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Frate Indovino

SANTE PERPETUA E FELICITA martiri
Cartagine, anno 203, due giovani donne, unite nella fede vengono messe in carcere: Perpetua, matrona di 22 anni, madre di un bimbo lattante e la sua serva Felicita, incinta. Perpetua scriverà, di nascosto, un diario dei giorni di prigionia. Racconta l’incontro in prigione con il padre, pagano, che pieno d’amore la supplica di tornare a casa con lui, dal figlio. Ma Perpetua, piangendo, non rinnega la sua fede. Racconta anche di un sogno: vide una scala d’oro che saliva fino in cielo. Ai piedi vi era un serpente di cui si doveva liberare per salire. Gli scalini erano formati da lame, da uncini, da spade. Perpetua riuscì a raggiungere la cima e a ricevere una sorta di eucaristia, che anche se avuta solo in sogno, le lasciò una sensazione di ineffabile dolcezza. La gravidanza di Felicita avanzava e, pochi giorni prima della esecuzione della condanna giunsero le doglie. Grande fu la gioia della serva di poter partecipare con i suoi compagni al martirio. Nell’arena, le due donne entrarono gioiose, come a una festa, immerse nella contemplazione di Dio, certe che Lui le attendeva. Dopo essere state straziate da una mucca inferocita, fu tagliata loro la gola.FB_IMG_1646644567543.jpg
 
SAN GIOVANNI DI DIO religioso

Giovanni nacque in Portogallo, nel 1495. A 8 anni, per motivi non chiari, si allontanò da casa. Si spostò in molti luoghi, fece molti lavori: pastore, contadino, venditore ambulante, militare. Infine, si stabilì a Granada e vi aprì una libreria. Ma, dopo aver ascoltato una predica del trascinante san Giovanni d’Avila, sentì in lui risvegliare la vocazione. Abbandonò ogni cosa e distribuì i suoi beni ai poveri, ma il suo eccessivo entusiasmo lo fece passare per dissennato e venne rinchiuso in manicomio. Era in un luogo di sofferenza, tra i malati, tra gli abbandonati dalle famiglie, vittime della solitudine e dell’ignoranza delle cure mediche e di una assistenza inadeguata. Pensò, insieme a dei compagni che si aggiunsero a lui, vestiti di saio segnato da una croce, a un modo nuovo di assistere e rapportarsi ai malati, ponendo le basi della moderna attività infermieristica. La sua idea era che la cura dello spirito era la premessa per una buona cura del corpo. Giovanni di Dio raccolse i suoi compagni in una grande famiglia religiosa, l'Ordine dei Fratelli Ospedalieri, conosciuti come Fatebenefratelli. Fondò un ospedale, in cui si operava e si viveva per il sofferente, i cui sistemi di assistenza e la spiritualità si sono diffusi in diverse nazioni.FB_IMG_1646722774856.jpg
 
SANTA FRANCESCA ROMANA religiosa

Francesca, nata a Roma nel 1384, da famiglia nobile e ricca, ricevette una buona educazione cristiana. Suo desiderio era di consacrarsi vergine al Signore, ma per obbedienza al padre, sposò il nobile Lorenzo de’ Ponziani, considerando ciò volontà di Dio. Con devozione si dedicò alla cura del matrimonio e all’educazione dei tre figli, di cui due morirono fanciulli. Grande attenzione ebbe anche per le ancelle e i servi, considerati veri fratelli. Con umiltà e carità si occupò dei poveri e dei malati. Nella grande casa in cui abitava, accolse gli affamati e consolò gli afflitti. La sua condotta e il suo esempio le guadagnarono rispetto, benevolenza e affetto da parte di tutti. Per i parenti, ella fu il faro, la guida, la consigliera nelle cose dello spirito e nelle questioni pratiche. Compassionevole verso una città in guerra, organizzò una rete di assistenza fisica e dell’anima. Francesca serviva i bisognosi come se lei servisse Cristo stesso, calmando rancori e vendette e riconciliando. La dura, ennesima prova della morte del terzo figlio e del marito fatto prigioniero in guerra non la fermarono nel prodigarsi. Rimasta vedova, entrò nel convento della Congregazione delle Oblate di Maria, da essa stessa fondata. Francesca fu modello di carità amorevole, che camminava nella Chiesa e nel mondo col desiderio di far sperimentare a tutti la misericordia di Dio.FB_IMG_1646805530505.jpg
 
SAN LUIGI ORIONE fondatore

Luigi nacque vicino Tortona, nel 1872, e frequentò per alcuni anni l’oratorio diretto da don Bosco, esperienza importante per il suo animo e che costituì la base per le sue attività in campo giovanile. Infatti, mentre frequentava il seminario, si occupava di un gruppo di ragazzi che cresceva sempre più, così inaugurò il primo Oratorio in onore di san Luigi Gonzaga. Nel 1895, fu ordinato sacerdote e le sue attività si moltiplicarono: visitava i poveri e gli ammalati, lottava contro la Massoneria, diffondeva buona stampa, predicava e, soprattutto, aveva cura dei ragazzi. Si adoperò per raccogliere, in giro per l’Italia, aiuti materiali per le sue opere. Alcuni religiosi sposarono il suo ideale di carità e lo seguirono nei molteplici impegni. Più tardi, Luigi fonderà la Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza. Fu anche missionario in America Latina, dove costruì scuole, parrocchie e orfanotrofi, conosciuti col nome di “Piccolo Cottolengo”. Conduceva una vita poverissima e di penitenza, non si risparmiò organizzando missioni popolari, pellegrinaggi e altro, anche perché predicava che la fede deve permeare tutti gli aspetti della vita.FB_IMG_1647067954080.jpg
 
13 Marzo 2022 II Domenica di Quaresima/C dal Vangelo di Luca (Lc 9,28b-36)

«Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò d'aspetto»

Gli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo sono i testimoni privilegiati della Trasfigurazione di Gesù, cioè della Sua divinità, ma sono i testimoni privilegiati anche della Sua Passione, nell’Orto del Getsemani, cioè della Sua umanità, e questo perché la loro testimonianza fondasse il nostro Credo in Gesù Cristo «vero Dio e vero uomo». Gesù è trasfigurato davanti a loro dalla luce dello Spirito Santo «mentre pregava», perché è nella preghiera che il Figlio entra in comunione intima con il Padre, come sappiamo anche di tanti santi il cui volto, mentre pregano, brilla di luce sovrannaturale. Nell’attimo della Trasfigurazione appaiono Mosè ed Elia a parlare con Gesù. Mosè rappresenta “la Legge” ed Elia “i profeti”. Poi «una nube li avvolse». La nube è il segno biblico della Presenza di Dio, che ordina ai discepoli del Figlio: «Ascoltatelo!». Ascoltate la Parola scandalosa della Sua Croce, nella quale lo Spirito Santo ci trasfigura per la vita eterna.FB_IMG_1647154531813.jpg
 
SANTA MATILDE DI GERMANIA regina

Matilde nacque in Sassonia da famiglia principesca. I genitori erano cristiani e affidarono la fanciulla all’abadessa di Erfurt (capitale e centro maggiore della Turingia, nel cuore della Germania), affinché la educasse all’amore e al perseguimento delle virtù cristiane. Matilde rispettosamente obbedì ai genitori e alle cure dell’educatrice e tornò in famiglia solo quando capì che quella era la volontà di Dio. Da lei e da suo marito Enrico I (duca di Sassonia e più tardi re di Germania) discende la casata che conterà quattro imperatori: la famosa “dinastia sassone”. Colpivano di lei, a chi le era vicino, la modestia, l’umiltà, l’innocenza e le virtù dell’anima più che la sua regalità. Matilde, benché sovrana, spesso visitava gli ammalati e ai poveri. Non potendo impegnarsi nelle pratiche di pietà come avrebbe desiderato, nel cuore della notte, mentre nella reggia scendeva il silenzio, andava in chiesa e trascorreva il tempo in unione con Dio nella preghiera e nella contemplazione. Il marito, cattolico anche lui, venne a mancare improvvisamente. Grande fu il dolore di Matilde, rimasta con tre figli: Ottone, Enrico e Brunone. Ottone era stato designato dal padre come suo successore, ma siccome l’impero di Germania era elettivo, il giovane Enrico insorse contro il potere acquisito dal fratello. In effetti, Matilde appoggiò Enrico, così i due fratelli finirono per farsi la guerra. Ma, accadde che i due si alleassero contro la madre: le tolsero ogni potere, tutte le sue ricchezze e la costrinsero a ritirarsi in un monastero. Dispiaceri, umiliazioni e sofferenze le furono compagne dopo questi avvenimenti, che ella sopportò con spirito di penitenza. La sua virtù diede i suoi frutti: i suoi figli si riconciliarono tra di loro e con lei; Ottone la richiamò a partecipare agli affari di stato; anche se Enrico continuò a essere per lei fonte di dispiacere. Alla fine della sua vita si ritirò in uno dei monasteri da lei fondato, vivendo nella preghiera e nell’attività delle opere di carità. Si ammalò gravemente e spirò dopo aver vissuto una vita in santità.FB_IMG_1647253285166.jpg
 
SANTA LUISA DE’ MARILLAC vedova e religiosa

Luisa, di famiglia ricca, nacque a Parigi nel 1591. Ancora giovane, sposò Antonio Le Gras, segretario della regina di Francia, Maria de’ Medici. Rimase vedova molto presto, ma l’incontro con san Vincenzo de Paoli la risollevò e, l’aiutò a comprendere quale ampia possibilità di operare da parte delle donne ci fosse nel campo della carità. Con devozione ed entusiasmo collaborò con san Vincenzo nell’organizzazione della “Compagnia della carità”, gruppi d’intervento contro la miseria. Nel dicembre 1625, morto il marito ed entrato in seminario il figlio Michele, accoglie in casa sua delle donne desiderose di prestare assistenza e le istruì. Nacquero le “Figlie della carità”, vestite con una cuffietta bianca in testa, serve dei poveri, monache senza convento e senza un abito distintivo di un ordine. Fu una vera novità rivoluzionaria, il propagarsi grande di queste donne eroiche, un inatteso successo che stupì i malpensanti della società dell’epoca, non certo contraddistinta da buoni e solidi principi.FB_IMG_1647327002446.jpg
 
SAN PATRIZIO vescovo

Patrizio nacque in Britannia, nel 390. Fu catturato dai pirati e venduto come schiavo. Visse per sei anni in Irlanda, facendo il guardiano di animali. Sviluppò un grande amore per gli abitanti dell’isola, tanto che quando riuscì a sfuggire alla schiavitù, desiderò tornare in Irlanda con progetti di evangelizzazione. Quando fu ordinato sacerdote, si recò sull’isola presso il vescovo Palladio, di cui fu poi successore. Dal monte Croagh Patrick, Patrizio liberò l’isola dai serpenti grazie al suono di una campana e sconfisse i druidi celtici. Secondo una tradizione diffusa nel 1190, Gesù stesso gli mostrò un pozzo senza fondo in cui Patrizio discese, vide il Purgatorio, l’Inferno e giunse al Paradiso. Per spiegare il Mistero della Santissima Trinità al popolo, egli usò il trifoglio, per semplificare l’unità e la diversità delle tre Persone. Fondò diversi monasteri. La tradizione popolare ha molto fantasticato sulla figura di Patrizio: di lui si dice che le sue dita facevano luce come fiaccole, che le gocce d’acqua cadute dalle sue mani si trasformavano in fuoco e che cambiava la neve in latte e burro. Dio gli concesse il privilegio di liberare le anime dai tormenti dell’Inferno. Patrizio chiese e ottenne di essere il supremo giudice nel giudizio finale degli Irlandesi. Si dice che quando morì, nel 461, il sole non tramontò mai per dodici giorni.FB_IMG_1647510994483.jpg
 
SAN CIRILLO DI GERUSALEMME vescovo dottore
Cirillo di Gerusalemme visse negli anni in cui il Cristianesimo uscì dalla clandestinità e divenne religione ufficiale. Ordinato sacerdote, egli fu il Santo della catechesi, dell’istruzione e dell’educazione dei fedeli. Educatore rigoroso, fece della dottrina la ragione stessa della sua vita. Venne nominato vescovo di Gerusalemme e si prodigò a difendere strenuamente l’ortodossia contro gli eretici ariani, che lo deposero e così Cirillo fu costretto all’esilio. Ristabilito sulla Cattedra di Gerusalemme, lottò per il rinnovamento spirituale e contro l’eresia, cercando sempre con saggezza la mediazione e la conciliazione. Viene ricordato come valoroso combattente per la purezza della fede. Lo onoriamo come Dottore della Chiesa.FB_IMG_1647588556347.jpg
 
SAN GIUSEPPE, SPOSO DI MARIA VERGINE
Giuseppe è il capo della Sacra Famiglia e, sebbene, persona molto silenziosa, la sua autorità veniva rispettata dai membri di questa famiglia: Gesù e Maria. Questa autorità trovava fondamento nella saggezza, nella virtù, nella consapevolezza di Giuseppe dei bisogni concreti delle persone che gli erano state affidate. E provvide a questi bisogni lavorando nella sua bottega di falegname. Giuseppe amava profondamente Maria e riguardo al misterioso bambino che ella aspettava, voleva usare discrezione. Da “uomo giusto”, cioè disponibile a compiere fedelmente la volontà di Dio, prese Maria con sé, e obbediente consegnò la propria vita, perché si compisse un progetto tanto grande. Egli iniziò una vita nuova, in cui scoprì il senso profondo di essere sposo fedele di Maria e padre responsabile di quel bimbo. Gesù fu affidato all’amore di Giuseppe: egli gli diede il nome, conferendogli l’identità sociale, e attraverso di lui, Dio consegnò quel bimbo, l’”Emmanuele”, il “Dio con noi” alla storia. Come capofamiglia, egli aiutava i suoi cari nel realizzare la propria vocazione. Il semplice falegname di Nazareth, dopo aver preso con sé Maria e il bambino, li custodì nei momenti sereni e nelle difficoltà: di fronte alla dolcezza della madre e alla debolezza del figlio, egli si pose con la sua ferma presenza, senza mai rinnegare le scelte fatte. È divenuto, così, simbolo visibile di Dio, il Padre buono che ha cura di tutti. San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale, dal cielo, ne è oggi guida e sostegno.
Nell’anno 2021, che la Chiesa ha dedicato a san Giuseppe, oggi si può lucrare l’indulgenza plenaria, per mezzo della sua intercessione.FB_IMG_1647677234879.jpg
 
SANTA LEA DI ROMA vedova (22 marzo)
Dalla lettera di san Girolamo sulla vita della santa, leggiamo alcune considerazioni di apprezzamento e affetto per Lea già morta: “Dal coro degli Angeli ella è stata scortata nel seno di Abramo e, come Lazzaro, già povero, vede ora il ricco console, già vestito di porpora, e che adesso, non adorno della palma, ma avvolto nell'oscurità, domanda a Lea che gli faccia cadere una goccia dal suo dito mignolo”. Lea, “la cui vita era considerata né più né meno che un fenomeno di pazzia, ecco che è del séguito di Cristo”, nella gloria, per essere stata al suo séguito nella totale rinuncia al mondo. Ella si era consacrata “tutta al Signore, diventando nel monastero madre superiora delle vergini, mutando le vesti delicate di un tempo nel ruvido sacco che logorò le sue membra, passando inoltre in preghiera intere notti, maestra di perfezione alle altre più con l'esempio che con le parole. Fu di una umiltà così profonda e così sincera che, dopo essere stata una grande dama, con molta servitù ai suoi ordini, si considerò poi come una serva. Spregevole la sua veste, grossolano il cibo, trascurava l'acconciatura del suo corpo; mentre poi adempiva a ogni dovere, rifuggiva dal fare anche la minima ostentazione delle opere buone per non riceverne la ricompensa in questa vita”. Questa scelta scomoda, che le fece preferire “il segreto ambito ristretto di una cella” agli agi della lussuosa dimora, che avrebbe potuto godere come futura “prima donna” di Roma, ha collocato questa matrona romana sul piedistallo di una gloria che non teme l'usura del tempo, la santità.FB_IMG_1647931363018.jpg
 
SANT’OSCAR ARNULFO ROMERO vescovo martire (24 marzo)
Óscar Arnulfo Romero nacque nel 1917, nello Stato di El Salvador, in una famiglia di otto figli, che ricevettero dai genitori un’educazione religiosa. Finita la scuola, Oscar cominciò a lavorare come apprendista falegname, per aiutare la famiglia in difficoltà, ma nel suo animo sentiva di voler diventare sacerdote. Entrò così nel Seminario gesuita, proprio quando nel suo Paese cominciò la lotta civile. Poco dopo venne mandato a studiare a Roma, dove venne ordinato sacerdote, durante la Seconda Guerra Mondiale. Finita la guerra, ritornò finalmente a casa: fu parrocchiano, rettore del seminario, segretario della Conferenza Episcopale dell’America Centrale e poi ausiliare del vescovo di San Salvador. Nel 1977 venne nominato arcivescovo di San Salvador, nomina non ben accolta dal popolo e dal clero, per la preoccupazione che fosse troppo conservatore e potesse rallentare le innovazioni in corso e disinteressarsi delle azioni sociali e politiche. Certamente Óscar era sacerdote austero, con una profonda spiritualità, rispettoso della dottrina e aveva un amore particolare per i poveri. Con l’affermarsi della dittatura e le azioni di oppressione e sfruttamento del popolo, delle uccisioni dei poveri e dei sacerdoti da parte degli squadroni, prese delle decisioni: nominò una Commissione per la difesa dei Diritti Umani e denunciava i crimini di stato che venivano commessi. Molti cominciarono a partecipare alle sue messe. Queste sue scelte ne determinarono un isolamento sia da parte dei preti che da parte del Vaticano stesso, ma egli continuò a lottare per i poveri. “Nel nome di Dio e del popolo che soffre vi supplico, vi prego, e in nome di Dio vi ordino, cessi la repressione!”. Furono le dure parole che pronunciò durante l’omelia e che gli costarono la condanna a morte. Infatti, il giorno dopo, il 24 marzo 1980, Romero stava celebrando la messa nella cappella dell’ospedale e pronunciò queste ultime parole: “Che questo corpo immolato e questo sangue sacrificato per gli uomini ci spinga a dare anche il nostro corpo e il nostro sangue al dolore e alla sofferenza come Cristo; non per noi stessi ma per dare al nostro popolo frutti di giustizia e di pace”; poi, mentre alzava il calice, un sicario gli sparò al cuore. Il vescovo Romero era un uomo della Chiesa, del Vangelo, al servizio dei poveri. Il popolo che lui difendeva e per il quale morì assassinato lo elesse subito martire.FB_IMG_1648105141923.jpg
 

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