già perso i suoi cari, i genitori e il fratello medico. Le forze naziste occuparono la Polonia e il giovane Karol, tra il 1940 e il 1944, dovette lavorare in una cava e nella fabbrica chimica Solvay, per guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania. In questi anni difficili per l’Europa, egli si sentì chiamato al sacerdozio. Cominciò a frequentare il seminario maggiore di Cracovia in clandestinità, fin dopo la guerra, quando poté proseguire i suoi studi e giungere a Roma per conseguire il dottorato. Ancora giovane, fu nominato Vescovo e, dopo pochi anni, Cardinale. Prese parte ai lavori del Concilio Vaticano II, partecipando alla stesura della “Gaudium et Spes”. Karol fu eletto Papa dal Conclave dei Cardinali, il 16 ottobre 1978, e prese il nome di Giovanni Paolo II. Il 13 maggio 1981, in Piazza San Pietro, anniversario della prima apparizione della Madonna di Fatima, fu ferito gravemente da un colpo di pistola, per mano del turco Alì Agca, a cui offrì il suo perdono. Egli esercitò il suo ministero, pervaso da spirito missionario, dedicando le sue energie alla Chiesa tutta e alla carità verso l’umanità intera. Promosse con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentati delle altre religioni, ritrovandosi con loro in diversi “Incontri di Preghiera per la Pace”. La sua attenzione per i giovani è sempre stata vigile e riuscì a creare con essi un dialogo autentico, forte, di rispetto e di fiducia, riuscendo a conquistare il loro ascolto e la loro simpatia. Con il “Grande Giubileo”, Giovanni Paolo II ha traghettato una Chiesa più unita e pronta ai cambiamenti nel terzo millennio, affidando il cammino dei cristiani alla Santa Madre, di cui era grande devoto. Un suo gesto indimenticabile fu la sua offerta di perdono al popolo ebraico per il male subito e la preghiera fatta davanti al Muro del Pianto di Gerusalemme. Gravemente malato, gli ultimi mesi di vita, seppe testimoniare con forza comunicativa la sua presenza di Pastore.FB_IMG_1729574856329.jpg
 
SAN GIOVANNI DA CAPESTRANO sacerdote francescano
Giovanni nacque in Abruzzo, nel 1386, da un barone tedesco e madre abruzzese. Di buona cultura, terminati gli studi di legge, fu giudice a Perugia. Operò senza cedere alle minacce o alla corruzione, conquistando l’amore dei deboli e l’odio dei potenti. Fu incarcerato da fuoriusciti che avevano preso la città con la forza e, in prigione, ebbe una visione: san Francesco lo esortava a entrare nel suo Ordine. Fu così che, nel 1417, divenne frate Minore e più tardi, fu ordinato sacerdote. Fu nominato inquisitore dei cosiddetti Fraticelli, eretici, oppositori dell’ordine morale e sociale. Gli furono affidati diversi incarichi delicati dai superiori, da sovrani e dal papa. Si trovò a girare l’Europa intera: eresse conventi, pacificò città, combatté eresie e soprusi, difese san Bernardino da Siena dall’accusa di eresia. Propagò la devozione al Nome di Gesù, predicava e compiva prodigi. Quando i Turchi presero Costantinopoli, organizzò un esercito crociato per difenderla. I crociati affrontarono gli invasori a Belgrado ed ebbero su di loro la meglio. A causa delle fatiche eccessive, si ammalò e morì nel 1456.FB_IMG_1729667316224.jpg
 
SANT’ANTONIO MARIA CLARET vescovo
Antonio nacque nella Catalogna, nel 1807, in una famiglia profondamente cristiana. Ordinato sacerdote, si recò a Roma presso la Congregazione “de Propaganda Fide” per essere inviato missionario, ovunque servisse la sua opera nel mondo. Non riuscì in questo obiettivo ed entrò tra i Gesuiti. Fu grande predicatore e conquistò immensa fama: avvicinò la gente umile e povera, predicando con tenacia, perché il messaggio del Vangelo arrivasse in modo credibile agli uomini. Venne eletto arcivescovo di Santiago di Cuba (allora sotto il dominio spagnolo) e si adoperò con impegno a curare le anime, ad affrontare i gravi problemi morali, religiosi e sociali dell'Isola: concubinato, povertà, schiavitù, ignoranza, ecc. Qui, riorganizzò le parrocchie: in ognuna di esse creò delle casse di risparmio, promosse l’agricoltura, istituì biblioteche comunali. Fondò la Congregazione dei Figli dell’Immacolato Cuore di Maria, detti Missionari Clarettiani, con lo scopo di garantire un aiuto alla Chiesa. Fu chiamato dalla Regina Isabella a Madrid, che lo volle come suo confessore. Presto, entrambi dovettero fuggire in esilio a Parigi. Antonio fu, però, vittima di persecuzioni a causa della sua difesa dei diritti della Chiesa e dei diritti umani, motivo per cui morì esule in Francia.FB_IMG_1729751786072.jpg
 
SAN FOLCO SCOTTI vescovo
La figura di san Folco o Fulco non è molto conosciuta, pur essendo stato nella storia un grande pacificatore. Nacque a Piacenza intorno al 1165. Il suo cognome è Scotti, discendente di una famiglia di scoti, cioè di origine irlandese. Gli scoti erano giunti in Scozia nel VI secolo dalla verde isola cristiana di Irlanda, evangelizzata già nel V secolo da san Patrizio, a causa di difficoltà politiche e di miserie morali, e poi in Europa, specialmente quando le isole del nord furono invase dai Danesi. Giunsero mercanti, soldati, intere famiglie, come quella appunto degli Scotti a Piacenza. Folco, giovane d’ingegno vivace, a vent’anni fu mandato a completare i suoi studi di teologia a Parigi. Tornato a Piacenza, gli furono assegnati ruoli di responsabilità, fino a essere eletto vescovo della città. Sei anni dopo, resta vacante la sede di Pavia e Folco viene consacrato vescovo anche di questa città. Piacenza e Pavia erano divise da una terribile e cruenta ostilità. Folco è il grande pacificatore delle due città, vuole essere vescovo di tutti, piacentini e pavesi. E riuscì in questa sfida. Prima operò per riportare la pace interna, tra i cittadini divisi in fazioni politiche; poi ricompose la pace tra le due città convertite. Morì nel 1229. Fu un padre affettuoso, che conquistò fama di sapienza e di santità.FB_IMG_1729924648356.jpg
 
SANTI SIMONE E GIUDA apostoli
Simone santo, che si festeggia oggi, è un Simone diverso da Simon Pietro, ma entrambi facenti parte del gruppo dei discepoli scelti da Gesù. Costui è detto “il Cananeo” o “lo Zelota”, forse perché precedentemente faceva parte di questa corrente anti-romana. Si conosce molto poco di lui, poiché i Sacri Testi non ne parlano. Si sa che nacque a Cana e che, dopo l’Ascensione del Signore, partì missionario per l’Egitto. Subì un martirio crudele da parte dei Persiani.
Questo Giuda, invece, non è “l’Iscariota”, cioè il traditore. Si tratta di san Giuda, fratello di Giacomo, detto Taddeo, che vuol dire “magnanimo”. Egli era in un rapporto di amore mistico con Gesù molto intenso, proprio per la sua caratteristica pacatezza del cuore. Era un maestro serio e sapiente e portò con slancio la Buona Novella per il mondo, dove (in Persia?) trovò il martirio.FB_IMG_1730100908724.jpg
 
SAN NARCISO DI GERUSALEMME vescovo
Narciso fu eletto vescovo tra il II e III secolo, a quasi cento anni di età, per i suoi meriti e le sue virtù. Anche se molto anziano era spiritualmente vigoroso e in salute fisica e mentale. Nei suoi lunghi anni, vide nascere nella città una grande comunità cristiana, che governò con fermezza. Indisse un sinodo, nel quale fu deciso che la festività della Pasqua dovesse cadere sempre di domenica. Proprio nel giorno di Pasqua, Narciso compì il miracolo di mutare l’acqua in olio, che era terminato, per le lampade della chiesa. Per il suo rigore, attirò molti nemici che sparsero diverse calunnie sul suo conto. Allora, anche se innocente, Narciso decise di allontanarsi da Gerusalemme e creduto morto, gli furono eletti due successori. Alla fine ritornò e con la gioia di tutti riprese la Cattedra di vescovo, aiutato da un coadiutore, sant’Alessandro. Le ultime notizie su di lui risalgono a quando avrebbe avuto centosedici anni.FB_IMG_1730184853508.jpg
 
SANT’ANGELO D’ACRI sacerdote francescano
Luca Antonio nacque ad Acri, provincia di Cosenza, nel 1669 da genitori poveri di beni materiali, ma ricchi di virtù e di pietà cristiane. Imparò a leggere e scrivere da un vicino di casa e frequentava la chiesa dei cappuccini. Sentì il richiamo alla vita religiosa dopo l'incontro con padre Antonio da Olivadi, un cappuccino famoso per la sua santità. A diciannove anni, Luca Antonio entrò nel noviziato dei Cappuccini di Dipignano (Cosenza) per ritornare in famiglia dopo pochi giorni. Ma, l’8 novembre 1689, con umiltà e coraggio, si ripresentò ai frati del convento di Acri, implorando perdono e chiedendo di essere riammesso alla vita religiosa. Anche stavolta ritornò a casa. Nel 1690, per la terza volta, si presentò dai cappuccini e, cosa straordinaria, riuscì a ottenere dal Ministro Generale dell'Ordine il permesso di cominciare l’anno di noviziato. Quando emise i voti solenni ricevette il nome di fra’ Angelo d’Acri. Terminati gli studi teologici, filosofici e umanistici, fu ordinato sacerdote e gli fu affidato il ministero della predicazione. Percorse instancabilmente buona parte dell’Italia meridionale, predicando quaresimali, missioni popolari ed esercizi spirituali. In tutti i luoghi dove predicava, la sua presenza richiamava nelle chiese moltitudini innumerevoli di fedeli. Al suo confessionale lunghe erano le file di persone di ogni ceto e di ogni età, che egli non si stancava mai di ascoltare.FB_IMG_1730359688956.jpg
 
TUTTI I SANTI
La festa di Ognissanti nasce con la Chiesa stessa, perché, da subito, i fedeli sono ricorsi all’implorazione dei santi. I primi cristiani invocavano, con preghiere, la grazia di mantenersi forti nella fede e coraggiosi nelle contrarietà. Essi chiedevano, a chi già aveva testimoniato col sacrificio, di essere raccomandati al Signore. La festa venne istituita da papa Bonifacio IV (550 circa – 615), che trasformò il Pantheon, tempio dedicato a tutti gli dei dell’Olimpo, in una chiesa intitolata alla Vergine Maria e a Tutti i Santi. Il 13 maggio 609, egli celebrò il rito di consacrazione.
In questo giorno del 1° Novembre, Gesù parla a tutti noi dalla montagna e promette che, un giorno, saremo “beati”. Infatti, i Santi sono coloro che hanno ricevuto la ricompensa in Cielo, contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione: poveri in spirito, mansueti, tribolati, giusti, misericordiosi, puri, pacifici, perseguitati a causa di Gesù. Tutti Santi! Il Cielo è popolato di numerosi Santi, perché la santità non appartiene a pochi, ma è un cammino che ognuno può compiere per ricevere la sua corona di gloria. Santi non sono soltanto coloro i cui nomi leggiamo sul calendario, la cui vita è stata riconosciuta esemplare dalla Chiesa e che ci propone come modelli perché, peccatori come noi, hanno accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, attraverso i loro desideri, le loro debolezze, le loro sofferenze, le loro tristezze. Santi sono tutti coloro che si salvano e sperano che accada per mezzo dei meriti di Gesù. Santi sono mamme e operaie, sposi e figli, professionisti e missionari, gente comune che vive affrontando le fatiche quotidiane con eroico sacrificio e con dignità, facendo anche essi parte della Comunione dei Santi. Oggi, la Chiesa sulla terra, trionfante, festeggia, unita a Maria – Regina di tutti i Santi –, ai Santi, agli Angeli e agli Arcangeli, intorno al trono di Dio, coloro che già posseggono l’eredità della gloria eterna.FB_IMG_1730448070764.jpg
 
COMMEMORAZIONE DI TUTTI I DEFUNTI
La “pietas” verso i defunti risale alle origini dell’umanità. In epoca cristiana, nelle catacombe, i devoti disegnavano sulla parete della tomba, in cui era deposto il loro congiunto, la figura di Lazzaro, riportato in vita dal Signore. Nel IX secolo, si diede inizio al rito liturgico della Commemorazione dei fedeli defunti, derivazione dell’abitudine monastica di dedicare un intero giorno dell’anno alla preghiera per tutti gli estinti. La Chiesa, come Madre di tutti i fedeli suoi figli, desidera sempre sentirli stretti in un unico abbraccio, così prega per i vivi e per i morti, questi ultimi vivi nel Signore. Deduciamo da ciò che l’amore materno della Chiesa è più forte della stessa morte. Il 2 Novembre ci offre l’occasione di riflettere sulla realtà delle cose e soprattutto, di porre l'attenzione sulla caducità della vita. Con indifferenza ci passano davanti situazioni, cose, persone e il tempo, senza lasciare traccia alcuna nel nostro mondo interiore: tutto scompare, perché lo viviamo con superficialità. La vita è un continuo passaggio, una perenne trasformazione che ha come elemento primo il tempo. Il tempo vive con noi le nostre gioie e i nostri dolori, assiste nel suo trascorrere, aiutandoci a comprendere che ogni cosa passa. E il cammino della vita, giorno dopo giorno, si consuma e il nostro tempo si esaurisce. In questo giorno, è importante ritornare a riflettere sulle cose essenziali dell’esistenza e sui valori autentici, per essere pronti all’incontro con Dio Amore. Nella luce di Dio, la morte è un passaggio dalla terra al cielo, un dolce incontro con il Padre e con gli Angeli verso la vita eterna.FB_IMG_1730534248192.jpg
 
SAN MARTINO DE PORRES domenicano
Martino nacque a San Sebastiano, “figlio di padre ignoto”. In realtà, suo padre era l’aristocratico spagnolo Juan de Porres, che non lo riconobbe, perché la madre era una ex schiava nera d’origine africana. Il piccolo Martino, dalla carnagione mulatta, viveva con la mamma e la sorellina. Il padre decise, alla fine, di riconoscerlo e lasciò alla madre i mezzi per farlo studiare. Egli divenne così allievo di un barbiere-chirurgo e, fra le varie nozioni, apprese anche quelle mediche. Il suo desiderio però era di entrare fra i domenicani, ma poiché mulatto venne accolto come terziario e svolgeva solo compiti come inserviente e spazzino. Egli non disdegnava la cosa, anzi amava mostrarsi con la scopa. I suoi superiori cominciarono a notare la sua forza interiore, e decisero di accoglierlo nell’Ordine come fratello cooperatore. Nel Perù, Paese che era stato preda dei crudeli Pizarro e Diego de Almagro, Martino de Porres, figlio di un “conquistatore”, offriva un esempio di vita radicalmente contrapposto. Egli divenne consigliere del viceré del Perù e dell’arcivescovo di Lima. Si circondava di poveri e di malati e ne era guaritore e consolatore. Numerosi sono i prodigi da lui compiuti, come quello di trovarsi al tempo stesso in luoghi lontani fra loro, sollevarsi da terra, far luce su argomenti di teologia senza averla mai studiata: per la gente era l’uomo dei miracoli. Fondò a Lima un collegio per i bambini poveri, il primo collegio del Nuovo Mondo. Guarisce persino l’arcivescovo del Messico, il quale avrebbe voluto che lo seguisse in viaggio, ma Martino non poté partire, perché fu colpito da violente febbri, che misero fine alla sua straordinaria vita il 3 novembre 1639, all’età di sessant’anni.FB_IMG_1730618765370.jpg
 
SAN CARLO BORROMEO vescovo
Carlo nacque nel 1538, nella Rocca di Arona, del conte Borromeo, signore del Lago Maggiore. Come secondo figlio, era destinato alla tonsura, in base agli usi del tempo, e così fu. Nipote del Papa Pio IV – quest’ultimo fratello della mamma – Carlo entrò come religioso nella Chiesa e fu nominato Vescovo di Milano a soli venticinque anni. L’arcidiocesi era davvero vasta, ma egli non si risparmiò nel visitarla in lungo e in largo, avendo cura sia della formazione del clero, sia delle condizioni dei fedeli. Fondò seminari, ospedali e ospizi, attingendo anche dalle ricchezze di famiglia. Tutta la sua opera era in favore dei poveri. Nel 1576, con lo scoppio dell’epidemia di peste, era al capezzale di tanti malati ad assisterli. Il lavoro lo svolgeva con rigore e fermezza e per questo corse il rischio di essere ucciso: subì, infatti, un attentato, mentre era nella cappella in preghiera, ma ne uscì illeso. Il suo impegno di risanamento e carità determinò lo sviluppo di molte città sotto il suo episcopato, tanto che egli fu preso come modello da altri vescovi. Si prodigò senza sosta, ma la salute venne meno. Morì nella sua Milano 3 novembre 1584. Carlo fu grande nella carità, nella dottrina, nella pietà e nella devozione: fu uno dei maggiori conquistatori di anime. È stato proclamato santo da papa Paolo V nel 1610, a soli 26 anni dalla morte.FB_IMG_1730704888173.jpg
 
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SAN LEONARDO eremita
Nato in Gallia nel 496 da nobile famiglia, amica del re Clodoveo, non volle intraprendere la carriera militare e si pose al seguito di san Remigio, arcivescovo di Reims e come lui chiese e ottenne la facoltà di liberare i prigionieri che avesse incontrato, atto di carità che praticò a lungo, liberando tante vittime infelici delle guerre del tempo. Pare che durante un viaggio verso Limoges, in una foresta, soccorse con la sua preghiera la regina sorpresa durante una battuta di caccia dalle doglie del parto. Per questo, il re gli concesse il terreno su cui erigere un convento, il cui pozzo si riempiva miracolosamente di acqua.
Il santo eremita edificò anche un oratorio in onore della Madonna e un altare al suo maestro san Remigio, morto nel frattempo. Nelle regioni già cristiane di Germania, Aquitania, Inghilterra, giunse la fama di santità che circondava l'eremita, e a lui accorrevano i malati e i prigionieri; questi ultimi, invocandolo, riacquistavano immediatamente la libertà. San Leonardo morì il 6 novembre, nella metà del VI secolo. È raffigurato nell’arte e nell’iconografia popolare con le catene, simbolo dei prigionieri, ed è patrono dei fabbricanti di catene, di fermagli, di fibbie, ecc., oltre che dei parti difficili e dei bambini malati. Viene invocato anche contro la grandine e l’obesità.FB_IMG_1730879019781.jpg
 
SAN GOFFREDO DI AMIENS vescovo
Il nome Goffredo deriva da una forma germanica antica, “Gottifredo”, composto di due parole, una significa “Dio”, l’altra “pace”, ossia “pace di Dio”, con evidente valore mistico. Goffredo nacque da genitori benestanti e fedeli al cristianesimo. Gli studi svolti con impegno lo arricchirono di una profonda preparazione spirituale. Giovanissimo divenne monaco ed era particolarmente austero. Diventò così abate zelante e buon amministratore. Si distinse per la sua preparazione dottrinale, per i suoi meriti e soprattutto per la sua integrità morale, in un periodo di continui compromessi e di diffusione – soprattutto tra il clero – della simonia. Per queste sue qualità fu nominato vescovo di Amiens. Egli entrò in città con l’abito di pellegrino e a piedi nudi, a dimostrazione che non era il signore potente del luogo. Cercò di riformare e pacificare Amiens, dove i contrasti tra popolo e feudatari li rendeva nemici. Goffredo lavorò per riportare la pace di Dio con grande impegno e appoggiò anche la volontà dei cittadini di organizzarsi in libero Comune, affrancandosi dal potere feudatario. L’iniziativa fallì. La vita di Goffredo ad Amiens fu dura e difficile; addirittura cercarono di assassinarlo. Ancora giovane (a 49 anni), durante un pellegrinaggio, si ammalò e morì. Era l’8 novembre 1115).FB_IMG_1731044538927.jpg
 

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