Nella logica ordinaria, com’è ben noto, una proposizione, o, per restare nel linguaggio probabilistico, l’evento da essa descritto, è tale se esprime qualcosa di suscettibile solo di due alternative: o vero o falso. Non sempre però si conosce, cioè si sa con certezza, quale di queste sia vera, per cui per un individuo, in un certo stato d’informazione, i casi sono tre: certo, impossibile, incerto. Quando egli ne conosce l’esito, un evento è certo o impossibile a seconda che sia rispettivamente vero o falso, quando non ne conosce il valore di verità, ritiene l’evento possibile. Questo caso dell’incertezza è il solo che consenta considerazioni di probabilità, e in senso relativo allo stato delle conoscenze, poiché al di fuori di esso non si ha che la logica del certo. E per questo lo strumento necessario di ogni ragionamento in condizioni d’incertezza è la teoria delle probabilità, così come l’ordinaria logica a due valori è lo strumento necessario di ogni ragionamento in condizioni di certezza.
La logica del probabile è la teoria delle probabilità, e ciò nell’impostazione soggettiva, significa considerare una logica polivalente, con una scala continua di modalità, sovrapposta e non affiancata a una logica a due valori. Infatti essa non si occupa di nuove entità logiche a più valori, ossia di entità logiche capaci in sé di più che due valori, ma considera le usuali proposizioni, misurando il grado di incertezza che in un dato momento, in cui non disponiamo dei dati sufficienti per decidere se sono vere o sono false, possediamo. In altri termini per ogni evento si ammettono ancora, e sempre, solo due valori possibili, salco per gli eventi subordinati per cui sono invece ammessi tre valori possibili ma con un significato e per uso del tutto formale, mentre l’infinità di modalità intermedie, da questo punto di vista, serve a misurare il nostro dubbio quando non sappiamo quale dei due valori, il vero o il falso, è quello giusto.
Si può così osservare che nessuna distinzione riguardante la natura degli eventi considerati ha rilevanza sulla definizione della probabilità, poiché la probabilità non è intesa come qualcosa di connesso al meccanismo che porta a determinarli. La probabilità di un evento futuro si valuta in quanto il suo esito ci è conosciuto, allo stesso modo in cui ci è conosciuto l’esito di molti eventi passati, e non già percgè il suo esito sia determinato; in quale senso lo sarebbe, dato che può, e potrà solo essere vero o falso? Non si tratta di indeterminazione me di incertezza.
In questo modo, quando ci si propone di fare previsioni su di un fenomeno sulla base di un certo stato di informazione, ovvero di fare inferenza al di là dei dati osservati, tra questi ultimi e le possibili conclusioni intercorre una relazione che non è di tipo logico-deduttivo, poiché in tal caso non riusciremmo in alcun modo ad ampliare il campo delle nostre conoscenze, ma di tipo induttivo, nel senso che da esempi di situazioni di cui abbiamo avuto esperienza ripetutamente, concludiamo intorno a situazioni analoghe di cui non abbiamo avuto esperienza.
Nel ragionamento induttivo io prevedo che tale fatto avverrà, e avverrà nel tal modo, perché l’esperienza del passato e l’elaborazione scientifica cui il pensiero dell’uomo l’ha sottoposta mi fanno sembrare ragionevole questa previsione. La differenza essenziale da rilevare è nell’attribuzione del perché: non certo perché il fatto che io prevedo accadrà, ma perché io prevedo che il fatto accadrà. Non sono più i fatti che hanno bisogno di una causa per prodursi: è il nostro pensiero che trova comodo di immaginare dei rapporti di casualità per spiegarli, coordinarli e renderne possibile la previsione. E’ questo consente di formalizzare il procedimento induttivo traducendo in forma matematica e logica il concetto di causa poiché in generale è sempre l’influenza suggestiva di certe analogie che sta a base di ogni nostra previsione, di ogni nostra formulazione di regolarità statistiche o di leggi naturali; in tal senso, questa impostazione del problema dell’induzione costituisce la traduzione in forma matematica della concezione di causa e il principio di casualità.
La posizione di un evento nella storia è chiaramente individuata se sappiamo quando e dove è accaduto. Un evento resta perciò individuato una volta che siano stati determinati gli intervalli temporali e spaziali che lo separano da un altro evento determinato, reale o ipotetico, preso come punto di riferimento. Abbiamo però visto che il valore di questi intervalli varia a seconda della direttiva in cui vengono misurati. Per spiegare la natura di tale combinazione, faremo anzitutto un esempio numerico.
LA SEPARAZIONE MISURATA LUNGO LA LINEA DEGLI EVENTI
Siamo ora in possesso dell’apparato matematico essenziale per formulare la separazione misurata lungo una linea degli eventi. In questa sezione non faremo alcun tentativo di raggiungere una completezza sistematica, mentre svilupperemo via via i singoli risultati e le singole possibilità in base a quello che sappiamo e ai risultati che via via seguiranno.
In questo schema, ogni fenomeno numerico viene ridotto a un insieme di intervalli temporali, poiché l’istante in cui avviene l’evento viene determinato attraverso la misura del ritardo tra l’evento stesso e un evento scelto come riferimento, il che si fa utilizzando un fenomeno mediante variabili scelte come riferimento, che individuano le misure migliori nel momento in cui avvengano.
Consideriamo adesso il nostro corpo numerico la cui linea sia formata da due tratti rettilinei AB e BC,
Vedi l'allegato 2201011
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Vedi l'allegato 2201002
Vedi l'allegato 2201003
Palermo Ѵ 15120,76 = 122,97 è minore di Ѵ 77219,78 = 277,88, ciò significa che la somma della separazione tra B e A e quella tra C e B è minore della separazione tra C e A. ABC non è retta, la separazione tra C e A è maggiore di quella che possiamo chiamare separazione lungo la linea degli eventi.
Vedi l'allegato 2201004
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Vedi l'allegato 2201008
Venezia Ѵ 18244,64 = 135,07 è minore di Ѵ 71830,09 = 268,01, ciò significa che la somma della separazione tra B e A e quella tra C e B è minore della separazione tra C e A. ABC non è retta, la separazione tra C e A è maggiore di quella che possiamo chiamare separazione lungo la linea degli eventi.
Di conseguenza, la separazione misurata lungo la linea degli eventi C e A esprimono puramente la relazione tra l'osservazione del corpo numerico, metre la separazione è la realtà di congiunzione tra il tempo e lo spazio.
Per ciò i problemi della statistica possono essere risolti non solo cercando metodi per calcolare i ritardi, gli sconpensi, i frequenti, i sincroni ecc, ecc, ma unificare una geometria-statistica, nel quale tutti i numeri vengono trattati solo come grandezze e vengono determinati a partire da altre grandezze.
Palermo ambate
17-22
Per ambo e terno anche su tutte
17-22-53
Venezia ambate
09-83
Per ambo e terno anche su tutte
09-83-72
Saluti...