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Frate Indovino

DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA
Santa Maria Faustina Kowalska mentre era nella sua cella del convento di Plock, il 22 febbraio 1931, ebbe la visita del Signore Gesù. Scrisse nel diario: “Vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido. […] Dopo un istante Gesù mi disse: “Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù, confido in Te! Prometto che l’anima, che venererà questa immagine, non perirà” (Quaderno I, p. 47-48). […] “Voglio che l’immagine […] venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia” (Q I, p. 47-48). Il significato di questo quadro è legato alla liturgia di questa domenica. La Chiesa legge il Vangelo secondo san Giovanni che descrive l’apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo agli Apostoli e l’istituzione del Sacramento della Penitenza (Gv 20, 19-29). L’immagine rappresenta il Salvatore risorto che porta agli uomini la Pace con la remissione dei peccati, conquistate con la sua Passione e morte in croce. I raggi del sangue e dell’acqua scaturiscono dal cuore di Gesù trafitto dalla lancia del centurione, il Venerdì Santo (Gv 19,17-18; 33-37). E nell’immagine di Cristo vi sono i due raggi. Santa Faustina chiede a Gesù il significato di questi raggi, e Gesù spiega: “I due raggi rappresentano il Sangue e l’Acqua. Il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime. […] Tali raggi riparano le anime dallo sdegno del Padre Mio. Beato colui che vivrà alla loro ombra” (Q I, p. 299). Questi due raggi simboleggiano i santi Sacramenti, tutte le grazie dello Spirito Santo, di cui l’acqua è il simbolo biblico, e anche la Nuova Alleanza fatta da Dio con l’uomo per mezzo del sangue di Cristo. L’immagine di Gesù Misericordioso viene anche definita della Divina Misericordia, perché nel mistero pasquale di Cristo si è rivelato più chiaramente l’amore di Dio per l’uomo. Il fine del quadro è di rammentare il dovere del cristiano di provare sincera fiducia nei confronti di Dio e di agire con carità attiva verso il prossimo. Gesù chiese inoltre a suor Faustina che nella parte inferiore del quadro fosse scritto: “Gesù, confido in Te”, porgendo così agli uomini un “recipiente” al quale possono attingere le grazie. “Attraverso questa immagine concederò molte grazie alle anime, perciò ogni anima deve poter accedere a essa” (Q II, p. 742). Venerando l’immagine di Gesù Misericordioso, Egli ha promesso: la salvezza eterna, progressi nel cammino verso la perfezione cristiana, la grazia di una morte felice e altre grazie, se gli uomini gli si avvicineranno con fiducia.FB_IMG_1681628684138.jpg
 
DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA
Santa Maria Faustina Kowalska mentre era nella sua cella del convento di Plock, il 22 febbraio 1931, ebbe la visita del Signore Gesù. Scrisse nel diario: “Vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido. […] Dopo un istante Gesù mi disse: “Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù, confido in Te! Prometto che l’anima, che venererà questa immagine, non perirà” (Quaderno I, p. 47-48). […] “Voglio che l’immagine […] venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia” (Q I, p. 47-48). Il significato di questo quadro è legato alla liturgia di questa domenica. La Chiesa legge il Vangelo secondo san Giovanni che descrive l’apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo agli Apostoli e l’istituzione del Sacramento della Penitenza (Gv 20, 19-29). L’immagine rappresenta il Salvatore risorto che porta agli uomini la Pace con la remissione dei peccati, conquistate con la sua Passione e morte in croce. I raggi del sangue e dell’acqua scaturiscono dal cuore di Gesù trafitto dalla lancia del centurione, il Venerdì Santo (Gv 19,17-18; 33-37). E nell’immagine di Cristo vi sono i due raggi. Santa Faustina chiede a Gesù il significato di questi raggi, e Gesù spiega: “I due raggi rappresentano il Sangue e l’Acqua. Il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime. […] Tali raggi riparano le anime dallo sdegno del Padre Mio. Beato colui che vivrà alla loro ombra” (Q I, p. 299). Questi due raggi simboleggiano i santi Sacramenti, tutte le grazie dello Spirito Santo, di cui l’acqua è il simbolo biblico, e anche la Nuova Alleanza fatta da Dio con l’uomo per mezzo del sangue di Cristo. L’immagine di Gesù Misericordioso viene anche definita della Divina Misericordia, perché nel mistero pasquale di Cristo si è rivelato più chiaramente l’amore di Dio per l’uomo. Il fine del quadro è di rammentare il dovere del cristiano di provare sincera fiducia nei confronti di Dio e di agire con carità attiva verso il prossimo. Gesù chiese inoltre a suor Faustina che nella parte inferiore del quadro fosse scritto: “Gesù, confido in Te”, porgendo così agli uomini un “recipiente” al quale possono attingere le grazie. “Attraverso questa immagine concederò molte grazie alle anime, perciò ogni anima deve poter accedere a essa” (Q II, p. 742). Venerando l’immagine di Gesù Misericordioso, Egli ha promesso: la salvezza eterna, progressi nel cammino verso la perfezione cristiana, la grazia di una morte felice e altre grazie, se gli uomini gli si avvicineranno con fiducia.Vedi l'allegato 2257433

grazie mihael, inoltre la domenica della Divina Misericordia si puo' prendere l indulgenza plenaria per se o per un defunto.
 
SAN GALDINO vescovo
Galdino nacque a Milano dalla famiglia Sala, della piccola nobiltà locale e fu avviato alla vita ecclesiastica. Divenne arcidiacono della Cattedrale e si schierò dalla parte di papa Alessandro III, durante lo scisma del 1159. Per questo Federico Barbarossa, che sosteneva l’antipapa Vittore IV, lo fece imprigionare. Scarcerato, Galdino fu fedele ad Alessandro III e, quando questi fu nominato papa a Roma, lo designò arcivescovo di Milano. Sconfitto Barbarossa dalla Lega Lombarda, Galdino allontanò tutti i sacerdoti seguaci dell’antipapa e consacrò nuovi vescovi. Viene ricordato per aver promosso la ricostruzione della città dopo le distruzioni di Barbarossa e per la sua sollecitudine verso i poveri e i carcerati.FB_IMG_1681798225989.jpg
 
SANT’AGNESE DA MONTEPULCIANO vergine
Agnese nacque verso il 1268 a Gracciano Vecchio, nei pressi di Montepulciano, in provincia di Siena. A soli nove anni era nel collegio delle monache dette “saccate”, dal particolare abito che indossavano, a Montepulciano. In questo luogo rimase prendendo l’abito di religiosa nell’Ordine domenicano. Accompagnò la sua maestra, suor Margherita a Proceno, per fondare un monastero: dopo un anno, all’età di soli quindici anni, Agnese ne divenne superiora, con approvazione ecclesiastica. Ella viveva di molta preghiera e, per lunghi periodi, si nutriva solo di pane e acqua. A causa della sua precaria salute, fu mandata alle terme di Chianciano, dove fece sgorgare una nuova fonte sorgiva. Numerosi prodigi si conoscevano di lei: le sue estasi, i sogni profetici, la manna che scendeva dal cielo e la ricopriva. Agnese compì anche dei miracoli, come il moltiplicare il poco pane da distribuire alle suore durante i pasti. Restituì la vita a un bimbo che era affogato, grazie a una intensa preghiera. Morì nel 1317, di notte e contemporaneamente, tutti i bambini del luogo si svegliarono annunciandone la morte. La mattina dopo il corpo di Agnese emanava odore di violetta.FB_IMG_1681970280065.jpg
 
SANT’ANSELMO D’AOSTA vescovo dottore della Chiesa
Anselmo nacque ad Aosta nel 1033. Il padre, molto autoritario, fu causa delle sue amarezze giovanili. Gli proibì di poter seguire la sua inclinazione a farsi monaco, perché essendo primogenito, doveva essere erede del nome e delle ricchezze, secondo la tradizione. I contrasti col padre, infine, lo esasperarono e fuggì di casa. Giunse all’abbazia del Bec, dove studiò e, preso l’abito, ne divenne l’abate, mostrando grande saggezza nel governo. L'acutezza dell'intelligenza, la dolcezza di carattere e la santità di vita lo resero famoso e il re Guglielmo II il Rosso lo nominò arcivescovo della sede vacante di Canterbury. La situazione della Chiesa inglese era molto difficile in quel periodo per la violazione della libertà religiosa da parte del re. Anselmo tentò di mediare il rapporto, ma si arrivò a un conflitto duro tra l'autorità secolare e quella religiosa. L'arcivescovo non si arrese, non abbondonò la sua posizione e ricorse al Papa per ottenere l’affermazione dei diritti del popolo cristiano. Fu costretto, però, ad abbandonare la sua sede per l’esilio. Studioso instancabile, pensatore acuto, grande teologo del tempo, egli aprì una nuova strada, affermando che la certezza della fede va addotta con prove razionali. Rientrò a Canterbury e lì morì da uomo giusto, le cui scelte erano state fatte per servire la società nella quale si trovava. Sant’Anselmo d’Aosta fu proclamato Dottore della Chiesa.FB_IMG_1682056734557.jpg
 
SAN TEODORO IL SICEOTA vescovo
Teodoro nacque in Galazia, dove la madre e la zia gestivano un albergo attraverso molte difficoltà. Giunse lì un cuoco che riuscì ad attirare molti clienti, risollevando così le sorti delle due donne. Il cuoco era una persona devota e spinse il giovane Teodoro a frequentare la chiesa, gli insegnò a pregare e la pratica ascetica del digiuno. Tutto ciò influenzò spiritualmente il giovane Teodoro, che decise di fare l’esperienza di vivere da eremita in una grotta. La sua fama di santità si diffuse nei dintorni e gli fu attribuito anche il dono dell'esorcismo. Veniva visitato da molti pellegrini e, non riuscendo più a vivere in solitudine si ritirò sulle montagne, cercando di vivere in una grotta murata, ma ne fu tirato fuori, perché era in cattiva salute. A diciotto anni ricevette l'ordinazione presbiterale, si recò pellegrino a Gerusalemme, dove ricevette l'abito monastico. Inaugurò un nuovo stile di vita estremamente austero, egli stesso scelse di vivere sopra alcune ceste sospese. Grazie alla sua intercessione, si compirono numerosi miracoli e visitatori e discepoli ripresero a fargli visita. Fu eletto vescovo di Anastasiopoli, dove vi rimase per una decina d'anni, finché ottenne il permesso di dare le dimissioni. Il suo episcopato fu caratterizzato principalmente da miracoli e prodigi. Si dedicò alla preghiera e alla cura dei suoi monaci, che durante la sua assenza avevano assunto costumi piuttosto rilassati. Fu, in seguito, convocato a Costantinopoli per ricevere grandi onori dall'imperatore, a cui aveva guarito il figlio. Trascorse il resto dei suoi giorni in monastero, accogliendo i visitatori e operando miracoli.FB_IMG_1682143592505.jpg
 
SAN GIORGIO martire
Giorgio fu venerato, fin dall’antichità, sia in Oriente, sia in Occidente e la sua fama fu tanto vasta che non esiste paragone tra i martiri dell’epoca. Non si hanno, però, notizie certe sulla sua vita. La leggenda narra di un dragone che usciva dalle acque del lago e si avvicinava alle mura della città, portandovi morte. Per tenerlo lontano, gli abitanti sorteggiavano dei giovani da dare in pasto alla bestia. Un giorno, toccò in sorte alla figlia del re. Ma, Giorgio ingaggiò col drago un furioso combattimento e lo uccise, salvando la principessa da sicura morte e la città dall’asservimento. In cambio della liberazione raggiunta, Giorgio chiese al popolo della città di credere in Cristo e di farsi battezzare. In tempi di persecuzioni, il santo sposò la missione di difendere i cristiani condannati al martirio. Ma, egli stesso fu arrestato, condannato, subì lunghe torture e, infine, fu decapitato. Il culto del santo acquisì popolarità enorme tanto che si diffuse in molti Paesi fino ad arrivare in Inghilterra, dove fu proclamato patrono e dove, ancora oggi, la croce rossa di san Giorgio in campo bianco è tra i simboli della bandiera inglese. Inoltre, gli anglicani conservano la celebrazione della ricorrenza del santo nel loro calendario.FB_IMG_1682236676216.jpg
 
SAN FEDELE DA SIGMARINGEN sacerdote martire
Marco Roy nacque nel 1578, a Sigmaringen, sul Danubio, in Germania. Era il quinto di sei figli di Genoveffa Rosenberger e Giovanni Roy, ricco albergatore. Marco seguiva gli studi in filosofia, nel collegio dei gesuiti di Friburgo, studi che interruppe per laurearsi, più tardi, in diritto canonico e civile. Esercitò l’avvocatura per poco tempo durante il quale fu soprannominato “l’avvocato dei poveri”, perché difendeva gratuitamente coloro che non avevano denaro per pagare un avvocato. Nel settembre del 1612, a 34 anni, venne ordinato sacerdote col nome di fra’ Fedele e venne accolto nel noviziato di Friburgo. Ricoprì il compito di guardiano in alcuni conventi, prodigandosi nell’assistenza dei soldati colpiti dalla peste. Creata la “Propaganda Fide”, nel 1622, padre Fedele fu inviato come missionario apostolico nel distretto di Prettigovia, dove la popolazione era passata alla fede zwingliana. Nonostante la tensione provocata dall’occupazione militare della regione da parte dell’arciduca Leopoldo V d’Austria, padre Fedele continuava la sua predicazione controriformista. Vi furono numerose conversioni, ma forte era l’intolleranza dei contadini calvinisti del cantone svizzero dei Grigioni, scesi in guerra contro l’imperatore d’Austria. A fra’ Fedele fu mossa l’accusa di essere un agente al servizio dell’imperatore cattolico. Il 24 aprile del 1622, durante la predica domenicale, si udì qualche sparo. Padre Fedele terminò di celebrare la Messa e poi si avviò verso casa. All’improvviso fu circondato da una ventina di soldati. Gli intimarono di rinnegare quanto aveva predicato, ma al suo rifiuto, lo uccisero.FB_IMG_1682316621852.jpg
 
SAN MARCO evangelista
Marco era figlio di una vedova di nome Maria, che seguiva devotamente Gesù e ospitava nella sua casa i suoi seguaci. Sembra che proprio nella sua casa si sia svolta l’Ultima Cena e, che Marco, ancora giovinetto, abbia assistito alla cattura di Gesù. Fu uno dei primi battezzati da Pietro che, come padre spirituale, lo chiamava “figlio mio”. Marco seguì il cugino Barnaba e l’Apostolo Paolo nella loro prima missione evangelizzatrice, anche se presto la abbandonò e decise di rientrare in Gerusalemme. In seguito, egli accompagnò Pietro a Roma e da lui imparò ogni cosa sulla dottrina e sulla vita di Gesù. E scrisse il suo Vangelo. Scrisse le cose fatte e dette dal Signore che ricordava, pur non avendole ascoltate direttamente e non avendolo seguito, ma solo avendo accompagnato Pietro. Questo padre spirituale fu la sua primaria fonte per la stesura di un Vangelo breve quanto stilisticamente secco e vivace, in cui conduce il lettore per mano attraverso le vicende del Signore fino alla scoperta profonda, da parte del centurione, sul Golgota, che si trattasse veramente del “Figlio di Dio”. Simbolo dell’evangelista Marco e del suo Vangelo è il leone, attraverso cui Gesù appare con caratteri forti: scaccia i demoni, guarisce i malati, vince la morte. Marco predicò ad Alessandria d’Egitto, dove fondò la prima Chiesa, ma venne arrestato e torturato: fu trascinato legato con una corda su strade irte di pietre. Più tardi, due mercanti veneziani trafugarono il corpo e riuscirono a portarlo a Venezia, qui fu custodito nella Basilica a lui dedicata, mentre il leone alato con il libro aperto tra gli artigli divenne il simbolo della città, in suo onore.FB_IMG_1682403840464.jpg
 
BEATA VERGINE MARIA DEL BUON CONSIGLIO
Il culto rivolto alla Madonna come «Madre del Buon Consiglio» si è diffuso largamente traendo origine dal paese di Genazzano, vicino Roma, dove a lei è dedicato un celebre santuario. La beata Vergine è giustamente onorata sotto il titolo di “Madre del Buon Consiglio»” ella è la madre di Cristo, che Isaia profeticamente chiamò “Consigliere mirabile” (Is 9, 5); visse tutta la sua vita sotto la guida dello “Spirito del consiglio”, che la “avvolse”; “aderì intimamente all'eterno Consiglio di ricapitolare in Cristo tutte le cose” (Ef 1, 10), venne da Dio colmata dei doni dello Spirito Santo, fra i quali emerge “lo spirito della sapienza” (Sap 7, 7b). Nel formulario la beata Vergine viene celebrata come madre e maestra che, arricchita del dono del consiglio, con animo colmo di gratitudine annunzia ciò che dice la Sapienza stessa: “A me appartiene il consiglio e la saggezza, mia è la prudenza, mia la fortezza” (Pr 8, 14); e questi doni ella volentieri li elargisce ai suoi figli e discepoli, esortandoli a compiere anzitutto ciò che Cristo ha detto loro di fare (Gv 2, 1-11).
Tratto da introduzione della messa della BVMariaFB_IMG_1682484324127.jpg
 
SAN LUIGI MARIA GRIGNION DE MONTFORT sacerdote
Luigi nacque nel 1673, in Bretagna, da una famiglia profondamente cristiana ed era il secondo di diciotto figli. Nonostante le difficoltà economiche, a 12 anni entrò nel collegio gesuita di San Tommaso Becket a Rennes e poi entrò in seminario. Aveva ventisettenne anni quando venne ordinato sacerdote e, in quel giorno, era in adorazione come “un angelo sull’altare”. Era un’anima dedita all’orazione, ma amava anche l’azione: egli intraprese un’opera di evangelizzazione, difendendo la fede cattolica contro il protestantesimo e il giansenismo. Fu cappellano dell’ospedale di Poitiers e si dedicò ai malati e ai poveri con grande generosità e da loro fu molto amato. Soffrì molto per le persecuzioni che dovette patire nella Chiesa a causa di invidie. Quindi si allontanò e andò a Roma dal papa Clemente XI, che gli attribuì il titolo di “Missionario Apostolico” e gli ordinò di riprendere il suo apostolato in Francia. Ma Luigi sentiva fortemente dentro di sé di essere “servo di Maria” ed era attratto dalla vita di Gesù vissuta in sottomissione alla Famiglia. Egli arrivò a elaborare una pastorale basata sulla centralità del culto di Maria, in quanto era convinto che solo seguendo Maria si “trova Gesù Cristo”. Si prodigò per la diffusione della preghiera del Rosario e per l’organizzazione di processioni e celebrazioni mariane. Fu fondatore della “Compagnia di Maria” e delle “Figlie della Sapienza”. Morì di polmonite durante una missione, nel 1716 a 44 anni. Scrisse alcuni libri di argomento mariano, tra questi il famoso “Trattato della vera devozione alla Santa Vergine”, attorno al 1712, ma rimasto nascosto per 130 anni. Fu infatti ritrovato nel 1842 e pubblicato. Oggi è un saggio importante nella letteratura della spiritualità mariana, riferimento per la crescita dell’anima.FB_IMG_1682662086426.jpg
 
SANTA CATERINA DA SIENA vergine dottore
Caterina nacque a Siena, nel rione di Fontebranda, nel 1347, ventiquattresima di venticinque figli di una famiglia piccolo-borghese. A soli sei anni, ebbe la prima visione di Gesù vestito da Sommo Pontefice col manto rosso e tre corone sul capo. Accanto vi erano i santi Pietro, Giovanni e Paolo. Il Papa si trovava, a quel tempo, ad Avignone e la cristianità era minacciata dai movimenti ereticali. A sette anni, invece, Caterina fece voto di verginità e intraprese la via della perfezione cristiana: le sue giornate erano intense di preghiere, penitenze e digiuni. A dodici anni, i genitori decisero per lei il matrimonio, ma Caterina si tagliò tutti i capelli e rimase segregata in casa. Fu ostacolata e perseguitata dalla famiglia, fin quando il padre non vide una colomba bianca volare sul capo della figlia, che poté, così, liberamente indossare l’abito delle “mantellate”, un Ordine domenicano laicale le cui aderenti continuavano a vivere nel mondo, facendo voto di obbedienza, povertà e castità. Nel 1367, a Caterina apparve Gesù che le infilò un anello decorato di rubini: si svolgevano le mistiche nozze e fra lo sposo, il bene amato sopra ogni altro bene, e la sposa si stabilì un rapporto di intimità particolare e di intensa comunione. Più tardi, alla santa apparve il Cristo che scambiò il cuore con il suo. Ora Cristo viveva in lei. Ma lo sposo le fece dono anche delle stimmate spirituali, cioè interiori. Caterina si dedicò attivamente e instancabilmente a opere di carità: ammalati, poveri, prigionieri ricevevano la sua consolazione. Da analfabeta, tenne una copiosa e intensa corrispondenza con personaggi politici, storici, religiosi, sovrani, prelati del tempo, perché sua premura era di raggiungere la pace della patria e la purificazione della Chiesa. Caterina soffriva molto per il mondo, in balia del disordine morale e del male e, con le sue appassionate e cocenti parole, scuoteva le menti e i cuori, provocando conversioni e rinnovamento. La sua convinzione era che l’infinita giustizia di Dio, come una fresca pioggia, ricoprisse le ingiustizie degli uomini. Tornò al cielo nel 1380, a 33 anni. Nominata Dottore della Chiesa Universale, compatrona d’Italia e d’Europa, nella Chiesa cattolica è tra i santi più venerati.FB_IMG_1682749415325.jpg
 
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SAN GIUSEPPE lavoratore
Giuseppe visse un’intera vita nel nascondimento, suo segno distintivo. Infatti, questo starsene nascosto faceva parte dello straordinario ruolo che gli fu assegnato nella storia della salvezza. Addirittura, quando cominciò la vita pubblica di Gesù, egli sembrava già essere scomparso. Nel Vangelo leggiamo che era uomo Giusto. “Giusto”, nella Bibbia, si intende colui che ama lo spirito e la lettera della Legge, come espressione della volontà di Dio. Giuseppe, discendente dalla casa di David, era un artigiano e lavorava il legno. Non era vecchio, come la tradizione ce lo ha presentato, era un uomo giovane, dal cuore generoso, ricco di fede, innamorato di Maria. I due si fidanzarono secondo gli usi del tempo, ma Maria si trovò incinta per opera dello Spirito Santo (Mt 1, 18). In ogni vocazione, il mistero della chiamata si accompagna all’esercizio della libertà, così Giuseppe poteva accettare o no il progetto di Dio. E per amore di Maria: “prese sua moglie con sé” (Mt 1, 24). Quando noi guardiamo al “Sì” di Maria dobbiamo pensare al “Sì” di Giuseppe, all’intero progetto di Dio. Egli superò le convenzioni sociali, seppe far vincere in lui l’amore e accogliere il mistero dell’Incarnazione del Verbo. Giuseppe si consacrò alla sua amata: ne fu sposo, custode, discepolo, guida e sostegno. Fu tutto di Maria. Tra loro due esisteva una comunione sponsale che era vera comunione dei cuori, cementata da profonde affinità spirituali. E questa piccola “chiesa domestica”, sorgente di santità, fu prefigurazione del Regno, dell’Amore di Dio. Giuseppe, l’umile falegname di Nazareth, che ha vissuto la sua vita vicino a Gesù e Maria sulla Terra, sarà maggiormente a loro vicino in Cielo. Sono innumerevoli le grazie che san Giuseppe ottiene da Dio, lui che è anche Padre Universale della Chiesa.FB_IMG_1682920582588.jpg
 
SANTI FILIPPO E GIACOMO apostoli
Filippo era originario della città di Betsaida. Fu discepolo di Giovanni Battista, e fu tra i primi a seguire Gesù. Secondo la tradizione, egli evangelizzò gli Sciti e i Parti. Non si parla molto di lui nei Vangeli, ma è colui che condusse a Gesù l’accigliato Natanaele, detto Bartolomeo.
Giacomo era figlio di Alfeo e cugino di Gesù. Era chiamato “Giusto” per l’integrità della sua vita. Incontrò Paolo dopo la conversione e lo accolse dimostrandogli amicizia insieme a Pietro e Giovanni. Nel 50 circa, ebbe luogo il Concilio di Gerusalemme in cui rivestì un ruolo importante, invitando a non imporre troppe regole ai convertiti. Con il martirio e la morte di Giacomo il Maggiore, egli divenne capo della Chiesa di Gerusalemme. Scrisse la prima delle Lettere Cattoliche del Nuovo Testamento, in cui si rivolse alle “dodici tribù disperse nel mondo”, ossia ai cristiani di origine ebraica che vivevano fuori della Palestina. Parlò loro circa la preghiera, la speranza, la carità e, con parole marcate, sul senso di giustizia. Tale Lettera è un primo esempio di enciclica. Probabilmente, fu lapidato dietro incitamento del sommo sacerdote Hanna.FB_IMG_1683088979002.jpg
 

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