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Frate Indovino

SANTA EDVIGE religiosa e duchessa di Slesia e di Polonia
Edvige nacque in Baviera da famiglia nobile e sposò Enrico I, detto il Barbuto. Ebbe sei figli, ma solo Geltrude sopravvisse. Fu abile consigliera del marito nel governo del ducato. Ella fu dolce con i sudditi, mite con i nemici, assisteva i poveri, i religiosi, si occupava delle condizioni di vita dei carcerati. Pensare a queste opere di carità era per lei il dovere di una principessa cristiana. Edvige condusse una vita privata molto austera, fatta di digiuni, veglie, privazioni, mortificazioni del corpo e offriva le sofferenze per l’egoismo e l’avidità umane. Delle sue ricchezze non tratteneva nulla, le utilizzava per i bisognosi, per curare gli ammalati e i lebbrosi. Vestiva una tunica e un mantello. Alla morte del marito, entrò nel Monastero cistercense da lei stessa fondato, di cui la figlia Geltrude era badessa. Visse e morì da monaca penitente e chiese di essere sepolta nella tomba comune del monastero.1000004776.jpg
 
SANT’IGNAZIO DI ANTIOCHIA vescovo martire
Ignazio, soprannominato Teòforo (portatore di Dio), abbracciò la fede grazie all’ascolto della predicazione degli apostoli. Ricevette l’ordinazione sacerdotale e manifestò così le sue doti apostoliche per cui gli apostoli lo consacrarono vescovo di Antiochia, in Siria, uomo d'ingegno acutissimo e pastore zelante, un pilastro della Chiesa primitiva. Infieriva, all’epoca, la persecuzione dell'imperatore Traiano, che fece strage degli uomini della Chiesa più in alto nella scala gerarchica e più chiari nella fama e nella santità. Ignazio fu arrestato, condannato “ad bestias” e fu condotto in catene, con un penoso viaggio, da Antiochia a Roma, dove si allestivano feste in cui i cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, divorati dalle belve. Durante il lungo viaggio, egli scrisse sette lettere, in cui incitava tutti i fedeli di fuggire il peccato, di rimanere fermi nella fede, soprattutto di mantenere l’unità della Chiesa. E a chi pensava di poterlo aiutare a essere liberato diceva: “Voi non perdete nulla, e io perdo Iddio, se riesco a salvarmi. Mai più mi capiterà una simile ventura per riunirmi a Lui. Lasciatemi dunque immolare, ora che l’altare è pronto!”. Nell’anno 107, Ignazio fu gettato nell’arena e sbranato dalle belve.1000004800.jpg
 
SAN LUCA evangelista
Luca nacque ad Antiochia, non conobbe direttamente il Signore, ma dopo l’Ascensione; fu discepolo e compagno di Paolo di Tarso. Era medico, proveniva dal mondo pagano, apparteneva alla seconda generazione cristiana e seguì Paolo nell’opera missionaria di evangelizzazione, in alcuni viaggi. Luca fu l’autore del terzo Vangelo, il più lungo dei quattro e il più raffinato dal punto di vista linguistico e degli Atti degli Apostoli. Forse, fu durante questi viaggi che egli incontrò i personaggi di cui parla nel Vangelo, di cui riporta la testimonianza viva della vita del Cristo e il racconto ricco di particolari. Nel Vangelo di Luca si ritrovano molti elementi caratterizzanti lo scritto: egli è lo scrittore della misericordia e della tenerezza di Gesù (esempio è la parabola del Buon Samaritano); esalta la gioia messianica che pervade il cristiano; la povertà spirituale come abbandono fiducioso in Dio; la preghiera, che lo stesso Gesù praticava (spesso, infatti, si ritira solitario per dialogare col Padre); la salvezza donata dal Cristo all’intera umanità. La leggenda aggiunge che Luca fu pittore della figura di Maria e gli attribuisce le famose icone le “Madonne di Luca”. In realtà, è nelle opere scritte che egli ha fatto un intenso ritratto della Chiesa delle origini, su cui operava lo Spirito Santo e fervente era l’impegno di Pietro e Paolo. Morì a 84 anni. Il toro è il simbolo che rappresenta l’evangelista Luca, perché il suo Vangelo comincia con la visione di Zaccaria nel Tempio di Gerusalemme, dove venivano sacrificati gli animali.1000004828.jpg
 
SAN PIETRO D’ALCANTARA sacerdote francescano
Pietro d’Alcantara era un uomo di penitenza e di preghiera. Egli trascorse gran parte della sua esistenza in mezzo alla penitenza e ai rigori: quelli del dormire, o meglio del non dormire; quelli del mangiare, o meglio del digiunare. Pietro era nato nel 1499, ad Alcantara, piccola città dell’Estremadura, ai confini con il Portogallo. A soli sedici anni mise l’abito di san Francesco e per tutta la vita si prodigò per riportare l’Ordine al rigore della prima Regola. Cercava di dare l’esempio della più severa penitenza e della più dura povertà, incontrando però una forte resistenza in molti confratelli. Non tutti avevano la sua tempra di penitente. L’imperatore Carlo V, desiderava che divenisse il suo confessore, ma il francescano gli si gettò ai piedi, gli baciò la mano e disse: “Vostra Maestà cercherà certamente di fare la volontà di Dio. Se io non tornerò più, vorrà dire che Dio non ha voluto che io accettassi questa carica”. Non tornò più. Morì, dolcemente, il 18 ottobre 1562. Di lui, la stessa Santa Teresa d’Avila scrisse: “Che modello di virtù era nel fratello Pietro d’Alcantara! Il mondo d’oggi non è più capace di una tale perfezione. Si dice che i Santi sono più deboli di una volta, e che noi non siamo più come i cristiani del tempo passato. Quest’uomo santo è stato del nostro tempo, ma il suo fervore era robusto come quello di una volta! Così egli teneva il mondo sotto i piedi. Che coraggio ha dato il Signore a questo santo, per fare quarantasette anni di così aspra penitenza!”.1000004835.jpg
 

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