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Isis alle porte..

DISEGNIAMO CROCI IN TUTTE LE CITTA' (MURI ,COLONNE ECC) SE AVETE UN PO DI "ATTRIBUTI" PERCHè L'ITALIA E' NOSTRA.
 
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Roma – La foto postata su Twitter e rilanciata sui social media fa accapponare la pelle, perché raffigura un gruppo di bambini chiuso in una gabbia come il pilota della Reale Aeronautica Giordana, Muad al-Kasasbeah.

ibambini nn si toccano se lo fanno si scatenerà l inferno ..


FOTO FATTE PER I POVERI CATTOLICI.........
 
Belpietro: ecco le due cose da fare prima di andare in guerra in Libia

A costo di stupire alcuni lettori, voglio dire che per una volta sono d'accordo con Matteo Renzi. La fregola di qualche ministro di inviare un contingente militare in Libia rischia di esporre l'Italia a pericoli che nessuno mi pare ad oggi sia in grado di calcolare. Dunque bene ha fatto il presidente del Consiglio a dare un brusco colpo di freno, rinviando ogni decisione a data da destinarsi e comunque solo dopo che l'Onu, non la Nato, avrà deciso che cosa fare.

Dico questo non perché ritenga sbagliato un intervento militare in Libia e nemmeno perché sottovaluti le ricadute italiane di quanto sta accadendo nel vicino Paese africano. Anzi, semmai è proprio perché ho presente ciò che sta succedendo, e che cosa comporti l'instaurazione di un Califfato a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste, che apprezzo la decisione del capo del governo. Inviare cinque o settemila uomini in Libia non significa infatti spedire un contingente a garantire la pace, come già abbiamo fatto in Kosovo, in Libano e in parte anche in Afghanistan. Mandare i nostri soldati a Tripoli o a Bengasi vuol dire letteralmente entrare in guerra. Mentre i militari italiani in Kosovo o in Libano si limitano a sorvegliare i traffici delle popolazioni locali, evitando che si riarmino, e quelli in Afghanistan partecipano alla ricostruzione cercando di non farsi accoppare dai talebani, le nostre truppe in Libia dovrebbero attaccare i tagliagole dell'Isis, combattendo per sgominarli. Si tratterebbe di uno scenario diverso, che richiederebbe un passaggio parlamentare e una modifica costituzionale, dato che la guerra nel nostro ordinamento non è prevista, ma al massimo sono consentite la difesa o le missioni di peace keeping. Nel caso libico aggirare le regole come si fece in passato in Kosovo sarebbe difficile se non impossibile. Soprattutto non avremmo il paravento che allora ci consentì di inviare i nostri aerei a bombardare Belgrado assicurando però al Parlamento che i caccia non avrebbero sganciato bombe ma solo prestato assistenza ai velivoli Nato. Una bugia che tutti, opposizione compresa, hanno finto di credere.

Ora no. In Libia non si potrebbe ripetere la finzione, perché un conto è sganciare bombe, un conto è mandare migliaia di soldati a combattere dicendo che sono lì solo per aiutare vecchi e bambini. Intervenire per riportare l'ordine nell'ex colonia significherebbe sparare, bombardare e combattere sul terreno. Con tutto ciò che ne consegue. Quella cui si sta per andare incontro non è una guerra tradizionale, che pur nel suo orrore ha delle regole, ma è una guerra senza quartiere, che si combatte nel peggiore dei modi, usando tutto: donne, bambini, prigionieri. Come abbiamo avuto modo di vedere, i miliziani dell'Isis non hanno rispetto per nessuno. In Iraq, dove pure mandammo i nostri aerei a bombardare (anche in quel caso fingendo di non farlo) due nostri piloti furono abbattuti e finirono nelle mani dei soldati di Saddam, i quali però ce li restituirono sani e salvi. Non così è stato per il pilota giordano, arso vivo di fronte a una telecamera. Siamo pronti ad accettare uno scenario tanto orribile? Possiamo mettere in conto che dei nostri soldati finiscano nelle mani dei banditi del Califfato e siano sgozzati sulla spiaggia come è avvenuto con gli oltre venti copti egiziani?

Attenzione, non vorrei sembrarvi pavido, intendo solo richiamare quali sono i rischi cui si va incontro nel caso si decida per un intervento militare. Nonostante la superiorità militare dell'Europa, quella libica potrebbe non essere una passeggiata, perché lì come in Siria e in Iraq non si combatte una guerra convenzionale. Aggiungo di più. Dalle coste libiche sono già arrivate nell'ultimo anno decine di migliaia di profughi (si parla di 170 mila) ed altri potrebbero arrivare nei prossimi mesi (si parla di 200 mila). Ipotizziamo che l'Isis per difendersi imbarchi sui gommoni anche solo un miliziano pronto a sparare o farsi esplodere ogni mille profughi. In breve avremmo duecento terroristi pronti a esportare la guerra nelle nostre città. Siamo consapevoli di questo? A leggere certe dichiarazioni politiche non direi, anzi direi che qualcuno prende la faccenda un po' alla leggera, senza cioè calcolare che cosa stia succedendo sull'altra sponda del Mediterraneo e che cosa possa succedere nel caso in cui l'Italia decidesse di entrare nel conflitto.

Ne consegue che dobbiamo restarcene con le mani in mano a guardare mentre sgozzano dei cristiani alle nostre porte di casa? Assolutamente no. Significa solo che una missione militare in quella zona dev'essere pensata bene, perché non bastano cinquemila uomini ma ne servono probabilmente dieci volte tanti e non possono essere solo i nostri, i quali però dovrebbero avere regola d'ingaggio simile a quelle di altri Paesi, ossia essere pronti a fare la guerra. Come spesso si dice, la miglior difesa è l'attacco. Ma per attaccare bisogna avere non solo le armi, ma anche avere le spalle coperte in patria. Se invece si rischia di finire come i marò o sotto processo come il capo dei servizi militari italiani, allora è meglio dirselo subito ed evitare di combattere.

Ps. In attesa di decidere il da farsi l'Italia può però fare subito due cose: fornire il massimo appoggio al presidente egiziano Al Sisi, che questa guerra la sta già combattendo, e mettere da parte il buonismo che impone di accogliere ogni barcone clandestino giunto in Italia. L'accoglienza totale non è praticabile, ma oltre a non essere praticabile di questi tempi è pericolosa: vogliamo arrenderci all'evidenza o preferiamo arrenderci, fra qualche tempo, ai tagliagole del Califfato?

di Maurizio Belpietro



a Belpietro dico come si fa a mettere da parte il buonismo se qua abbiamo i pidioti e il vaticano le principali cause di tutto .... si conosce l'ovvio e si continua a nascondersi come gli struzzi, cosi caro Belpietro nn si va da nessuna parte ..ci vuole una politica forte e responsabile...
 
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NON E’ DA TUTTI CONTRADDIRSI IN 10 PAROLE…….!!!!!

Libia, Pinotti: No a tamburi di guerra, ma siamo pronti con più di 5mila uomini

“Nessuno vuole battere i tamburi di guerra e nessuno ha delle volontà di interventismo, ma una Libia in guerra può diventare un altro punto di forza del Califfato: non voglio farmi mettere l’elmetto, ma dobbiamo aiutare la Libia e la diplomazia deve sentirne l’urgenza in questo momento”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, intervenendo alla trasmissione di Rai1 Porta a Porta.

“L’Italia è pronta contro la minaccia dell’Isis a assumersi le sue responsabilità: ho ricordato che in Afghanistan abbiamo mandato 5mila militari, ma possiamo avere anche più di 5mila uomini, dipende dalle esigenze e dal tipo di missione: siamo in grado di rispondere a situazioni diverse, anche impegnative e rappresentare l’Italia come un paese che non è in grado di difendersi è sbagliato”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, intervenendo alla puntata di Porta a Porta su Rai1.

Il ministro ha ricordato che “di fronte all’orrore di queste esecuzioni e al problema di una Libia fuori controllo il rischio di propagarsi dell’Isis è una realtà: dobbiamo pensare a come difenderci in generale, prima di tutto – ha concluso – per aiutare le popolazioni che sono su quel terreno”.

Riguardo a una futura coalizione tra Occidente e paesi arabi per combattere con un contingente militare l’Isis in Libia “le ipotesi sono molte, ma sentendo gli attori locali quella piu’ privilegiata e’ che sul terreno ci siano truppe dei paesi dell’area“. La presenza dei militari occidentali, ha ribadito il ministro, “dipendera’ dal tipo di operazione: se c’e’ un accordo tra i libici la coalizione internazionale potra’ aiutare secondo le necessita’, ad esempio nell’addestramento e nella copertura aerea, ma tutto in un quadro di legittimita’ internazionale”


 
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Usa: pronti a vendere droni armati agli alleati, Italia compresa

Gli Stati Uniti per la prima consentiranno la vendita di droni armati ai Paesi alleati, compresa l’Italia. La nuova policy, annunciata martedi’ dal Dipartimento di Stato, fissa anche le condizioni che i governi stranieri devono rispettare per ricevere i droni armati. “E’ nostro interesse avere determinati alleati e partner equipaggiati in modo appropriato”, hanno commentato al Dipartimento di Stato precisando che la vendita sara’ attentamente vagliata, caso per caso, dal governo e che sara’ necessario il via libera del Congresso.

La nuova ‘policy’ del governo americano, i cui dettagli sono rimasti riservati, arriva dopo una revisione durata due anni della politica di esportazione dei droni commerciali e militari. Gli attacchi con i droni armati condotti dalla Cia e dal Pentagono sono diventati il perno della strategia militare americana contro i terroristi in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Somalia, Siria e Yemen.

Fino ad oggi gli Usa hanno venduto droni armati solo alla Gran Bretagna perche’ il loro export era proibito dal 1987 sulla base di un accordo internazionale denominato “Missile Technology Control Regime” che riguarda 34 Paesi. L’Italia dispone solo di droni non armati americani che utilizza a scopo di intelligence.


questo fa parte delle lobby delle armi ... come dice Alien se si fanno si devono pure vendere e si devono trovare gli acquirenti compresa l italia..
 
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Libia, l’Italia all’Onu: «Pronti a ruolo guida nella stabilizzazione»

I media britannici: «L’Isis attaccherà il Sud Europa coi barconi»
E sempre a proposito dei barconi, secondo il Daily Telegraph che cita «documenti segreti dei jihadisti» l’Isis sarebbe intenzionato a utilizzare la Libia per portare il caos nel sud dell’Europa. «Stando a uno dei principali reclutatori dello Stato islamico in Libia, l’Isis vuole infiltrarsi sui barconi di immigrati nel Mediterraneo e attaccare le «compagnie marittime e le navi dei Crociati».

I piani segreti dell’Isis contro il sud dell’Europa sono contenuti in un documento, di cui il think tank antiterrorismo britannico Quilliam è entrato in possesso. La grande quantità di armi che circolano in Libia e la sua vicinanza con «gli stati crociati» rendono il Paese il punto di partenza ideale per l’Isis, scrive Abu Arhim al Libim che, secondo gli analisti, è una figura di spicco dello Stato islamico. Al Libim cita in particolare la possibilità per i jihadisti di «utilizzare e sfruttare in modo strategico i tanti barconi di “immigrati clandestini” che partono dalle coste libiche» attraverso i quali«l’Isis può «portare il caos nel sud dell’Europa e colpire le compagnie marittime e le navi dei Crociati».
 
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Contro l'Isis mandiamo Boldrini, Vendola e Kyenge

L'armata dei radicalchic esperti di disarmo. Dalla presidentessa della Camera in poi Il team “sinistro” è pronto con il suo niente istituzionale, a NON difendere i confini d’Italia
 
Isis, nuove minacce all'Italia: «Stiamo arrivando a Roma», l'hashtag dei jihadisti su Twitter

Nel tweet postato da Site, un sito che fa monitoraggio sugli account dello Stato Islamico, i jihadisti rilanciano poi la loro minaccia: «L'Isis a Roma, con la volontà di Dio». Appaiono inoltre foto che mostrano lunghi convogli di mezzi armati e carichi di militanti col passamontagna e le bandiere dello Stato islamico
 
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ISIS, UNA BESTIA NERA CHE DILAGA – TRE PRIGIONIERI SIRIANI UCCISI A CALCI E PESTATE DA UNA FOLLA DI FANATICI I CADAVERI TRASCINATI PER LE STRADE DI RAQQA (VIDEO)

Ecco l’ultima testimonianza delle barbarie. Un video mostra gli attimi raggelanti di puro terrore in cui tre soldati siriani vengono letteralmente risucchiati da una folla di fanatici islamici, presi a calci e pestati fino alla morte…

Siamo a Raqqa, in Siria. E la folla spinge per assistere, per sbirciare. Per dare un piccolo contributo al massacro. Sfogati gli animi, i cadaveri vengono legati a delle moto e trascinati, sbattuti e sanguinanti, in giro per la città. Una scena che ricorda quella di Achille che si tira dietro con un carro il cadavere di Ettore, intorno alle Mura di Troia. Ma c’è una differenza sostanziale tra le disumane crudeltà del poema omerico e quelle di Raqqa. Le prime sono finzione, le seconde no.




 
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SE BASTANO UN CENTINAIO DI TIFOSI OLANDESI PER METTERE ROMA A FERRO E FUOCO, IMMAGINIAMOCI SE ARRIVANO I TAGLIAGOLE DELL’ ISIS…….!!!!!

SIAMO MESSI PROPRIO BENE CON QUESTI POLITICI (pd)!!!!!

ma se nn sono nemmeno capaci di eliminare l'abusivismo per le strade vogliono combattere l isis ..
 
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Caos Libia, Mori boccia l’Italia: “Siamo senza strategia”

L’ex direttore del servizio segreto interno: i politici parlano di guerra, ma non vogliono ‘sporcarsi’ con l’intelligence.

Questo momento lo Stato italiano è impegnato su almeno due fronti di guerra relativamente recenti: la lotta contro il fondamentalismo islamico e la difesa degli interessi economici nazionali, minacciati in questo caso non da nuovi nemici ma da vecchi alleati. Due guerre non convenzionali, combattute con ogni mezzo dentro e fuori i confini nazionali. Che l’Italia ne esca vittoriosa o sconfitta dipende essenzialmente dalla qualità del servizio svolto dai nostri apparati di intelligence e dalla capacità della politica di indirizzarne e utilizzarne il lavoro. Ebbene, secondo il generale dei carabinieri Mario Mori, fondatore dei Ros e già direttore del servizio segreto interno, solo un miracolo ci potrà salvare. Lo testimonia anche la sua storia personale, la storia di un uomo messo sotto processo per aver servito lo Stato.

Generale Mori, andiamo al punto: in Italia ci sono le condizioni per fare efficacemente intelligence?

“Sono perplesso. Vede, i servizi segreti sono come un’auto sportiva di lusso: non è obbligatorio averla, ma se decidi di comprarla poi devi curarla in ogni dettaglio, devi proteggerla dalle intemperie, devi affidarla alle cure di un meccanico competente e soprattutto devi saperla guidare. In caso contrario, meglio farne a meno”.

I politici italiani non sanno guidare l’auto dei servizi?

“Salvo rare eccezioni del passato, Aldo Moro e Francesco Cossiga, ad esempio, i politici italiani non sanno né vogliono occuparsi dei servizi segreti. Negli Stati Uniti, in Inghilterra o in Francia c’è un rapporto strettissimo tra chi guida il governo e chi guida i servizi, Obama incontra il capo della Cia tutte le settimane…”.

In Italia, invece?

“In Italia non accade”.

Come lo spiega?

“Con la mancanza di senso dello Stato e con la strutturale incapacità strategica della politica. Siamo specialisti nel chiudere le stalle quando i buoi sono già scappati. Prenda ad esempio le chiacchiere di questi giorni sulla Libia…”.

Cosa c’è che non va nella posizione del governo italiano?

“Il governo italiano non ha una posizione strategica. Non l’aveva quando la Francia coordinò l’azione militare contro Gheddafi per mettere le mani sul petrolio libico e non l’ha oggi. Nessuno sembra preoccuparsi di quel che potrà o dovrà accadere dopo”.

Dopo cosa?

“Dopo l’azione militare. I dilettanti sono sempre pericolosi, ignorano la realtà e affrontano i problemi in modo ideologico”.

Ad esempio?

“La Libia non è uno Stato, è un territorio dove convivono a forza tribù diverse che in comune hanno solo un elemento: del nostro concetto di democrazia non sanno che farsene. Pensare che fosse sufficiente cacciare Gheddafi perché la democrazia si affermasse è stato a dir poco ingenuo”.

Ora l’Italia ipotizza un intervento armato sotto l’egida dell’Onu.

“Mah, l’Onu… Stiamo cercando di mettere una pezza a colori su una situazione deteriorata, ma tutto questo parlare di guerra senza dir nulla su che tipo di Libia si ha in mente mi sembra, come dire, miope. La guerra non è un fine, ma un mezzo: qual è l’obiettivo finale dell’Italia in Libia? Personalmente, non l’ho capito”.

Sembra che i politici diffidino dei servizi…

“I politici diffidano dello Stato. Quando ero al Sisde mi confrontavo con la signora Manninger, capo del servizio britannico MI5. Era bravissima anche perché nata e cresciuta all’interno del servizio.

Vede, questo non è un mestiere qualsiasi, per farlo bene devi acquisire una forma mentis, un istinto. Occorre una vita. E infatti nei sistemi che funzionano c’è continuità nei vertici dei servizi segreti”.

Da noi, notoriamente, no.

“In Italia col cambiare dei governi cambiano anche i vertici dei servizi e a capo mettiamo un prefetto, un questore o un generale dei carabinieri che quasi sempre vengono da altre esperienze. Chiaro che così non funziona”.

A non far funzionare il sistema è anche l’azione giudiziaria…

“Vede, la sicurezza nazionale è un bene superiore che richiede la possibilità di agire oltre la legge. Se questa possibilità esiste, i servizi hanno un senso”.

Da noi esiste?

“No. La mia tecnica operativa era quella del generale Dalla Chiesa, perché per permeare la struttura della criminalità organizzata non si può usare l’approccio che si usacon i ladri di polli. Il ladro di polli lo arresti, e l’attività criminale cessa. Ma arrestare un mafioso non vuole necessariamente dire fermare l’attività della mafia”.

Dunque?

“Dunque per battere la mafia devi avere qualcuno che, da dentro, crei un collegamento con lo Stato e ti dia le informazioni di cui hai bisogno”.

La procura di Palermo non l’ha capito?

“Ho trattato con le procure di tutt’Italia senza mai avere alcun problema. Si vede che a Palermo non avevano capito la differenza tra contrasto ai ladri di polli e contrasto alla mafia”.

Lei ha detto che quand’era capo dei Ros fece «un baratto» con Cosa Nostra.

“Feci quello che fa normalmente un ufficiale di pubblica sicurezza quando va a parlare con la controparte criminale: promisi qualcosa in cambio di informazioni”.

Cosa promise?

“Promisi a Vito Ciancimino che se mi avesse consegnato Riina e Provenzano li avremmo trattati bene e avremmo protetto le loro famiglie”.

E lui?

“Si inferocì e mi mise alla porta”.

Solo in Italia la magistratura pretende che i servizi segreti rispettino la legge.

“È vero, e questo è un problema che tocca anche la competitività economica del Paese. Per tutelare gli interessi delle industrie nazionali, i servizi degli Stati nostri concorrenti corrompono e usano dossier. Se lo facciamo noi finiamo sotto processo”.

Qual è l’operazione di cui va più fiero?

“Sono tante, le racconterò la più divertente. Quando la Cina decise di avviare relazioni diplomatiche con l’Italia, scoprimmo in quale immobile romano avrebbero aperto la loro ambasciata e prima che ne prendessero possesso lo riempimmo di microspie. Ogni mattina ascoltavamo un certo funzionario lamentarsi della difficoltà nel frequentare donne italiane, così reclutai una professionista a Via Veneto, splendida ragazza, in effetti, gliela lanciai tra le braccia e con le prove del tradimento coniugale lo spinsi a tradire il suo Paese. Se lo facessi oggi mi arresterebbero per sfruttamento della prostituzione”.



 
Usa: pronti a vendere droni armati agli alleati, Italia compresa

Gli Stati Uniti per la prima consentiranno la vendita di droni armati ai Paesi alleati, compresa l’Italia. La nuova policy, annunciata martedi’ dal Dipartimento di Stato, fissa anche le condizioni che i governi stranieri devono rispettare per ricevere i droni armati. “E’ nostro interesse avere determinati alleati e partner equipaggiati in modo appropriato”, hanno commentato al Dipartimento di Stato precisando che la vendita sara’ attentamente vagliata, caso per caso, dal governo e che sara’ necessario il via libera del Congresso.

La nuova ‘policy’ del governo americano, i cui dettagli sono rimasti riservati, arriva dopo una revisione durata due anni della politica di esportazione dei droni commerciali e militari. Gli attacchi con i droni armati condotti dalla Cia e dal Pentagono sono diventati il perno della strategia militare americana contro i terroristi in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Somalia, Siria e Yemen.

Fino ad oggi gli Usa hanno venduto droni armati solo alla Gran Bretagna perche’ il loro export era proibito dal 1987 sulla base di un accordo internazionale denominato “Missile Technology Control Regime” che riguarda 34 Paesi. L’Italia dispone solo di droni non armati americani che utilizza a scopo di intelligence.


questo fa parte delle lobby delle armi ... come dice Alien se si fanno si devono pure vendere e si devono trovare gli acquirenti compresa l italia..

grazie mi merito un OSCAR....... hahahahah
 
Isis, nuova minaccia all'Italia: "Stiamo arrivando a Roma"

"Con le mani sul grilletto, stiamo arrivando a Roma".Una nuova, inquietante minaccia dell'Isis diretta all'Italia arriva da un account Twitter legato ai jihadisti libici. Come se non bastassero le parole, ecco le due foto: la prima ritrae un combattente armato, davanti al mare, che guarda il Colosseo sullo sfondo su cui sventola la bandiera nera di al Baghdadi. Una scritta recita l'Isis"«dalla Libia sta arrivando a Roma". Nella seconda invece è disegnato il gasdotto Greenstream che da Wafa in Libia arriva a Gela, in Sicilia. Si tratta di una delle principali linee di rifornimento energetico dell'Italia. "Le onde ancora ci separano, ma questo è un mare piccolo, è una promessa al nostro Profeta", minaccia il comunicato allegato ai nuovi proclami Isis: «"state attenti, ogni stupido passo vi costerà caro", si afferma forse in riferimento al ruolo guida che l'Italia vuole giocare per la stabilizzazione della Libia. E poi ancora: "Ogni stupido passo incendierà tutto il Mediterraneo», si prosegue citando tutti i Paesi confinanti, dalla Tunisia all'Egitto. In passato la bandiera nera dell'Isis era stata issata su San Pietro ma mai prima sul Colosseo.

 
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L’ISIS DEI FAMOSI ..
COME IN UN REALITY, I JIHADISTI INTERVISTANO 21 SOLDATI CURDI IN GABBIA, ANNUNCIANDO LA LORO IMMINENTE DECAPITAZIONE. POI LA SFILATA PER LE STRADE IRACHENE CON LA FOLLA FESTANTE - LE FORZE TURCHE ENTRANO IN SIRIA PER LIBERARE 40 SOLDATI
 

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