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Il mio Amministratore di condominio si chiama Crispino e sinceramente non mi sembra un santoSAN CRISPINO DA VITERBO cappuccino
Pietro Fioretti nacque a Viterbo nel 1668. Lavorò fino a 25 anni nella bottega dello zio calzolaio, per poi entrare tra i Cappuccini prendendo il nome di fra’ Crispino da Viterbo. Per 40 anni esercitò l’ufficio di cercatore a Orvieto. Godeva di una popolarità incredibile, anche tra personalità eminenti, non solo per la sua amabilità nel conversare, o nel recitare ottave del Tasso, ma anche per i miracoli, che lui attribuiva sempre alla Madonna. Dopo aver guarito il cameriere personale del Papa Clemente XI, si sentì dire dal medico dello stesso Papa: «Così la vostra trïaca ha più virtù di quella di noi medici?». E fra’ Crispino: «Caro Monsignore, voi siete dotto, e lo sa tutta Roma; ma la mia Madonna ne sa più di tutti voi medici messi insieme». La maggior parte del tempo la passava tra la gente. Questuava soltanto il necessario per il convento. A chi lo forzava a prendere il di più, diceva: «E che, volete essere soltanto voi ad andare in Paradiso?». Questuò più per la grande famiglia orvietana che per i frati. Attingeva da tutti, ma a un nobile che chiedeva di essere guarito rispose che, se voleva la guarigione del corpo, doveva prima preoccuparsi di risanare l’anima, pagando i suoi creditori. Era anche l’uomo della pace. Egli era un misto di ingenuità, di mitezza e di cortese cavalleria. Per ogni situazione aveva le sue battute. Diceva: «Se vuoi salvarti l’anima devi voler bene a tutti, dir bene di tutti, fare del bene a tutti». Quando andò a visitare il cardinale Gualtieri, questi gli chiese perché non si fosse vestito in maniera più decente. Fra’ Crispino, allargando il mantello che necessitava di qualche rammendo, rispose: «Ma questo riluce da tutte le parti». Lui si proclamava “l’asino del convento”. Quando lo aiutavano a caricare la bisaccia diceva: «Carica l’asino e va alla fiera». A chi gli chiedeva perché non si coprisse mai il capo, rispondeva: «Perché siamo sempre alla presenza di Dio». Previde e predisse il giorno della sua morte. Né il 17, né il 18 maggio, ma il 19: per non turbare la festa di san Felice da Cantalice. Il suo corpo rimase sei giorni esposto alla venerazione dei fedeli, che poterono vedere in lui una delle più splendide figure di santità cappuccina.Vedi l'allegato 2259640