Polizia privata (e francese): così riapre il Cie di via Corelli
Polemiche per la decisione del prefetto di ristrutturare il centro per i clandestini. Sarà affidato a una società d'oltralpe specializzata nella gestione delle carceri
Luca Fazzo - Ven, 18/04/2014 - 07:15
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Dai sindacati confederali, agli avvocati penalisti,all’asses*sore all’assistenza Piefrance*sco Majorino: la imminente ria*pertura del Cie di via Corelli, il centro di identificazione ed espulsione per immigrati irre*golari, ha sollevato più critiche che entusiasmi. «La struttura *aveva detto pochi giorni fa Majorino - deve diventare un Centro di accoglienza dove po*ter ospitare persone in difficol*tà e realizzare progetti di inte*grazione », senza spiegare dove nel frattempo sistemare le cen*tin*aia di clandestini che vengo*no fermati ogni mese, e che- da quando è chiusa via Corelli *non vengono rilasciati ma spe*diti qua e là per l’Italia, e recen*temente uno è finito addirittu*ra a Trapani.
La speranza che il governo Renzi sopprimesse il Cie di Mi*lano si è comunque infranta contro il comunicato emesso qualche giorno fa dal prefetto Francesco Paolo Tronca che ha annunciato che, al termine dei lavori di sistemazione, il centro all’Ortica riaprirà i battenti. E qualche malumore in più ha sollevato il dettaglio che, a ben vedere, è la vera novità dell’an*nuncio del Prefetto. Il Cie non sarà più gestito dalla Croce Ros*sa ma da una azienda francese specializzata in carceri private, la Gepsa, controllata dal colos*so multinazionale Gdf Suez. La Francia,a differenza dell’Italia, ha già seguito America e Gran Bretagna sulla strada della pri*vatizzazione del sistema peni*tenziario, e Gepsa ha già la ge*stione di 13 carceri, in cui si van*ta di rieducare 1.700 detenuti al giorno. La società francese ri*vendica anche l’esito positivo del lavoro di rieducazione, spie*gando che nel 2010 hanno tro*vato un posto di lavoro 180 dete*nuti usciti dalle sue prigioni.
Tema delicato e controverso, quello di trasformare il carcere in un business. Ma in questo ca*so il problema è un altro: il cen*tro di via Corelli non è un carce*re, o almeno non dovrebbe es*serlo. Poiché le persone che vi vengono rinchiuse non hanno commesso alcun reato (altri*menti finirebbero a San Vitto*re) ma sono semplicemente in attesa di essere espulse, dal punto di vista formale il Cie è una struttura amministrativa, gestito da personale esterno al ministero della Giustizia.L’uni*ca analogia con San Vittore è, o dovrebbe essere, che è proibito andarsene. Ma quando nel lu*glio 2012 la stampa potè final*mente visitare via Corelli si tro*vò di fronte nè più nè meno che ad un carcere: Sbarre, celle, por*te blindate, psicofarmaci.
Adesso,la vittoria dell’appal*to da parte dei francesi specia*lizzati in carceri rischia di alza*re il velo di ipocrisia, ammetten*do che di fatto si tratta di una pri*gione. Non è la prima volta che Gepsa cerca di prendere in ge*stione un centro: aveva già con*corso e vinto per ottenere l’ap*palto del centro romano per i ri*chiedenti asilo, il Cara di Castel*nuovo di Porto, un affare da die*ci milioni di euro all’anno, ma l’assegnazione era stata annul*lata dal Consiglio di Stato per una violazione contrattuale. Stessa sorte, appalto vinto e poi annullato, la Gepsa aveva in*contrato per il Cie di Gorizia. Anche a Roma e a Gorizia la Ge*psa aveva vinto l’appalto insie*me alla Acuarinto, una associa*zione culturale di Agrigento specializzata nella assistenza agli immigrati, che sarà adesso presente anche in via Corelli.
Con quale personale, con quali metodi i vigilantes france*si gestiranno via Corelli? Da ga*lera o da centro di accoglienza? «Non abbiamo niente da dire», rispondono ieri i portavoce di Gepsa.